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venerdì 28 febbraio 2014

Ecco i nuovi crociati: virtuali!

PONTEFICE 2.0

Facebook, papa Francesco sbarca sul social network

Il Vaticano è al lavoro per lanciare il profilo di Bergoglio. Che, dopo Twitter, vuole conquistare anche Fb.

Papa Francesco è sempre più social.
Non bastava il suo seguitissimo account Twitter, il pontefice è ora pronto a sbarcare anche su Facebook.
In Vaticano si stanno infatti definendo gli ultimi dettagli prima di consentire l'apertura della pagina di Bergoglio sul più celebre dei social network.
Secondo quanto appreso in Curia daVatican Insider, la Santa Sede ha scelto per l'operazione una équipe di informatici con il compito di studiare come ovviare all'eventuale tentativo di pubblicazione di messaggi offensivi o inappropriati sul profilo papale da parte degli utenti della Rete.

PIÙ RETWEET DI BARACK OBAMA. Perchè Francesco è così social? Basta dare uno sguardo ai dati per capire che le nuove tecnologie rappresentano una straordinaria opportunità di comunicazione per un pontefice così amato e apprezzato dai giovani di ogni parte del mondo. Già oltre 12 milioni di persone seguono Francesco su Twitter, i cui cinguettii sono popolarissimi. Più retwittati persino di quelli di Barack Obama, raggiungono 60 milioni di utenti in tutto il pianeta.
ACCOUNT TWITTER VOLUTO DA RATZINGER. L'account Twitter di papa Bergoglio, @Pontifex, voluto da Joseph Ratzinger, era stato inaugurato il 12 dicembre 2012 in otto lingue diverse. Il 17 gennaio 2013 è stata poi aggiunta come nona lingua il latino. Già 3 milioni di seguaci erano già stati raggiunti il 28 febbraio 2013, giorno della fine del pontificato di Benedetto XVI. Durante la sede vacante l’account Twitter è stato sospeso per essere riaperto il 17 marzo, cinque giorni dopo l’elezione di Bergoglio. Da allora il riscontro del popolo della Rete è inarrestabile.
«COMUNICA CON NOI IN 140 CARATTERI». Monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha spiegato la missione di Francesco: «Il papa vuole parlare agli uomini e alle donne di oggi con un linguaggio che è comprensibile e molto usato». Quindi «utilizza 140 caratteri per un suo pensiero e quel tweet che possiamo leggere sul cellulare ci aiuta a capire che c’è una vicinanza, che non siamo soli».
Anche il cardinale Gianfranco Ravasi, ministro vaticano della Cultura, ha contestualizzato teologicamente i cambiamenti antropologici in seguito alla digitalizzazione: «La lingua italiana conta 150 mila vocaboli, mentre i giovani oggi ne usano dagli ottocento ai mille», ha spiegato. «È mutato il modello antropologico dei 'nativi digitali', quindi un vescovo che non sa muoversi in questa nuova atmosfera si mette fuori della sua missione».

La Rete per Benedetto XVI, tra opportunità e pericoli

Già in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2011 Benedetto XVI aveva parlato dei social network, precisando che Facebook e le chat non sono da demonizzare, al contrario «permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie».
Ratzinger aveva quindi lodato la rivoluzione digitale, mettendo però in guardia i giovani dal rischio di confinarsi solo in territori virtuali.
DIALOGO E CONDIVISIONE. I social network, aveva detto Benedetto XVI, offrono «nuove opportunità di condivisione, dialogo, scambio, solidarietà, creazione di relazioni positive»; occorre però «evitarne i pericoli», ossia «il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo».
Secondo Ratzinger, le nuove tecnologie della comunicazione, se usate in modo saggio e consapevole, possono aiutare a soddisfare il desiderio di senso e di unità che rappresenta l'aspirazione più profonda dell'uomo.
RIMANERE AUTENTICI IN RETE. Tuttavia la digitalizzazione ha anche forti limiti, che Ratzinger aveva individuato nella parzialità dello scambio comunicativo, e nel rischio di costruire nella Rete un'altra immagine di sé: «Si pone la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma dell'autenticità del proprio essere».
Insomma, ben vengano le nuove tecnologie e i social network come chiavi di accesso per un linguaggio universale, purchè non diventino per i 'nativi digitali' un mondo parallelo con cui poter mostrare un volto poco autentico. Parola di (ex) papa.

Francesco alla conquista di Facebook

Papa Francesco
PAPA FRANCESCO

In Vaticano si stanno definendo gli ultimi dettagli tecnici in vista dell’imminente apertura del profilo sul celebre social network

Un profilo per Francesco sul più celebre social network. In Vaticano si stanno definendo gli ultimi dettagli tecnici prima per consentire l'apertura della pagina Facebook di papa Bergoglio. Secondo quanto appreso in  Curia da "Vatican Insider", l'operazione è in fase molto avanzata di elaborazione e se ne occupano gli uffici tecnici del Vaticano. In vista dello sbarco del Pontefice su Fb, infatti, la Santa Sede ha assegnato a un équipe di informatici il compito di studiare come ovviare all'eventuale tentativo di pubblicazione sul profilo di messaggi e contenuti offensivi o inappropriati da parte degli utenti della Rete. 


I dati dimostrano che le nuove tecnologie rappresentano una straordinaria opportunità di diffusione per la predicazione di un Pontefice popolarissimo e apprezzato dai giovani di tutto il mondo. Già adesso, oltre dodici milioni di persone seguono Francesco su Twitter. Inoltre i suoi "cinguettii" sono più retwittati persino di quelli del presidente Usa, Obama e raggiungono una platea di sessanta milioni di utenti.

L'account papale «@Pontifex», voluto da Joseph Ratzinger, era stato inaugurato il 12 dicembre 2012 in otto lingue. Poi il 17 gennaio 2013 è stata aggiunta una nona lingua, il latino, che ha subito suscitato interesse e un sorprendente seguito. Circa 3 milioni di seguaci erano già stati raggiunti il 28 febbraio, giorno della fine del pontificato di Benedetto XVI. Durante la sede vacante l’account è stato sospeso per essere riaperto il 17 marzo, cinque giorni dopo l’elezione di Bergoglio. Da allora si è registrato un crescendo inarrestabile. Attualmente la lingua-record è lo spagnolo, seguita dall’inglese e dall’italiano. Ma non ci sono solo i "seguaci diretti": un numero cinque volte superiori di utenti riceve i tweet di Francesco grazie al fenomeno del re-tweetting. Cioè i messaggi del Papa vengono «re-tweettati», cioè rilanciati dai suoi «amici» e in questo modo, secondo un calcolo per difetto (come osserva monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali) più di 60 milioni di persone ricevono il tweet del Papa che l’arcivescovo definisce «una pillola», «una goccia di spiritualità e di speranza».


Aggiunge Celli: «Il Papa vuole parlare agli uomini e alle donne di oggi con un linguaggio che è comprensibile e molto usato». Quindi «utilizza 140 caratteri per un suo pensiero e quel tweet che possiamo leggere sul cellulare ci aiuta a capire che c’è una vicinanza, che non siamo soli». Inoltre «anche la presenza del Papa su News.va ha una risonanza in continuo aumento». È «nel silenzio che si può acquistare la capacità di trasmettere concetti e valori che sono fondamentali per la vita dell’uomo contemporaneo». E ciò «con semplicità e immediatezza: in appena 140 caratteri».


Il cardinale Gianfranco Ravasi, ministro vaticano della Cultura, contestualizza teologicamente gli effetti sull’individuo e la società delle innovazioni tecnologiche. «La lingua italiana conta 150 mila vocaboli, mentre i giovani oggi ne usano dagli ottocento ai mille», spiega il porporato. «È mutato il modello antropologico dei “nativi digitali”, quindi un vescovo che non sa muoversi in questa nuova atmosfera si mette fuori della sua missione». Nulla di nuovo sotto il sole. «Gesù anticipa il linguaggio sintetico dei tweet: “Il regno di Dio è vicino, convertitevi”, “Ama il prossimo tuo come te stesso”», precisa Ravasi. 


Già Benedetto XVI, nel messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2011, aveva sottolineato che Facebook e le chat non sono da demonizzare, anzi «permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie». Quindi, «bene i social network, però sul Web non createvi falsi profili». Da parte sua Joseph Ratzinger ha elogiato la rivoluzione sociale provocata da Internet, mettendo però in guardia i giovani dal confinarsi solo in territori virtuali e in «un mondo parallelo».


E' stato, infatti, Benedetto XVI a dettare le linee-guida per un uso etico della Rete. Dunque, nella partecipazione ai «social network» e nella ricerca di un sempre maggior numero di «amici» bisogna restare «fedeli a se stessi» e mai cedere a trucchi o «illusioni» come la creazione di una falsa identità attraverso il proprio profilo. I «social network», a cui sempre più persone, soprattutto giovani, partecipano su Internet, offrono «nuove opportunità di condivisione, dialogo, scambio, solidarietà, creazione di relazioni positive». Occorre però «evitarne i pericoli», ossia «il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo o l'eccessiva esposizione al mondo virtuale». Come «ogni altro frutto dell'ingegno umano, le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell'umanità intera». Se usate saggiamente, «possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l'aspirazione più profonda dell'essere umano». Esistono tuttavia «alcuni limiti tipici della comunicazione digitale: la parzialità dell'interazione, la tendenza a comunicare solo alcune parti del proprio mondo interiore, il rischio di cadere in una sorta di costruzione dell'immagine di sè, che può indulgere all'autocompiacimento». Il coinvolgimento nella pubblica arena digitale, quella creata dai social network, «conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé». Dunque, «si pone la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma dell'autenticità del proprio essere». E' opportuno chiedersi anche sul Web «chi è il mio prossimo?» per non incorrere nel «pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella vita quotidiana».

Le vie telematiche, secondo la lezione di Benedetto XVI, vanno cristianizzate senza «annacquare il Vangelo per renderlo popolare». Proprio Joseph Ratzinger ha stigmatizzato come «un grave danno» il fatto che le tecnologie non siano «accessibili agli emarginati», nel timore di una spaccatura tra Occidente «digitale» e Terzo Mondo tagliato fuori. In più occasioni, fin dall'inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ha espresso apprezzamento per la velocità e l’efficienza dei «new media», ma soprattutto per la loro capacità di rispondere «al desiderio fondamentale delle persone di entrare in rapporto le une con le altre». Un anelito innato al quale viene fornito un nuovo strumento, in grado di favorire contatti, amicizia, arricchimento morale e materiale. Per questo Benedetto XVI ha fornito alcune «istruzioni per l’uso»: rispetto, dialogo, vera amicizia. Attenti, quindi, a non farsi sopraffare da un desiderio di «connessione virtuale» che diventi «ossessivo», e «non giungere a sacrificare i rapporti con la famiglia, i vicini, i colleghi di lavoro, gli amici “reali”, altrimenti la persona si isola e interrompe la reale interazione sociale».
  
Una preoccupazione che ha ripreso una dura nota di cinque del dicastero vaticano della Famiglia contro la «realtà virtuale» e il monito della Cei per uno «scisma telematico» di fedeli «alienati» in Rete alla Chiesa. Un appello alla responsabilità a «coloro che operano nel settore della produzione e della diffusione di contenuti dei nuovi media», a «impegnarsi al rispetto della dignità e del valore della persona umana». Vanno evitate, quindi, pornografia, violenza e intolleranza, e tutto ciò che «svilisce la bellezza e l’intimità della sessualità umana, sfrutta i deboli e gli indifesi». La Rete potrebbe così dispiegare il suo immenso potenziale «per la vita e il bene della creazione», e diventare strumento di evangelizzazione, affidata da Benedetto XVI ai giovani cattolici. Il primo a richiamare l'attenzione sui «social network» fu nel 2009 il cardinale Ennio Antonelli, all'epoca ministro vaticano della Famiglia, con particolare riferimento alle chat e ai giochi di ruolo in rete, «in cui si entra con identità fittizie per lavorare, fare acquisti, costruire la casa, impiantare aziende, impiegare il tempo libero in modo gratificante, fare incontri interessanti, avere legami affettivi e sessuali, perfino celebrare il matrimonio». Un’«alienazione dalla realtà» che «detta modelli di pensiero estranei ai valori del Vangelo».

GIACOMO GALEAZZICITTA' DEL VATICANO

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