Come prontamente riportato dal blog Opportune
Importune: “Il sondaggio che la Santa Sede ha mandato agli
Episcopati ha messo in luce una situazione di eresia materiale nei fedeli: la
maggior parte di essi crede ad una minima parte dei Dogmi cattolici e non
pratica la Morale cattolica.” Questo è un fatto. Un dato oggettivo da
registrare. Poi si possono discutere le cause e discutere le soluzioni da
adottare (sempre se interessa trovare una soluzione a questo problema – sempre
che lo si consideri un problema -). Io mi faccio una domanda, semplice
semplice, che come tale so non riceverà risposta: cari santissimi pastori,
siete in grado di fare un piccolo (non chiedo molto) esame di coscienza e un altrettanto
piccola autocritica? La colpa di questa ignoranza dei cattolici di chi è? Del
mondo? Perché il sondaggio, ricordiamolo, è stato sottoposto a persone che
frequentano la Chiesa (o dopo la Messa o addirittura a membri dei consigli
pastorali). Quindi persone che si professano credenti, che ascoltano la
predicazione e che magari svolgono anche ruoli di educatori. Il risultato è una
ignoranza della fede cattolica e una, inevitabilmente, condotta di vita non
conforme all’insegnamento della Chiesa. Ora, si può supporre che queste persone
abbiano conosciuto la fede cattolica o nel catechismo in preparazione ai
Sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima e Comunione) da
bambini o da adulti; o nei vari movimenti laicali ai quali hanno aderito; o nella
predicazione settimanale e/o quotidiana della Santa Messa. Se il risultato è
questo, non sarà da prendere in considerazione che si è fallito? Che il cambio
di modalità dell’insegnamento della dottrina cattolica, da una dottrinale ad
una esperenziale, è stato un autentico disastro? Siete intellettualmente onesti
da ammetterlo? Ci avete provato (anche se era prevedibile l’esito), però ora
ammettete che avete solo che combinato danni. Perché anche ammettendo il vostro
ragionamento (secondo il quale l’importante non sarebbe conoscere la dottrina
cattolica, quanto il fare esperienza di fede, di vita cristiana, di
accoglienza, ecc) il risultato è ancora più clamorosamente contro le vostre
teorie. Sì la gente viene in chiesa. I numeri sono anche dalla vostra parte. Ma
i numeri, non le anime. Le cifre, non le persone. La gente va in chiesa perché
crede o perché si trova bene? La gente va in chiesa perché sa in cosa crede o
perché ci sono i suoi amici? Il primo obiettivo non è possibile anche perché
non l’avete voluto perseguire, e i risultati di questi sondaggi palesemente lo
dimostrano. Avete creato consumatori non fedeli. Avete trasformato la Chiesa in
una SpA e in questi termini forse sì, avete un utile in attivo. Ma a livello di
fede? Di salvezza delle anime? Perché i vostri consumatori non solo non credono
ciò che la Chiesa crede e anche grazie a voi ha smesso di insegnare, ma nemmeno
lo praticano! E non potrebbe essere altrimenti: come vivo qualcosa che non
conosco? L’esperienza che avete fatto vivere loro si è rivelata per quello che
era evidente fosse: una bolla di sapone. L’entusiasmo iniziale, del cosiddetto
incontro con Cristo, ha lasciato il posto al vuoto di una fede che non ha una
certezza su cui poggiarsi. Il disastro è evidente. Non possiamo poi lamentarci
se il mondo va allo sfascio. Perché gli uomini che lo compongono, quei presunti
credenti su cui poter fare affidamento, non sanno cosa la Chiesa insegna e non
lo applicano. Non lo vivono. L’esperienza della fede si vanifica da sé stessa.
E, da una parte, non avete insegnato loro ciò che la Chiesa crede negli anni
del catechismo, quando forse chi si avvicina alla Chiesa è anche disposto ad
ascoltare e imparare; dall’altra continuate a non farlo visto che l’importante
è twittare, condividere esperienze, eccetera. Poi però questi uomini e donne,
nel mondo, fanno quello che fanno gli altri uomini e donne. Una vita moralmente
illecita e scandalosa.
Oggi queste parole non
potrebbero essere scritte: “I cristiani
né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri
uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si
differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è
nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente
filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come
a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo
e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente
paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto
come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera
è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano
figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto.
Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma
hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con
la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati.
Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono
poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono
disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti.
Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene
vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la
vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e
coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.” [Lettera a
Diogneto]
Le crisi, come sempre, sono un
momento favorevole per la conversione, ma solo se si riconosce di essere nella
condizione di doversi convertire. Se si ha l’umiltà di aprire gli occhi,
togliere le lenti dell’ideologia, e guardare il fallimento fin qui prodotto.
Allora, e solo allora, si può ripartire. Altrimenti si continua verso il
baratro. Ma, con onestà, lucidità e tanta amarezza, ce l’avete questa umiltà,
questa capacità di abbandonare le vostre ideologiche certezze?
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