Sussiste ancora il Papato? O è annegato nel ridicolo?
La domanda del titolo sorge spontanea quando si guardano le foto che abbiamo riportate sopra.
Esse non ci scandalizzano più di tanto, dopo quasi un anno di pontificato di Jorge Mario Bergoglio, il vescovo venuto dalla fine del mondo e, come abbiamo altrove ricordato, partito lancia in resta verso la fine del mondo cattolico; ma queste foto stimolano la riflessione del semplice fedele che, come espressoci da diversi lettori, si chiede: ma come ci siamo ridotti?
Intendiamoci, certe cose si basano sulla sensibilità personale e quindi è possibile che la sensibilità di certi cattolici “retrogradi” e amanti della “moda”, come li chiama papa Bergoglio, sia slegata dall’involutiva evoluzione morale e comportamentale che avanza trionfante nel mondo moderno e nella Chiesa conciliare. Eppure, trattandosi della Chiesa “cattolica” e del capo terreno del “cattolicesimo”, chi ignorasse l’esistenza dei cattolici “retrogradi”, come noi e tanti altri, e chi non valutasse seriamente la loro sensibilità, darebbe prova non di “cattolicesimo”, ma di “particolaresimo”, per così dire.
Ciò nonostante, siamo i primi a riconoscere che, forse, certe sensibilità “retrograde” vadano corrette, aggiornate, per certi versi “guarite” dal loro patologico irrigidimento da sguardo all’indietro.
Forse!
Perché è forse molto più vero che lo sguardo all’indietro è lo sguardo del figlio verso il padre, lo sguardo del neonato verso l’antenato, senza il quale non sarebbe neanche al mondo, lo sguardo della creatura verso il Creatore, senza il quale non ci sarebbe neanche il mondo.
Ma chi siamo noi per giudicare della bontà della marea montante che rischia di travolgere il cattolicesimo?
Certo non siamo il Papa!
Ma, di grazia, abbiamo il permesso di dire quello che pensiamo quando vediamo il Papa, il nostro Papa, il Papa di Roma e del mondo, il Vicario di Cristo, che compiaciuto e sorridente bacia un incosciente bambino che il suo sciagurato padre ha vestito da “papa” e che un altro altrettanto sciagurato soldato papale, prende in braccio e glielo porge?
E noi pensiamo che se il carnevale è entrato dritto dritto in Vaticano e se il Papa in persona partecipa in piazza San Pietro alla carnevalata, del Papato sia rimasto ben poco, forse niente. Un simulacro, che come tale è la controprova che il Papato è annegato nel ridicolo.
Ed è inutile che papa Bergoglio ride, perché ridere delle proprie disgrazie è da stolti.
Tanta cagnara per così poco?
No, l’amaro in bocca ce l’avevamo già!
È montato prepotentemente quando, all’ultimo Concistoro, abbiamo visto consumarsi l’invalidità della creazione dei nuovi cardinali. Quelli stessi che domani dovranno eleggere validamente (!?) il nuovo Pontefice.
Dove sta scritto, nel Codice di Diritto Canonico, nei testi di diritto ecclesiastico, nei dottori e nei Padri della Chiesa, nei Concilii, nei Vangeli, che la Chiesa compia un importante atto ufficiale col concorso di DUE papi?
Ci si dirà – da parte di qualche canonista esperto – che la validità non è minimamente in questione.
È vero.
Ma che razza di Vaticano è questo, dove si consumano sostanzialmente ridicole carnevalate col paravento di atti formalmente validi?
Il fedele che vede DUE papi partecipare ad un’importante cerimonia ufficiale della Chiesa, cosa penserà? Che l’atto è valido o che sia valida la diarchia papale?
In un modo o in un altro, apprenderà, autorevolmente, che la Chiesa ha DUE papi e che questo corrisponderebbe a quanto voluto da Nostro Signore.
Sì, autorevolmente, perché quella cerimonia è a suo modo un atto del Magistero, checché ne dicano i teologi che sanno spiegare bene, a parole, tutte le differenze formali tra i diversi tipi di Magistero. Per il fedele, tutto ciò che dice il Papa, tutto ciò che fa il Papa, è Magistero, e le distinzioni accademiche degli specialisti, per il semplice fedele valgono un bel niente.
Senza contare che saranno domani gli stessi accademici, teologi, vescovi e cardinali a richiamarsi a quell’atto per proporne di nuovi ancora più disordinati.
Sappiamo che è stato precisato che il cosiddetto “papa emerito” in effetti non è un altro papa; ma sta proprio qui il ridicolo: in questo inventarsi le più puerili e ridicole giustificazioni, arrampicandosi sugli specchi, per sancire “ufficialmente” che Ratzinger è legittimamente il “papa emerito”.
Forse che coniugare i due titoli: “papa” e “papa emerito”, possa significare qualcosa di diverso dal fatto che la Chiesa abbia DUE “papi”? Anche solo a fermarsi alla lingua italiana?
O siamo scemi noi, o la nuova gerarchia della nuova Chiesa conciliare ha decisamente rinunciato al dono dell’intelligenza, con l’aggravante che questa loro deficienza vorrebbero farla passare per raffinata teologia e vorrebbero imporla ai fedeli, come se questi fossero incapaci di intendere e di volere.
Sarà pure qualcosa di eccelso, per loro, ma per noi semplici cattolici resta qualcosa di disordinato e di ridicolo, che ci offende e che aggrava il rischio di condurre le anime dritto dritto all’Inferno.
Quanto poi alla validità della rinuncia di Benedetto XVI, nessuno può metterla in dubbio, essa è prevista nel § 2 del Canone 332 del Codice di Diritto Canonico, ma il ridicolo esplode quando Benedetto XVI decide di “rinunciare” al Papato e insieme decide di farsi chiamare ancora “papa”.
Sarà un fine teologo, ma di fronte alla possibilità di coniugare due cose contraddittorie, non solo fa prevalere il suo interesse personale, morale e d’immagine, ma conferma che, secondo la sua personale concezione filosofica moderna, per lui la contraddizione è novella sintesi da cui scaturisce una nuova tesi: la legittimità della compresenza di DUE papi… a Roma, in Vaticano, nella Basilica di San Pietro, nelle cerimonie ufficiali.
Il ridicolo è palese, tanto più se ribadito a un anno da questa rinuncia con tanto di lettera fatta pubblicare da un compiacente vaticanista, che comprensibilmente si presta alla manovra mediatica… anche lui tiene famiglia!
Se “papa emerito” Ratzinger avesse il senso del ridicolo e non fosse colui che ha espressamente voluto fare annegare nel ridicolo il Papato, dopo la rinuncia si sarebbe spogliato della veste bianca, avrebbe abbandonato il Vaticano, sarebbe andato lontano da Roma e avrebbe messo in atto la sua parolaia promessa di ritirarsi in una vita di preghiera.
Rimanere in Vaticano, convivere spalla a spalla col nuovo papa, incontrarsi continuamente con lui, privatamente e pubblicamente, partecipare con lui alle cerimonie ufficiali: significa solo che “papa emerito” Ratzinger non ha la minima considerazione del Papato, e se non ce l’ha da un anno, da “emerito”, è davvero difficile pensare che ce l’avesse quand’era “papa effettivo”.
La controprova ce l’abbiamo in quella lettera fatta circolare tramite il vaticanista compiacente.
In essa egli scrive che:
Ora, se questo l’avesse detto o scritto un nostro nipotino, l’avremmo perdonato, ma detto e scritto dall’ex perito teologo del Vaticano II, dall’ex professore di teologia dogmatica, dall’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, dall’ex Papa, non possiamo perdonare un bel niente e siamo costretti ad analizzare questa fantasmagorica e ridicola affermazione; trascurando ogni giullaresca interpretazione messa in atto dai soliti cicisbei di corte: la lettera è stata volutamente fatta circolare ad uso dei fedeli.
Innanzi tutto, la palese incongruenza, che forse è passata inosservata allo stesso autore, certo per la sua formazione intellettuale hegeliana.
E cosa diavolo c’entra il nome Benedetto con la mancanza di vestiti? Forse che il Card. Ratzinger fu costretto ad assumere il nome di Benedetto in forza dell’abito bianco?
“Emerita Santità”, ma come si permette di sciorinare simili incongruenze, fosse pure per celia? Pensa forse che i destinatarii della sua lettera, cioè i fedeli cattolici, siano tutti degli imbecilli?
La verità è che Lei, ha voluto rinunciare al Papato perché non ha alcuna considerazione di esso… e di ciò che vi sta dietro in termini cattolici, ma non ha voluto rinunciare al nome Benedetto perché ha un’altissima considerazione di sé. Quella stessa considerazione che fece dire a Napoleone a proposito della corona: Dio me l’ha data e guai a chi me la tocca!
Non pensi che siamo tanto stupidi da non comprendere le conseguenze delle debolezze umane, che conosciamo già bene in noi stessi: Le piace farsi chiamare Benedetto, Le piace farsi chiamare “papa emerito”, Le piace indossare l’abito bianco, Le piace vivere in Vaticano a fianco del nuovo papa, Le piace sentirsi papa, e ancor più Le piace farsi considerare il Papa che ha fatto la “grande rinuncia” per il bene della Chiesa, cosa per la quale si aspetta le lodi più sperticate e se le aspetta in Vaticano, in pubblico, nelle cerimonie ufficiali, nei discorsi ufficiali, sui giornali laici e sui giornaletti di parrocchia.
Vanità delle vanità, tutto è vanità, dice Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme (1, 2).
Irriverenza! Dirà qualcuno. Nessun rispetto per l’ex papa e nessuna carità cristiana per l’uomo Ratzinger.
Nient’affatto!
Perché noi diamo a “papa emerito” Ratzinger semplicemente ciò che lui stesso dichiara di meritarsi.
Lo ha scritto in quella già citata lettera:
Ora, uno che scrive una cosa così, foss’anche per celia, cosa si merita? Cosa dichiara di meritarsi?
Perciò, il fine teologo ci vorrebbe far credere che negli armadi dei palazzi vaticani, nelle sartorie ecclesiastiche di Roma, in qualche armadio di uno che è da 22 anni che abita nelle residenze ecclesiastiche di Roma, non si poteva trovare uno straccio di talare che significasse coerentemente la sua rinuncia al Papato?
“Emerita Santità”… ma ci faccia il piacere!
La verità è che Lei ha voluto rinunciare al Papato, ma non ha voluto rinunciare ad apparire come papa. È stato più forte di Lei. Ha voluto rinunciare al compito che Le era stato assegnato da e per la Chiesa. Ha voluto defilarsi per non sottostare alle angustie della responsabilità legata alla sua funzione. Ha preferito il suo benessere personale al sacrificio che comportava l’incarico. Ha preferito la più comoda posizione di vice-papa o “papa emerito”, come ha deciso di farsi chiamare, e insieme Le è piaciuto conservare la figura morale e l’immagine del papa, delle quali non voleva e non vuole più privarsi.
Vanità delle vanità, tutto è vanità, dice Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme (1, 2).
Ed è inutile che da più parti, tanti si industrino per ricucire addosso a questo ex papa che non vuole smettere di essere papa, una sempre rinnovata verginità; le pesanti responsabilità di “papa emerito” Ratzinger, non possono continuare a camuffarsi con dei bei discorsi interessati o concordati o preconfezionati.
Se oggi abbiamo un papa Bergoglio che si presta alle più scomposte carnevalate, lo dobbiamo alla scomposta decisione di papa Ratzinger.
Se oggi abbiamo un papa Bergoglio che copre di ridicolo il Papato, lo dobbiamo al ridicolo con cui papa Ratzinger ha sommerso il Papato con la sua inaudita rinuncia e continua a sommergerlo con le sue posticce giustificazioni date in pasto all’opinione pubblica con la connivenza di compiacenti vaticanisti.
Quanto ai cattolici che devono a tutti i costi giustificare il gesto inaudito della rinuncia, non ci soffermeremo a ricordare che in questi giorni la legge degli uomini sta processando un comandante di una nave con l’accusa di averla abbandonata al momento del pericolo, e non ci soffermeremo a chiederci che se la legge degli uomini considera vile e ignominioso l’abbandono del proprio posto di responsabilità, quanto più ignominioso potrà essere considerato lo stesso gesto di irresponsabilità di un uomo di Chiesa che ha giurato, davanti a Dio e fin da quando è diventato cardinale, di fare il proprio dovere fino all’effusione del sangue?
Non ci soffermeremo… ci basta andare a rileggere quanto affermato dall’attuale “papa emerito” nel suo ultimo discorso da “papa effettivo”, il 27 febbraio 2013.
Riferendosi al fatto di essere papa, egli disse:
Alla luce di quanto siamo stati costretti a constatare dopo, queste parole, fresche di un anno, ci colpiscono come una fustigata in viso, sia per l’incongruenza, sia per la subdola mancanza di sincerità.
Incongruenza, macroscopica. Se l’accettare di essere il Papa è “per sempre”, cioè fino alla morte, come ci si può permettere di ricordarlo proprio quando si è presa la decisione di non esserlo più? Bisogna avere una forma mentale contorta per venirsene fuori tranquillamente dicendo: “rinuncio a fare il papa perché il papa è per sempre” e “rinuncio a fare il papa, ma siccome il papa è per sempre, continuerò ad essere papa”.
Quest’uomo di Chiesa, con questa forma mentale contorta, ha retto per 24 anni la Congregazione per la Dottrina della Fede e per 8 anni ha svolto la funzione di capo vicario della Chiesa di Cristo.
E poi si dice che le cose della Chiesa vanno male!
Subdola mancanza di sincerità. Se uno non porta più la potestà dell’officio papale, cosa ci sta a fare ancora nel recinto di Pietro, anche solo a pregare?
Ci rendiamo conto che uno che ha vissuto in Vaticano negli ultimi 32 anni, trovi disagevole spostarsi altrove all’età di 86 anni, ma bastava dirlo, e non imbastire la clamorosa presa per i fondellidel “non abbandono la Croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso”.
La verità, facile facile e semplice semplice, è che un anno fa Benedetto XVI è stato mosso dal suo comodo e nient’affatto dalla volontà di rimanere “in modo nuovo” presso il Signore Crocifisso. Per rimanere col Signore non c’era alcun bisogno di rimanere in Vaticano, anzi, sarebbe stato più vicino al Signore se si fosse ritirato in uno speco. Sia perché il Signore non risiede esclusivamente in Vaticano, anzi!, sia perché proprio l’esempio di San Benedetto, strumentalmente citato, avrebbe dovuto indurlo a preferire la solitudine e il ritiro dal mondo, invece della numerosa compagnia e del permanere nel mondo, sia pure in quel mondo di preti che è il Vaticano.
C’è stata mancanza di sincerità? Un po’ di questa e un po’ di quella mentalità che fa dire una cosa e ne fa fare un’altra, com’è nella forma mentale hegeliana di tanti uomini di Chiesa che hanno conseguentemente prodotto il Vaticano II.
Ma in quel discorso, Benedetto XVI disse anche:
Passo ulteriormente contorto, che rivela un altro aspetto dell’incoscienza implicata dalla forma mentale che abbiamo rilevata fin qui.
Pregando, Benedetto XVI si sarebbe reso conto che, per il bene della Chiesa, avrebbe dovuto togliersi di mezzo.
Perché? Non lo dice, lasciando ai suoi estimatori il compito di imbastire le più eroiche motivazioni.
E per questo “bene della Chiesa” decide di compiere un passo che egli stesso chiama carico di gravità e di novità. Un passo grave e nuovo che avrebbe comportato e sta comportando per la Chiesa delle conseguenze terribili e gravide di innumerevoli incognite.
Per il modernista Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, sarebbe questo il “bene della Chiesa”:aprire un varco spaventoso nella concezione del Papato, tale da pregiudicare la stessa conduzione futura della Chiesa, partendo da una latente diarchia e finendo nella possibilità che il Vicario di Cristo, da oggi in poi, possa decidere di mettere di esserlo, a suo giudizio, per sopraggiunti limiti di tenuta fisica, come un qualsiasi impiegato mosso dallo scrupolo di non potere più “rendere” come il suo lavoro richiede.
Una mentalità quantitativamente efficientista, da concezione utilitaristica dell’esistenza.Con l’aggiunta della valutazione in positivo del fattore “novità”, ultimo ritrovato “teologico” degli uomini di Chiesa che concepiscono la Barca di Pietro come uno strumento da rinnovare continuamente in base ai progressi della tecnologia marinara del mondo in evoluzione.
E tutto questo perché “Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”.
Così che, secondo Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, aver abbandonato il proprio posto di responsabilità, aver deciso di rimanersene comodo e tranquillo in Vaticano in mezzo ad arrendevoli amici e a compiacenti coinquilini, farsi vedere ad ogni pie’ sospinto in televisione e sui giornali a fare il “papa che non è papa”, sarebbe una scelta difficile e sofferta in vista del bene della Chiesa e non di se stesso.
A noi sembra proprio, se non un’offesa all’intelligenza, una cosa senza senso, ma noi non siamo hegeliani e abbiamo il terribile difetto di sforzarci per cercare di comportarci come raccomandato da Nostro Signore: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt. 5, 37).
Ma ecco che, chi è immerso nel ridicolo non può evitare di muoversi sempre in modo da raggiungerne il colmo.
E il colmo è stato raggiunto per mezzo di Avvenire, che, viste le polemiche giornalistiche sorte intorno al “papa emerito” e alle sue abborracciate giustificazioni, il 28 febbraio ha “casualmente” intervistato Mons. Georg Gänswein, segretario particolare del “papa emerito fuori carica” e Prefetto della Casa Pontificia del “papa effettivo in carica”.
Incredibile! Perfino nei particolari, Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, ha voluto ed ottenuto di rimanere legato umanamente al Vaticano: condividendo col nuovo papa il suo più fedele collaboratore, il suo segretario.
Che fosse questo il modo migliore per essere “presso il Signore Crocifisso”?
E cosa dice Mons. Gänswein per correggere le illazioni dei giornalisti?
E chi ne aveva mai dubitato? Di grazia, come e dove starebbe meglio di così? Certo che non si è pentito. Esattamente come sono impenitenti tutti gli uomini di Chiesa che a partire dal Vaticano II, hanno ridotto la Barca di Pietro in un colabrodo.
A quale realtà? A quella che s’è inventata lui, non certo a quella che dovrebbe essere la realtà della Chiesa secondo i comandi di Nostro Signore. A quella realtà che è la realtà soggettiva e falsa del mondo e di Ratzinger, non certo a quella che è la realtà oggettiva di Dio.
E ancora, a domanda: Ha mai pensato di ritirarsi in Germania? – Risponde:
Per quanto posso sapere, mai. Nei miei colloqui con lui non ho mai percepito questo desiderio, questa nostalgia, questa idea.
Esattamente come abbiamo detto noi fin qui. A Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, non passa neanche per l’anticamera del cervello il ritirarsi in preghiera in qualche eremo della Baviera, Lui non ha nostalgia della sua terra - dice il suo segretario –; è troppo attaccato alle comodità del Vaticano – diciamo noi.
Che senso ha questa iniziativa condotta per mezzo di Avvenire?
Qualcuno dice che finalmente conosciamo il vero pensiero del “papa emerito”, cosa che è palesemente non vera, poiché a parlare non è lui, ma il suo segretario, che avrà pure parlato su commissione, ma non è lui!
Qualcun altro dice che adesso è chiaro che Benedetto XVI si fa chiamare “papa emerito” perché costretto dalla realtà, ma anche questo è falso, perché lui ha scelto “liberamente” di fare la grande rinuncia e “liberamente” ha scelto ed ha imposto che lo si chiamasse “papa emerito” e che gli si mantenesse l’appellativo di “sua santità”.
Se c’è qualcuno che ha subito la forzatura, la costrizione, l’abuso, questo qualcuno è qualcosa, e cioè la realtà oggettiva della Chiesa.
Conclusione: se non si vuole dire che tutto questo pasticcio è un dolo palese, del quale chi di dovere dovrà rispondere davanti a Dio, si dovrà necessariamente concludere che questa vicenda surreale, disordinata e foriera di gravi danni per la Chiesa, è sicuramente un pozzo di ridicolaggine, che potrà pure addebitarsi alla stoltezza degli uomini di Chiesa, ma che intanto sta facendo sprofondare il Papato in un mare di ridicolo, con tutto quello di terribile che questo comporta per la Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
Perseveriamo nel dedicare il Rosario del venerdì a quest’unica intenzione:
La domanda del titolo sorge spontanea quando si guardano le foto che abbiamo riportate sopra.
Esse non ci scandalizzano più di tanto, dopo quasi un anno di pontificato di Jorge Mario Bergoglio, il vescovo venuto dalla fine del mondo e, come abbiamo altrove ricordato, partito lancia in resta verso la fine del mondo cattolico; ma queste foto stimolano la riflessione del semplice fedele che, come espressoci da diversi lettori, si chiede: ma come ci siamo ridotti?
Intendiamoci, certe cose si basano sulla sensibilità personale e quindi è possibile che la sensibilità di certi cattolici “retrogradi” e amanti della “moda”, come li chiama papa Bergoglio, sia slegata dall’involutiva evoluzione morale e comportamentale che avanza trionfante nel mondo moderno e nella Chiesa conciliare. Eppure, trattandosi della Chiesa “cattolica” e del capo terreno del “cattolicesimo”, chi ignorasse l’esistenza dei cattolici “retrogradi”, come noi e tanti altri, e chi non valutasse seriamente la loro sensibilità, darebbe prova non di “cattolicesimo”, ma di “particolaresimo”, per così dire.
Ciò nonostante, siamo i primi a riconoscere che, forse, certe sensibilità “retrograde” vadano corrette, aggiornate, per certi versi “guarite” dal loro patologico irrigidimento da sguardo all’indietro.
Forse!
Perché è forse molto più vero che lo sguardo all’indietro è lo sguardo del figlio verso il padre, lo sguardo del neonato verso l’antenato, senza il quale non sarebbe neanche al mondo, lo sguardo della creatura verso il Creatore, senza il quale non ci sarebbe neanche il mondo.
Ma chi siamo noi per giudicare della bontà della marea montante che rischia di travolgere il cattolicesimo?
Certo non siamo il Papa!
Ma, di grazia, abbiamo il permesso di dire quello che pensiamo quando vediamo il Papa, il nostro Papa, il Papa di Roma e del mondo, il Vicario di Cristo, che compiaciuto e sorridente bacia un incosciente bambino che il suo sciagurato padre ha vestito da “papa” e che un altro altrettanto sciagurato soldato papale, prende in braccio e glielo porge?
E noi pensiamo che se il carnevale è entrato dritto dritto in Vaticano e se il Papa in persona partecipa in piazza San Pietro alla carnevalata, del Papato sia rimasto ben poco, forse niente. Un simulacro, che come tale è la controprova che il Papato è annegato nel ridicolo.
Ed è inutile che papa Bergoglio ride, perché ridere delle proprie disgrazie è da stolti.
Tanta cagnara per così poco?
No, l’amaro in bocca ce l’avevamo già!
È montato prepotentemente quando, all’ultimo Concistoro, abbiamo visto consumarsi l’invalidità della creazione dei nuovi cardinali. Quelli stessi che domani dovranno eleggere validamente (!?) il nuovo Pontefice.
Dove sta scritto, nel Codice di Diritto Canonico, nei testi di diritto ecclesiastico, nei dottori e nei Padri della Chiesa, nei Concilii, nei Vangeli, che la Chiesa compia un importante atto ufficiale col concorso di DUE papi?
Ci si dirà – da parte di qualche canonista esperto – che la validità non è minimamente in questione.
È vero.
Ma che razza di Vaticano è questo, dove si consumano sostanzialmente ridicole carnevalate col paravento di atti formalmente validi?
Il fedele che vede DUE papi partecipare ad un’importante cerimonia ufficiale della Chiesa, cosa penserà? Che l’atto è valido o che sia valida la diarchia papale?
In un modo o in un altro, apprenderà, autorevolmente, che la Chiesa ha DUE papi e che questo corrisponderebbe a quanto voluto da Nostro Signore.
Sì, autorevolmente, perché quella cerimonia è a suo modo un atto del Magistero, checché ne dicano i teologi che sanno spiegare bene, a parole, tutte le differenze formali tra i diversi tipi di Magistero. Per il fedele, tutto ciò che dice il Papa, tutto ciò che fa il Papa, è Magistero, e le distinzioni accademiche degli specialisti, per il semplice fedele valgono un bel niente.
Senza contare che saranno domani gli stessi accademici, teologi, vescovi e cardinali a richiamarsi a quell’atto per proporne di nuovi ancora più disordinati.
Sappiamo che è stato precisato che il cosiddetto “papa emerito” in effetti non è un altro papa; ma sta proprio qui il ridicolo: in questo inventarsi le più puerili e ridicole giustificazioni, arrampicandosi sugli specchi, per sancire “ufficialmente” che Ratzinger è legittimamente il “papa emerito”.
Forse che coniugare i due titoli: “papa” e “papa emerito”, possa significare qualcosa di diverso dal fatto che la Chiesa abbia DUE “papi”? Anche solo a fermarsi alla lingua italiana?
O siamo scemi noi, o la nuova gerarchia della nuova Chiesa conciliare ha decisamente rinunciato al dono dell’intelligenza, con l’aggravante che questa loro deficienza vorrebbero farla passare per raffinata teologia e vorrebbero imporla ai fedeli, come se questi fossero incapaci di intendere e di volere.
Sarà pure qualcosa di eccelso, per loro, ma per noi semplici cattolici resta qualcosa di disordinato e di ridicolo, che ci offende e che aggrava il rischio di condurre le anime dritto dritto all’Inferno.
Quanto poi alla validità della rinuncia di Benedetto XVI, nessuno può metterla in dubbio, essa è prevista nel § 2 del Canone 332 del Codice di Diritto Canonico, ma il ridicolo esplode quando Benedetto XVI decide di “rinunciare” al Papato e insieme decide di farsi chiamare ancora “papa”.
Sarà un fine teologo, ma di fronte alla possibilità di coniugare due cose contraddittorie, non solo fa prevalere il suo interesse personale, morale e d’immagine, ma conferma che, secondo la sua personale concezione filosofica moderna, per lui la contraddizione è novella sintesi da cui scaturisce una nuova tesi: la legittimità della compresenza di DUE papi… a Roma, in Vaticano, nella Basilica di San Pietro, nelle cerimonie ufficiali.
Il ridicolo è palese, tanto più se ribadito a un anno da questa rinuncia con tanto di lettera fatta pubblicare da un compiacente vaticanista, che comprensibilmente si presta alla manovra mediatica… anche lui tiene famiglia!
Se “papa emerito” Ratzinger avesse il senso del ridicolo e non fosse colui che ha espressamente voluto fare annegare nel ridicolo il Papato, dopo la rinuncia si sarebbe spogliato della veste bianca, avrebbe abbandonato il Vaticano, sarebbe andato lontano da Roma e avrebbe messo in atto la sua parolaia promessa di ritirarsi in una vita di preghiera.
Rimanere in Vaticano, convivere spalla a spalla col nuovo papa, incontrarsi continuamente con lui, privatamente e pubblicamente, partecipare con lui alle cerimonie ufficiali: significa solo che “papa emerito” Ratzinger non ha la minima considerazione del Papato, e se non ce l’ha da un anno, da “emerito”, è davvero difficile pensare che ce l’avesse quand’era “papa effettivo”.
La controprova ce l’abbiamo in quella lettera fatta circolare tramite il vaticanista compiacente.
In essa egli scrive che:
“Il mantenimento dell’abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti.”
Ora, se questo l’avesse detto o scritto un nostro nipotino, l’avremmo perdonato, ma detto e scritto dall’ex perito teologo del Vaticano II, dall’ex professore di teologia dogmatica, dall’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, dall’ex Papa, non possiamo perdonare un bel niente e siamo costretti ad analizzare questa fantasmagorica e ridicola affermazione; trascurando ogni giullaresca interpretazione messa in atto dai soliti cicisbei di corte: la lettera è stata volutamente fatta circolare ad uso dei fedeli.
Innanzi tutto, la palese incongruenza, che forse è passata inosservata allo stesso autore, certo per la sua formazione intellettuale hegeliana.
“Il mantenimento … del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti.”
E cosa diavolo c’entra il nome Benedetto con la mancanza di vestiti? Forse che il Card. Ratzinger fu costretto ad assumere il nome di Benedetto in forza dell’abito bianco?
“Emerita Santità”, ma come si permette di sciorinare simili incongruenze, fosse pure per celia? Pensa forse che i destinatarii della sua lettera, cioè i fedeli cattolici, siano tutti degli imbecilli?
La verità è che Lei, ha voluto rinunciare al Papato perché non ha alcuna considerazione di esso… e di ciò che vi sta dietro in termini cattolici, ma non ha voluto rinunciare al nome Benedetto perché ha un’altissima considerazione di sé. Quella stessa considerazione che fece dire a Napoleone a proposito della corona: Dio me l’ha data e guai a chi me la tocca!
Non pensi che siamo tanto stupidi da non comprendere le conseguenze delle debolezze umane, che conosciamo già bene in noi stessi: Le piace farsi chiamare Benedetto, Le piace farsi chiamare “papa emerito”, Le piace indossare l’abito bianco, Le piace vivere in Vaticano a fianco del nuovo papa, Le piace sentirsi papa, e ancor più Le piace farsi considerare il Papa che ha fatto la “grande rinuncia” per il bene della Chiesa, cosa per la quale si aspetta le lodi più sperticate e se le aspetta in Vaticano, in pubblico, nelle cerimonie ufficiali, nei discorsi ufficiali, sui giornali laici e sui giornaletti di parrocchia.
Vanità delle vanità, tutto è vanità, dice Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme (1, 2).
Irriverenza! Dirà qualcuno. Nessun rispetto per l’ex papa e nessuna carità cristiana per l’uomo Ratzinger.
Nient’affatto!
Perché noi diamo a “papa emerito” Ratzinger semplicemente ciò che lui stesso dichiara di meritarsi.
Lo ha scritto in quella già citata lettera:
“Il mantenimento dell’abito bianco… è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti.”
Ora, uno che scrive una cosa così, foss’anche per celia, cosa si merita? Cosa dichiara di meritarsi?
Perciò, il fine teologo ci vorrebbe far credere che negli armadi dei palazzi vaticani, nelle sartorie ecclesiastiche di Roma, in qualche armadio di uno che è da 22 anni che abita nelle residenze ecclesiastiche di Roma, non si poteva trovare uno straccio di talare che significasse coerentemente la sua rinuncia al Papato?
“Emerita Santità”… ma ci faccia il piacere!
La verità è che Lei ha voluto rinunciare al Papato, ma non ha voluto rinunciare ad apparire come papa. È stato più forte di Lei. Ha voluto rinunciare al compito che Le era stato assegnato da e per la Chiesa. Ha voluto defilarsi per non sottostare alle angustie della responsabilità legata alla sua funzione. Ha preferito il suo benessere personale al sacrificio che comportava l’incarico. Ha preferito la più comoda posizione di vice-papa o “papa emerito”, come ha deciso di farsi chiamare, e insieme Le è piaciuto conservare la figura morale e l’immagine del papa, delle quali non voleva e non vuole più privarsi.
Vanità delle vanità, tutto è vanità, dice Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme (1, 2).
Ed è inutile che da più parti, tanti si industrino per ricucire addosso a questo ex papa che non vuole smettere di essere papa, una sempre rinnovata verginità; le pesanti responsabilità di “papa emerito” Ratzinger, non possono continuare a camuffarsi con dei bei discorsi interessati o concordati o preconfezionati.
Se oggi abbiamo un papa Bergoglio che si presta alle più scomposte carnevalate, lo dobbiamo alla scomposta decisione di papa Ratzinger.
Se oggi abbiamo un papa Bergoglio che copre di ridicolo il Papato, lo dobbiamo al ridicolo con cui papa Ratzinger ha sommerso il Papato con la sua inaudita rinuncia e continua a sommergerlo con le sue posticce giustificazioni date in pasto all’opinione pubblica con la connivenza di compiacenti vaticanisti.
Quanto ai cattolici che devono a tutti i costi giustificare il gesto inaudito della rinuncia, non ci soffermeremo a ricordare che in questi giorni la legge degli uomini sta processando un comandante di una nave con l’accusa di averla abbandonata al momento del pericolo, e non ci soffermeremo a chiederci che se la legge degli uomini considera vile e ignominioso l’abbandono del proprio posto di responsabilità, quanto più ignominioso potrà essere considerato lo stesso gesto di irresponsabilità di un uomo di Chiesa che ha giurato, davanti a Dio e fin da quando è diventato cardinale, di fare il proprio dovere fino all’effusione del sangue?
Non ci soffermeremo… ci basta andare a rileggere quanto affermato dall’attuale “papa emerito” nel suo ultimo discorso da “papa effettivo”, il 27 febbraio 2013.
Riferendosi al fatto di essere papa, egli disse:
“Il ‘sempre” è anche un ‘per sempre’ - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze, eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.”
Alla luce di quanto siamo stati costretti a constatare dopo, queste parole, fresche di un anno, ci colpiscono come una fustigata in viso, sia per l’incongruenza, sia per la subdola mancanza di sincerità.
Incongruenza, macroscopica. Se l’accettare di essere il Papa è “per sempre”, cioè fino alla morte, come ci si può permettere di ricordarlo proprio quando si è presa la decisione di non esserlo più? Bisogna avere una forma mentale contorta per venirsene fuori tranquillamente dicendo: “rinuncio a fare il papa perché il papa è per sempre” e “rinuncio a fare il papa, ma siccome il papa è per sempre, continuerò ad essere papa”.
Quest’uomo di Chiesa, con questa forma mentale contorta, ha retto per 24 anni la Congregazione per la Dottrina della Fede e per 8 anni ha svolto la funzione di capo vicario della Chiesa di Cristo.
E poi si dice che le cose della Chiesa vanno male!
Subdola mancanza di sincerità. Se uno non porta più la potestà dell’officio papale, cosa ci sta a fare ancora nel recinto di Pietro, anche solo a pregare?
Ci rendiamo conto che uno che ha vissuto in Vaticano negli ultimi 32 anni, trovi disagevole spostarsi altrove all’età di 86 anni, ma bastava dirlo, e non imbastire la clamorosa presa per i fondellidel “non abbandono la Croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso”.
La verità, facile facile e semplice semplice, è che un anno fa Benedetto XVI è stato mosso dal suo comodo e nient’affatto dalla volontà di rimanere “in modo nuovo” presso il Signore Crocifisso. Per rimanere col Signore non c’era alcun bisogno di rimanere in Vaticano, anzi, sarebbe stato più vicino al Signore se si fosse ritirato in uno speco. Sia perché il Signore non risiede esclusivamente in Vaticano, anzi!, sia perché proprio l’esempio di San Benedetto, strumentalmente citato, avrebbe dovuto indurlo a preferire la solitudine e il ritiro dal mondo, invece della numerosa compagnia e del permanere nel mondo, sia pure in quel mondo di preti che è il Vaticano.
C’è stata mancanza di sincerità? Un po’ di questa e un po’ di quella mentalità che fa dire una cosa e ne fa fare un’altra, com’è nella forma mentale hegeliana di tanti uomini di Chiesa che hanno conseguentemente prodotto il Vaticano II.
Ma in quel discorso, Benedetto XVI disse anche:
“In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.”
Passo ulteriormente contorto, che rivela un altro aspetto dell’incoscienza implicata dalla forma mentale che abbiamo rilevata fin qui.
Pregando, Benedetto XVI si sarebbe reso conto che, per il bene della Chiesa, avrebbe dovuto togliersi di mezzo.
Perché? Non lo dice, lasciando ai suoi estimatori il compito di imbastire le più eroiche motivazioni.
E per questo “bene della Chiesa” decide di compiere un passo che egli stesso chiama carico di gravità e di novità. Un passo grave e nuovo che avrebbe comportato e sta comportando per la Chiesa delle conseguenze terribili e gravide di innumerevoli incognite.
Per il modernista Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, sarebbe questo il “bene della Chiesa”:aprire un varco spaventoso nella concezione del Papato, tale da pregiudicare la stessa conduzione futura della Chiesa, partendo da una latente diarchia e finendo nella possibilità che il Vicario di Cristo, da oggi in poi, possa decidere di mettere di esserlo, a suo giudizio, per sopraggiunti limiti di tenuta fisica, come un qualsiasi impiegato mosso dallo scrupolo di non potere più “rendere” come il suo lavoro richiede.
Una mentalità quantitativamente efficientista, da concezione utilitaristica dell’esistenza.Con l’aggiunta della valutazione in positivo del fattore “novità”, ultimo ritrovato “teologico” degli uomini di Chiesa che concepiscono la Barca di Pietro come uno strumento da rinnovare continuamente in base ai progressi della tecnologia marinara del mondo in evoluzione.
E tutto questo perché “Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”.
Così che, secondo Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, aver abbandonato il proprio posto di responsabilità, aver deciso di rimanersene comodo e tranquillo in Vaticano in mezzo ad arrendevoli amici e a compiacenti coinquilini, farsi vedere ad ogni pie’ sospinto in televisione e sui giornali a fare il “papa che non è papa”, sarebbe una scelta difficile e sofferta in vista del bene della Chiesa e non di se stesso.
A noi sembra proprio, se non un’offesa all’intelligenza, una cosa senza senso, ma noi non siamo hegeliani e abbiamo il terribile difetto di sforzarci per cercare di comportarci come raccomandato da Nostro Signore: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt. 5, 37).
Ma ecco che, chi è immerso nel ridicolo non può evitare di muoversi sempre in modo da raggiungerne il colmo.
E il colmo è stato raggiunto per mezzo di Avvenire, che, viste le polemiche giornalistiche sorte intorno al “papa emerito” e alle sue abborracciate giustificazioni, il 28 febbraio ha “casualmente” intervistato Mons. Georg Gänswein, segretario particolare del “papa emerito fuori carica” e Prefetto della Casa Pontificia del “papa effettivo in carica”.
Incredibile! Perfino nei particolari, Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, ha voluto ed ottenuto di rimanere legato umanamente al Vaticano: condividendo col nuovo papa il suo più fedele collaboratore, il suo segretario.
Che fosse questo il modo migliore per essere “presso il Signore Crocifisso”?
E cosa dice Mons. Gänswein per correggere le illazioni dei giornalisti?
A domanda: Il Papa emerito non si è mai pentito di essersi dimesso? – Risponde: Mai. Anche per questo vive totalmente in pace con sé, e con il Signore.
E chi ne aveva mai dubitato? Di grazia, come e dove starebbe meglio di così? Certo che non si è pentito. Esattamente come sono impenitenti tutti gli uomini di Chiesa che a partire dal Vaticano II, hanno ridotto la Barca di Pietro in un colabrodo.
E ancora, a domanda: E di farsi chiamare Papa emerito? – Risponde: Neanche. Ritiene che questo titolo corrisponda alla realtà.
A quale realtà? A quella che s’è inventata lui, non certo a quella che dovrebbe essere la realtà della Chiesa secondo i comandi di Nostro Signore. A quella realtà che è la realtà soggettiva e falsa del mondo e di Ratzinger, non certo a quella che è la realtà oggettiva di Dio.
E ancora, a domanda: Ha mai pensato di ritirarsi in Germania? – Risponde:
Per quanto posso sapere, mai. Nei miei colloqui con lui non ho mai percepito questo desiderio, questa nostalgia, questa idea.
Esattamente come abbiamo detto noi fin qui. A Ratzinger-Benedetto XVI-papa emerito, non passa neanche per l’anticamera del cervello il ritirarsi in preghiera in qualche eremo della Baviera, Lui non ha nostalgia della sua terra - dice il suo segretario –; è troppo attaccato alle comodità del Vaticano – diciamo noi.
Che senso ha questa iniziativa condotta per mezzo di Avvenire?
Qualcuno dice che finalmente conosciamo il vero pensiero del “papa emerito”, cosa che è palesemente non vera, poiché a parlare non è lui, ma il suo segretario, che avrà pure parlato su commissione, ma non è lui!
Qualcun altro dice che adesso è chiaro che Benedetto XVI si fa chiamare “papa emerito” perché costretto dalla realtà, ma anche questo è falso, perché lui ha scelto “liberamente” di fare la grande rinuncia e “liberamente” ha scelto ed ha imposto che lo si chiamasse “papa emerito” e che gli si mantenesse l’appellativo di “sua santità”.
Se c’è qualcuno che ha subito la forzatura, la costrizione, l’abuso, questo qualcuno è qualcosa, e cioè la realtà oggettiva della Chiesa.
Conclusione: se non si vuole dire che tutto questo pasticcio è un dolo palese, del quale chi di dovere dovrà rispondere davanti a Dio, si dovrà necessariamente concludere che questa vicenda surreale, disordinata e foriera di gravi danni per la Chiesa, è sicuramente un pozzo di ridicolaggine, che potrà pure addebitarsi alla stoltezza degli uomini di Chiesa, ma che intanto sta facendo sprofondare il Papato in un mare di ridicolo, con tutto quello di terribile che questo comporta per la Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
Perseveriamo nel dedicare il Rosario del venerdì a quest’unica intenzione:
che il Signore salvi la Chiesa
dalle conseguenze delle colpe degli uomini di Chiesa.
dalle conseguenze delle colpe degli uomini di Chiesa.
di Belvecchio
La situazione è quella che vediamo , certo non è che i tradizionalisti avessero dato una mano quando c'era un papa solo , non resta che pregare.
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