Gotti Tedeschi chiama in giudizio lo IOR
Questa la nuda notizia. Ma nelle motivazioni che hanno indotto i pubblici ministeri Nello Rossi, Stefano Fava e Stefano Pesci a chiedere l’archiviazione del procedimento contro Gotti Tedeschi e il tribunale di Roma ad accordarla c’è molto di più. E si tratta di fatti che chiamano in causa le autorità vaticane. Oggi.
Per vedere di quali fatti si tratta, basta leggere il capitolo finale della richiesta di archiviazione.
Per cominciare, i pubblici ministeri scrivono di aver accertato che all’operazione in oggetto Gotti Tedeschi era del tutto estraneo, poiché essa era stata eseguita dall’allora direttore dello IOR, Paolo Cipriani e dal suo vice Massimo Tulli, al di fuori di qualsiasi indicazione dello stesso Gotti Tedeschi e, anzi, contro la sua volontà e contro la “policy” che egli stava mettendo in atto.
Scrivono i pubblici ministeri:
“È un dato oggettivo – risultante da più fonti e dall’analisi complessiva degli sviluppi delle recenti vicende dello IOR – che l’attività del prof. Gotti Tedeschi come Presidente dello IOR è stata essenzialmente orientata a dar vita ad una nuova policy dell’istituto nel quadro dell’adozione di un insieme di misure miranti ad allineare lo Stato della Città del Vaticano, sul versante del contrasto al riciclaggio, ai migliori standard internazionali”.
Dopo aver citato come frutto dell’azione di Gotti Tedeschi la legge 127 antiriciclaggio entrata in vigore in Vaticano alla fine del 2010 e la concomitante istituzione dell’Autorità di Informazione Finanziaria, i pubblici ministeri aggiungono:
“Né appaiono riconducibili al prof. Gotti Tedeschi gli sviluppi sul piano normativo, interpretativo ed organizzativo susseguenti all’introduzione della nuova normativa, che sono stati oggetto, com’è noto, di contrastanti letture, anche in sede di organismi internazionali”.
E qui i pubblici ministeri alludono alle successive modifiche riduttive della stessa legge 127 denunciate con forza da Gotti Tedeschi e poi dagli ispettori di Moneyval come un “passo indietro“.
In un altro passaggio, i pubblici ministeri insistono sul “carattere tutt’altro che episodico” dell’operazione eseguita dai dirigenti operativi dello IOR, Cipriani e Tulli, che si è rivelata essere “solo un esempio di ben più ampia realtà”.
Se dunque è questo il quadro emerso dalle indagini, risulta oggi ancor più ingiustificabile la cacciata di Gotti Tedeschi dalla presidenza dello IOR, decisa e resa pubblica con motivazioni infamanti il 24 maggio 2012 dal board dell’istituto, che contemporaneamente manteneva in carica Cipriani e Tulli accordando loro fiducia nonostante le indagini in corso su di essi, oggi sfociate in un rinvio a giudizio per violazione delle norme antirticiclaggio.
Il board che – d’intesa con la segreteria di Stato guidata dal cardinale Tarcizsio Bertone – sfiduciò ed estromise Gotti Tedeschi è lo stesso che continua ancor oggi a reggere lo IOR, nonostante nel frattempo siano intervenuti altri fatti di sconvolgente rilievo, come le forzate dimissioni di Cipriani e Tulli nel luglio del 2013, per ulteriori scandali emersi dalla loro gestione, e la presa in carico della gestione operativa dello IOR da parte della multinazionale Promontory.
Compongono il board dello IOR il tedesco Ronaldo Hermann Schmitz, l’americano Carl Albert Anderson, lo spagnolo Manuel Soto Serrano e l’italiano Antonio Maria Marocco.
Nel frattempo, attorno a Gotti Tedeschi è stata fatta terra bruciata. Nessuno di tutti quelli incaricati dalle autorità vaticane di studiare il futuro dello IOR l’ha mai interpellato. Non un solo gesto di risarcimento morale nei suoi confronti è stato mai fatto. Da nessuno.
Non sorprende quindi che ora Gotti Tedeschi voglia che gli sia resa giustizia. il 27 marzo, ad archiviazione del suo caso giudiziario avvenuta come s’è visto, i suoi avvocati hanno diffuso un comunicato che così si conclude:
“Il dott. Ettore Gotti Tedeschi, dopo un lungo periodo di silenzio ed attesa, ha incaricato i propri avvocati, ora che la vicenda è stata chiarita da una ineccepibile indagine della magistratura italiana, di prendere una serie di iniziative in sede giudiziaria per reagire ai numerosi attacchi mediatici tesi a denigrare la propria figura umana e professionale, essendo deciso a dimostrare anche per le vie giudiziali l’infondatezza delle accuse che gli sono state mosse dai consiglieri [dello IOR] al momento della sua estromissione”.
Firmato: Avv. Fabio Marzio Palazzo, Milano, e Avv. Stefano Maria Commodo, Torino.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/03/29/pazienza-finita-gotti-tedeschi-chiama-in-giudizio-lo-ior/
Fugati i dubbi sull’estraneità dall’indagine relativa a una presunta operazione di riciclaggio, l’ex presidente della banca vaticana passa all’attacco di chi lo osteggiò 2010.
La notizia era nell’aria, e attendeva soltanto l’ufficializzazione.
Accogliendo la richiesta inoltrata dai pubblici ministeri Nello Rossi, Stefano Fava e Stefano Pesci, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma. Flavia Costantini. ha stabilito l’archiviazione delle indagini della Procura capitolina nei confronti dell’ex presidente dell’Istituto opere di religione Ettore Gotti Tedeschi. Il quale risulta del tutto estraneo, quindi, alle ipotesi di omissione nella violazione delle norme anti-riciclaggio formulate dai magistrati inquirenti sul conto della banca della Santa Sede.
L’INDAGINE DELLA MAGISTRATURA
La vicenda che ha provocato un interminabile calvario per l’economista chiamato nel 2009 da Benedetto XVI alla guida del Torrione di Niccolò V risale al 2010. Quando la Procura capitolina blocca 23 milioni di euro trasferiti dallo IOR verso il Credito Artigiano Valtellinese e destinati a Jp Morgan e alla Banca del Fucino. Passaggio di denaro considerato sospetto e illegale dai magistrati per la mancanza dell’identità di titolari e beneficiari dell’operazione e per l’assenza di motivazioni convincenti. L’allora presidente dell’istituto creditizio vaticano e suo rappresentante legale, Gotti Tedeschi, finisce nel registro delle persone indagate assieme all’ex direttore della banca Paolo Cipriani e al suo vice Massimo Tulli.
LA CLAMOROSA E INGIUSTA DEFENESTRAZIONE
Le verifiche portate avanti dai magistrati richiedono tempo per la delicatezza e la serietà dell’ipotesi di reato: violazione delle regole sul riciclaggio di denaro sporco. Fenomeno che aveva costituito il cuore dell’iniziativa intrapresa dall’economista piacentino per allineare l’operato dell’Istituto opere di religione agli standard internazionali di trasparenza finanziaria.
Nel corso delle indagini avviene un fatto clamoroso e dirompente. Il 24 maggio 2012 la Segreteria di Stato vaticana guidata da Tarcisio Bertone, che controlla il Consiglio di sorveglianza e di amministrazione dello IOR, pubblica un comunicato dai toni durissimi e inediti in cui preannuncia la sfiducia per Gotti.
Le ragioni alla base del provvedimento riguardano “l’inadeguatezza nell’assolvere i doveri del presidente, nel rappresentare pubblicamente e nel difendere la banca di fronte a notizie giornalistiche imprecise; l’eccessivo accentramento contestuale ai comportamenti sbagliati; l’incapacità di fornire spiegazioni attendibili sulla divulgazione dei documenti in suo possesso”. Accusa, quest’ultima, che fa trapelare gravi responsabilità per lo scoppio dello scandalo “Vatileaks”.
LA FERITA PROFONDA
La decisione assunta dalla Segreteria di Stato lascia un segno indelebile nell’economista. Gotti Tedeschi ravvisa una “precisa volontà di denigrazione e diffamazione portata avanti con un’operazione sistematica finalizzata a gettare discredito nei suoi confronti”. Parla della defenestrazione come un fatto “inatteso, non previsto, di una violenza inaudita, ingiusta e brutale”.
LA SVOLTA
Un primo riconoscimento dell’esatto svolgimento dei fatti giunge nel luglio 2013. La Procura di Roma ritiene l’ex presidente della banca della Santa Sede del tutto estraneo alle responsabilità nell’omissione e nell’eventuale violazione della normativa sul riciclaggio. Formulazione accolta pienamente dal Tribunale penale con il decreto di archiviazione emesso il 19 febbraio e reso pubblico il 28 marzo 2014.
Nel provvedimento emerge con chiarezza “il ruolo cruciale assunto con consapevolezza e in modo reiterato da Paolo Cipriani e Massimo Tulli nell’avere autorizzato le operazioni valutarie sospette”. Mentre Ettore Gotti Tedeschi “ha dimostrato di non possedere alcuna delega operativa e di essere estraneo al modus operandi realizzato dall’ex direttore e vice-direttore generale dell’istituto”. Risultanti gli unici firmatari dell’ordine di trasferimento dei 23 milioni e ora a rischio di rinvio a giudizio.
Non solo. L’economista ha agito per scongiurare il ripetersi dei comportamenti omissivi e illegittimi. E ha “ricoperto la carica di presidente con professionalità ed efficacia, tanto da conseguire prestigiosi riconoscimenti da parte di organismi nazionali e internazionali, restituendo credibilità allo IOR”.
ACCUSE FALSE E PRETESTUOSE
La decisione del giudice non si limita a prospettare responsabilità e ipotesi di reato. Si spinge oltre e smantella gli addebiti che vennero mossi nei confronti di Gotti nel maggio 2012. “Accuse infondate e palesemente strumentali, avanzate al fine di rimuoverlo dal suo incarico”. Perché, precisa il Tribunale capitolino, era del tutto fondata la ritrosia e la diffidenza manifestate dall’ex presidente nel cooperare con un “management poco affidabile e artefice di gravi illeciti”.
Perché la missione di trasparenza e legalità affidata all’economista da Joseph Ratzinger per il bene della Chiesa, e assolta con rigore, è stata ostacolata dalla Direzione della banca. Perché tutti gli atti compiuti da Gotti Tedeschi “sono stati orientati ad allineare il Vaticano ai più elevati parametri internazionali nel contrasto al riciclaggio, tramite l’adozione di regole più moderne e la creazione di un’Autorità di informazione finanziaria in grado di allacciare proficui rapporti con gli organismi di vigilanza degli altri paesi. Autorità che lo studioso aveva voluto del tutto indipendente, ma che all’indomani della sua rimozione dalla guida dello IOR la Segreteria di Stato preferì vincolare al controllo della Santa Sede.
LA CONTROFFENSIVA DI GOTTI TEDESCHI
Lungi dal rappresentare il punto conclusivo di una vicenda clamorosa e surreale, il provvedimento giudiziario di archiviazione crea le premesse per accertare le reali motivazioni che portarono alla sua rimozione dalla guida del Torrione di Niccolò V.
Gotti Tedeschi, spiegano gli avvocati Fabio Marzio Palazzo e Stefano Maria Commodo, vuole fare luce “sulle sollecitazioni e i condizionamenti che spinsero i membri del Consiglio dell’Istituto opere di religione a revocargli la fiducia, provocando contraccolpi negativi per la Santa Sede”. E assumerà tutte le iniziative legali “per reagire ai numerosi attacchi mediatici tesi a denigrarlo”.
LA FIDUCIA IN PAPA FRANCESCO
Grande energia per portare avanti la sua “offensiva di verità” l’ex presidente dello IOR la trae dall’opera del Pontefice, fortemente impegnato nel rinnovamento dell’organismo cardinalizio che controlla la banca vaticana. “Papa Francesco – osserva Gotti – è un uomo deciso ad andare avanti sulla questione della trasparenza finanziaria, in coerenza con la riflessione avviata da Benedetto XVI”. Anche per questa ragione sono pronto a raccontargli tutto, in confessione se sarà necessario”.
30 - 03 - 2014Edoardo Petti
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