ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 18 aprile 2014

Santincauto?


La ribellione dei padri modernizzanti e le incaute concessioni di Giovanni XXIII


9788864093123g(di Piero Vassallo su “Riscossa Cristiana”) Il Concilio Vaticano II si è svolto secondo un’ispirazione diversa e talora del tutto contraria a quella dichiarata dai documenti preparatori, elaborati dalla curia romana sotto la sapiente direzione del cardinale Alfredo Ottaviani, in esecuzione delle direttive di papa Giovanni XXIII, il quale invitava ad approfondire e sviluppare eodem sensu et eadem sententia la dottrina della Chiesa cattolica, un’impresa che, nel 1870, il Concilio Vaticano I non aveva portato a termine a causa dell’occupazione di Roma.

.Purtroppo i risultati del Vaticano II capovolsero le buone intenzioni dichiarate dal papa e attuate dai collaboratori del card. Ottaviani. Uno dei più influenti e celebrati protagonisti dello storico evento, nell’introduzione ai documenti del Vaticano II, afferma risolutamente – e si è tentati di dire sfacciatamente: “Non si può negare che un determinato gruppo di teologi romani nei mesi precedenti all’apertura, avesse creduto che il Concilio non potesse fare praticamente altro che accettare ed applaudire al progetto di decreti elaborati dalle commissioni preconciliari radunate sotto il controllo del papa e che non fosse né possibile né pensabile, qualunque discussione o diversità di opinione notevole. Ma il Concilio, e fin dalla prima sessione, ha sempre respinto recisamente questo metodo e questo sistema, Le discussioni si svolsero in piena libertà e con indiscussa franchezza e così il Concilio arrivò a conclusioni che prima non solo non erano prevedibili ma nemmeno pensabili” (Cfr. Karl Rahner, Introduzione a “I Documenti del Concilio Vaticano II”, edizioni Paoline, Roma 1967).  
 Lo studioso di storia ecclesiastica, se onestamente impegnato nella ricerca della verità sul Vaticano II, deve affrontare pertanto il problema della doppia ispirazione del Vaticano II, quella dei documenti preparatori, elaborati da teologi obbedienti alle direttive di Giovanni XXIII e quella emergente dai documenti finali, prodotti da una agguerrita minoranza assembleare, che, pur dichiarandosi refrattaria e ostile alla dottrina proposta dai teologi del regnante pontefice, ottenne da lui l’autorizzazione a procedere contromano.
 Paolo Pasqualucci può dunque affermare, senza temere smentite, che “il vero Concilio era quello preparato dalla Curia sotto la guida del cardinale Alfredo Ottaviani e di padre Cornelio Tromp. … Un eccellente e validissimo lavoro, al quale avevano preso parte i migliori teologi ortodossi, fu buttato a mare nella convulsa e anomala fase iniziale del Concilio, grazie a una serie di colpi di mano procedurali dei progressisti, che riuscirono a conquistare la prevalenza nelle dieci Commissioni conciliari incaricate di elaborare gli schemi dei testi da sottoporre all’assemblea”.
 Ora il radicale e rovinoso mutamento d’indirizzo (che è vantato senza ritegno da Karl Rahner) non sarebbe stato possibile se non fosse intervenuta l’approvazione talora esplicita talora surrettizia e occulta di Giovanni XXIII.
  Il nodo che deve sciogliere il qualunque fedele intenzionato a capire l’enigma del Vaticano II, è stretto intorno al doppio pontificato di Angelo Roncalli, che fu padre esitante dei documenti pre-conciliari e padre entusiasta dell’anti-concilio.
 Edito in questi giorni dalla casa editrice veronese Fede & Cultura il saggio di Paolo Pasqualucci, “Il Concilio parallelo“, propone la soluzione del dilemma che si presenta al qualunque fedele che esamina senza pregiudizio quelle alterazioni e quegli abusi del diritto canonico e del regolamento conciliare, che favorirono l’impresa dei teologi intenzionati a compiere la metamorfosi dei testi proposto dalla Curia romana. Da una tale lettura emerge infatti  l’immagine di un’assemblea alterata dall’agitazione dei modernizzanti e di un pontefice ingannato dall’abbacinante miraggio che rappresentava l’errore dei moderni nell’avanzata fase della pia autocritica.
 A dimostrazione delle incertezze (per non dire delle ambiguità) di Giovanni XXIII, Pasqualucci cita un brano del Giornale dell’anima scritto durante il drammatico dibattito sullo schema presentato dal card. Ottaviani:  “Dibattito increscioso circa le fonti della Rivelazione.  Nonostante gli sforzi per la corrente Ottaviani, essa non riesce a contenere l’opposizione che si rivela molto forte”.
 Pasqualucci sottolinea la sorprendente definizione (corrente) che papa Roncalli applicò alla commissione da lui istituita. E giustifica il proprio stupore: “Lo schema presentato e difeso da Ottaviani, e con lui dagli altri cosiddetti “conservatori”, schema approvato dal Papa, non conteneva né voleva contenere tesi personali ed originali, per il semplice motivo che esponeva, con la massima chiarezza possibile, l’insegnamento ufficiale e plurisecolare del Magistero.  Ma per il Papa esso era l’espressione della “corrente Ottaviani”, un prodotto di parte!  Il punto di vista di una “corrente” teologica!  I novatori non dicevano forse lo stesso?”
 In un’altra annotazione di Giovanni XXIII si leggono parole ancor più stupefacenti e francamente sgradevoli: “Anche oggi ascolto interessante di tutte le voci del Concilio. In gran parte sono di critica agli schemi proposti (dal card. Ottaviani), che, preparati da molti insieme, rivelano però la fissazione un po’ prepotente di uno solo e il permanere di una mentalità che non sa divincolarsi dal tono della lezione scolastica. La semi cecità di un occhio è ombra sulla visione dell’insieme.  Naturalmente la reazione è forte, talora troppo forte…”.
 Pasqualucci commenta: “Qui lo stupore non nasce solo a causa del doppio senso di cattivo gusto, non privo di malignità, sulla parziale cecità che aveva cominciato ad affliggere il cardinale Ottaviani; nasce soprattutto dalla constatazione che a Giovanni XXIII l’esposizione e la difesa del dogma della fede contenuto nello schema De Fontibus altro non appaiono se non la “fissazione”, per giunta “un po’ prepotente”, “di una mentalità che non sa divincolarsi dal tono della lezione scolastica”; ragion per cui, “naturalmente”, la reazione è forte. Anche qui, Giovanni XXIII usa lo stesso linguaggio dei teologi novatori, sprezzatori, come si è visto, del Magistero: i testi dello schema, che esprimono la dottrina di sempre (ovviamente chiusa ad aperture e compromessi con l’errore) sono “scolastici” e quindi non vanno bene; sono frutto della “fissazione” anche “prepotente” di uno solo, e quindi non vanno bene!”
 Di qui una severa ma motivata opinione sull’ingiustificato voltafaccia di papa Roncalli: “Con il suo comportamento, Giovanni XXIII legittimava di fatto l’interpretazione che i novatori davano delle aperture “ecumeniche” da lui volute; legittimava di fatto l’abbinamento “ecumenismo = mutamento dottrinale”, consentendo così al Concilio di consolidarsi nell’andamento anomalo, rivoluzionario, che i novatori avevano voluto imprimergli sin dall’inizio, in quello che Amerio chiamò il suo carattere “autogenetico, improvviso, atipico”.
 Pasqualucci dimostra peraltro che Giovanni XXIII non nascose il suo autentico pensiero, per evitare che potessero sorgere equivoci su cosa si dovesse intendere con “aggiornamento” della Chiesa: “Di fronte ad interpretazioni, come quella del cardinale Siri, che volevano vedere nella sua allocuzione di apertura del Concilio principalmente la difesa della dottrina e della tradizione, egli, nel discorso d’auguri per il nuovo anno tenuto come da tradizione al Collegio dei Cardinali (gennaio 1963), citando sé stesso nella versione in volgare, più audace in alcuni punti del testo latino, soprattutto nella famosa frase in cui affermava che la dottrina deve essere “studiata ed esposta attraverso le forme dell’indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno”, fece capire che l’allocuzione valeva soprattutto per le novità che enunciava“.
 Il libro di Pasqualucci, filosofo del diritto e perciò in grado di misurare la gravità degli abusi compiuti da papa Roncalli, si raccomanda per la magistrale ricostruzione delle irregolarità che hanno punteggiato e tormentato lo svolgimento del Concilio Vaticano II, fino all’infelice esito rappresentato dalle ambiguità insinuate nei documenti, che hanno sviato il clero cattolico  e narcotizzato i fedeli. E offre finalmente un’immagine veritiera e non zuccherinadel “papa buono” tale da giustificare i dubbi manifestati da Roberto de Mattei sull’opportunità di santificare un uomo che incise sulla vicenda del Vaticano II  il segno delle contraddizioni del suo carattere e la traccia della sua debolezza davanti all’errore dei moderni.
“Il Concilio parallelo”, di Paolo Pasqualucci, ed. Fede & Cultura – pagg. 128, euro 12,00 (spese di spedizione a nostro carico) – per acquisti on line inviare una mail a info@riscossacristiana.it . Per le modalità di pagamento, clicca qui

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