Il Fab Four e il rischio del "culto personale"
Don Stefano Naldoni
Domenica 27 aprile si è svolta, in piazza San Pietro, la canonizzazione di due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
Una giornata
storica per la Chiesa e non solo per la grandissima quantità di fedeli
accorsi alla celebrazione (si parla addirittura di un milione di
persone) e per quelli che hanno assistito in diretta televisiva
all’evento (circa due miliardi) ma soprattutto perché in piazza San
Pietro erano presenti quattro Papi: due Santi nella gloria di Dio e due
in vita (uno emerito, Benedetto XVI e Papa Francesco).
I Favolosi
Quattro o per dirla come i Beattles i “Fab Four”! Quattro persone
diverse ma fortemente uguali nella loro ricerca di Dio, nel servizio e
con una guida forte e sicura della Chiesa.
Non sto a
dilungarmi a descrivere come si è svolto perché i media ne hanno parlato
abbondantemente ma vorrei porre l’accento su un aspetto secondario che
in questi giorni mi frulla in testa come un tarlo affamato.
Mi chiedo se i
numeri da capogiro di tali manifestazioni siano davvero rappresentative
di una fede vissuta con convinzione o sia solo frutto di una spinta
emotiva. Cerco di spiegarmi meglio…
E’ indubbio che
nell’ultimo anno, dall’elezione di Papa Francesco, si sia registrato un
aumento dei consensi positivi nei riguardi della Chiesa che adesso,
prendendo a prestito l’immagine del volto sorridente e affabile di
Bergoglio, è percepita come “più vicina alla gente comune”, più umana e
meno dottrinale (nel senso troppo “legale” del termine, quella dei soli
precetti da assolvere, per capirsi).
Una Chiesa,
insomma, più popolare, aperta, semplice. Gli studi di settore dimostrano
un’impennata di presenze di pellegrini a Roma imputabile al fenomeno
Bergoglio.
In un sondaggio
il 42% degli italiani si dichiara intenzionato a visitare Roma a causa
di questo Papa, con una crescita del 28% nel traffico web nelle pagine
dedicate alla città eterna e la presenza di turisti e pellegrini è
salita costantemente negli ultimi 12 mesi.
Un fenomeno che
appare in ascesa e che non sembra si voglia arrestare. Ma questo è un
bene o un male? Dipende dai punti di vista.
Da quello
economico, per il turismo religioso generato nella penisola e nella
città eterna, sicuramente un toccasana; dal punto di vista della Chiesa,
una bella ripulitura della propria immagine ma da quello della fede non
sono sicuro si possa sempre parlarne in termini positivi o
trionfalistici come alcuni sostengono.
Ricordo, ad
esempio, che per la morte di Giovanni Paolo II, suonammo le campane e
moltissimi corsero in Chiesa per pregare per il compianto pontefice. Tra
i tanti fedeli accorsi, notai molti che mai e poi mai avevo visto in
Chiesa.
Piangevano, ma
quel pianto era un semplice sfogo emotivo legato alla persona e non al
ministero petrino: infatti poi non si sono più visti.
Così, adesso,
moltissimi, vanno e vogliono andare a Roma per le udienze o per
l’Angelus ma quanti di questi ascoltano, ricordano e cercano di mettere
in pratica quello che dice Papa Francesco?
Questo Papa
piace perché è semplicemente se stesso, rompe gli schemi di un rigido
protocollo quando questo gli appare come una barriera per arrivare alla
gente. E’ un Padre buono che vuole stare con i propri figli ma proprio
perché è buono dispensa consigli buoni perché questi vivano bene.
Il rischio è
che le persone si fermino alla prima parte però, come prete, lo devo
necessariamente mettere in evidenza. Spero vivamente che sia ancora
presto e che “l’effetto simpatia” sia solo uno dei tanti modi che lo
Spirito Santo usa per arrivare al cuore dei fedeli ma è bene mettere in
guardia che non ci si può fermare a questo.
La strada da
percorrere è indicata chiaramente ma deve essere percorsa tutta fino
alla meta che è Cristo. Contrariamente si rischia un culto personale
verso persone e Santi di una grandezza immensa perdendo l’essenza della
loro portata.
In altre parole
è come fermarsi a guardare il dito che indica la luna. Non si può amare
Papa Francesco o pregare i nuovi Santi Papi senza celebrare
l’Eucaristia domenicale, senza accedere ai sacramenti e nutrirsi della
Parola di Dio.
Negli Atti
degli Apostoli al capitolo 2 versetto 42 si legge infatti: "Erano
assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione
fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere".
I pilastri
della fede, fin dalla prima comunità cristiana, sono sempre stati la
dottrina tramandata dagli Apostoli (di cui Papa e Vescovi sono i
custodi), la carità per i fratelli, l’Eucaristia (lo spezzare il pane è
il termine che indica proprio la celebrazione Eucaristica) e la
preghiera.
Si dice anche
“assidui” e non quando capita o si ha tempo e voglia, proprio perché
questi siano come dei binari su cui far correre il treno della nostra
vita.
Personalmente
sono il frutto del Concilio Vaticano II voluto da Giovanni XXIII, sono
cresciuto con Papa Giovanni Paolo II (che ho avuto la gioia di
avvicinare durante un’udienza privata in cui aveva accolto il nostro
Seminario), sono stato aiutato a comprendere i più complicati misteri di
Dio con la sapienza di Benedetto XVI (che aveva la capacità di rendere
semplice e chiaro ciò che è più complesso), sono spronato dall’amore per
la gente e dall’umiltà di Papa Francesco.
Tutte e quattro
queste figure, però, sarebbero niente, se non puntassi sempre verso
Cristo come loro si sono spesi ad indicarmi come il faro nella nebbia
della mia vita, come porto sicuro dove approdare durante le tempeste
delle mie infinite debolezze.
http://www.gazzettinodelchianti.it/rubriche/7/fuori-dal-chiostro.php#.U2qHWIF_uPZ
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