a un dio “multiforme” in un Vaticano sincretista
I tre nuovi apostoli: Shimon - Francesco - Mahmoud
I presidenti palestinese, Mahmoud Abbas, e israeliano, Shimon Peres, hanno risposto favorevolmente all’invito di papa Francesco a ritrovarsi in Vaticano per pregare per la pace.
L’avvenimento ha avuto luogo questa Domenica 8 giugno, festa della Pentecoste.
Dopo la morte di Cristo, gli Apostoli si nascondevano, paralizzati dall’idea di dover sacrificare la loro vita per Colui che tuttavia avevano riconosciuto come loro Dio e che avevano seguito per anni. Pietro, loro capo, lo aveva rinnegato tre volte. Tommaso non vi credeva più. Così, quelli stessi che avevano assistito a tutti i miracoli di Cristo si trovavano rinchiusi nel Cenacolo per la paura: gli Ebrei li cercavano per metterli a morte.
Ora, in questo giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo discende sugli Apostoli e riempie le loro anime dei sette doni: Saggezza, Intelligenza, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timore di Dio. A partire da allora, gli Apostoli, fortificati, escono e predicano il Vangelo della Vita, parlano diverse lingue, sfidano le folle, compiono i miracoli. E quasi tutti finiranno martiri e verseranno il loro sangue per la fedeltà a Cristo.
Ed eccoci a quest’8 giugno 2014: il Vaticano II, “il gran Concilio dell’apertura della Chiesa al mondo”, si è già svolto sul posto… Non si predica più, si dialoga. Cristo non è più «la Via, la Verità, la Vita» (Gv. 14, 6), perché d’ora in poi ognuno è chiamato a nulla rigettare “di quanto è vero e santo in queste religioni” e a considerare “con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine” (Vaticano II, Nostra aetate, 2).
È dunque in questo giorno di Pentecoste che hanno avuto luogo “le invocazioni per la Pace” proposte da papa Francesco. E nel 2014, “essere insieme per pregare” – una sottigliezza che vedremo più avanti – si rivela cosa molto complicata: né un venerdì, giorno di preghiera per i musulmani, né un sabato, Shabbat per gli Ebrei. Caspita! Naturalmente qualunque luogo con venature cristiane sarebbe stato offensivo. Evidentemente! E per di più non si tratta neanche di pregare volti a Est, perché a Est vi è la Mecca!
Ogni preghiera non deve ferire il vicino, non si dimentichi che si è qui per la pace!
E uno degli organizzatori, il francescano Pierbattista Pizzaballa, ci rassicura: “non si prega insieme, si è insieme per pregare”. Come se questo genere di precauzione parolaia, tanto ridicola quanto ipocrita, potesse impedire in un qualche modo l’affermarsi dello spirito relativista e sincretista.
Come se la preghiera dell’Islam, religione falsa e persecutoria dei cristiani, potesse essere gradita a Dio!
Come se la preghiera di un giudaismo che ha rigettato e messo a morte il Messia, potesse trovare una qualche eco favorevole nell’eternità!
E in tanto assoluto relativismo, quello che resta è la buona volontà nel cuore di queste persone, buona volontà che Dio solo può giudicare e gradire.
Certuni troveranno critiche queste righe: è facile denunciare quello che fa papa Francesco, ma che fare in una situazione così complessa in cui due popoli si affrontano da decenni? Non è normale che la Chiesa tenti di far valere tutto il suo peso per far progredire verso una soluzione pacifica?
Certo! Ma perché la Chiesa conti qualcosa, occorre che sia se stessa, che faccia il suo lavoro, che è quello di proclamare il Vangelo, di inviare degli apostoli per convertire a Cristo i popoli della Terra. La Chiesa è stata forte e potente solo quando ha inviato nel mondo migliaia di missionarii, non per discutere o dialogare, ma per convertire, con l’aiuto dei doni dello Spirito Santo.
E soprattutto, che gli uomini di Chiesa non dimentichino che la Chiesa è uno strumento nelle mani di Dio.
La sua vera forza risiede nell’intercessione presso il Principe della Pace e non nell’organizzazione di una “invocazione per la pace” a un dio che non si sa se è giudeo, musulmano o marziano.
Non è con una preghiera neutra ad un dio “multiforme” in un Vaticano sincretista che papa Francesco otterrà la pace.
di Xavier Celtillon
Articolo pubblicato sul sito Media Presse
La “nuova Pentecoste” di papa Bergoglio
Pensieri in libertà di un fedele cattolico
Pensieri in libertà di un fedele cattolico
La Pentecoste di quest’anno 2014, molto probabilmente, rimarrà nella storia della Chiesa come una data memorabile: 8 giugno 2014, il giorno in cui la casa di Pietro a Roma è stata violata dalla volontà di ridurre a niente la festività che ricorda la nascita della Chiesa di Cristo per espresso intervento dello Spirito Santo.
Sarebbero così passati 1981 anni dalla data di fondazione della Chiesa e la cosa curiosa è che questo numero 1981, ridotto in ragione di 9, dà 1, ad indicare, - ironia della sorte! - il primo anno della “nuova Pentecoste” in cui la Chiesa subisce “umanamente” una riduzione a niente, con la trasformazione della festa della Pentecoste nel giorno dell’incontro in Vaticano del capo dello Stato vaticano con il capo dello Stato ebraico e il capo dello Stato palestinese.
Tutto sembra legarsi, la Pentecoste avvenne in Palestina e 1981 anni dopo si incontrano in Vaticano, la Palestina d’elezione, il tre capi di Stato che a loro modo rappresentano ancora la Palestina; e si incontrano per sancire la fine della Pentecoste originaria e l’inizio della “nuova Pentecoste”; e si riuniscono proprio in nome di una Palestina che ha perduto le connotazioni soprannaturali per essere stata immersa nella naturalità umana della guerra di conquista. E questi tre capi di Stato si incontrano per pregare ognuno a suo modo per la pace in Palestina. Quale Dio? Per quale pace?
La pace di una novella Palestina che non sa più niente della Pentecoste ed è diventa il simbolo della fine di un ciclo e dell’inizio di un altro: la Chiesa conciliare nata dal Vaticano II, dopo 49 anni di gestazione, ha finalmente partorito la “nuova Pentecoste” come incontro di preghiera ebraica-cristiana-musulmana per la pace nella nuova Palestina sconquassata dalla furia devastatrice degli uomini che prevaricano gli uni sugli altri: la pace dei vivi che sono morti.
La Pentecoste originaria rappresentò il punto di partenza della pace di Cristo che permetteva agli uomini di condursi alla beatitudine del Cielo, la “nuova Pentecoste” di papa Bergoglio rappresenta il punto di partenza della pace umana che dovrebbe permettere agli uomini di raggiungere l’appagamento sulla terra: all’originario “nuovo mondo” soprannaturale viene sostituito l’attuale “nuovo ordine mondiale” voluto in terra per la terra: alla Pace di Cristo si sostituisce la pace dell’uomo.
Ed è curioso che questa “nuova Pentecoste” nasca oggi come dato di fatto a fronte della “nuova Pentecoste” ideale immaginata dai fautori e dai realizzatori del Vaticano II. Se il Vaticano II diede l’avvio alla “nuova Pentecoste” della nuova Chiesa conciliare, oggi papa Bergoglio ha portato a compimento questo progetto: la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli oggi è stata sostituita dalla messa a dimora di tre piante d’ulivo in Vaticano, a simboleggiare la sostituzione dell’opera dello Spirito Santo col lavoro dell’uomo.
Il capovolgimento è totale e l’affermazione della nuova religione dell’uomo che pretende di soppiantare la religione di Dio ha oggi la sua data e il suo luogo di nascita formali: Roma, Città del Vaticano, 8 giugno 2014.
Leggendo qua e là, difficilmente si nota l’attenzione per la scelta del giorno liturgico di Pentecoste per lo volgimento di questo evento profano sacrilego e demagogico, eppure la cosa riveste un’importanza capitale. Se papa Bergoglio non ha fatto caso alla coincidenza del giorno, vuol dire che non sa neanche cos’è la Pentecoste. Se papa Bergoglio invece lo sa e l’ha fatto apposta, vuol dire che ha volutamente inteso suggellare la fine del valore soprannaturale della Pentecoste e l’inizio di una sua mera portata naturale.
Con questa sorta di celebrazione che sta in equilibrio tra un comizio politico e un messaggio pubblicitario, si compie anche il ciclo iniziato da papa Wojtyla e continuato da papa Ratzinger. Si supera la copertura religiosa di Assisi e si appalesa il vero volto dei nuovi adoratori dell’uomo, che si riconoscono tutti nel nuovo dio buono per tutte le stagioni: “la pace”.
Papa Bergoglio è davvero l’uomo che porterà a compimento il disegno sovvertitore del Vaticano II: piccolo suggerimento: “subito santo!”, già da vivo!, se lo merita!
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV834_Fedele_Pentecoste_di_papa_Bergoglio.html
L’accelerazione degli eventi mondiali
di Alejandro Sosa Laprida
Gli eventi mondiali si susseguono con moto accelerato, e la religione ecumenica del Vaticano II sta lentamente ma inesorabilmente seguendo il suo percorso mondialista, installandosi progressivamente nella maggioranza degli spiriti ottenebrati, letargici, cullati dai falsi ma convincenti canti delle sirene moderniste, che presentano il “dialogo” e il “pluralismo” come la panacea universale, come l’unico cammino possibile per raggiungere la tanto desiderata “pace mondiale”, sotto la guida ingannevole falsi profeti conciliari…
«Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti» (Mt. 24, 24).
Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica!
Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite… Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: "mai più la guerra!"; "con la guerra tutto è distrutto!". Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre "fratello", e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen.
Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite… Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: "mai più la guerra!"; "con la guerra tutto è distrutto!". Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre "fratello", e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen.
Francesco, Invocazione per la pace, 8 giugno 2014
«Quando dunque governi e popoli seguiranno negli atti loro collettivi, sia all’interno sia nei rapporti internazionali, quei dettami di coscienza che gli insegnamenti, i precetti, gli esempi di Gesù Cristo propongono ed impongono ad ogni uomo; allora soltanto potranno fidarsi gli uni degli altri, ed aver anche fede nella pacifica risoluzione delle difficoltà e controversie che, per differenza di vedute e opposizione d’interessi, possono insorgere. […] Appare, da quanto siamo venuti considerando, che la vera pace, la pace di Cristo, non può esistere se non sono ammessi i princìpi, osservate le leggi, ubbiditi i precetti di Cristo nella vita pubblica e nella privata; sicché, bene ordinata la società umana, vi possa la Chiesa esercitare il suo magistero, al quale appunto fu affidato l’insegnamento di quei princìpi, di quelle leggi, di quei precetti. […] È dunque evidente che la vera pace di Cristo non può essere che nel regno di Cristo: «La pace di Cristo nel regno di Cristo»; ed è del pari evidente che, procurando la restaurazione del regno di Cristo, faremo il lavoro più necessario insieme e più efficace per una stabile pacificazione.»
(Pio XI, Ubi Arcano, 1922).
«Se invece gli uomini privatamente e in pubblico avranno riconosciuto la sovrana potestà di Cristo, necessariamente i segnalati benefici di giusta libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica concordia pervaderanno l’intero consorzio umano.»
(Pio XI, Quas primas, 1925).
Assisi 1986
Questo gesto di Francesco si inscrive nella linea interreligiosa promossa dal documento conciliare Nostra Aetate, che legittima l’indifferentismo religioso e apre la porta al sincretismo mondialista, ed implica l’apostasia formale all’unica vera religione rivelata da Dio, apostasia la cui massima espressione sono stati i tre incontri ecumenici di Assisi, organizzati da “San” Giovanni Paolo II e dal “Papa Emerito”, Benedetto XVI:
«Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l'inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri. La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine […] Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.»
(Nostra Aetate, n° 2)
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