Il drammatico squarcio della libertà religiosa in Iraq e la persecuzione dei cristiani in molti Paesi del mondo. Una “Giornata mondiale” di preghiera ecumenica per la tutela della libertà religiosa sarebbe un’iniziativa di grande rilevanza
(Alessandro Notarnicola) Papa Francesco tra meno di una settimana partirà per la Corea del Sud, al centro della visita del Santo Padre vi sono soprattutto i martiri della Chiesa di Corea: uomini e donne che per diffondere il messaggio evangelico sono incorsi in pene e torture, fino alla pena capitale, considerando gli esiti estremi della loro vocazione come «sacrificio della propria vita», sull'esempio del sacrificio e della volontà umana di Gesù. Tertulliano, nel De Pudicitia scriveva "Christus in martyre est", ma nonostante nella figura del martire risieda la voce e la persona del Cristo, è curioso per come nel calendario delle 9 Giornate mondiali celebrate durante l'anno dalla Chiesa Cattolica, non sia stata istituita una dedicata alla libertà religiosa, e tale "assenza" risulta certamente singolare.
Questa Giornata, dedicata e incentrata sulla libertà religiosa, contemplerebbe nella dimensione privata e pubblica della fede cristiana il culto dei martiri in rapporto alla salvaguardia della libera pratica, adorazione e osservanza del credo religioso di ogni persona.
Secondo la dottrina cattolica infatti alla base di tutte le libertà c'è proprio quella di proclamare, confessare e praticare, in pubblico e in privato, la propria fede religiosa. Non si tratta dunque di una questione marginale, bensì di un diritto pubblico soggettivo che si inquadra nel vasto genus dei diritti di libertà. La libertà religiosa (di fede e di culto) è centrale, eppure non trova, nell'arco dell'anno, un appuntamento, una giornata, che aiuti alla sensibilizzazione, all'approfondimento, allo scambio di opinioni e alle valutazioni periodiche sullo stato reale di questa libertà così fondamentale.
Una tale giornata, voluta e celebrata ufficialmente dalla Chiesa, magari in un contesto ecumenico, potrebbe conferire serietà e autorevolezza ad un argomento dove troppo spesso si traffica con esagerazioni, falsità, imprecisioni, cifre arbitrarie e propaganda che procurano un vero e proprio turbinio di falsi ideologismi "di partito". La libertà religiosa per i cristiani è troppo importante e non può essere affidata a blande teorizzazioni mediatiche.
Essa, tuttavia, è un tema che in queste ore sta facendo molto discutere la comunità internazionale alla vista dei fatti accaduti alla comunità dei cristiani irakeni. Usci di casa contrassegnati dalla “N” di Nazzareno, spargimenti di sangue, donne violentate per poi essere ridotte in schiavitù e bambini morti per soffocamento, è questo il nuovo fanatismo religioso che dilaga in Iraq; si tratta di gruppi “non identificati” di miliziani dell'ISIL giunti in nome della propria religione ad eccessi e alla più rigida intolleranza nei confronti di tutti coloro che si riconoscono in un credo religioso diverso. Il massacro assume dimensioni sempre più vaste, e le speranze di sopravvivenza dei perseguitati decrescono mano a mano che l’ISIL conquista nuovi territori, pretendendo l’abiura e la conversione in cambio della sopravvivenza; per questa ragione l'istituzione di una “Giornata mondiale per la libertà religiosa” potrebbe essere un passo significativo compiuto dalla comunità internazionale guidata dal Santo Padre e dal Patriarca Bartolomeo, i quali a buon diritto potrebbero indire una giornata di preghiera e fratellanza tra le comunità religiose in difesa della libertà religiosa affinché la voce della coscienza emerga con chiarezza.
Essa, tuttavia, è un tema che in queste ore sta facendo molto discutere la comunità internazionale alla vista dei fatti accaduti alla comunità dei cristiani irakeni. Usci di casa contrassegnati dalla “N” di Nazzareno, spargimenti di sangue, donne violentate per poi essere ridotte in schiavitù e bambini morti per soffocamento, è questo il nuovo fanatismo religioso che dilaga in Iraq; si tratta di gruppi “non identificati” di miliziani dell'ISIL giunti in nome della propria religione ad eccessi e alla più rigida intolleranza nei confronti di tutti coloro che si riconoscono in un credo religioso diverso. Il massacro assume dimensioni sempre più vaste, e le speranze di sopravvivenza dei perseguitati decrescono mano a mano che l’ISIL conquista nuovi territori, pretendendo l’abiura e la conversione in cambio della sopravvivenza; per questa ragione l'istituzione di una “Giornata mondiale per la libertà religiosa” potrebbe essere un passo significativo compiuto dalla comunità internazionale guidata dal Santo Padre e dal Patriarca Bartolomeo, i quali a buon diritto potrebbero indire una giornata di preghiera e fratellanza tra le comunità religiose in difesa della libertà religiosa affinché la voce della coscienza emerga con chiarezza.
Sulla situazione delle migliaia di civili cacciati dalle loro città dai miliziani jihadisti, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, ha commentato con durezza: "Un Medio Oriente senza cristiani sarebbe un impoverimento, non solo perché la Chiesa sarebbe assente, ma anche per l’islam stesso, che mancherebbe di una spinta alla democrazia e di un senso di dialogo con il resto del mondo".
“La libertà religiosa è la premessa e la garanzia di tutte le libertà che assicurano il bene comune delle persone e dei popoli”, sosteneva San Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris Missio (7 dicembre 1980) e a partire da quest’assioma, Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata 2011 scriveva: "Nella libertà religiosa, infatti, trova espressione la specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità, il senso e il fine della persona. Negare o limitare in maniera arbitraria tale libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana; oscurare il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta, poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana; ciò significa rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana".
Nel manifesto programmatico del suo Magistero, l'Evangelii gaudium, Papa Francesco al punto 61 dedicato ad "Alcune sfide culturali", annota: " Evangelizziamo anche quando cerchiamo di affrontare le diverse sfide che possano presentarsi. A volte queste si manifestano in autentici attacchi alla libertà religiosa o in nuove situazioni di persecuzione dei cristiani, le quali, in alcuni Paesi, hanno raggiunto livelli allarmanti di odio e di violenza. In molti luoghi si tratta piuttosto di una diffusa indifferenza relativista, connessa con la disillusione e la crisi delle ideologie verificatasi come reazione a tutto ciò che appare totalitario. Ciò non danneggia solo la Chiesa, ma la vita sociale in genere".
Più avanti, al numero 253, il Papa affronta la questione della libertà religiosa nel rapporto con l'Islam e i musulmani e le sue parole sono coraggiose e molto chiare. Il Santo Padre scrive: "Per sostenere il dialogo con l’Islam è indispensabile la formazione adeguata degli interlocutori, non solo perché siano solidamente e gioiosamente radicati nella loro identità, ma perché siano capaci di riconoscere i valori degli altri, di comprendere le preoccupazioni soggiacenti alle loro richieste e di fare emergere le convinzioni comuni. Noi cristiani dovremmo accogliere con affetto e rispetto gli immigrati dell’Islam che arrivano nei nostri Paesi, così come speriamo e preghiamo di essere accolti e rispettati nei Paesi di tradizione islamica. Prego, imploro umilmente tali Paesi affinché assicurino libertà ai cristiani affinché possano celebrare il loro culto e vivere la loro fede, tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei paesi occidentali! Di fronte ad episodi di fondamentalismo violento che ci preoccupano, l’affetto verso gli autentici credenti dell’Islam deve portarci ad evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza". In relazione a tragici episodi di queste ore, il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero, commissario Cei per le migrazioni, e l'arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi, membro della Commissione episcopale per la pace e presidente dell'osservatorio internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla dottrina sociale della Chiesa, si sono espressi duramente e hanno richiesto pesanti sanzioni economiche da parte dell'Onu contro chi perseguita i cristiani. "In Iraq le minoranze religiose vivevano in tranquillità sotto la dittatura di Saddam Hussein, poi dalla caduta del regime i caldei sono stati incessantemente cancellati dal paese e costretti a emigrare per sfuggire ai massacri - sostiene monsignor Mogavero - Va superata quanto prima la colpevole e vergognosa afasia occidentale".
Infatti "il mondo musulmano si mobilita compatto ogni qual volta senta offesi e minacciati i propri valori religiosi e invece nessuno spende una parola per l'eccidio dei cristiani: l'Unione Europea, l'Onu e le altre realtà sovranazionali ignorano la tragedia che si sta consumando in Iraq, Nigeria e in tanti altri paesi asiatici e africani". E, precisa Mogavero, "non è una questione di fede ma di diritti umani calpestati: non è una difesa di parte". Dunque, aggiunge Mogavero, "la libertà religiosa e di coscienza deve essere tutelata nell'esercizio". Inoltre "non si tratta di un problema confessionale bensì di civiltà umana dei diritti". Perciò "la protesta per la violazione al diritto di professare la propria fede non va limitata a una sola religione, ma è un'esigenza di umanesimo dei diritti".
(a cura Redazione "Il sismografo")
Ma cosa c'è qui, la fiera del naïf ? Uno che stradale citando gli spropositi wojtyliani sulla assurda "libertà religiosa"... E poi la chicca:il nunzio Sherlock Holmes che si interroga (lo immagino in stile amletico con tanto di teschio in mano) serio e pensoso: ma chi gli dà le armi? Già, chi gliele darà mai? Che non siano, per caso, Lorsignori, sempre quelli che le danno a ucraini e israeliani, squadroni della morte in Sudamerica e Africa, a sauditi e ribelli libici? Ma no, ma no che vado a pensare. Quelli lì sono i Buoni, accidentaccio!
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