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sabato 6 settembre 2014

L'ateologia del silenzio

Quando Benedetto XVI pregò in moschea rivolto al Mihrab

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Mentre si studia un viaggio di Francesco in Turchia e c'è chi parla di guerra di religione strumentalizzando il discorso Ratisbona contrapponendo un Pontefice all'altro, è utile ricordare l'importanza di quegli istanti di silenzio di Papa Ratzinger nella moschea blu di Istanbul

(©REUTERS) BENEDETTO XVI
NELLA MOSCHEA BLU
Furono due minuti destinati ad entrare nella storia e a chiudere definitivamente le polemiche e le strumentalizzazioni seguite al discorso di Ratisbona. Papa Ratzinger rimase immobile, senza scarpe, con le babbucce bianche che gli sbucavano da sotto la tonaca. Aveva le mani aggrappate l’una all’altra, che si appoggiano alla croce pettorale d’oro. Aveva gli occhi socchiusi e pregava in silenzio, con il volto disteso, muovendo di tanto in tanto, quasi impercettibilmente, le labbra. Sì, pregava. Ma lo stava facendo in una moschea, davanti al «mihrab», la nicchia di marmo che indica la direzione della Mecca. Stava pregando nella grande Moschea Blu di Istanbul, affiancato dal Gran muftì della città, Mustafà Cagrici, che lo aveva appena invitato, inaspettatamente, a quel  gesto di raccoglimento da compiere insieme.


Quelle riprese in diretta, nel tardo pomeriggio del 30 novembre 2006, fecero il giro del mondo e servirono a rendere visibile più di mille discorsi quella stima e quel rispetto per i credenti dell’islam che Papa Ratzinger non aveva fino a quel momento, e non avrebbe in seguito mai cessato di affermare, richiamando il comune riferimento ad Abramo.

Pochi istanti prima, quando Benedetto XVI e il leader religioso islamico erano arrivati davanti al «mihrab», il mufti aveva detto al Papa: «Qui ci si ferma a pregare per trenta secondi, per prendere serenità». Poi aveva cominciato un’orazione a voce alta, in arabo. Ratzinger allora, aveva socchiuso gli occhi, e unendo le braccia e si era raccolto in preghiera rimanendovi ben più dei trenta secondi richiesti, costringendo il mufti e tutti gli altri presenti ad attendere, in un irreale silenzio, che avesse terminato. Infine, in segno di rispetto, aveva chinato leggermente il capo in direzione della nicchia, e aveva detto al mufti: «Grazie per questo momento di preghiera».

«Il Papa ha sostato in meditazione e certamente ha rivolto a Dio il suo pensiero», aveva confermato subito dopo il portavoce, padre Federico Lombardi. Così la visita «fuori programma» alla grande moschea blu di Istanbul, durata una manciata di minuti, era diventata uno dei momenti culminanti del viaggio in Turchia. L'impatto sui media di quel gesto semplice di Benedetto era stato forte. Il quotidiano Milliyet, uno dei più diffusi della Turchia aveva titolato l'edizione on line di quella sera: «Come un musulmano».

Non si trattava di una «prima» assoluta, in quanto che anche Papa Wojtyla, nel maggio 2001, poco più di tre mesi prima degli attentati dell'11 settembre, aveva pregato all’interno della moschea degli Omayyadi, a Damasco. Ma allora lo aveva fatto  poggiando la mano tremante sul sarcofago di marmo che racchiudeva una reliquia attribuita a Giovanni il Battista, in un luogo che prima di diventare sacro all’islam era stato cristiano: quella moschea venne infatti costruita dove c’era una chiesa.
  
In questi giorni si riparla di un viaggio papale in Turchia. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo ha espresso il desiderio che Francesco possa essere presente a Istanbul alla celebrazione della festa di sant'Andrea, il 30 novembre. E anche se i tempi sono ormai strettissimi, in Vaticano si attende un invito ufficiale da parte del governo turco. Oltre ai rapporti sempre più fraterni con i cristiani ortodossi, l'eventuale viaggio di Papa Bergoglio sarà certamente caratterizzato anche dal dialogo con l'islam, tenuto conto anche della drammatica situazione internazionale in Medio Oriente e particolarmente in Iraq e Siria, due Paesi che confinano con la Turchia.
  
In questo tempo in cui c'è chi, per contrapporre ad ogni costo l'attuale Pontefice al suo predecessore, strumentalizza le parole di entrambi e finisce per fare una caricatura di entrambi, è utile ricordare quell'immagine e quella silenziosa preghiera di Benedetto XVI. Il Papa teologo, autore del discorso di Ratisbona, per il quale il dialogo con i musulmani «non può essere ridotto ad un extra opzionale: al contrario, esso è una necessità vitale, dalla quale dipende in larga misura il nostro futuro». Con buona pace di chi, semplificando la realtà e con malcelata nostalgia delle crociate, auspica una guerra di religione e interventi che, come hanno osservato sia il professor Massimo Introvigne, sia «La Civiltà Cattolica», finirebbero per rafforzare i fanatici tagliatori di gole del Califfato.

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO


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