Sinodo sulla famiglia: tornare all’essenziale. E occhio ai cavalli di Troia
Il Prof. De Mattei ha ragione quando scrive (Foglio del 1 ottobre) che la posta in gioco al Sinodo straordinario sulla famiglia che si apre domenica prossima non è “una semplice divergenza di opinioni, ma il chiarimento sulla missione della chiesa”. In realtà ci sarebbe poco da chiarire, posto che la missione della chiesa è l’annuncio del Vangelo.
Poi però vai a vedere e ti accorgi che non è tutto così chiaro, e non per tutti. E scopri, ad esempio, che esistono tanti vangeli quanti sono gli ambiti in cui si dipana la vita umana (inclusa ovviamente la famiglia), e questo perché a partire dagli anni ’60 del secolo scorso la pastorale (e prima ancora la teologia), per darsi una patina di modernità e mettersi al passo con i tempi, ha voluto specializzarsi. Con i risultati che sappiamo e che si commentano da soli. Il Sinodo almeno questo abbia chiaro: non servono né vangeli specialistici né nuovi piani e programmi pastorali. Ciò che serve è tornare ad annunciare il Vangelo e basta. Con un linguaggio nuovo, più esistenziale, meno astratto e moralistico, d’accordo. Ma che si annunci il Vangelo, ovvero quelle poche parole racchiuse in quei quattro libriccini scritti da Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Inutile girarci intorno: la crisi della famiglia è innanzitutto crisi di fede. Una crisi che parte da lontano e sulle cui cause tanto si è detto e scritto (la secolarizzazione, il laicismo imperante, ecc.); il risultato è che la nostra società “sazia e disperata” (copyright card. Biffi) vive di fatto etsi Deus non daretur, pervasa da un mix micidiale di ateismo pratico e nichilismo che – la vogliamo dire tutta? – se ne fotte bellamente di Cristo e del Vangelo. E in alcuni casi lo combatte pure. Ma se questa è la situazione, davvero qualcuno può pensare che sia sufficiente rivedere e aggiornare la pastorale? Non scherziamo. Tanto seria è la malattia, tanto forte, incisiva e profonda deve essere la cura. Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che la Chiesa si trova a dover affrontare un mondo che sembra allontanarsi sempre più dalla bussola della fede. Per non parlare delle difficoltà interne alla Chiesa stessa. Nulla di nuovo sotto il sole. Nella sua storia bimillenaria la chiesa ha sempre trovato la forza di rialzarsi e di soccorrere l’umanità ferita. E anche stavolta si tratta di una mission possible. A patto di restare fedele al suo Signore, e di seguirne le orme. Ciò di cui la famiglia ha bisogno è che la linfa del Vangelo torni a scorrere nelle sue vene. Solo così gli uomini e le donne di oggi potranno tornare a credere che vale la pena stare insieme per tutta la vita, accettarsi e volersi bene così come si è, essere aperti alla vita accogliendo i figli che Dio dona. Perché ci vuole fede per amare sul serio qualcuno. E’ da qui che bisogna ripartire, tutto il resto viene dopo. In primis, la questione dei divorziati risposati, che per come si stanno mettendo le cose rischia di diventare un cavallo di Troia.
Il gesuita Bartolomeo Sorge sul Sinodo #Synod14
ANSA-INTERVISTA/ P.Sorge, sacramento non è punizione irregolari “Al Sinodo né rigorismo né lassismo,ma Chiesa si vuole adeguare” (di Nina Fabrizio)
(ANSA) – ROMA, 3 OTT – “Il problema non è dottrinale ma è quello di adeguare la pastorale. E’ questa la direzione in cui si muove il Papa, aggiustare la vecchia disciplina ecclesiastica che oggi non risponde più alla difficoltà del matrimonio e della vita familiare. Alcuni cardinali si fermeranno a dire che non si può cambiare perché abbiamo sempre fatto così, ma la maggioranza dirà che bisogna cercare un adeguamento. Le attese e le aspettative nei confronti del Sinodo sono giuste ma è sbagliato ridurre tutto al sì o il no alla comunione ai divorziati risposati”.
E’ quanto afferma all’ANSA il gesuita padre Bartolomeo Sorge, ex direttore della Civiltà cattolica, in vista dell’apertura del Sinodo sulla Pastorale familiare convocato da papa Francesco. “Non si tratta di discutere in astratto le teorie della famiglia – premette padre Sorge sull’appuntamento che vedrà convergere in Vaticano 253 partecipanti tra vescovi, preti e laici di tutto il mondo – ma come la Chiesa si pone di fatto di fronte a queste sfide, il punto è fare una riforma complessiva del processo matrimoniale alla luce dei cambiamenti culturali e anche alla luce del Concilio Vaticano II. E’ un lavoro di fondo poiché la crisi della famiglia è una delle conseguenze più gravi della crisi culturale di questo tempo”. Sul fatto che alcuni osservatori ritengono che il Sinodo sarà una specie di test sulla linea che papa Francesco intende imprimere alla Chiesa, Sorge osserva: “Il problema è proprio la questione di fondo. C’è una frase molto bella del cardinale Walter Kasper che dice che il diritto canonico non è contro il Vangelo ma il Vangelo è contro una comprensione legalistica del diritto canonico. Il fatto che il sacramento del matrimonio sia indissolubile non lo può cambiare nemmeno il Papa, perché è nel Vangelo ma quello che non funziona più è la legislazione ecclesiastica e il diritto canonico si fa, si corregge si cambia”. “Gesù – ricorda – ha detto che l’uomo non è fatto per il sabato, ma il sabato per l’uomo mentre si va a finire che si sacrifica la persona per non cambiare la norma”.
“Come diceva il cardinal Martini – prosegue Sorge – bisogna vedere con gli occhi di Dio che non coincidono sempre con gli occhi del diritto canonico. Così io penso che dopo il Sinodo rimarrà la dottrina dell’indissolubilità ma poi si dirà che si dovrà giudicare caso per caso le situazioni personali, ma non come regola generale indiscriminata: si lascerà ai sacerdoti, ai padri spirituali decidere”. “Quello che però purtroppo erroneamente spesso si fa – avverte Sorge – è che si usa il sacramento come uno strumento di punizione, si dice finché non sei a posto non te lo dò, ma il sacramento è fatto per aiutare i deboli, non è una punizione contro gli irregolari. Se uno invece ha fede e lo cerca perché impedirlo?”. Infine padre Sorge spiega di non temere alcun rischio scisma sul Sinodo. “Non credo assolutamente a una prospettiva del genere – afferma – anche perché la posizione del Papa è molto ragionevole. Lui dice: evitiamo i due scogli, da un lato quello del rigorismo, dall’altro quello del lassismo dall’altro. Con il rigorismo non ci sarebbe misericordia per nessuno e non è evangelico, ma nemmeno il lassismo è buono perché il Vangelo è esigente. Bisogna trovare – conclude – il giusto equilibrio per chi vuole essere aiutato ma non è in discussione la teoria della fede”. (ANSA). Y43-GR 03-OTT-14 15:50 NNN
non so a voi...ma a me sembra che la ferita a morte se porta avanti queste aperture sia la chiesa stessa che non potrà più soccorrere nessuno essendosi allontanata dal suo Creatore...Signore soccorrici ti prego non tardare!
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