Schönborn: vera patristica solo dal CV2; se i divorziati non si odiano, si alla comunione
Christoph Schönborn, austriaco stipendiato come “cardinale”, noto anche per il suo scismatico fanatismo medjugorjano, per la riluttante “ultima cena orgiastico omosessualista” esposta nel museo diocesano di Vienna
(a sua insaputa, sic!), oggi al “sinodo” ha cercato di vendere la sua
notoria eresia di modernismo mascherandola da buon pretesto per aiutare i
«poveri nella nostra società, che sono i figli dei divorziati e le persone che rimangono sole»;
ha inoltre teorizzato un parallelismo fra l’irenismo pancristiano (da
lui chiamato arbitrariamente “ecumenismo”) del CV2 e le “coppie di
divorziati risposati”. Il soggetto, campione infervorato di modernismo,
aveva già dominato il palcoscenico dello show mediatico postconciliare
in passato per aver detto che «in tema di omosessualità si deve considerare anche la qualità di una relazione» e, se questo elemento c’è, «se
ne può parlare con apprezzamento. Una relazione stabile è sicuramente
meglio di un modo di vivere nel quale prevale la promiscuità».
Secondo Schönborn (intervista dell’11/10/2014), oggi bisogna «approfondire
la visione del Concilio vaticano II sulla Chiesa e fare l’analogia tra
la Chiesa e il sacramento, specialmente il sacramento del matrimonio. Da
sempre la famiglia è stata vista come la piccola Chiesa, la chiesa
domestica, la ‘ecclesiola’. Nel Vaticano II è stato fatto un passo
dottrinale molto importante riguardo alle altre Chiese e comunità
cristiane e rispetto alle altre religioni». Ora, visto che il
CV2 ha esageratamente sbagliato, e questo è evidente, anche sul tema del
presunto ecumenismo, perché non continuare ad errare modificando pure
il sacramento del matrimonio?
Prosegue pertanto il “porporato”: «La
visione patristica ha sempre cercato di vedere non solo ciò che manca
nelle altre religioni, ma ciò che vi è di positivo, come promessa, seme,
speranza. E il Vaticano II ha ripreso questa visione patristica delle
altre religioni e delle altre comunità ecclesiali per dire: certo,
l'unica Chiesa di Cristo è realizzata concretamente, “subsistit in”,
nella Chiesa cattolica». Affermazioni esageratamente bugiarde,
come già rilevavano numerosi Pontefici del passato, non ultimo Pio XII,
laddove si vuol cercare di vendere una vaga e vana idea di “patristica”
(specialmente greca) per fomentare eresie di “irenismo” (cf. Humani Generis). Tralascio ogni commento sul «subsist in»
di ratzingeriana sconcertante memoria. Dunque, secondo Christoph
Schönborn, è solo grazie al CV2 che la Chiesa è tornata ad essere
Chiesa, riavvicinandosi alle origini, alla patristica. Un misto di
fandonia e leggenda metropolitana postconciliare!
Sempre in linea con il “progresso conciliare”, Schönborn: «questo
non impedisce che ci siano anche fuori del corpo della Chiesa cattolica
molti elementi di santificazione e di verità che spingono verso l'unità
cattolica. E sulla base di questa famosa frase della costituzione
conciliare Lumen Gentium, al paragrafo 8, si è formulato tutto il
decreto sull'ecumenismo e tutto il decreto sulle altre religioni, la
Nostra Aetate. Il mio suggerimento è semplice»; arriviamo così alla nera
analogia «per dire: certo, la pienezza del sacramento del matrimonio
‘subsistit’ nella Chiesa cattolica laddove c'è il sacramento con le tre
finalità, fides, proles, sacramentum, la fedeltà, i figli e il legame
indissolubile. Questa è la pienezza del sacramento. Ma applicando il
Vaticano II si potrebbe dire che questo non impedisce che ci siano anche
fuori di questa piena forma del sacramento del matrimonio molteplici
elementi di santificazione e di verità».
L’austriaco
“cardinale”, visto che crede negli elementi di santità presenti nelle
false religioni (per una vera spiegazione consultare il Cat. san Pio X),
si sente autorizzato a credere che anche al di fuori del matrimonio
cattolico (come lo conosciamo) ci siano elementi di santificazione.
Quali sono questi casi? «Lo si vede molto chiaramente nelle
testimonianze dei padri sinodali, il fatto delle unioni di fatto,
convivenze senza matrimonio ufficiale [...] questo non impedisce che ci
siano anche elementi che sono quasi promesse di questa promessa: la
fedeltà, l'attenzione gli uni agli altri, la volontà di fare famiglia».
Quindi oggi, così pare, si può fare sesso prematrimoniale e si può
convivere more uxorio dando scandalo, l'importante è che si è fedeli, si
hanno vicendevoli attenzioni e si vuol mettere su famiglia.
Mettendo
le mani avanti in previsione di future prossime decisioni dottrinalmente
barbare del “sinodo”, questi ci tiene a precisare: «Il Sinodo
non è un Concilio, non ha il compito di fare le votazioni come un
Concilio, fa suggerimenti da trasmettere al Papa, come nei Sinodi
precedenti». Dunque eventuali suggerimenti pastorali, sebbene
errati, non inficerebbero la santità della Chiesa perché non farebbero
dottrina, non sarebbero Chiesa. Più o meno la stessa invenzione usata da
Montini che, non credendo nell’infallibilità della Chiesa riunita in
concilio ecumenico, ebbe a dire che il CV2 non aveva impegnato
l’infallibilità essendo pastorale, per poi, comunque, promulgare
documenti contenenti nuove ed errate dottrine su fede e costume,
promulgati secondo la perfetta - prevista e richiesta formula ex cathedra.
Apre così alla promiscuità africana: «Gli
africani lo dicono sempre: la c'è famiglia stretta, genitori e figli, e
la famiglia più larga, il grande contesto familiare. Se viviamo senza
questo contesto è drammatico, la famiglia è la rete di sopravvivenza per
il futuro, lo dicono i sociologi, lo dicono gli esperti del futuro
della nostra società». Visto che lo sostengono sociologi,
esperti ed africani, la Chiesa, secondo Schönborn, deve aprire al mondo
delle “famiglie allargate”.
Sulla
comunione agli adulteri (Ratzinger, Bergoglio, Schönborn ed altri usano
chiamarli “divorziati risposati”), si pronuncia in questo modo: «La
Chiesa deve avere attenzione alla gente che soffre, il Papa ci invita a
prestare attenzione ai poveri: i poveri nella nostra società sono i
figli dei divorziati e le persone che rimangono sole. La terza
attenzione, che manca completamente nelle nostre discussioni, riguarda
la storia della colpa nel primo matrimonio per persone che hanno
contratto un nuovo matrimonio». Allora se gli ex coniugi non si
odiano più fra loro, pare che possano prendere la comunione pur in
stato di adulterio (dico “pare”) perché non è chiaro: «C'è stato
un cammino, almeno un tentativo di riconciliazione? Forse non è
possibile che queste due persone ritornino sposo e sposa, ma almeno che
non ci sia odio, che non ci sia questa rabbia nel cuore dell'uno e
dell'altra. Domando loro: come volete chiedere la comunione se avete nel
cuore ancora tutto il rancore di ciò che avete vissuto nel matrimonio?
C'è tutto un cammino di riconciliazione, almeno in quanto possibile, da
fare».
Non poteva mancare l’esaltazione antropocentrica con primato della coscienza: «Un
ultimo punto, una ultima attenzione: l'attenzione alla coscienza.
Perché ognuno di noi è solo nella sua coscienza davanti a Dio. E
possiamo forse introdurre un processo di annullamento con argomenti, ma
solo Dio sa la verità della mia vita. E prima di ammettere alla
comunione l'una o l'altra situazione, forse c'è prima una questione di
cui ognuno di noi deve rispondere davanti a Dio. Come mi trovo io, in
coscienza, davanti a Dio? Non dico questo per minaccia: la coscienza è
amorosa perché Dio ci ama, ci parla nel cuore. Ma bisogna domandarsi:
cosa vuole dire la mia situazione di risposato nella mia coscienza? In
generale, vorrei sottolineare che il fatto che ci siano persone che
desiderano così fortemente la comunione senza potervi accedere, mentre
ci sono persone che possono comunicarsi e si avvicinano all'eucaristia a
volte per abitudine, è un forte richiamo per ricordare il valore della
comunione: quanto è preziosa!».
Quindi,
visto che ci sono alcuni che, pur evitando lo scandalo e non
divorziando, vanno comunque a prendere la comunione quasi per abitudine,
forse avendo altri peccati mortali, perché non standardizzare il
sacrilegio aprendo anche a coloro i quali vivono in scandalo e si
rifiutano di terminare l’adulterio? Eppure, secondo Schönborn, molti
adulteri «sono persone che desiderano così fortemente la comunione senza potervi accedere».
Ma se la desiderano così fortemente perché non smettono di convivere da
adulteri? Vuol dire che il desiderio “così forte” è in realtà un
capriccio contemporaneo; capriccio che solo oggi, a contatto con un
“clero” generalmente scristianizzato, è possibile manifestare, anche
puntando i piedi. D’altronde, dice Schönborn, Dio legge i cuori, quindi
Lui sa. Purtroppo si dimentica di dire che Dio ha anche dato delle leggi
da rispettare e che una disobbedienza di foro esterno, manifesta una
disobbedienza d’animo (o di foro interno), dunque la Chiesa è in grado
di valutare, così facendo, la sozzura etica dei soggetti in causa (e di
ognuno di noi quando, violando uno dei dieci comandamenti, pecchiamo
mortalmente), motivo per cui essi non possono ricevere il Sacramento.
CdP Ricciotti
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