ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 21 ottobre 2014

“poteva andare peggio” ?



Fermata (per ora) l’onda novatrice, per il card. Burke “poteva andare peggio”   
 Abbiamo limitato i danni”. Il fronte conservatore tira un sospiro di sollievo il giorno dopo la conclusione del Sinodo. Anche l’ala più dura, quella che aveva chiesto che i temi più controversi – ostia ai divorziati risposati e questione omosessuale – non fossero neppure messi nell’agenda del confronto assembleare, si dice moderatamente soddisfatta per l’esito della prima tappa del dibattito sulla famiglia che Francesco ha voluto biennale. 
Le tesi perorate da Walter Kasper nel concistoro dello scorso febbraio che fece da ouverture al dibattito, dopotutto, entrano nel documento finale in maniera debole, senza aver ottenuto la maggioranza richiesta dei due terzi. E questo nonostante contenessero richiami al catechismo della chiesa cattolica e ai pronunciamenti della congregazione per la Dottrina della fede a guida ratzingeriana. “Benché avessi sperato che una parte più consistente del materiale elaborato nel circolo minore da me moderato fosse incluso nella Relatio Synodi , questa è comunque un significativo miglioramento rispetto al testo della Relatio post disceptationem presentata ai padri una settimana fa”, dice il cardinale Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura apostolica e capofila dello schieramento contrario a ogni apertura ipotizzata da Kasper. Il fatto che i tre paragrafi su comunione ai divorziati risposati, omosessuali e differenza tra comunione spirituale e sacramentale non possano essere considerati “espressione del Sinodo”, segnala che l’onda aperturista ha incontrato ostacoli più alti di quanto gli stessi novatori immaginassero dopo i primi giorni di discussione in generale. Responsabili del ridimensionamento delle tesi riformiste, a giudizio dell’arcivescovo vienense Christoph Schönborn, sarebbero anche i mezzi di comunicazione che “hanno dato l’assalto al Papa”. 
Dopo la prima settimana di lavori e la lettura della relazione firmata dal cardinale primate d’Ungheria Péter Erdö – ma scritta da mons. Bruno Forte, come ha confermato sabato pomeriggio in Sala stampa vaticana uno dei tre presidenti delegati, il cardinale brasiliano Raymundo Damasceno Assis – il Sinodo sarebbe potuto approdare a qualcosa di ben più negativo per i contrari a mutamenti nella prassi pastorale. 
Le premesse c’erano tutte, riconosce il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo sudafricano di Durban, tra i più decisi nell’opposizione dentro e fuori l’Aula a ogni mutamento della disciplina attuale sulla morale sessuale. “Abbiamo raggiunto un punto finale, una visione comune”, ha detto a Radio Vaticana, aggiungendo che ciò che la gente si aspettava dal Sinodo era nient’altro che “un forte e deciso aiuto per il matrimonio come condizione di vita”. 
Soddisfazione per quanto messo nero su bianco nel documento finale, dunque, emendato in gran parte rispetto al testo post disceptationemche Napier nel corso della conferenza stampa ufficiale in Vaticano aveva fatto a pezzi, definendolo “la relazione del cardinale Erdö, non del Sinodo”. Eppure, il solo fatto che i tre paragrafi passati a maggioranza non qualificata siano rimasti, per volontà del Papa, nellaRelatio Synodi , segnala che il dibattito è tutt’altro che chiuso. Il terreno su cui si gioca la partita abbandona l’Aula nuova e si sposta nelle diocesi, dove gran voce in capitolo avranno quei pastori lodati da Francesco che stanno a contatto con le ferite del popolo fedele. Il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, sa che il destino del Sinodo si giocherà qui, e non a caso ha ricordato che le questioni rimaste in sospeso, quelle più delicate e controverse che hanno acceso gli animi tra i padri, già da tempo sono in testa all’agenda della chiesa tedesca – furono i vescovi Kasper, Lehmann e Saier a porle all’attenzione di Roma più di vent’anni fa, venendo respinte da Joseph Ratzinger e Giovanni Paolo II – e ora che la discussione è aperta, “ora che le porte sono aperte, mai più si potrà richiuderle”.
Il Foglio 
(Matteo Matzuzzi)


GIUSEPPE RUSCONI AL SISMOGRAFO/SINODO: DIVENTEREMO COME GLI ANGLICANI?  -www.rossoporpora.org – 21 ottobre 2014


Un commento sul Sinodo richiesto dal blog in cinque lingue di Radio vaticana “Il Sismografo” (vedi  www.ilsismografo.blogspot.com  - Dopo il Sinodo straordinario sulla famiglia cresce il rischio di un’ “anglicanizzazione” della Chiesa cattolica?
Non è stato un Sinodo banale, è stato un Sinodo svoltosi nel contesto di una società che della ‘liquidità’ ha fatto la sua bandiera. Tanto del Sinodo ci ha colpito. Ma - considerando nella sua globalità ciò che è accaduto prima, durante, alla fine del Sinodo – è una domanda quella che sorge in noi spontanea e prepotente: La Chiesa di Roma si sta anglicanizzando? Ovvero: rischia seriamente di imboccare la strada che oggi piace tanto al mondo e alla sua nota lobby, quella della valorizzazione dei ‘nuovi diritti’, con la conseguenza drammatica – proprio come è capitato nella Comunione anglicana - di un doloroso approfondirsi della spaccatura interna tra ‘progressisti’ e difensori a tutto campo della tradizionale dottrina sociale della Chiesa?
Siamo pessimisti? Non lo vorremmo essere, ma la ragione ci rende inquieti. E ci spieghiamo, ricapitolando dapprima i momenti importanti del Sinodo. All’inizio l’intuizione, certo felice, di papa Francesco, che ha voluto una riflessione il più possibile ampia del mondo cattolico sul tema tanto complesso quanto attuale della famiglia. Da ciò il ‘Questionario’ con le 39 domande e le risposte da una larga maggioranza di conferenze episcopali, fondate spesso su quanto emerso da una consultazione del popolo cattolico del proprio Paese. Sono seguiti l’Instrumentum laboris, che ha fatto tesoro di tutto ciò; gli squilli di tromba della fanfara che – grazie anche al contributo di cardinali e vescovi, oltre che di religiosi di gran nome - ha alimentato attese e polemiche;  la nomina papale assai orientata dei membri delle Commissioni per la stesura del ‘Messaggio’ e per quella della Relazione finale, la Relatio Synodi;l’inizio del Sinodo con le relazioni del segretario generale e del relatore generale; la prima settimana di interventi programmati e liberi, con un confronto aperto e franco come voluto dal Papa. Si è poi giunti al lunedì della seconda settimana, con la Relatio post disceptationem, letta dal relatore generale, che però in conferenza-stampa si è distanziato da essa nei punti più delicati. Memorabili quel “cosiddetta mia relazione” e l’invito al segretario speciale a rispondere a una domanda sulle convivenze omosessuali, considerato come il paragrafo l’avesse scritto lui. Memorabile il giorno dopo il comunicato della Segreteria del Sinodo, che declassava a semplice documento di lavoro la stessa Relatio post disceptationem. Intanto i fiati della fanfara inneggiavano alla ‘Chiesa’ finalmente ‘aperta’ verso le richieste concernenti i divorziati risposati e le persone omosessuali (anche verso le unioni con tale caratteristica).  
RELAZIONE INTERMEDIA PROFONDAMENTE RIMANEGGIATA 
La Relatiointermedia è stata profondamente rimaneggiata nei giorni seguenti, per volontà della maggior parte dei padri sinodali distribuiti nei dieci gruppi linguistici, i Circuli minores.  Giovedì mattina il malcontento di molti si è clamorosamente espresso con la stroncatura dell’annunciata decisione della Segreteria generale del Sinodo di non pubblicare le relazioni dei Circoli. Non solo: sempre giovedì è stata comunicata la decisione di papa Francesco di integrare la Commissione per la stesura del Messaggio con il cardinale africano Napier e il vescovo australiano Hurt. Domande spontanee: non era possibile inserire un africano già inizialmente nella citata Commissione? Forse non se n’era trovato uno abbastanza ‘progressista’? O forse c’è qualcuno che ritiene che gli africani non abbiano nulla da insegnarci in materia di famiglia e dintorni? Poi si è stati costretti, vista l’aria che tirava in Assemblea o magari anche solo per considerazioni di giustizia distributiva, a inserirlo… e il prescelto è stato uno dei critici più duri della Relatio post disceptationem
Si è così giunti al gran finale di sabato 18 ottobre. Approvato a larga maggioranza  -con un voto unico sull’insieme - il ‘Messaggio’ (che conteneva anche un accenno alla riflessione fatta a proposito di accompagnamento e accesso ai sacramenti per i ‘divorziati risposati’), il pomeriggio si è votato su ogni punto della Relatio Synodi, il documento finale di questa tappa del percorso voluto da papa Francesco. Chi ha letto con attenzione e comparato tra loro la Relatio post disceptationem e la Relatio Synodi non può non aver notato le profonde differenze tra le due. Nel linguaggio, non più ambiguo, melenso, post-sessantottino (si è letto nella relazione di un Circolo minore che la Relatio post disceptationem era caratterizzata da “uno stile ridondante, contorto, troppo verboso e dunque, assai spesso, noioso”). Ma anche nei contenuti. Paragrafi stralciati, paragrafi riscritti, aggiunte sostanziali un po’ ovunque. Insomma: è verosimile che, se la Relatio Synodi (come era nelle intenzioni e nelle speranze di alcuni degli organizzatori del Sinodo) avesse sostanzialmente ricalcato la Relatio post disceptationem , sarebbe stata sonoramente bocciata.
Invece la Relatio Synodiappare molto più equilibrata. Prima di tutto mette in evidenza la bellezza della famiglia formata da uomo e donna e aperta alla procreazione: il concetto viene ribadito più volte. Poi sui temi ‘caldi’ ribadisce certo la necessità di coniugare verità e misericordia, sottolineando più volte che la prima è indispensabile perché la seconda possa esprimersi compiutamente. Netta la correzione di rotta sull’accesso ai sacramenti per i ‘divorziati risposati’. Nella Relatio Synodi si legge tra l’altro, al numero 52 : Diversi (il grassetto è nostro) hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si parla di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. (…) Va ancora approfondita la questione (…)”. Non è chi non noti l’estrema cautela nell’affrontare l’argomento, facendo anche notare che diversi padri sinodali sono per la disciplina attuale e altri per una apertura molto condizionata. Da notare anche il numero 48, da cui emerge che “un grande numero di padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità”: dal che si evidenzia come la larga maggioranza del Sinodo fosse a favore dello snellimento delle procedure nelle cause di nullità, l’opzione preferita nel contesto del problema dei ‘divorziati risposati’.
Nettissime le modifiche nei paragrafi sull’ “attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale” (punto 55), in cui – nellaRelatio Synodi – si conferma né più né meno quanto si fa da tempo: da una parte essi “devono essere accolti con rispetto e delicatezza” , dall’altra è forte il richiamo al fatto che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote (Ndr: notare quel ‘neppure remote’), tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Sparite in particolare dalla Relatio Synodile affermazioni “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”, “La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale” (Ndr: ???), “Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners”. Onestamente chi ha redatto tale paragrafo della Relatio post disceptationem dovrebbe riconoscere la sonora bocciatura in materia.
RELAZIONE FINALE GLOBALMENTE ‘MODERATA’
Utilizzando una terminologia forse non del tutto adeguata, emerge allora che globalmente la Relatio Synodiva considerata come un documento assai equilibrato, tale in genere da essere votata dai tanti ‘centristi’, alleati a una parte dei ‘conservatori’ (mentre un’altra parte ha votato contro anche la cauta apertura – cauta, ma pur sempre possibile apertura’ – all’accesso alla Comunione per i ‘divorziati risposati’). E’ una Relazione ‘moderata’, di compromesso, in cui i ‘progressisti’ sembrano cedere molto di più dei ‘conservatori’. Valga per tutti un altro esempio chiarissimo ovvero quello della scomparsa nella Relatio Synodi del punto della Relatio precedente in cui si richiama la costituzione Lumen Gentium del Vaticano II per introdurre un’analogia tra il rapporto Chiesa cattolica-Chiese e comunità sorelle e quello matrimonio-unioni imperfette: in sintesi si voleva affermare che sia nelle Chiese e comunità sorelle che nelle unioni imperfette ci sono “parecchi elementi di santificazione e di verità”. Il concetto, ma molto più blandamente, è stato ripreso con altre parole nei punti 25 e 41.  
IL SINODO DEI SASSOLINI … E LE TROMBE SI SFIATANO…
Certo i  ‘progressisti’, che avrebbero preferito di gran lunga una Relatio Synodi copia della Relatio post disceptationem, si sono verosimilmente contati soprattutto nel voto di grande importanza simbolica relativo al numero 55, quello riguardante “l’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale”. A quel punto i ‘progressisti’ hanno constatato di essere in 62, poco più di un terzo dell’Assemblea, un numero buono per impedire l’approvazione sinodale con i due terzi richiesti, ma trasparente sulla loro effettiva forza oggi, a dispetto di trombe e tamburi. Diciamo che la ‘gioiosa macchina da guerra’ sinodale si è, in questa occasione, inceppata per i troppi sassolini negli ingranaggi. Dopo il voto sul numero 55, quello sul numero successivo: e qui è emerso qualcosa di quasi incredibile. Se 159 l’hanno approvato, 21 (ventuno) padri sinodali hanno bocciato il seguente testo: “E’ del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”. Ci vedete qualcosa di sconveniente in questo testo, che fotografa soltanto la realtà nuda e cruda? Eppure in 21 l’hanno respinto: chi sono? da quale curva provengono questi ‘ultras’ gaiamente ‘progressisti’?
In sintesi: il Sinodo non si è concluso come avrebbero voluto taluni dei suoi organizzatori e animatori. E’ prevalsa la parte moderata dei padri sinodali, che sempre ha ottenuto almeno un’ampia maggioranza assoluta dei voti. In questo Sinodo, oggi.
... TUTTAVIA IL FUTURO INQUIETA. SARA’ UN FUTURO ‘ANGLICANO’?
Tuttavia consideriamo che:
. alcuni cardinali, vescovi, direttori e massmedia hanno alimentato con insistenza le attese del ‘mondo’;
. i titoli apparsi nella larga maggioranza dei massmedia dopo la presentazione della Relatio post disceptationem (titoli in verità generalmente corrispondenti a quanto prospettato nella Relatio)hanno indotto i lettori a pensare che anche la Chiesa ‘aprisse’ alla comunione per i ‘divorziati risposati’ e agli “elementi di santificazione” presenti nelle unioni gay. Questa impressione resta nelle menti, difficile correggerla;
. nei prossimi dodici mesi il confronto sarà molto intenso a livello locale. Intenso e prevedibilmente aspro, con larga parte dei massmedia – chissà quanto si fregherà le mani la nota lobby!- pronti a emarginare presunti ‘omofobi’ (anche in Italia, dove il caso ha voluto che quasi contemporaneamente sia un Berlusconi pascalizzato che il presidente del Consiglio a rincalzo immediato propugnassero/annunciassero la presentazione a breve di una legge sulle ‘unioni civili’ tra persone dello stesso sesso);
. al prossimo Sinodo i ‘conservatori’ saranno probabilmente di meno. Alcune tra le eminenze forse verranno prima ‘trasferite’. E i vescovi nuovi, nominati da papa Francesco, è difficile siano della stessa tendenza conservatrice, fedele alla dottrina sociale vigente della Chiesa.
Il quadro delineato è complesso e non tranquillizza. Non pochi tra i cattolici praticanti pensano a quanto è successo negli scorsi anni proprio su temi del medesimo ambito dentro la Comunione anglicana. Chi spinge a tutti i costi per conformarsi ai desideri del mondo, chi postula nei fatti una Chiesa sostanzialmente ‘liquida’ è cosciente del rischio di divisioni profonde nel mondo cattolico? Si vuole – da parte di alcuni in buona fede o spinti da interessi mondani - l’anglicanizzazione della Chiesa di Roma? Sarà anche vero che, come ha detto in conferenza-stampa il segretario speciale del Sinodo, i laici cattolici spesso sono “più clericali” dei preti. Forse però quei laici sono soltanto “più cattolici” - espressione corretta, appassionata, impegnata della dottrina sociale della Chiesa - di alcuni di loro.  
 
La chiesa in ascolto che nasce dal sinodo
   
Corriere della Sera
 
(Alberto Melloni) La vera notizia di questi giorni non è che in Sinodo ci sia stata una minoranza, o che si sia affermata senza cedimenti una maggioranza, di cui l’andamento del magistero episcopale previgente Francesco non faceva sospettare l’esistenza. Ma che Francesco abbia ricordato verbis et exemplis che maggioranza e minoranza hanno una responsabilità. In questo come in tutti i passaggi storici di tipo collegiale deve uscire un consenso che non è accordo fra capi ma, come ha detto ieri Francesco nell’omelia, consenso di «chiese» rappresentate nella loro soggettività teologica. 
Il diritto canonico, soprattutto quello latino, ha cercato da almeno nove secoli criteri e limiti del d e maioritate per i momenti conciliari o per la scelta di vescovi, patriarchi, abati. Le soglie (i 2/3 usati per le definizioni dogmatiche nei Concili, per l’elezione del Papa e anche in un Sinodo che dal 1967 ad oggi non era mai stato luogo di discussione aperta) servivano a questo; e la teoria della sanior pars — secondo cui è possibile che in casi estremi il diritto di prevalere spetti alla minoranza — la compensava. In questa funzione reciprocamente maieutica maggioranza e minoranza hanno deciso della statura di ogni evento sinodale. Il Vaticano II, ad esempio, svoltò il 21-22 novembre 1962 quando il decreto sulla rivelazione preparato al Sant’Uffizio fu bocciato da una maggioranza che non raggiungeva i due terzi. Papa Giovanni derogò al regolamento e dispose che quella che sarebbe stata la Dei Verbum iniziasse anche se una minoranza non voleva: perché erano chiare strumentalità e indecifrabilità di quell’ostruzionismo. E quando, sempre in quel Concilio, Giuseppe Dossetti propose i voti orientativi sulla ecclesiologia, passati in aula il 30 ottobre ‘62, fu Paolo VI a commentare «dunque abbiamo vinto»: pur essendo lui il Papa che, sognando una quasi unanimità del voto finale dei documenti, credeva di ipotecare un post-Concilio ben temperato che non ci fu. 
La dialettica dentro il Sinodo 2014 è diventata dunque notizia solo per motivi contingenti. Il segreto steso sulle risposte delle conferenze episcopali di tutto il mondo al questionario mandato nel 2013 non ha evitato niente e ha sciupato l’occasione per qualche riflessione più profonda. La secretazione degli interventi pronunziati dai padri sinodali in aula ha scaricato le attese sulla relatio del dotto cardinale Erdö che ha fatto tanto rumore per una settimana. Sola buona notizia: la possibilità di confrontare il testo intermedio con quello finale documenta che i 2/3 dei consensi sono mancati proprio là dove si è modificata la traccia Erdö. E un dubbio: avrebbe preso più o meno voti se fosse rimasta come era? 
Il Papa in questo vivace processo sinodale non è stato zitto né neutrale. Con un discorso martellante a conclusione dei lavori proprio Francesco ha mostrato di non essere sorpreso di questa distanza, di non accontentarsi del successo che ha oggettivamente incassato agli occhi di chi sognava di mandarlo «sotto» e di non ritenersi un mediatore politico fra partiti, ma un garante rispetto alla istanza evangelica sottesa a questi temi. Il suo obiettivo non è far «passare» una sua teologia, ma restaurare una sinodalità alla quale tutti si devono abituare. I padri più conservatori, che non devono affidare le loro ragioni a libri e manovre spericolate come quelle viste prima del Sinodo. I padri più aperti, che devono accettare la fatica di spiegarsi (la expensio ) rispetto al Vangelo e non rispetto ai «brodini» teologici e sociologici di cui s’è sentito spesso il profumo. E tutti gli altri — popolo di Dio e dei media — a partecipare come soggetti e non come tifosi. 
Il futuro della sinodalità cattolica è dunque iniziato. Forse dovrà essere regolato da norme. Però anche così, normato dalla prassi evangelica della povertà e da una teologia rigorosa sul Cristo pastore, ha prodotto un risultato sorprendente. Il Sinodo 2014 è durato due settimane. Quello 2015 è iniziato ieri: sarà un anno di scuola spirituale di cui sarà scolaro chi vorrà esserlo. E non basterà essere prudenti e starsene sub Petro , perché del Maestro Pietro è solo il vicario. 
fonte

1 commento:

  1. Beh sì , poteva andare molto peggio. Se lo dice Burke c'è da crederci. La conferma è nel fatto che gli argomenti del sinodo sono spariti dall'agenda dei media. Se avessero vinto i "novatori" sarebbe stato un tripudio a reti unificate.

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