Il Rescritto di papa Francesco sull’età in cui si lasciano gli uffici
vaticani e diocesani secondo un commentatore sarebbe diretto in
particolare contro il cardinale Tarcisio Bertone, Camerlengo di Santa
Romana Chiesa. Ma abbiamo il sospetto che il riferimento al Segretario
di Stato di Benedetto XVI più che nella volontà del Papa trovi origine
in qualcuno dei gruppi di nuovo potere che gravitano intorno a
Francesco.
Poi, sta al Papa decidere. Ma il rescritto ha originato anche un’interpretazione singolare e interessante. Secondo un commentatore sarebbe diretto in particolare contro il cardinale Tarcisio Bertone, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, che (80 anni il prossimo 2 dicembre) dovrebbe presentare la rinuncia.
In realtà la lista dei fuori tempo è lunga; giusto per ricordare alcuni nomi: il card Amato ha 76 anni; il card. Vegliò 77, e il Papa gli avrebbe detto che dovrà guidare i Migranti fino agli 80 anni; Grocholewsi ne ha 75. Nelle diocesi abbiamo Romeo (quasi 77) e Caffarra (76); Lehmann in Germania ne ha 78 e pare che il Papa lo voglia lasciare al suo posto, a dispetto di condizioni fisiche difficii. Fra l’altro al n.7 del Rescritto si legge che i Vescovi con un incarico ricevuto dal Papa "decadono" automaticamente ai 75; ma mons. Acerbi, Prelato dell’Ordine di Malta, è nato il 23 settembre del 1925, e non si parla di sostituirlo? Per non dimenticarsi del cardinale Angelo Sodano, Decano del Sacro Collegio, che è del 23 novembre 1927…
E’ vero che Sodano, grazie forse anche ai suoi legami di lungo corso con il cardinale argentino Leonardo Sandri, amico del Papa, gode di più favore di Bertone (che non è stato neanche invitato al recente Sinodo).
Ma abbiamo il sospetto che il riferimento al Segretario di Stato di Benedetto XVI più che nella volontà del Papa trovi origine in qualcuno dei gruppi di nuovo potere che gravitano intorno a Francesco.
E, volendo ampliare il discorso, non è la cacciata degli over 75 e over 80, ma quella, spesso inspiegabile, se non in logiche di correnti, di responsabili decisamente più giovani, a tutti i livelli, a suscitare interrogativi senza risposta.
http://www.lastampa.it/2014/11/07/blogs/san-pietro-e-dintorni/chi-ce-lha-con-tarcisio-bertone-Kc24SVy5euFn7pSIia0yOM/pagina.html
Sacra Rota e vescovi, ecco le novità di Papa Francesco (che fanno attapirare Bertone)
06 - 11 - 2014Matteo Matzuzzi“LA GENTE NON PUO’ FARE CENTINAIA DI CHILOMETRI PER UNA SENTENZA”
Non è la prima volta che Francesco ribadisce il suo pensiero in materia, e per rafforzare il concetto ha raccontato l’esperienza che ebbe da arcivescovo di Buenos Aires: “Il Tribunale diocesano [della capitale argentina, ndr] credo che in prima istanza abbia quindici diocesi, e che la più lontana sia a duecentoquaranta chilometri. Non si può immaginare che persone semplici, comuni, vadano al tribunale. Devono fare un viaggio, devono perdere giorni di lavoro”.
“L’INTERESSE SPIRITUALE NON SIA ECONOMICO”
L’importante, ha affermato il Pontefice, è evitare di farne una mera questione economica: “Quando l’interesse spirituale è attaccato all’economico, questo non è di Dio. La madre Chiesa ha tanta generosità per poter fare giustizia gratuitamente, come gratuitamente siamo stati giustificati da Gesù Cristo. Questo punto è importante: staccate le due cose”. Oltre alla gratuità, il Papa ha anche esortato ad avere la massima attenzione nel giudicare le cause. La parola d’ordine è giustizia: “Perché le cause siano giuste e per coloro che aspettano. Giustizia…quanta gente attende per anni una sentenza!”. Basti pensare a quelle cause “che sono tanto lunghe o tanto pesanti che alla fine la gente lascia”.
LE POSSIBILITA’ ALLO STUDIO
Il problema non è nuovo, se è vero che a fine agosto il Papa aveva già istituito una commissione chiamata a valutare le possibilità di snellire le procedure, magari eliminando la doppia sentenza conforme oggi richiesta, allungando inesorabilmente l’iter. Durante il Sinodo che s’è concluso tre settimane fa, il tema è stato proposto da molti padri, al punto che il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, confermava che oltre all’eliminazione della sentenza d’appello, sono altre due le opzioni allo studio: non esigere il giudice collegiale quando basta quello monocratico e consentire la procedura amministrativa, con la decisione finale affidata al vescovo diocesano, a patto che “conosca la coppia e sappia con certezza che il matrimonio è nullo”.
RIORDINATE LE NORME SULLE DIMISSIONI DEI VESCOVI
Ma ieri non solo di matrimoni s’è occupato il Papa. Con un Rescriptum presentato dal Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, il Papa ha fatto ordine nelle norme che regolano le dimissioni dei vescovi, sia diocesiani sia curiali. Nulla di nuovo, nessuna rivoluzione, solo qualche puntualizzazione che presto potrebbe avere effetti sull’organigramma vaticano. Innanzitutto si ribadisce che tutti i vescovi (a capo di diocesi locali o di organismi di curia) dovranno presentare la rinuncia canonica al compimento del 75° anno d’età. Norma che si fa più severa per i curiali, che non saranno più invitati a presentare le dimissioni, ma “tenuti”. Sarà poi il Papa – come accade oggi – a decidere il da farsi, se concedere proroghe o se accettare subito la rinuncia. Si chiarisce, inoltre, che il Pontefice (“l’autorità competente”) potrà chiedere, per motivi validi, le dimissioni a un vescovo anche se al compimento dell’età canonica mancano diversi anni. Anche qui nulla di nuovo, solo la riaffermazione di una possibilità che il Papa ha e che anche negli ultimi anni ha esercitato più volte, l’ultima la scorsa estate con il vescovo paraguayano Rogelio Livieres.
IL CASO DEL CAMERLENGO BERTONE
Nota il Corriere della Sera che stando al Rescriptum presto dovrebbe presentare le dimissioni dal proprio incarico di nomina pontificia – l’ultimo che gli rimane – anche il Camerlengo ed ex segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, che comunque compirà 80 anni il prossimo 2 dicembre.
http://www.formiche.net/2014/11/06/sacra-rota-vescovi-ecco-le-novita-papa-francesco-che-fanno-attapirare-bertone/
Il Papa ai religiosi: "Piuttosto che chiacchierare, meglio finire a pugni"
"Un segno chiaro che la vita religiosa è chiamata a dare oggi è la vita fraterna. Per favore, che non ci sia fra voi il terrorismo delle chiacchiere! Cacciatelo via! Ci sia fraternità. E se tu hai qualcosa contro il fratello, lo dici in faccia… Alcune volte finirai ai pugni, non è un problema: è meglio questo che il terrorismo delle chiacchiere. Oggi la cultura dominante è individualista, centrata sui diritti soggettivi. E’ una cultura che corrode la società a partire dalla sua cellula primaria che è la famiglia. La vita consacrata può aiutare la Chiesa e la società intera dando testimonianza di fraternità, che è possibile vivere insieme come fratelli nella diversità: questo è importante! Perché nella comunità non ci si sceglie prima, ci si trova con persone diverse per carattere, età, formazione, sensibilità… eppure si cerca di vivere da fratelli. Non sempre si riesce, voi lo sapete bene. Tante volte si sbaglia, perché siamo tutti peccatori, però si riconosce di avere sbagliato, si chiede perdono e si offre il perdono. E questo fa bene alla Chiesa: fa circolare nel corpo della Chiesa la linfa della fraternità. E fa bene anche a tutta la società".
E' un passaggio di quanto detto dal Papa stamattina ai centotré partecipanti all'assemblea nazionale della Conferenza italiana superiori maggiori (Cism). Francesco è tornato su uno dei temi su cui più ha insistito in questo anno e mezzo di pontificato: il rifiuto della chiacchiera. Ringraziando il presidente del Cism, il Pontefice ha detto: "Lui ha usato una bella espressione, ha detto: 'non vogliamo combattere battaglie di retroguardia, di difesa, ma spenderci tra la gente', nella certezza di fede che Dio sempre fa germogliare e maturare il suo Regno. Questo non è facile, non è scontato; richiede conversione; richiede anzitutto preghiera e adorazione. Mi raccomando, adorazione. E richiede condivisione con il popolo santo di Dio che vive nelle periferie della storia. Decentrarsi. Ogni carisma per vivere ed essere fecondo è chiamato a decentrarsi, perché al centro ci sia solo Gesù Cristo. Il carisma non va conservato come una bottiglia di acqua distillata, va fatto fruttificare con coraggio, mettendolo a confronto con la realtà presente, con le culture, con la storia, come ci insegnano i grandi missionari dei nostri istituti".
quanta bella e buona fratellanza dopo una bella scazzottata . Pace e serenità . Se questo è essere miti e umili di cuore, poveri noi ! jane
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