uel che ho sempre mal sopportato del progressismo liberale all’interno della Chiesa è la sua arroganza totalitaria. Quanto vive oggi la Chiesa sotto la dittatura di Bergoglio e del suo direttorio è però ben altra cosa rispetto alle spallate che il progressismo militante intendeva assestare al papato e al magistero. Siamo in poche parole al di là dei soliti schieramenti e dunque è diventata anche obsoleta l’arroganza che si è trasformata in protervia, in dispotismo rancoroso, in intolleranza bolscevica.
Di questo fenomeno dovrebbero preoccuparsi non tanto i cosiddetti conservatori e quella parte minoritaria di essi che suole essere definita “tradizionalista”, ma proprio gli ex progressisti che hanno partorito un monstrum ormai incontrollabile e che rischia di fagocitarli per primi.
Il progressismo cattolico ha fatto presa infatti in gran parte su uomini di Chiesa in buona fede, certi che un maggiore coinvolgimento della Chiesa nelle battaglie sociali, uno snellimento dell’apparato ecclesiastico all’essenziale, una maggiore cura pastorale delle anime smarrite, avrebbe favorito una riscoperta del Vangelo autentico, privo di sovrastrutture umane. Di qui l’innamoramento per Bergoglio, considerato un fautore di questa politica ecclesiale, volta alla riscoperta dell’ “autenticità” del cristianesimo (istanze tra l’altro di retroguardia, ferme agli anni ’60-’70) . Purtroppo per loro i progressisti devono oggi riconoscere che le loro istanze vengono usate da Bergoglio e dal suo direttorio con un cinismo strategico senza pari per far compiere alla Chiesa un cammino opposto. Da antagonista di un mondo fondato sulle ineguaglianze e la prepotenza ideologica ed economica di una élite, a sua compagna di merende. Questo rischia di diventare la “nuova” Chiesa disegnata quotidianamente dai novelli robespierre in porpora. E non è un caso se i ranghi del nuovo totalitarismo vaticano siano costituiti principalmente da diplomatici, ossia da quei vescovi privi della benché minima formazione pastorale e adusi a trattare e confrontarsi con ambasciatori, capi di Stato, burocrati e funzionari più che con famiglie in difficoltà, disoccupati, sofferenti, moribondi ed oppressi in genere.
Il progetto dunque va ben oltre il progressismo e il conservatorismo, entrambe pulsioni interne alla Chiesa, e ha come unico scopo quello di trasformare la Chiesa in un mero strumento di controllo sociale al servizio di quelle élites economiche e politiche che la Chiesa per prima dovrebbe contrastare apertis verbis. In un mondo occidentale sempre più acceso da incalzanti tensioni sociali e da un divario crescente fra ricchi e poveri la Chiesa deve anestetizzare le masse edulcorando la loro condizione, esaltando la povertà e l’uguaglianza senza mai denunciare o contrastare i poteri che le determinano, senza mai contrastare la deriva morale che è un prodotto di quei poteri, offerto alle masse quale sicuro strumento di controllo e condizionamento. La Chiesa dovrebbe invece combattere fieramente l’ideologia disumana applicata alla vita quotidiana degli uomini, dovrebbe ostacolarne il tentativo di cambiare radicalmente l’assetto della societas humana trasformandola in individualismo controllato e finalizzato al consumo, dovrebbe in sintesi essere perpetuo testimone di quel legame indissolubile fra Creatore e creatura che impone a quest’ultima dei freni e nello stesso tempo la valorizza attraverso il riconoscimento della sua dignità spirituale.
Invece oggi la Chiesa di Bergoglio e del suo direttorio è totalmente prona agli interessi delle élites che condizionano il sentire e il volere delle masse e che mirano a compiere pedissequamente un progetto già individuato e descritto da Aldous Huxley nel suo “il mondo nuovo” del 1932. Huxley chiariva successivamente ne “il ritorno al mondo nuovo” che il ruolo della religione nella futura configurazione della dittatura dei mercati sarebbe stato quello di una “distrazione sociale”: “nemmeno nella Roma antica c’era qualcosa che somigliasse alla inarrestabile distrazione che oggi offrono giornali e riviste, radio, televisione e cinema. Questo flusso inarrestabile di distrazioni, nel mio “Mondo nuovo” veniva usato deliberatamente quale strumento di politica, per impedire alla gente di badare troppo alla realtà della situazione sociale e politica.” Così per cambiar volto alla Chiesa è servita una vera e propria rivoluzione, una sorta di colpo di Stato, iniziato ben prima delle dimissioni – palesemente forzate – di Ratzinger nel 2013.
Lo dimostrano le caratteristiche totalitarie del regime di Bergoglio. Anzitutto il culto della personalità che circonda questo leader rivoluzionario, costruito attentamente a tavolino attraverso alcune astute mosse iniziali (l’idea di dir messa ogni giorno a Santa Marta, di abitare lì invece che nel Palazzo Apostolico, etc. etc.). In secondo luogo lo svilimento delle sedi tradizionali del potere diventate nulla più che simulacri impolverati dove collocare personaggi per lo più sconosciuti che hanno il solo scopo di favorire le decisioni del regime. A ciò si aggiunge la creazione di un direttorio ufficiale e di uno ufficioso. Quello ufficiale (il consiglio degli otto) e quello ufficioso (una sorta di cerchio magico fatto di amici, intellettuali borderline, ex rivoluzionari frustrati, giornalisti ipnotizzati dal caro leader). Non manca tra l’altro la presenza di una sorta di polizia segreta (vedi il caso dei Francescani dell’Immacolata). Un’altra caratteristica fondamentale di questo regime è l’assenza di riferimenti sostanziali al passato. In maniera un po’ cialtronesca e un po’ studiata si è attuato un radicale passaggio da un Papa teologo a un Papa che parla come il fruttarolo del mercato rionale o il pensionato del Bar Sport. Latino e citazioni patristiche sono considerati inutili orpelli. Quindi si deve commentare il Vangelo reinterpretandolo giorno per giorno in Santa Marta, a braccio, sparando a raffica una serie impressionante di “pensierini” che hanno come nocciolo la criminalizzazione dei cattolici (indipendentemente dalla loro collocazione). Gli ultimi passaggi sono quelli più fastidiosi ma meno inattesi: le purghe. Prima Piacenza – che tentando di riguadagnare quotazioni nel regime ha commentato positivamente certe aperture del Sinodo -, poi Canizares, adesso – clamorosamente, in verità – Burke. Domani magari toccherà a Mueller.
Ciò che contraddistingue Bergoglio e i suoi compari è d’altro canto un’ansia quasi millenaristica: l’ansia di compiere una svolta radicale e definitiva intesa come una autentica missione divina. Non a caso in stile pienamente gioachimita non si fa altro che menzionale lo “Spirito” che muoverebbe questa svolta e i suoi uomini. Ecco perché tutti gli ostacoli vanno rimossi, perché sono per l’appunto ostacoli, anche quando si rifanno alle verità della fede, al magistero e al Vangelo (non quello naif dei predicozzi di Santa Marta). Gli ostacoli vengono rimossi peraltro senza che ciò possa suscitare proteste o semplici perplessità: nel nuovo regime vaticano un crimine legittimamente perseguibile è il mancato conformismo alle volontà e alla missione millenaristica di Bergoglio e del direttorio. Dunque non c’è nulla di male. Anzi si tratta di una azione meritevole. Perché spinge la Chiesa in avanti, sì, direttamente nel baratro…
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