28 Novembre Giacomo della Marca:Un santo scomunicato
(di Cristina Siccardi)
Il
tempo che precedette la Riforma protestante fu caratterizzato dalla
solida e grandiosa opera di alcuni predicatori, fra loro uno fu davvero
grande e venne anche scomunicato, si chiamava San Giacomo della Marca
(1393-1476), la cui festa liturgica cade il 28 novembre. Fra il XIV e XV
secolo la Chiesa era soggetta alle corruzioni e allo stesso tempo molti
eretici andavano imbrogliando sia Fede che dottrina. Un poco di ordine,
benché si stesse preparando il terreno sul quale avrebbe agito
l’eresiarca Lutero, venne portato da questi impavidi predicatori.
Nato
a Monteprandone (Ascoli Piceno), a 22 anni, in Santa Maria degli
Angeli, prese il saio francescano dalle mani di San Bernardino da Siena. La
sua vita fu di estrema penitenza. Si sottoponeva a sette quaresime
durante l’anno e negli altri giorni i suoi pasti consistevano in una
scodella di fave cotte nell’acqua.
Malato, ricevette sei volte l’Estrema Unzione, eppure resistette nella faticosa vita dei predicatori itineranti. Una
cosa sola temette nella sua esistenza, che il dolore fisico lo
distraesse dalla preghiera. Dalla catechesi di San Bernardino (intorno
al quale si formarono altri valenti predicatori come San Giovanni da
Capestrano, Alberto da Sarteano, Matteo di Girgenti) mutua le tecniche
vocali e gestuali, i contenuti e la struttura del sermo, prediligendo la
trattazione di temi etico-politici, utilizzando materiali provenienti
dai testi della teologia morale e del diritto canonico; fa ampio uso di exempla,
spesso presentati in forma drammatizzata; utilizza per lo più il
volgare; si impegna nel sostenere la diffusione della devozione al nome
di Gesù e insiste su alcuni obiettivi polemici ricorrenti: le pratiche
superstiziose, il lusso, il gioco, la bestemmia, l’usura (ideò i Monti
di Pietà per liberare le vittime degli usurai).
Le sue omelie sono tuoni che destano anche gli spiriti più recalcitranti. Esse
si nutrono di riferimenti biblici, ma il santo prende spunti anche
dalla scrittura dantesca. Nessuno può sonnecchiare o distrarsi quando si
assiste a queste prediche di formidabile efficacia, dall’andamento
anche teatrale, ma che spesso raggiungono lo scopo: convertire. È un
francescano fuori dal comune per la sua signorilità: sicuro e
determinato, sa conciliare carità e fuoco del Giudizio di Dio; è teologo
e inquisitore severo, ma pietoso. La sua predicazione, oltre a
suscitare fin da subito apprezzamento ed entusiasmo da parte dei fedeli,
si traduce in riforme degli Statuti di alcune città e in numerose
fondazioni di confraternite. Dal 1423 al 1425 predica a più riprese
nella zona di Jesi, dove sono presenti gruppi aderenti alla setta dei
fraticelli e nel 1426 Papa Martino V lo incarica di predicare contro
questa setta in tutta Italia e viene affiancato dal confratello Giovanni
da Capestrano.
Nel 1432 è inviato in Europa orientale e i suoi successi non si fanno attendere,
così, alla fine del 1435, Sigismondo di Lussemburgo, re di Ungheria, lo
vuole nella sua residenza di Tata, presso Buda, come consulente
nell’incontro tra i delegati del Concilio di Basilea e i rappresentanti
del Regno di Boemia, nel quale era ancora viva l’eresia hussita. Da quel
momento la sua azione antiereticale si estende dalla Bosnia
all’Ungheria, dove predica contro gli hussiti in fuga dalla Boemia.
Nell’agosto
del 1436 il Papa lo nomina inquisitore di Austria e Ungheria
concedendogli ampi poteri e permettendogli di erigere nuovi conventi in
quelle terre. L’appoggio dell’Imperatore e del Pontefice, oltre che il titolo di legatus del
Concilio di Basilea, non sono però sufficienti a garantirgli
l’intoccabilità e non solo riceve persecuzioni da parte del clero
locale, non solo tentano di ucciderlo più volte, ma subisce anche una
scomunica da parte di Simone, arcidiacono di Bacs. Assunse anche il
compito di predicare a favore della crociata contro i Turchi: a questo
scopo nel 1443 fu nominato da Eugenio IV nunzio apostolico.
Venne proposto pure Arcivescovo di Milano, ma rifiutò l’incarico. Tra
le attività dell’ultima fase della sua vita va ricordata la
costituzione della biblioteca del convento di Santa Maria delle Grazie
di Monteprandone, nella quale il Santo riuscì a radunare circa duecento
codici; essi costituivano una vera e propria officina del predicatore,
contenente modelli e abbozzi di sermoni, raccolte di passi scritturali,exempla e auctoritates teologiche
e giuridiche. Tutto ciò serviva per combattere gli errori e salvare le
anime. Oggi, sotto la tirannia del relativismo, San Giacomo della Marca
non sarebbe considerato un combattente per la Fede, ma uno,
probabilmente, da scomunicare, come qualcuno già all’epoca fece.
(Cristina Siccardi)
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