Il primo vero presepe gay è in un seminario
Nel seminario vescovile di San Miniato è spuntato un presepe, che a voler essere buoni perché è Natale, potremmo definirlo ambiguamente gay. L’artista Mario Rossi ha raffigurato due pastori a grandezza naturale che stanno a braccetto uno con l’altro e tengono in mano un cartello dove c’è scritto: «Cerchiamo di superare come ha detto Papa Bergoglio, la cultura dello ‘scarto’ con la cultura della solidarietà».
Quei due pastori vogliono raffigurare la prima coppia gay di Betlemme? La soluzione nelle parole di Rossi: “Ho parlato delle diversità che si palesano in questo tempo dai nuovi, pericolosi, rigurgiti oscuri e quindi è solo un messaggio contro i muri, le terre contese, le guerre tra gli uomini, l’odio scatenato dalle differenze religiose, ma anche da quelle legate all’orientamento sessuale. Il mio è un invito alla pace e alla tolleranza: nel presepe l’ho detto e lo ripeto c’è posto per tutti. Le polemiche, invece, non m’interessano: non ho realizzato questo progetto di presepe per destare clamore o per dare il via ad un polverone mediatico. La gente, vedendo questa rappresentazione, dovrebbe riflettere”. Poi aggiunge l’artista che non fa mistero di essere un cattocomunista Doc: “Il presepe è sicuramente sacro, simbolo di pace e di speranza, ma proprio per questo quel popolo che adora il bambino è un popolo che non conosce le diversità, che include tutti senza distinzione di razza, sesso o religione. Almeno nel presepe questo può accadere”.
E dunque pare proprio che l’invito di Rossi sia quello di non scartare nessuno, persone omosessuali comprese. Assolutamente condivisibile, ma si sa che l’invito ad accogliere le persone con tendenza omosessuale spesso scivola nell’invito ad accogliere l’omosessualità.
Rossi ci dice che nel presepe ci deve essere spazio per tutti. D’altronde Gesù è venuto per tutti. Quindi spazio anche ladri, truffatori ed evasori fiscali nel presepe? Perché scartare questa ampia fetta di umanità? Anzi, forse la domanda giusta è: “Perché nel presepe accanto all’arrotino, al pastore e al boscaiolo, non abbiamo mai visto un ladro che si intrufola in una casetta, un borseggiatore che sfila una paio di monete dalla saccoccia del pastore distratto che sta contemplando la natività, un sequestratore che rapisce la figlia del fabbro per chiederne il riscatto?”. Eppure sono anch’essi uomini di quel “popolo che non conosce la diversità”.
Tali figuri non hanno mai avuto le carte in regola per diventare statuine abilitate a calcare la scena di questo mistico teatro in miniatura perché l’umanità che contempla il Bambinello è sì quella peccatrice ma anche quella che vuole convertirsi. La scoperta di Gesù grazie all’annuncio celeste porta alla conversione e dunque quell’abbraccio dei due pastori di San Miniato dovrebbe immediatamente cessare. E’ vero dunque che il Gesù Bambino nella mangiatoria viene per redimere tutte le miserie di cui è afflitto l’uomo. Omosessualità e blasfemia compresa. Ma che le persone omosessuali superino questa loro tendenza e che i blasfemi si ravvedano. Altrimenti costoro starebbero a contemplare non Gesù nella mangiatoia bensì i loro peccati.
Nel presepe del sig. Rossi invece Gesù deve far posto all’omosessualità e così accade che il vero rifiutato, il vero scartato – duemila anni fa come oggi – è ancora Lui.
Ovviamente l’esperimento di San Miniato potrebbe dare la stura altre iniziative simili in futuro. Nei prossimi Natale quella coppia etero composta da Maria e Giuseppe – così stereotipata nel loro dualismo sessuale - potrebbe essere sfrattata dalla capanna per far posto ad una coppia omo. Il Gesù Bambino a quel punto non potrebbe che essere adottato. Intuibile che gli altri presepi di francescana memoria sarebbero da considerarsi omofobi. Oppure il presepe potrebbe celebrare non più tanto la natività di Nostro Signore bensì l’asessualità degli angeli – così voluti da Dio - i quali diventerebbero loro malgrado bandiera dell’ideologia gender perché né maschi e né femmine. La rivisitazione in chiave omo colpirebbe anche i Re Magi: tre uomini, che vivono a stretto contatto uno con l’altro per più di settimane senza la compagnia di una donna la direbbero già lunga sul loro orientamento sessuale. Insomma le variazioni sul tema potrebbero essere variopinte come l’arcobaleno della bandiera gay.
Ma c’è una notizia dentro la notizia. Come accennato, il presepe è stato allestito presso il seminario vescovile. La curia, attualmente sprovvista di vescovo, per ora tace. Ma non c’è un portavoce in questo momento di “sede vacante” pronto a separare i due pastorelli? E il rettore del seminario? La vicenda imbarazza non poco sia perché nell’immaginario collettivo il seminario evoca l’idea di un luogo dove fiorisce il celibato sacerdotale sia perché nell’altro lato – quello in ombra – dello stesso immaginario collettivo il seminario viene visto come luogo dove fioriscono pratiche omosessuali. Insomma vorremmo evitare che qualche malizioso pensasse che il presepe sia un imprimatur de facto a certe licenziose condotte dei sacerdoti in erba.
Forse il sig. Rossi però ha un inconsapevole merito. Ci ha fatto comprendere meglio il vero significato di quel freddo e gelo cantato dal “Tu scendi dalle stelle”: il Divin Bambino anche quest’anno raggelerà di fronte alla perversione culturale e di costumi che si squaderna al di fuori della sua capanna.
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