Il cattolicesimo è fatto così: i mali del prossimo si vincono, innanzitutto, vincendoli nella propria persona, offrendo il proprio corpo e la propria anima a Cristo come umile e docile mattone per la costruzione del suo regno.
= = = = = = = = = = = = = = = =
martedì 30 dicembre 2014
.
E’ pervenuta in Redazione:
.
Caro Alessandro Gnocchi,
le scrivo per dirle il mio consenso per l’iniziativa della preghiera di riparazione a cui avete dato vita attraverso Riscossa Cristiana. E vorrei aggiungere qualche considerazione per sapere che cosa ne pensa.
A mio avviso, ci sono sempre due aspetti nelle diverse iniziative che nascono nel mondo cosiddetto tradizionale. Uno attiene alla buona volontà dei fedeli, l’altro all’oggettiva necessità di una iniziativa.
Questa vostra parla della buona volontà e si fonda su una necessità oggettiva. Avete fatto bene a presentarla e a sollecitare i fedeli ad aderirvi.
Così come l’avete presentata corrisponde all’oggettiva realtà in cui si trova il mondo tradizionale e, oserei dire, in cui si trova chiunque in questo mondo attuale volesse rimanere fedele anche solo alla semplice pratica della Fede.
Io sono un po’ scettico sulla capacità del fedele cattolico a perseverare, nonostante la buona volontà. Ma riconosco che, per l’aiuto di Dio, all’incostanza viene incontro uno dei difetti tipici di noi uomini moderni: il fare per conto suo. Così che il Signore usa un difetto (il fare per conto proprio) per farne scaturire un bene (vincere l’incostanza).
Ciò nonostante, si verifica un fenomeno contraddittorio, da voi ben evidenziato, i fedeli si sentono soli, nonostante si compiacciano di agire da soli, e quindi trovano conforto e forza nel sapersi collegati ad altri, anche se, penso, difficilmente ne verrà mai fuori un qualche costante coordinamento operativo.
In questo contesto sempre più desolante, l’azione dei singoli e di alcuni piccoli gruppi è l’unica via seriamente praticabile, soprattutto se si mantiene il convincimento che l’essenziale è fare ciò che si sa e si può fare, indipendentemente dai risultati.
Un cordiale saluto
Carlo Comolli
.
Caro Comolli,
condivido quanto dice a proposito delle difficoltà che segnano il cosiddetto mondo tradizionale, al quale aggiungerei tutti quei cattolici che, grazie al pontificato di Bergoglio, hanno finalmente compreso che nella Chiesa sta accadendo qualcosa di tremendo.
Inoltre, visto che abbiamo deciso di dare vita alla Lega per la preghiera di riparazione, faccio mia anche l’individuazione dell’oggettiva necessità di porre rimedio, per quanto sia nelle nostre forze e nelle nostre capacità, a un disastro sempre più evidente.
Caro Comolli, l’aspetto più interessante e acuto della sua lettera sta nell’aver individuato il limite più grande del cattolico tradizionale: essere in qualche modo e in qualche misura toccato dal tarlo della modernità che sta combattendo.
A questo proposito, trovo sempre illuminante quanto Charles Peguy scriveva nel 1913: “Noi siamo cresciuti in un mondo del tutto diverso. Si può affermare, nel senso più rigoroso dell’espressione, che un bambino allevato in una città come Orléans fra il 1873 e il 1880 ha toccato la vecchia Francia, il vecchio popolo: diciamo semplicemente il popolo. Egli ha letteralmente fatto parte della vecchia Francia, del popolo. Si potrebbe dire anzi che ne è stato sino in fondo partecipe, perché la vecchia Francia era ancora integra, e inviolata. Lo sfacelo è seguito, per così dire, tutto d’un pezzo, nel giro di pochi anni. Proveremo a dirlo. Noi abbiamo conosciuto, noi abbiamo vissuto la vecchia Francia e l’abbiamo conosciuta intatta, Noi siamo stati suoi figli. Noi abbiamo conosciuto un popolo, lo abbiamo toccato, ne siamo stati parte, quando ancora ce n’era uno. L’ultimo operaio di quei tempi era un uomo della vecchia Francia, mentre oggi il più oltranzista tra i seguaci del signor Maurras non è nemmeno per un atomo un uomo della vecchia Francia”.
Con tutta evidenza, la “vecchia Francia” di Peguy è la Tradizione. E, se vogliamo essere sinceri, dobbiamo ammettere che, cento anni fa, Peguy parlava già di noi. In ogni caso devo dire, senza difficoltà anche se con dolore, che sicuramente parlava di me.
Per uscire dalla contraddizione che lei sottolinea, caro Comolli, bisogna ammettere di lottare ogni giorno con abitudini, pensieri, atteggiamenti inoculati dalla modernità che ostacolano abitudini, pensieri e atteggiamenti tradizionali. La nostra forza sta nell’esserne consapevoli. Siamo colonne spezzate, ma siamo comunque chiamati a reggere la casa.
Per questo, la nostra azione spirituale, ma anche quella concreta, devono fondarsi su un semplice ragionamento: io sono un membro della Chiesa, se io divento migliore, la Chiesa diventa migliore. Il cattolicesimo è fatto così: i mali del prossimo si vincono, innanzitutto, vincendoli nella propria persona, offrendo il proprio corpo e la propria anima a Cristo come umile e docile mattone per la costruzione del suo regno. Ancora prima che una questione di metodo, si tratta di una questione di merito. Un membro malato del Corpo Mistico di Nostro Signore trae giovamento dalla buona linfa salutare prodotta da un membro sano. “Fare i buoni cristiani”, come invitava padre Pio, non è solo un bene per se stessi e un esempio per gli altri, ma è una medicina per tutti. È una di quelle misericordiose perle tratte dal tesoro della comunione dei santi.
Nel corso dei secoli, i grandi e piccoli cristiani che hanno contribuito alla rinascita nei momenti più bui della Chiesa hanno cominciato dalla riforma di se stessi. Caro Comolli, noi non abbiamo la statura spirituale e intellettuale dei santi che ci hanno preceduti in quelle imprese. Ma il Signore ci chiama a farlo. Dobbiamo fidarci.
Il primo risultato tangibile di questa piccola operazione è stato proprio quello che lei ha rilevato: far sapere a tanti buoni cattolici che non sono soli, anche se sono isolati. L’elenco degli aderenti che hanno dato il consenso alla pubblicazione del loro nome su Riscossa Cristiana è solo la punta di continente sommerso molto più vasto e, oserei dire, molto più consapevole di quanto si possa immaginare della gravità del cancro che aggredisce la Chiesa.
Questi cattolici stanno attendendo che qualcuno gli dica che si può ancora fare qualcosa. La “Lega cattolica per la preghiera di riparazione” è un piccolo segno, ma è stato compreso e viene già praticato senza bisogno della creazione di coordinamenti operativi sofisticati. Certo, noi siamo a disposizione per mantenere i contatti, per fornire materiale formativo, per creare occasioni di incontro e anche per mostrare quanti siamo. Ma non vogliamo essere un’associazione, un gruppo, un’organizzazione. Vogliamo solo essere il motore della diffusione di un pratica ascetica che la Chiesa cattolica conosce da secoli. Farlo insieme ad altri cattolici, uniti in una Lega, può solo avere più vigore e più durata che affidandosi alle sole proprie forze.
Non servono grandi organizzazioni, come sottolinea anche lei, bisogna affidarsi all’azione dei singoli o di piccoli gruppi. Caro Comolli, lo penso e lo dico ormai da parecchi anni. Saranno questi piccoli resti sparsi per il mondo lo strumento attraverso cui il Signore salverà la sua Chiesa dalla rovina in cui l’hanno ridotta la gerarchia e le grandi associazioni. E le dirò di più: questi singoli e questi piccoli gruppi devono cercare tutto, tranne il consenso, devono solo praticare la vita dei buoni cristiani mettendo tutto nelle mani della Provvidenza. Che non è poco.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
http://www.riscossacristiana.it/gnocch-301214/
martedì 30 dicembre 2014
.
E’ pervenuta in Redazione:
.
Caro Alessandro Gnocchi,
le scrivo per dirle il mio consenso per l’iniziativa della preghiera di riparazione a cui avete dato vita attraverso Riscossa Cristiana. E vorrei aggiungere qualche considerazione per sapere che cosa ne pensa.
A mio avviso, ci sono sempre due aspetti nelle diverse iniziative che nascono nel mondo cosiddetto tradizionale. Uno attiene alla buona volontà dei fedeli, l’altro all’oggettiva necessità di una iniziativa.
Questa vostra parla della buona volontà e si fonda su una necessità oggettiva. Avete fatto bene a presentarla e a sollecitare i fedeli ad aderirvi.
Così come l’avete presentata corrisponde all’oggettiva realtà in cui si trova il mondo tradizionale e, oserei dire, in cui si trova chiunque in questo mondo attuale volesse rimanere fedele anche solo alla semplice pratica della Fede.
Io sono un po’ scettico sulla capacità del fedele cattolico a perseverare, nonostante la buona volontà. Ma riconosco che, per l’aiuto di Dio, all’incostanza viene incontro uno dei difetti tipici di noi uomini moderni: il fare per conto suo. Così che il Signore usa un difetto (il fare per conto proprio) per farne scaturire un bene (vincere l’incostanza).
Ciò nonostante, si verifica un fenomeno contraddittorio, da voi ben evidenziato, i fedeli si sentono soli, nonostante si compiacciano di agire da soli, e quindi trovano conforto e forza nel sapersi collegati ad altri, anche se, penso, difficilmente ne verrà mai fuori un qualche costante coordinamento operativo.
In questo contesto sempre più desolante, l’azione dei singoli e di alcuni piccoli gruppi è l’unica via seriamente praticabile, soprattutto se si mantiene il convincimento che l’essenziale è fare ciò che si sa e si può fare, indipendentemente dai risultati.
Un cordiale saluto
Carlo Comolli
.
Caro Comolli,
condivido quanto dice a proposito delle difficoltà che segnano il cosiddetto mondo tradizionale, al quale aggiungerei tutti quei cattolici che, grazie al pontificato di Bergoglio, hanno finalmente compreso che nella Chiesa sta accadendo qualcosa di tremendo.
Inoltre, visto che abbiamo deciso di dare vita alla Lega per la preghiera di riparazione, faccio mia anche l’individuazione dell’oggettiva necessità di porre rimedio, per quanto sia nelle nostre forze e nelle nostre capacità, a un disastro sempre più evidente.
Caro Comolli, l’aspetto più interessante e acuto della sua lettera sta nell’aver individuato il limite più grande del cattolico tradizionale: essere in qualche modo e in qualche misura toccato dal tarlo della modernità che sta combattendo.
A questo proposito, trovo sempre illuminante quanto Charles Peguy scriveva nel 1913: “Noi siamo cresciuti in un mondo del tutto diverso. Si può affermare, nel senso più rigoroso dell’espressione, che un bambino allevato in una città come Orléans fra il 1873 e il 1880 ha toccato la vecchia Francia, il vecchio popolo: diciamo semplicemente il popolo. Egli ha letteralmente fatto parte della vecchia Francia, del popolo. Si potrebbe dire anzi che ne è stato sino in fondo partecipe, perché la vecchia Francia era ancora integra, e inviolata. Lo sfacelo è seguito, per così dire, tutto d’un pezzo, nel giro di pochi anni. Proveremo a dirlo. Noi abbiamo conosciuto, noi abbiamo vissuto la vecchia Francia e l’abbiamo conosciuta intatta, Noi siamo stati suoi figli. Noi abbiamo conosciuto un popolo, lo abbiamo toccato, ne siamo stati parte, quando ancora ce n’era uno. L’ultimo operaio di quei tempi era un uomo della vecchia Francia, mentre oggi il più oltranzista tra i seguaci del signor Maurras non è nemmeno per un atomo un uomo della vecchia Francia”.
Con tutta evidenza, la “vecchia Francia” di Peguy è la Tradizione. E, se vogliamo essere sinceri, dobbiamo ammettere che, cento anni fa, Peguy parlava già di noi. In ogni caso devo dire, senza difficoltà anche se con dolore, che sicuramente parlava di me.
Per uscire dalla contraddizione che lei sottolinea, caro Comolli, bisogna ammettere di lottare ogni giorno con abitudini, pensieri, atteggiamenti inoculati dalla modernità che ostacolano abitudini, pensieri e atteggiamenti tradizionali. La nostra forza sta nell’esserne consapevoli. Siamo colonne spezzate, ma siamo comunque chiamati a reggere la casa.
Per questo, la nostra azione spirituale, ma anche quella concreta, devono fondarsi su un semplice ragionamento: io sono un membro della Chiesa, se io divento migliore, la Chiesa diventa migliore. Il cattolicesimo è fatto così: i mali del prossimo si vincono, innanzitutto, vincendoli nella propria persona, offrendo il proprio corpo e la propria anima a Cristo come umile e docile mattone per la costruzione del suo regno. Ancora prima che una questione di metodo, si tratta di una questione di merito. Un membro malato del Corpo Mistico di Nostro Signore trae giovamento dalla buona linfa salutare prodotta da un membro sano. “Fare i buoni cristiani”, come invitava padre Pio, non è solo un bene per se stessi e un esempio per gli altri, ma è una medicina per tutti. È una di quelle misericordiose perle tratte dal tesoro della comunione dei santi.
Nel corso dei secoli, i grandi e piccoli cristiani che hanno contribuito alla rinascita nei momenti più bui della Chiesa hanno cominciato dalla riforma di se stessi. Caro Comolli, noi non abbiamo la statura spirituale e intellettuale dei santi che ci hanno preceduti in quelle imprese. Ma il Signore ci chiama a farlo. Dobbiamo fidarci.
Il primo risultato tangibile di questa piccola operazione è stato proprio quello che lei ha rilevato: far sapere a tanti buoni cattolici che non sono soli, anche se sono isolati. L’elenco degli aderenti che hanno dato il consenso alla pubblicazione del loro nome su Riscossa Cristiana è solo la punta di continente sommerso molto più vasto e, oserei dire, molto più consapevole di quanto si possa immaginare della gravità del cancro che aggredisce la Chiesa.
Questi cattolici stanno attendendo che qualcuno gli dica che si può ancora fare qualcosa. La “Lega cattolica per la preghiera di riparazione” è un piccolo segno, ma è stato compreso e viene già praticato senza bisogno della creazione di coordinamenti operativi sofisticati. Certo, noi siamo a disposizione per mantenere i contatti, per fornire materiale formativo, per creare occasioni di incontro e anche per mostrare quanti siamo. Ma non vogliamo essere un’associazione, un gruppo, un’organizzazione. Vogliamo solo essere il motore della diffusione di un pratica ascetica che la Chiesa cattolica conosce da secoli. Farlo insieme ad altri cattolici, uniti in una Lega, può solo avere più vigore e più durata che affidandosi alle sole proprie forze.
Non servono grandi organizzazioni, come sottolinea anche lei, bisogna affidarsi all’azione dei singoli o di piccoli gruppi. Caro Comolli, lo penso e lo dico ormai da parecchi anni. Saranno questi piccoli resti sparsi per il mondo lo strumento attraverso cui il Signore salverà la sua Chiesa dalla rovina in cui l’hanno ridotta la gerarchia e le grandi associazioni. E le dirò di più: questi singoli e questi piccoli gruppi devono cercare tutto, tranne il consenso, devono solo praticare la vita dei buoni cristiani mettendo tutto nelle mani della Provvidenza. Che non è poco.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
.
Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
.
Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD
.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.