Cosa (non) si sono detti Renzi e Papa Francesco
LA NOTA UFFICIALE
Prima di trattare “alcuni temi di politica internazionale” con un focus preoccupato sul “progressivo peggioramento dei conflitti nell’area mediorientale”, l’attenzione “si è soffermata sull’attuale contesto segnato da persistenti difficoltà di natura economica e sociale, con conseguenze negative soprattutto per l’occupazione dei giovani. Inoltre, si è convenuto sull’importanza dell’educazione per promuovere il futuro delle nuove generazioni”.
NIENTE SOLDI ALLE SCUOLE CATTOLICHE
Su questo punto si sofferma Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera, che scrive come tale frase si riferisca anche alla “questione delle scuole paritarie cattoliche in difficoltà”, tema affrontato più dettagliatamente nel successivo incontro che Renzi ha avuto con il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. E i risultati non sono quelli sperati Oltretevere: “In tempi di crisi, per la scuola come per la sanità, non ci sono altri soldi oltre a quelli già dati”, avrebbe detto il premier secondo la ricostruzione del Corriere della Sera. Molto s’è parlato di attualità, di quei “temi di fondo” che interessano Francesco. Così, sarebbe tornato alla ribatta quell’appello del Pontefice per il lancio d’una “straordinaria e coraggiosa strategia in favore delle famiglie”, perché “da qui può iniziare anche un rilancio economico per il Paese”.
DISCONTINUITA’ TRA LE SPONDE DEL TEVERE
A ogni modo, c’è il sentore di una discontinuità nei rapporti tra le due sponde del Tevere che bene ha messo ieri in luce sempre sul quotidiano di via Solferino lo storico Andrea Riccardi: “Oggi le rive del Tevere sono davvero larghe, tanto che Italia e Vaticano sentono necessità di parlarsi a fondo”. Il punto fondamentale, scrive, è che “la Chiesa non è più fonte di legittimazione per il governo. Non lo vogliono né Renzi né il Papa”.
LONTANI DAL RUINISMO
Proprio qui starebbe la discontinuità: “Nel quadro del ruinismo, dagli anni Novanta, il passaggio del premier in Vaticano era spesso un riconoscimento, come per Berlusconi e D’Alema. Diverso è il caso di Prodi”, nota il fondatore di Sant’Egidio, che aggiunge: “Per il resto, la Cei trattava da forza sociale con gli attori politici. Ora questa architettura è smontata”. Il primo a rompere con il ruinismo, a superarlo, è stato Monti, scrive Riccardi (che fu ministro proprio del governo Monti). E fu superato “nell’intenso rapporto con Benedetto XVI all’insegna del salvare l’Italia”. Per Renzi, le cose sono ancora diverse: “Non c’è più la questione vaticana che ha segnato tanta storia repubblicana di De Gasperi. La Chiesa non è problema di politica italiana”.
LE PRIORITA’ DI FRANCESCO
Cambiamenti anche per la controparte d’oltretevere, osserva ancora lo storico: “La filosofia vaticana è nuova. Non sconti o favori, ma nemmeno essere messo in difficoltà”. Certo, i problemi a orientare la Chiesa italiana sulle frequenze impostate da Francesco c’è (parla di ricezione “non scontata”, Riccardi), ma di ciò non s’è parlato. Stenta a uscire, la Chiesa italiana, benché resti aperta “la questione di dove andare e di come camminare”.
LA DOMENICA IN PERIFERIA
Un indizio lo fornisce il Papa, che ieri pomeriggio si è recato nella parrocchia di San Giuseppe all’Aurelio, periferia romana. Al termine, come aveva anticipato il parroco, il Papa ha incontrato un gruppo di rom che vivono nella zona e che “vengono qui tutte le domeniche e per le feste comandate”.
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