Parole chiare sulle proposte di Introvigne
… la “mappa dei diritti” è un preciso programma modellato sull’accoglimento di tutte le pretese che, a parole, si dice di respingere: tutte le convivenze vengono equiparate indipendentemente dal sesso dei componenti e quindi, nonostante si continui a rassicurare il pubblico che non si vuole il “matrimonio” tra omosessuali, nella realtà viene predisposto il terreno con cui si arriva proprio a quel risultato…
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di Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani
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Clicca qui e qui per leggere i due precedenti articoli su questo argomento
Clicca qui per leggere la relazione di Introvigne al convegno tenuto a Milano sabato 17 gennaio
Clicca qui per leggere la proposta di Testo Unico sulla tutela dei “diritti dei conviventi”
.
La famiglia vera è l’ultima isola di libertà e di autonomia morale, che ora va abbattuta. È stata minata dal divorzio, dalla dissoluzione del principio di responsabilità verso i figli e dalla negazione del principio di autorità.
Il facsimile omosessuale serve a dare il colpo di grazia alla istituzione matrimoniale, che neppure la Chiesa si sente più di difendere.
Ma poiché il matrimonio tra persone dello stesso sesso suona ancora male e suona peggio la conseguente possibilità di adozioni, bisogna tenere conto di questo e tranquillizzare anzitutto quel mondo, cattolico e no, che continua a rifiutare questa aberrazione.
Tuttavia, nella visione pragmatica che ormai domina le coscienze, bisogna obbedire soprattutto allo spirito del tempo che spira in senso opposto. E c’è una via collaudata per adeguarsi ad esso su questo tema, salvando apparentemente capra e cavoli: basta dare veste giuridica alle convivenze, creare uno status giustificato dal mero vincolo affettivo che lega i conviventi. Una volta creato questo nuovo soggetto titolare di diritti, in una prima fase si parificano le convivenze tra persone di sesso diverso a quelle tra persone dello stesso sesso. Poi, sempre in virtù del principio di uguaglianza, si estendono alle convivenze le prerogative ancora riservate ai coniugi, sul presupposto che l’elemento che accomuna questi ultimi ai conviventi more uxorio è il vincolo affettivo, e dunque tutti possono finire per godere degli stessi “diritti”.
Questo è proprio il meccanismo con cui ad esempio in Francia si è arrivati al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso.
Ora, Introvigne salta anche lo stadio intermedio (della disciplina delle coppie di fatto eterosessuali) e presenta direttamente un disegno di legge in cui si riconoscono tanti diritti ai conviventi in quanto tali (cioè quasi tutti, tanto che si osserva con disarmante onestà che “alla fine, è più facile elencare quello che resta ancora fuori”) anche omosessuali; e si tiene conto in tal senso della giurisprudenza in materia. Testuale: “Lo scopo di questo testo, composto da 33 articoli suddivisi in 8 capi, è far emergere tutto ciò che l’ordinamento già prevede, esplicitamente o implicitamente, in tema di tutela dei diritti dei conviventi: lo raccoglie e lo rende ordinato, fino a costituire un vero e proprio statuto della convivenza, sulla scorta di ciò che è già diritto vivente, o può diventarlo con leggeri aggiustamenti”, è ciò vale “sia che la convivenza riguardi persone di sesso diverso sia che riguardi persone del medesimo sesso”.
È ben noto quale sia l’orientamento manifestato dalla giurisprudenza di ogni ordine e grado, e a questo proposito abbiamo citato per tutte la decisione della Cassazione (presidente, non a caso, Luccioli, come al tempo della famosa sentenza che costò la vita ad Eluana Englaro), in cui viene caldeggiato l’adeguamento delle leggi italiane alle disposizioni europee che parificano le unioni tra persone di sesso diverso a quelle omosessuali. Ma non dimentichiamo nemmeno la pronuncia della Corte Costituzionale che stabilisce la permanenza del vincolo, con le relative garanzie, per la coppia in cui uno dei coniugi abbia cambiato sesso in costanza di matrimonio, e sollecita il legislatore a intervenire per disciplinare questo genere di unioni.
Introvigne e compagnia, col disegno di legge di testo unico, recepiscono con solerzia l’invito.
A riprova del fatto che la mappa dei diritti è un preciso programma modellato sull’accoglimento di tutte le pretese che, a parole, dicono di respingere: tutte le convivenze vengono equiparate indipendentemente dal sesso dei componenti e quindi, nonostante si continui a rassicurare il pubblico che non si vuole il “matrimonio” tra omosessuali, nella realtà viene predisposto il terreno con cui si arriva proprio a quel risultato, con la benedizione vaticana, dopo il seppellimento definitivo e irrevocabile degli scomodi principi non negoziabili.
Quindi, il nostro relatore ha sposato in toto il punto di vista di chi combatte contro la famiglia vera, avallando il proliferare delle convivenze e vantandosi pure di volerle consacrare giuridicamente.
Bisogna anche segnalare che, sempre in coerenza con i fondamenti stessi della dottrina cristiana, gli estensori del testo unico annoverano con soddisfazione tra le prerogative riconosciute ai conviventi anche l’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita.
E va rilevato per giunta come, al di là degli interessi contingenti tutelati sotto il profilo civilistico, il valore intrinseco riconosciuto alle convivenze alternative emerge dalla particolare tutela penalistica, e in modo esemplare dalla parificazione al rapporto di parentela secondo il codice penale. In questo modo – si badi – è il tessuto stesso dei rapporti interni alla famiglia che viene mortificato e le gerarchie affettive completamente calpestate a vantaggio del convivente estemporaneo, visto che sono espressamente contemplati i “mutamenti intervenuti nella composizione della convivenza” (il terzo uomo?). Perché la sbandierata “stabilità” (data dagli “stabili vincoli affettivi”), che è presupposto dell’applicazione della normativa, è rimessa all’apprezzamento nientemeno che delle amministrazioni locali.
Inoltre, quando notiamo come il valore della famiglia sia stato tutto incentrato da Introvigne sul profilo economico, vogliamo sottolineare che viene in tal modo oscurato il significato etico della famiglia stabile fondata sul matrimonio. Come si può ignorare che tra i mali più vistosi che scuotono la società ci sia lo sfilacciarsi della coesione famigliare dovuto al disorientamento che deriva ai giovani dal non avere dei precisi punti di riferimento (famiglie allargate, genitori separati o divorziati)? Sappiamo del resto come certe carenze educative derivanti da famiglie dissestate comportino per gli stessi insegnanti grosse difficoltà nel governare classi sempre più indisciplinate.
È possibile che i pregi e le sofferenze della famiglia derivino soltanto da motivi economici, oppure è vero che essi sono piuttosto legati al rispetto o meno della sua struttura fondamentale?
Tutto questo è stato completamente eluso dal nostro professore, al fine preciso di avallare il valore di tutte le convivenze secondo il criterio sopra indicato.
Per tutti questi motivi, ci sembra evidente che non basta dichiarare la bellezza della unione tra un uomo e una donna e dire che i figli devono avere un papà e una mamma – cosa che non costa niente, e ripaga con molti applausi – quando poi in realtà si lavora a favore di chi quel modello vorrebbe distruggerlo.
Il cattolico Introvigne non può avere messo insieme una tale carica esplosiva sotto la famiglia che i convegnisti sono accorsi a celebrare senza il consenso Vaticano. Dopo tante campagne ferocissime contro le ingerenze della chiesa, finalmente, sulla tomba dei principi non negoziabili, è stata siglata la Nuova Alleanza Cattolica tra chiesa post-cattolica e stato post-comunista.
E in tanti continuano ad applaudire.
Per quanto riguarda, infine, il preteso attentato all’unità (o, altrimenti detto, il dramma della divisione), il problema non è l’unità dei cristiani, ma l’identità della fede. L’unità presuppone l’identità degli obiettivi. Ad esempio, se due coniugi superano le difficoltà del matrimonio perché entrambi credono nella bontà della istituzione e pensano che il bene dei figli sia legato alla stabilità della famiglia, si può dire abbiano lavorato per l’unità. Ma se mio marito mi propone la poligamia, non credo di doverla accettare ritenendo che giovi all’unità della famiglia, in quanto verrebbe meno l’idea stessa che la sostiene. Insomma, se la Chiesa mi propone un contenuto di fede diverso da quello sul quale la cristianità ha modellato la propria esistenza, ho tutto il diritto di rivendicare quanto mi viene sottratto, cioè una perdita che potrei non essere in grado di sopportare, o di sopportare senza danni profondi per la mia anima.
Così, se Introvigne mi propone sotto mentite spoglie lo stravolgimento dei criteri fondamentali della morale cattolica, oltre a respingerlo personalmente, ho il dovere di denunciare l’inganno.
Certo, si può anche fare finta di non vedere, ma non è forse l’atteggiamento migliore per evitare che venga apposta per l’ennesima volta l’etichetta cattolica a quello che pensiamo come del tutto aberrante.
E non è questione di virtù, è questione di autodifesa.
di Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani
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Clicca qui e qui per leggere i due precedenti articoli su questo argomento
Clicca qui per leggere la relazione di Introvigne al convegno tenuto a Milano sabato 17 gennaio
Clicca qui per leggere la proposta di Testo Unico sulla tutela dei “diritti dei conviventi”
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La famiglia vera è l’ultima isola di libertà e di autonomia morale, che ora va abbattuta. È stata minata dal divorzio, dalla dissoluzione del principio di responsabilità verso i figli e dalla negazione del principio di autorità.
Il facsimile omosessuale serve a dare il colpo di grazia alla istituzione matrimoniale, che neppure la Chiesa si sente più di difendere.
Ma poiché il matrimonio tra persone dello stesso sesso suona ancora male e suona peggio la conseguente possibilità di adozioni, bisogna tenere conto di questo e tranquillizzare anzitutto quel mondo, cattolico e no, che continua a rifiutare questa aberrazione.
Tuttavia, nella visione pragmatica che ormai domina le coscienze, bisogna obbedire soprattutto allo spirito del tempo che spira in senso opposto. E c’è una via collaudata per adeguarsi ad esso su questo tema, salvando apparentemente capra e cavoli: basta dare veste giuridica alle convivenze, creare uno status giustificato dal mero vincolo affettivo che lega i conviventi. Una volta creato questo nuovo soggetto titolare di diritti, in una prima fase si parificano le convivenze tra persone di sesso diverso a quelle tra persone dello stesso sesso. Poi, sempre in virtù del principio di uguaglianza, si estendono alle convivenze le prerogative ancora riservate ai coniugi, sul presupposto che l’elemento che accomuna questi ultimi ai conviventi more uxorio è il vincolo affettivo, e dunque tutti possono finire per godere degli stessi “diritti”.
Questo è proprio il meccanismo con cui ad esempio in Francia si è arrivati al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso.
Ora, Introvigne salta anche lo stadio intermedio (della disciplina delle coppie di fatto eterosessuali) e presenta direttamente un disegno di legge in cui si riconoscono tanti diritti ai conviventi in quanto tali (cioè quasi tutti, tanto che si osserva con disarmante onestà che “alla fine, è più facile elencare quello che resta ancora fuori”) anche omosessuali; e si tiene conto in tal senso della giurisprudenza in materia. Testuale: “Lo scopo di questo testo, composto da 33 articoli suddivisi in 8 capi, è far emergere tutto ciò che l’ordinamento già prevede, esplicitamente o implicitamente, in tema di tutela dei diritti dei conviventi: lo raccoglie e lo rende ordinato, fino a costituire un vero e proprio statuto della convivenza, sulla scorta di ciò che è già diritto vivente, o può diventarlo con leggeri aggiustamenti”, è ciò vale “sia che la convivenza riguardi persone di sesso diverso sia che riguardi persone del medesimo sesso”.
È ben noto quale sia l’orientamento manifestato dalla giurisprudenza di ogni ordine e grado, e a questo proposito abbiamo citato per tutte la decisione della Cassazione (presidente, non a caso, Luccioli, come al tempo della famosa sentenza che costò la vita ad Eluana Englaro), in cui viene caldeggiato l’adeguamento delle leggi italiane alle disposizioni europee che parificano le unioni tra persone di sesso diverso a quelle omosessuali. Ma non dimentichiamo nemmeno la pronuncia della Corte Costituzionale che stabilisce la permanenza del vincolo, con le relative garanzie, per la coppia in cui uno dei coniugi abbia cambiato sesso in costanza di matrimonio, e sollecita il legislatore a intervenire per disciplinare questo genere di unioni.
Introvigne e compagnia, col disegno di legge di testo unico, recepiscono con solerzia l’invito.
A riprova del fatto che la mappa dei diritti è un preciso programma modellato sull’accoglimento di tutte le pretese che, a parole, dicono di respingere: tutte le convivenze vengono equiparate indipendentemente dal sesso dei componenti e quindi, nonostante si continui a rassicurare il pubblico che non si vuole il “matrimonio” tra omosessuali, nella realtà viene predisposto il terreno con cui si arriva proprio a quel risultato, con la benedizione vaticana, dopo il seppellimento definitivo e irrevocabile degli scomodi principi non negoziabili.
Quindi, il nostro relatore ha sposato in toto il punto di vista di chi combatte contro la famiglia vera, avallando il proliferare delle convivenze e vantandosi pure di volerle consacrare giuridicamente.
Bisogna anche segnalare che, sempre in coerenza con i fondamenti stessi della dottrina cristiana, gli estensori del testo unico annoverano con soddisfazione tra le prerogative riconosciute ai conviventi anche l’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita.
E va rilevato per giunta come, al di là degli interessi contingenti tutelati sotto il profilo civilistico, il valore intrinseco riconosciuto alle convivenze alternative emerge dalla particolare tutela penalistica, e in modo esemplare dalla parificazione al rapporto di parentela secondo il codice penale. In questo modo – si badi – è il tessuto stesso dei rapporti interni alla famiglia che viene mortificato e le gerarchie affettive completamente calpestate a vantaggio del convivente estemporaneo, visto che sono espressamente contemplati i “mutamenti intervenuti nella composizione della convivenza” (il terzo uomo?). Perché la sbandierata “stabilità” (data dagli “stabili vincoli affettivi”), che è presupposto dell’applicazione della normativa, è rimessa all’apprezzamento nientemeno che delle amministrazioni locali.
Inoltre, quando notiamo come il valore della famiglia sia stato tutto incentrato da Introvigne sul profilo economico, vogliamo sottolineare che viene in tal modo oscurato il significato etico della famiglia stabile fondata sul matrimonio. Come si può ignorare che tra i mali più vistosi che scuotono la società ci sia lo sfilacciarsi della coesione famigliare dovuto al disorientamento che deriva ai giovani dal non avere dei precisi punti di riferimento (famiglie allargate, genitori separati o divorziati)? Sappiamo del resto come certe carenze educative derivanti da famiglie dissestate comportino per gli stessi insegnanti grosse difficoltà nel governare classi sempre più indisciplinate.
È possibile che i pregi e le sofferenze della famiglia derivino soltanto da motivi economici, oppure è vero che essi sono piuttosto legati al rispetto o meno della sua struttura fondamentale?
Tutto questo è stato completamente eluso dal nostro professore, al fine preciso di avallare il valore di tutte le convivenze secondo il criterio sopra indicato.
Per tutti questi motivi, ci sembra evidente che non basta dichiarare la bellezza della unione tra un uomo e una donna e dire che i figli devono avere un papà e una mamma – cosa che non costa niente, e ripaga con molti applausi – quando poi in realtà si lavora a favore di chi quel modello vorrebbe distruggerlo.
Il cattolico Introvigne non può avere messo insieme una tale carica esplosiva sotto la famiglia che i convegnisti sono accorsi a celebrare senza il consenso Vaticano. Dopo tante campagne ferocissime contro le ingerenze della chiesa, finalmente, sulla tomba dei principi non negoziabili, è stata siglata la Nuova Alleanza Cattolica tra chiesa post-cattolica e stato post-comunista.
E in tanti continuano ad applaudire.
Per quanto riguarda, infine, il preteso attentato all’unità (o, altrimenti detto, il dramma della divisione), il problema non è l’unità dei cristiani, ma l’identità della fede. L’unità presuppone l’identità degli obiettivi. Ad esempio, se due coniugi superano le difficoltà del matrimonio perché entrambi credono nella bontà della istituzione e pensano che il bene dei figli sia legato alla stabilità della famiglia, si può dire abbiano lavorato per l’unità. Ma se mio marito mi propone la poligamia, non credo di doverla accettare ritenendo che giovi all’unità della famiglia, in quanto verrebbe meno l’idea stessa che la sostiene. Insomma, se la Chiesa mi propone un contenuto di fede diverso da quello sul quale la cristianità ha modellato la propria esistenza, ho tutto il diritto di rivendicare quanto mi viene sottratto, cioè una perdita che potrei non essere in grado di sopportare, o di sopportare senza danni profondi per la mia anima.
Così, se Introvigne mi propone sotto mentite spoglie lo stravolgimento dei criteri fondamentali della morale cattolica, oltre a respingerlo personalmente, ho il dovere di denunciare l’inganno.
Certo, si può anche fare finta di non vedere, ma non è forse l’atteggiamento migliore per evitare che venga apposta per l’ennesima volta l’etichetta cattolica a quello che pensiamo come del tutto aberrante.
E non è questione di virtù, è questione di autodifesa.
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