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domenica 11 gennaio 2015

I cattolici possono imparare da Lutero?

Ecco cosa afferma il Card. Marx in un discusso articolo
Dopo cinquant’anni di dialogo ecumenico, anche per un cristiano cattolico è possibile leggere con rispetto i testi di Lutero e trarre vantaggio dalle sue idee». A scriverlo è il cardinale arcivescovo di MonacoReinhardMarx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, in un articolo pubblicato sul periodico «Politik & Kultur» all’inizio di gennaio.


MEZZO MILLENNNIO DALLA RIVOLUZIONE LUTERANA
E’ stato notato da osservatori e vaticanisti che, proprio alla vigilia della celebrazione dei cinquecento anni della “Riforma” protestante (1517-2017), L’Osservatore Romanoha dato risalto alle clamorose dichiarazioni del porporato tedesco senza aggiungere uncommento (cfr.Card. ReinhardMarx, Leggere Lutero con rispetto, inL’Osservatore Romano, 4 gennaio 2015, p. 6).Eppure, in contrasto con quanto da sempre affermato da Papi, storici del Cristianesimo e santi, il cardinale Marxha sostenutoche «Luteronon puntava alla divisione della Chiesa ma con i suoi sforzi di riforma voleva attirare l’attenzione sulle cose che non andavano bene e che oscuravano il messaggio del Vangelo».Secondo il porporato, inoltre, l’analisi della storia della Chiesa durante l’età della “Riforma” «ha contribuito in maniera determinante a una valutazione sobria degli eventi del XVI secolo, soprattutto alla consapevolezza che Lutero era radicato nella pietà del suo tempo e ha avviato un processo di cambiamento del pensiero cattolico».
L’arcivescovo di Monaco, alla fine della contestata colonna del giornale del “Consiglio Culturale tedesco”Politik&Kultur, elogia quindi espressamente la “Riforma” protestante, sebbene proprio in Lutero si trovistoricamente la radice moderna di ogni ribellione alla primazia spirituale di Roma e del Papa.
LE 95 “TESI DI WITTENBERG”
Il 31 ottobre 1517, l’ex frate agostiniano Martin Lutero (1483-1546),affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg, una città dell’attuale Sassonia-Anhalt,le sue 95 tesi contro la “Chiesa romana”, prendendo spunto dagli abusi che si erano allora verificati con la “vendita” delle indulgenze. Diede così avvio alla Rivoluzione protestante che, solo in Germania e durante la sua vita, provocò con la “guerra dei contadini”, che ebbe le sue ragioni etiche, teoriche e teologiche nella predicazione luterana, circa 100.000 morti, secondo quanto tramandano le fonti dell’epoca.
Sull’eco ricevuta dalle discutibili affermazioni del cardinale R. Marx, che sono state riprese fra gli altri dall’importante quotidiano tedesco conservatoreDie Welt, ha giocato anche il fatto che, il neopresidente della Conferenza episcopale tedesca,è stato eletto nel 2014 con non poche difficoltà al quarto scrutinio. Prima Papa Francesco l’aveva nominato coordinatore del “Consiglio per l’Economia” vaticano, sebbene durante il Sinodo sulla famiglia non siano state passate sotto silenzio le sue accuse pubbliche, davanti ai vescovi della Baviera riuniti a Frisinga, al collega card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto dellaCongregazione per la Dottrina della fede, di voler chiudere ogni “dibattito riformatore”, in pratica confutando ogni possibilità di riaccostamento dei divorziati risposati ai sacramenti.
Cosa mai i cattolici possono imparare da Lutero se nulla è caduto delle condanne al “riformatore” di Eisleben dal Concilio di Trento? Nei documenti approvati dal Concilio Tridentino (1545-1563), che fu il XIX concilio ecumenico della Chiesa cattolica, infatti, è ancora valida la seguente scomunica alle tesi luterane della “giustificazione per fede”: «Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato per sola fede, nel senso che non si richiede nient’altro per cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione, e che non è assolutamente necessario che egli si prepari e si disponga con un atto della sua volontà: sia anatema» (DS, 1559, n. 9).
L’idea di Lutero, poi, dell’uomo talmente caduto a cui non rimane nemmeno la possibilità infinitesima di bene o di opera buona, è riflesso del carattere negativo del teologo tedesco, più che una giusta interpretazione della dottrina del peccato originale e dell’influenza della Grazia. Così insegnando, Lutero, ha operato una rottura insanabile tra natura e Grazia, indulgendo anche a tesi di tipo gnostico-manicheo, per le quali la natura è da considerarsi “irredimibile”. In pratica, ammesso che il “riformatore” sia partito in cerca apparentemente di una fede più autentica, è difficile contestare che abbia finito per negare quasi tutti i Sacramenti della Chiesa cattolica e le dottrine della fede cristiana.
MARX, KüNG E LA DIASPORA DEI PROTESTANTI
Come non pensare poi all’uscita del card. Marx ed alle continue sollecitazioni del teologo svizzero-tedesco, sospeso a divinis, Hans Küng che, dal Concilio Vaticano II in poi, esorta a “scoprire”, con un ritardo di cinque secoli, la Riforma protestante, che sola consentirebbe alla Chiesa cattolica di rinnovarsi, e di divenire finalmente «moderna».
Il prof. Küng, ormai docente in pensione, da molto tempo privato del titolo di «teologo cattolico», non si è mai stancato di contestare per esempio Giovanni Paolo II per «non avere integrato nella Chiesa cattolica le richieste della Riforma e della modernità». Ma, come obiettato dal giornalista e scrittore Vittorio Messori, l’anziano teologo che vive tra Svizzera e Germania, è ormai da tempo «passato (e, spesso, per violenza dei prìncipi) al verbo di Lutero, di Calvino, di Zwingli» (Vittorio MessoriIl Padre che ha salvato la Chiesa, inIl Corriere della sera, 30 marzo 2005). Non volendo, però, rilevare «quale è lo stato comatoso, da encefalogramma piatto, di Chiese che pur furono vive. Possibile che i suoi viaggi per il mondo non gli abbiano mostrato che il solo protestantesimo che sembra oggi avere un futuro è quello “impazzito”, aggressivo, insofferente di ecumenismi, rappresentato dalla miriade di sètte e di chiesuole?

Si può, oggi, proporre per la Chiesa romana – quasi fossero novità taumaturgiche – provvedimenti che quella che chiama se stessa “Riforma” per antonomasia ha adottato quasi cinque secoli fa e i cui risultati stanno sotto gli occhi di chi sappia vedere senza gli occhiali dell’astrattezza?» (art. cit.).
Giuseppe Brienza






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