Partiamo da un dato di fatto: mentre papa Francesco visitava le Filippine, sui giornali di tutto il mondo teneva banco la discussione sulla faccenda dei pugni in risposta agli insulti contro la madre, esempio che il Papa aveva fatto sull’aereo che dallo Sri Lanka lo portava nelle Filippine, a proposito dei limiti della libertà di espressione. Non che non ci siano stati servizi sui discorsi fatti nell’arcipelago, ma l’attenzione, i commenti e le analisi erano tutte legate alla liceità o meno dell’uso della violenza in risposta alle offese; e quanto questo poteva suonare come un assist per i fondamentalisti musulmani.
Da ieri invece tutta l’attenzione si è spostata sulla storia del «non essere come conigli», altra espressione usata dal Papa sull’aereo che lo riportava a Roma, per spiegare la paternità responsabile. E siamo certi che per qualche altro giorno si andrà avanti su questa storia. Così tutti i contenuti del viaggio in Asia – pieno di incontri importanti e commoventi, e interventi degni di profonda riflessione - passano in secondo piano, sostanzialmente ignorati. Anche le spiegazioni sui tanti aspetti del viaggio, discussi con i giornalisti nella stessa conferenza stampa passano in secondo piano. Certamente non per chi ha avuto la possibilità di seguirli direttamente, ma per tutti i cattolici sparsi nel mondo e per l’opinione pubblica non cattolica i principali messaggi passati sono quelli legati alle due battute fatte in aereo.
Da ieri invece tutta l’attenzione si è spostata sulla storia del «non essere come conigli», altra espressione usata dal Papa sull’aereo che lo riportava a Roma, per spiegare la paternità responsabile. E siamo certi che per qualche altro giorno si andrà avanti su questa storia. Così tutti i contenuti del viaggio in Asia – pieno di incontri importanti e commoventi, e interventi degni di profonda riflessione - passano in secondo piano, sostanzialmente ignorati. Anche le spiegazioni sui tanti aspetti del viaggio, discussi con i giornalisti nella stessa conferenza stampa passano in secondo piano. Certamente non per chi ha avuto la possibilità di seguirli direttamente, ma per tutti i cattolici sparsi nel mondo e per l’opinione pubblica non cattolica i principali messaggi passati sono quelli legati alle due battute fatte in aereo.
Questo è un dato di fatto. E poco importa che ci siano stati anche organi di informazione – come del resto la Nuova BQ – che si sono concentrati su ciò che il Papa ha detto e fatto in questa settimana (oltre alle frasi colloquiali in aereo). Basta fare un giro su internet o parlare con un po’ di persone per capire cosa è rimasto di questo viaggio nella testa della gente.
Un secondo dato di fatto è che le frasi che hanno acceso l’immaginario collettivo sono state colte in un significato che non è proprio quello che risalta dal contesto del discorso. La frase dei conigli non era un invito al controllo delle nascite ma alla procreazione responsabile: in precedenza aveva attaccato le lobby neo-malthusiane che vogliono il controllo delle nascite e anche la distruzione della famiglia naturale, poi ha anche detto dell’importanza dell’apertura alla vita, ha esaltato la Humanae Vitae. Quindi va messa in un contesto. Senza considerare che due settimane fa aveva ricevuto le famiglie numerose pronunciando un bellissimo discorso in loro difesa. E anche a proposito del terrorismo, il Papa è stato chiaro nella condanna, anche se è dovuto intervenire il segretario di Stato Parolin a ribadirlo.
Malafede dei giornalisti allora o dei loro direttori? Non proprio. Forse in qualche caso, ma chiunque abbia a che fare con i media sa che c’è sempre la ricerca di una notizia o di un titolo che meriti uno spazio in pagina. Chi ha a che fare regolarmente con i giornalisti questo lo sa bene. E certe espressioni colloquiali, tanto più se pronunciate dal Papa e che possono essere usate in controtendenza rispetto ai suoi predecessori, si prestano perfettamente allo scopo.
Questo pone ancora una volta, oggettivamente, il problema della comunicazione, cosa di cui abbiamo già parlato in passato anche per papa Benedetto XVI soprattutto a causa di certi “vuoti” dell’apparato comunicativo della Santa Sede. Si deve essere realisti: la gente, cattolici in testa, ben difficilmente e molto raramente legge le encicliche, le esortazioni pastorali e i discorsi pronunciati in occasioni solenni. Ma neanche la trascrizione completa delle sue dichiarazioni alla stampa (che comunque qui linkiamo per i volenterosi che volessero controllare). Se va bene legge o ascolta i titoli di giornali e tg, e sulla base di quelli si fa un’idea del magistero del Papa di turno.
Il problema è dunque che il messaggio che passa sui media di tutto il mondo spesso nasconde i reali contenuti del Magistero, o addirittura li contraddice. Così che anche molti cattolici, in buona fede, sono portati a credere cose errate. Certo, tutti i Papi hanno dovuto subire strumentalizzazioni e letture forzate delle loro parole. Ma è altrettanto evidente che con papa Francesco, che ama parlare molto con i giornalisti e che lascia libertà ai suoi interlocutori anche privati di riferire pubblicamente ciò che ritengono opportuno, il problema è amplificato. Inoltre certe espressioni gergali, che sono di sicuro effetto pronunciate tra persone amiche che sanno di cosa si sta parlando e non hanno secondi fini, mal si adattano a discorsi che richiedono anche una precisione dottrinale. E possono diventare una bomba quando sono mediate dalla stampa e riportate fuori dal contesto. Basti pensare agli effetti devastanti – e certo non desiderati dal Papa – avuti dalla frase che fino a ieri ha maggiormente caratterizzato questo pontificato: «Chi sono io per giudicare…?».
La corrispondenza tra ciò che si vuole comunicare e ciò che viene capito è un problema che chi gestisce la comunicazione in Vaticano non può non porsi. Nessuno può chiedere al Papa di snaturarsi o di non parlare più con i giornalisti. Negli ultimi anni però si sono moltiplicati in Vaticano esperti e consulenti per la comunicazione, che proprio di questo dovrebbero occuparsi; ma non sembra che per ora sia cambiato molto a parte le spese sostenute per le consulenze. A meno che non ci sia qualcuno a cui queste incomprensioni facciano gioco. Sicuramente non fanno il bene della Chiesa e dei cattolici, e neanche di coloro che sono lontani, per i quali l’immagine di Chiesa rischia di diventare caricaturale.
Papa: No conigli, solo tre figli. Ma Santità, come si fa senza anticoncezionali?
ROMA – Tre. Un gran bel numero che ha dalla sua molte buone ragioni per essere scelto, dalla storia del numero perfetto alla simbologia della trinità e via dicendo. E ora, alle ragioni del tre, si è aggiunta anche l’indicazione di Papa Francesco che ha invitato “ad una paternità responsabile”, esortando i cattolici a non essere “come conigli” e fare possibilmente tre figli e non di più. Non due e non quattro, ma proprio tre. Perché abbia scelto questo numero, Bergoglio non l’ha detto, ma l’indicazione data, a prescindere dal valore numerico, ha decisamente una sua rilevanza.
Tre dunque e non di più, ma come si fa? Anticoncezionali non si può e non si deve secondo Cattolica Chiesa. Allora astinenza dal terzo figlio in poi? O la cinica lotteria del coitus interruptus, o l’indovina giusta tra i giorni fertili della donna?
La donna, a parte l’assenza della maternità che, evidentemente, può essere anche irresponsabile o, più probabilmente, gioca sul tema in un ruolo di secondo piano e, in sostanza, si limita subire gli eventi, un interrogativo enorme nasce infatti dall’indicazione di Bergoglio. Un interrogativo che non è solo speculazione teorica in materia di fede ma, al contrario, è un interrogativo che si riflette nella vita concreta dei credenti. Passi, diciamo così, per chi a tre figli, complici la natura ed il caso, nel corso di una vita non arriva; ma come si deve comportare chi, al contrario, ha già messo al mondo tre creature e non ha raggiunto ancora, fortuna sua, la pace dei sensi?
La pillola anticoncezionale è peccato. Quella del giorno e dei giorni dopo non ne parliamo nemmeno e tutte le terapie ormonali che inibiscano temporaneamente la fertilità sono alla stregua di intrugli del demonio. Il preservativo non si può usare, a meno che aperture in materia non siano state fatte negli ultimi secondi e di nascosto. Gli anticoncezionali tutti peccato erano prima del “no conigli, solo tre figli” e peccato restano (anzi dalle parti della Chiesa cattolica restano anche molti che rimpiangano non siano reato oltre che peccato). Come si deve quindi comportare un uomo, e via, anche una donna, cristianamente sposati, che frequentano la parrocchia, hanno fatto battezzare e fare tutti i sacramenti alla prole, in altre parole un/una cristiano/a modello/a, nei confronti del sesso?
“Crescete e moltiplicatevi ma senza esagerare, è la lieta novella annunciata ieri dal Papa Pop. I buoni cattolici, dice Francesco, non devono comportarsi come conigli. E due millenni di storia ecclesiastica e di lenzuola ricamate ‘non lo fo’ per piacer mio, ma per dare figli a Dio’ sembrerebbero finire in naftalina”, scrive Massimo Gramellini su La Stampa di oggi. E in naftalina, in fondo, anche ai severi occhi della Chiesa erano già finiti. Da tempo, non molto a dire il vero, si può infatti dire che il sesso per piacere e non solo a scopo riproduttivo sia tollerato come debolezza umana se non pubblicamente almeno nei fatti dalla Chiesa. Ma, anche e proprio in ragione di questo, il dubbio rimane. A meno che, ovviamente, l’indicazione di Papa Francesco non nasconda una botta di restaurazione e non intenda che, dopo i tre figli, addio al sesso e via alla castità.
Sperando che non si chieda la castità, abbiamo detto che anticoncezionali non se ne possono usare. Resta allora il coitus interruptus e poco altro. O forse sarebbe meglio dire “la cinica lotteria del coitus interruptus”, dall’esito imprevedibile come quello dei rigori nel calcio. Non è infatti questo un metodo esente da rischi e, sbagliando le mosse più che i calcoli, con un deficit anche minimo di agilità si rischierebbe di rendere vano il consiglio papale a non imitare i conigli nel riprodursi. Una prospettiva non felice per il cattolico modello di cui sopra. Alternative poche. Si può tentare un grande rispolvero del ormai desueto metodo Ogino-Knaus, ma anche in questo caso, affidandosi al conteggio dei giorni fertili, la certezza del risultato non c’è, è un po’ come consultare l’oroscopo.
Toni semiseri a parte, l’indicazione data da Bergoglio pone una serie di questioni niente affatto irrilevanti per quella fetta, ampia, di popolazione che si ritiene credente e cristiana. E come rapportarsi al sesso dopo aver messo al mondo tre figli, in un contesto culturale che non concepisce l’uso di anticoncezionali, è una questione assolutamente concreta che, per ora, non ha una risposta. Tranne quella della fede ovviamente e della Provvidenza che ci pensa lei, ammesso che abbia il tempo e la voglia di occuparsi specificamente di spermatozoi e ovuli capillarmente, letto per letto.
di Riccardo Galli
Papa Francesco rivede la frase sui "conigli": "Famiglie numerose sono speranza, non povertà"
E' una opinione "semplicistica" pensare che la nascita di tanti bambini sia la causa dell'impoverimento. Lo ha evidenziato il Pontefice nel corso dell'udienza generale nell'Aula Paolo VI, tornando sul viaggio apostolico in Sri Lanka e nelle Filippine: "Siamo abituati a vedere persone scartate, questo è il motivo principale
CITTA' DEL VATICANO - "Dà consolazione e speranza vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come vero dono di Dio". Lo ha detto il Papa all'udienza generale dedicata al recente viaggio nelle Filippine e in Sri Lanka. Sul volo di ritorno da Manila, aveva affermato - creando sorpresa in diversi ambienti cattolici - che i cattolici devono fare figli, ma non come "conigli". Espressione sulla quale oggi non è tornato, riprendendo però il filo del ragionamento.
Papa: "I cattolici facciano figli ma non come conigli"
"Gli incontri con le famiglie e con i giovani, a Manila, sono stati momenti salienti della visita nelle Filippine", ha detto Jorge Mario Bergoglio. "Le famiglie sane sono essenziali alla vita della società". "Mi ha fatto tanto bene" ha aggiunto, "vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come dono di Dio, loro sanno che ogni figlio è una benedizione".
"Ho sentito dire - ha aggiunto il Papa - che le famiglie con molti figli e la nascita di tanti bambini sono tra le cause della povertà, mi pare un'opinione semplicistica. Posso dire, possiamo dire tutti, che la causa principale della povertà è un sistema economico che ha tolto la persona dal centro e gli ha posto il dio denaro. Un sistema economico che esclude, esclude sempre, i bambini, gli anziani, i giovani, i senza lavoro, e che crea la cultura dello scarto che viviamo. Siamo abituati a vedere persone scartate, questo è il motivo principale della povertà, non le famiglie numerose".
LEGGI Il Papa invita alla procreazione responsabile di M. ANSALDO
Un passaggio, quest'ultimo, molto applaudito dai circa settemila pellegrini e fedeli provenienti da ogni parte del mondo per prendere parte all'udienza del Papa appena tornato dal viaggio in Asia. "Rievocando la figura di san Giuseppe, che ha protetto la vita del 'Santo Niño', tanto venerato in quel Paese, ho ricordato che occorre proteggere le famiglie, che affrontano diverse minacce, affinché possano testimoniare la bellezza della famiglia nel progetto di Dio. Occorre anche difenderle dalle nuove colonizzazioni ideologiche, che attentano alla sua identità e alla sua missione", ha ricordato il Papa.
PAPA FRANCESCO: COMUNICAZIONE ED INTERROGATIVI - di GIUSEPPE RUSCONI – suwww.rossoporpora.org – 21 gennaio 2015
Alcune riflessioni su quel che è presumibilmente restato nella nostra opinione pubblica del viaggio apostolico di papa Francesco nello Sri Lanka e nelle Filippine. Elefanti, folla sterminata, pugno, conigli: potenza dei media che sanno evidenziare, anche in modo non innocente, ciò che stupisce l’occhio e che attira l’attenzione del cervello.
Che cosa è restato nell’opinione pubblica alle nostre latitudini (che non è specializzata in cultura cattolica e che le informazioni le trae in gran parte dai titoli dei media) del viaggio apostolico di papa Francesco nello Sri Lanka e nelle Filippine? Da una nostra piccola e artigianale indagine romana si può arguire quanto segue.
Tra le immagini: gli elefanti di Colombo, bardati come nobili francesi del Settecento; l’enorme, gioiosa e nel contempo commovente folla di Manila (oggettivamente incalcolabile, resterebbe enorme anche se in realtà fosse stata di qualche milione inferiore all’annunciato).
Tra le parole: pugno, conigli, anche (in più di qualche caso) “in teoria il Vangelo…”.
Tra i gesti: papa Francesco che, sorridente/compiaciuto, mima l’eventuale pugno destinato a chi offende la mamma. (il che ha rafforzato le parole pronunciate).
Per quanto riguarda le immagini: che si ricordino gli elefanti non desta stupore. Sono animali che, un po’ come gli orsacchiotti, destano grande simpatia anche perché evocano l’infanzia. Che si sia fissata nella memoria l’enorme folla di Manila (specie se vista dall’alto) pure non sorprende, data l’eccezionalità dell’evento. Per il mondo massmediatico sia gli elefanti che la folla sterminata erano comprensibilmente soggetti interessanti, tali da attirare l’occhio del lettore.
Per quanto riguarda le parole: una dozzina – tra Sri Lanka e Filippine - i discorsi, anche improvvisati, come quello con i giovani filippini (di cui qualcuno ricorda comunque l’insistito riferimento alla necessità di saper piangere ascoltando il racconto delle esperienze altrui, un pianto che consente di capire e rispondere). Eppure nel grande pubblico di tali discorsi, pur ricchi di stimoli alla riflessione, non è restato quasi niente.
Due le conferenze-stampa in aereo: la prima tra Colombo e Manila, la seconda tra Manila e Roma. Come è già capitato in altre occasioni, tali incontri volanti con la stampa hanno oscurato – nel flusso della comunicazione mondiale – tutto il resto. Non perché i media abbiano riferito ampiamente (o almeno riferito) dei tanti argomenti importanti emersi nelle conferenze-stampa. E non perché le parole del Papa siano state riportate compiutamente e nel contesto dell’una o dell’altra riflessione su tal o tal altro argomento delicato. No. Come nei casi precedenti (vedi ritorno dal Brasile con il famoso “Ma chi sono io per giudicare?”, che – isolato dal contesto – è diventato una sorta dileitmotiv per la nota lobby), il sistema mediatico ha estrapolato parole e frasi brevi (percepite comprensibilmente come dirompenti e dunque da grandi titoli e tanti lettori) da ragionamenti papali più complessi. E’ evidente peraltro che tale possibilità di estrapolazione non ci sarebbe stata se papa Francesco certe parole e frasi non le avesse pronunciate.
Legata alla stretta, tragica attualità francese l’immagine del pugno, evocata tra Colombo e Manila: il Papa ha evidenziato che non si può uccidere in nome di Dio per un’offesa alla propria religione, ma “è normale! è normale!” se “un pugno” dovesse raggiungere chi offende la mamma. Perché la libertà di satira ha dei limiti precisi e non può insultare l’altro in ciò che ha di più intimo, mamma o religione che sia. L’immagine così diretta ha suscitato scompiglio e forte imbarazzo all’interno del mondo cattolico (e non solo). Papa Francesco è tornato sull’argomento nel volo tra Manila e Roma. Tuttavia non ha modificato la percezione avuta nella conferenza-stampa precedente. In sintesi ha rilevato che in teoria siamo tutti d’accordo che non ci deve essere una reazione violenta a un’offesa, in teoria possiamo essere evangelici, porgendo l’altra guancia. In pratica tuttavia “siamo umani” e chi offende “rischia di ricevere una reazione non giusta”. Ma pur sempre “umana”. Da notare che quell’ “in teoria” si presta a ricadute certo involontarie ma potenzialmente dirompenti nella pastorale di ogni giorno.
Nella seconda conferenza-stampa in aereo c’è un altro passaggio con un’immagine non proprio irenica. Raccontando del tentativo personale di corruzione operato da due funzionari ministeriali quand’era arcivescovo di Buenos Aires, il Papa ha detto: “In quel momento ho pensato cosa fare: o li insulto o gli do un calcio dove non dà il sole o faccio lo scemo”. Anche qui il tutto ha suscitato imbarazzo per il linguaggio diretto utilizzato, che – se può destare simpatia per un Papa così alla mano, ben immerso nei problemi della vita reale, quotidiana … insomma “uno di noi” che guarda all’essenziale, non si arrampica sugli specchi e non spacca il capello in quattro - dà spazio anche a una serie di riserve, almeno di tipo educativo. Pensando ad esempio all’effetto imitazione o alla tentazione di nascondersi dietro le parole del Papa per scusare atteggiamenti propri.
Veniamo all’altra parola papale che si è ritrovata nei titoli di gran parte del sistema massmediatico: la parola “conigli” riferita al concetto di “paternità responsabile”. Il Papa ha evocato l’esempio di una donna che aveva sette figli nati con parto cesareo e ne aspettava un ottavo. “Ma questa è una irresponsabilità. No, io confido in Dio. Ma guarda che Dio ti dà i mezzi, sii responsabile”. Ha continuato papa Francesco: “Alcuni credono che – scusatemi la parola, eh – per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli, no? No, paternità responsabile”. Quel “conigli”, associato a “paternità responsabile” è stato immediatamente interpretato come una ‘svolta storica’ nella Chiesa, con papa Francesco che avrebbe ‘aperto’ alla contraccezione, financo all’aborto. Evidente, anche solo per chi ha letto la risposta completa alla domanda di un giornalista tedesco (prescindendo dalle tante occasioni in cui il Papa ha parlato del problema), che Jorge Mario Bergoglio non ha ‘aperto’ per niente, né ha mai avuto intenzione di ‘aprire’. Tuttavia, se si considerano quelle parole isolate dal contesto, così come sono giunte alle orecchie e agli occhi di milioni di ascoltatori e lettori teledipendenti e divoratori di titoli dei giornali, l’impressione che se ne ricava può anche essere diversa da quel che pensa veramente papa Francesco. Quando al bar ti senti dire che “anche il Papa, finalmente, si è accorto che la contraccezione e l’aborto possono essere necessari per non vivere come conigli!”, hai un bel replicare che non è così, ecc… Ti obiettano subito: “Però quelle parole lui le ha dette”. Senza contare che quel ‘conigli’ è stato percepito come un vero e proprio infortunio linguistico, anzi una vera e propria offesa da quelle famiglie che hanno un bel numero di figli: “Non doveva fare quell’esempio. Non ci sentiamo irresponsabili se Dio ci ha voluto dare cinque o sei figli, che abbiamo allevato con amore”, rilevano alcuni amici. Del resto abbiamo pensato anche all’amarezza suscitata da quelle parole tra le famiglie neocatecumenali. E non basta a mitigarla il fatto che anche recentemente papa Francesco abbia incontrato e incoraggiato le famiglie numerose. Quell’espressione “come conigli” resta appiccicata… sarà difficile staccarla.
Erano queste alcune delle riflessioni originate in noi, in base a una nostra esperienza un po’ artigianale nei dintorni di piazza Bologna, dall’effetto indotto da alcune parole di papa Francesco nell’opinione pubblica alle nostre latitudini. Con i media come strumento compiaciuto e non certo innocente, ma anche professionalmente in grado di cogliere e nel contempo manipolare l’occasione, ritenuta ghiotta come poche altre.
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