Scuola media, l’insegnante di matematica prova ad insegnare le equazioni, ma gli studenti malgrado tutti gli sforzi non riescono ad arrivare a risolvere l’equazione proposta. Anzi, due o tre ce la fanno, gli altri niente da fare. Finché qualcuno trova che a rimaneggiare i numeri il risultato viene: «Ecco, se in questo passaggio facciamo che 2+2 = 5, allora il risultato è quello giusto». «Ma così barate», rispondono spocchiosi quelli che hanno fatto tutto corretto, «non vale fare finta di non aver commesso errori e pretendere che sia la matematica a essere sbagliata».
Ma la stragrande maggioranza della classe, stufa di provare invano a risolvere l’equazione attraverso l’insegnamento tradizionale insiste: «Se facendo 2+2=5 viene giusto, allora facciamo così, tanto nell’altro modo non ci arriveremmo mai». Il professore di matematica all’inizio è un po’ perplesso, poi si lascia convincere: in fondo, se il 90% degli studenti chiede che 2+2 faccia 5 vuol dire che è un’esigenza diffusa, accontentarli significa portare la matematica più vicina agli studenti. Perché farli sentire frustrati per il mancato raggiungimento dell’obiettivo? Non è forse meglio valorizzare lo sforzo compiuto per imparare anche se i risultati sono scarsi? E la piantino i bravi di obiettare, che i professori ci stanno per quelli che non sanno, non per coloro che sanno.
Così il professore di matematica convince anche il preside e gli altri insegnanti della scuola che questa è la strada giusta e infine tutti insieme scrivono una petizione all’Associazione Mondiale dei Matematici chiedendo che la smettano di insistere sulla matematica tradizionale che vuole che 2+2 faccia 4. Si accetti che faccia 5 o anche 6 se questo serve a risolvere un’equazione e a non fare sentire gli studenti in colpa.
Cosa diremmo davanti a questi studenti? E soprattutto cosa diremmo di questo professore di matematica che, per coprire la propria incapacità ad insegnare la matematica, si fa paladino delle assurde pretese dei suoi studenti? E del preside che per ignavia o quieto vivere si allinea alla mentalità dominante ben sapendo che sta favorendo la menzogna? Non sarebbe forse il nostro buon senso a ribellarsi ancora prima che la nostra coscienza matematica?
Ebbene, allora perché passa per normale – e anzi terribilmente avanzata – l’analoga pretesa del Sinodo diocesano di Bolzano-Bressanone che a stragrande maggioranza chiede alla Chiesa di cambiare la dottrina abolendo il celibato sacerdotale, introducendo il sacerdozio femminile e garantendo la comunione ai divorziati risposati? Qui potete leggere le strabilianti conclusioni del sinodo alto-atesino, ma a sorprendere maggiormente è che vescovo e clero locale, invece di farsi qualche domanda su cosa è stato seminato negli anni, trovino che sia anche giusto perorare questa causa a Roma. Come se l’insegnamento della Chiesa dovesse consistere in ciò che esprime la “base” e non in ciò che ci ha comandato Nostro Signore.
Il peggio è che quello di Bolzano-Bressanone non è un caso isolato: in fondo la posizione al recente Sinodo sulla Famiglia sostenuta dall’episcopato tedesco e da altri eminenti personalità ecclesiastiche, si muove esattamente su questa linea: siccome la gente non segue più l’insegnamento tradizionale della Chiesa per quanto riguarda la morale sessuale, e neanche lo capisce, è allora la Chiesa che si deve adeguare se vuole evitare di perdere i fedeli.
Ma è per questo che Gesù ha istituito la sua Chiesa?
La Chiesa di Bolzano rompe gli argini
Il sinodo diocesano di Bolzano-Bressanone rompe gli argini ed esprime chiaramente la sua idea di Chiesa. «Una grande maggioranza dei sinodali – si legge in un comunicato stampa ufficiale – si è espressa con chiarezza per il cambiamento delle regole vigenti». Quali regole sono da cambiare è presto detto, quelle che riguardano celibato dei sacerdoti, ammissione delle donne al sacramento dell'ordine e al diaconato, sulla comunione per i divorziati risposati e anche l'amministrazione dell'unzione degli infermi da parte di laici incaricati.
Pare che il vescovo, monsignor Ivo Muser, abbia provato a porre qualche rilievo di carattere metodologico, ma vi sono stati molti interventi su questi temi «sovra diocesani» che «hanno permesso il rilevamento di un chiaro quadro della situazione, che vede una maggioranza dei sinodali – ribadisce il comunicato ufficiale della diocesi – propensi a mettere in dubbio la prassi tradizionale della Chiesa su questi punti». Tra l'altro il documento n°12, quello che raccoglie i risultati della riflessione su questi temi, per motivi di tempo non è stato trattato nell'assemblea plenaria, rimandando il lavoro al 30 maggio prossimo. Ma la sostanza rimane.
Il fatto che la «grande maggioranza» dei sinodali abbia espresso questo orientamentofa chiaramente intendere che non soltanto i laici, ma anche i consacrati presenti hanno espresso il desiderio di un superamento della prassi cattolica. Il futuro quindi sarebbe per i preti sposati, le donne prete e l'accesso all'eucaristia da parte dei divorziati risposati. A ciò si possono aggiungere anche altre considerazioni che emergono dai lavori.
A proposito della possibilità di riconoscere i «semi del Verbo» nelle convivenze cosiddette «irregolari» viene indicato che la chiesa di Bolzano-Bressanone, oltre a promuovere il matrimonio, «rimane aperta anche alle altre forme di convivenza, le accompagna e le supporta e le invita nella comunità della Chiesa affinché tutte vivano e crescano nell'amore e nel rispetto, nella responsabilità e nella cura reciproca».
I lavori svolti tra il 30 e il 31 gennaio sono stati aperti da una relazione di don Eugen Runggaldier, moderatore del sinodo. «Il nostro lavoro sulle visioni per la nostra Diocesi, ha detto Runggaldier, rispecchia la situazione generale nella Chiesa, che sta vivendo un cambiamento radicale. (…) non cambiano solamente le condizioni generali, bensì il quadro stesso, vale a dire che occorre proprio un nuovo quadro. Non basta più solamente riflettere come adattare alla nuova situazione ciò che è già stato sperimentato e collaudato. È richiesto piuttosto un “change” (cambiamento) sostanziale».
A leggere i risultati del sinodo sui temi «sovra diocesani» bisogna riconoscere che questa esigenza di “change” è stata interpretata oltre ogni più rosea aspettativa. Il 62% dei sinodali ritiene che il sacramento dell'ordine debba essere aperto a tutti i battezzati e cresimati, siano essi donne o uomini, sempre il 62% si è espresso a favore dell'abolizione del celibato sacerdotale. Il 79% è a favore del diaconato femminile e l'85% dei convenuti, seppure attraverso un poco chiaro percorso di pentimento, ha detto sì all'accesso all'eucaristia ai divorziati risposati. Non c'è nulla da dire, questo è un “change” sostanziale a tutti gli effetti.
Anche per quanto riguarda l'ecumenismo sarà interessante capire quali proposte concrete la commissione del Sinodo metterà in campo rispetto all'obbiettivo abbastanza generico di proseguire e intensificare «le esperienze positive, anche se faticose, di dialogo, nello spirito del Concilio Vaticano II, riguardo alle altre confessioni cristiane, alle altre religioni, alle scienze, ai diversi gruppi etnico-linguistici».
In fondo non si tratta di chissà quali novità, sono istanze che attraversano la chiesa da circa 150 anni, con alti e bassi, ma sono sempre le stesse spinte riformatrici che ritornano a più riprese e a diverse latitudini. Questa volta si tratta di quella terra un tempo capace di insorgere sotto la guida di quel Andreas Hofer che disse: «Si tratta di religione e di cristianesimo; non lasciatevi ingannare dai mascalzoni».
- Bolzano rompe gli argini, di Lorenzo Bertocchi
Sulle montagne dell' Alto Adige, il protestantesimo sta dilagando da molti anni senza che mai nessuno vi mettesse un freno, ora penso sia difficile far cambiare rotta ad un sistemo ormai quasi consolidato. Speriamo in Dio affinchè questi traditori di Gesù si ravvedano oppure che tornino al cielo più in fretta che mai.jane
RispondiEliminaSignore! Fino a quando?
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