Il “sovrappiù di disponibilità pastorale” e i rischi per la Dottrina – una lettera di Carla D’Agostino Ungaretti
Caro Direttore,
La “Bussola quotidiana” del 6 marzo ha pubblicato un’interessante intervista al vaticanista americano John Allen Jr. sul papato di Francesco, in attesa che sia pubblicato in Italia il suo libro The Francis Miracle: inside the transformation of the Pope and the church (Time books, New York). Devo confessare che questa intervista mi ha intrigato molto e mi spinge a condividere con te e con gli amici di Riscossa Cristiana certi miei sentimenti e certi moti interiori del mio animo
Tutti quelli che mi conoscono sanno che io sono cattolica, apostolica, romana e papalina. Cattolica perché romana e romana perché cattolica: questi ultimi due aggettivi, per quanto mi riguarda, sono strettamente intrecciati, il che vuol dire che il mio cattolicesimo non significa solo fedeltà assoluta alla Parola del Dio rivelata da Gesù Cristo, ma anche fedeltà assoluta al Vicario di Lui nel momento in cui il Papato si presenta come istituzione anche terrena. In parole povere: sono cattolica fino al midollo.
Però, purtroppo c’è un “però”. Tutti quelli che mi conoscono sanno anche che, negli ultimi due anni, con mio grande dolore non mi sono trovata spiritualmente a mio agio con Papa Francesco. Forse il grande affetto e la grande ammirazione che ho nutrito per i due Papi precedenti mi hanno fuorviato; forse il dolore che ho provato per la rinuncia di Benedetto XVI aveva un po’ inasprito il mio cuore e allora, chiedendo perdono a Dio per questi miei sentimenti e per cercare di conoscerlo un po’ meglio, mi sono messa a leggere tutto ciò che Papa Francesco ha scritto come Card. Bergoglio e come Pontefice, cominciando da “Il cielo e la terra”, scritto in collaborazione con il Rabbino argentino Abraham Skorka, suo grande amico.
Devo confessare che le mie impressioni non sono cambiate e ho riflettuto: “Ci sarà un motivo per cui questo libro, pubblicato inizialmente da Mondadori nel 2013, è stato ripubblicato subito dopo da La Biblioteca di Repubblica – L’Espresso!”. Infatti vedevo la differenza abissale tra il pensiero di Bergoglio e quello profondissimo, e insieme facilissimo, di Papa Ratzinger – al quale corrono costantemente il mio pensiero e il mio rimpianto – tanto che (sentendomi, in un certo qual modo, in colpa) mi ero ripromessa di non parlare più del Pontefice regnante per non correre il rischio di diventare irriguardosa verso quella figura che, mi piaccia o no, E’ PIETRO.
E’ inutile negarlo: l’insegnamento di Benedetto XVI ha sempre avuto su di me l’effetto di un potente ricostituente spirituale, mentre quello di Francesco mi deprime e mi confonde, cominciando dalla famosa frase “Chi sono io per giudicare?” che ha fatto il giro del mondo – alimentando equivoci dottrinari dopo due anni ancora ampiamente sfruttati dai nemici della Chiesa per i loro fini – e continuando con tante piccole manifestazioni come firmarsi con il solo nome di Francesco, senza l’aggiunta pontificale di P. P. – che ha lo storico significato di Pastore dei Pastori – o salutare i fedeli col buongiorno o buonasera, come un qualunque lettore del TG, invece che col “Sia lodato Gesù Cristo” che è da sempre il saluto tra i cristiani. Nel mioentourage mi obiettano che queste sono sciocchezzuole e che quello che conta è il carattere pastorale di questo Pontificato e la riforma che esso vuole attuare nella Curia romana che, a quanto sembra, stava incamminandosi su sentieri non precisamente cristiani.
Non voglio parlare di quest’ultimo aspetto, perché quello che avviene materialmente nel governo della Chiesa non mi interessa (se qualche Monsignore pesca nel torbido, se la vedrà col Padre Eterno) ma, per quanto riguarda la Pastorale, forse che i precedenti Pontefici non sono stati pastori? Ricordo con commozione le meravigliose omelie del mercoledì tenute da Benedetto XVI, nelle quali sentivo veramente parlare PIETRO, e io penso che quelle sciocchezzuole – unite ad altre più sostanziali che non sto ad elencare perché non è certo mia intenzione rivedere le bucce al Papa – facciano più il gioco dei nemici della Chiesa che alimentare la fede e, soprattutto possono ridurre la figura del Pontefice a quella di un semplice prete.
Ma che sia proprio questa l’intenzione di Francesco, uomo dotato di un’innegabile carica di simpatia umana e dal sorriso accattivante? Parlare e comportarsi come un semplice parroco usando un linguaggio colloquiale e quasi familiare? Se questo stile serve ad attirare maggiormente le persone lontane dalla Chiesa (ma forse i precedenti Papi usavano paroloni incomprensibili nelle loro allocuzioni?) non parlo più, ma se quello che io chiamerei “il sovrappiù di disponibilità” pastorale verso i peccatori tanto enfatizzato dal Papa (non parlo di misericordia, perché quella dobbiamo praticarla tutti) provocherà uno scollamento tra la dottrina bimillenaria della Chiesa e la prassi concreta – come hanno messo bene in luce studiosi molto più preparati di me, come il Prof. Roberto de Mattei e Mons. Brunero Gherardini – allora che cosa succederà? Dice giustamente John Allen che al prossimo Sinodo di ottobre i problemi riguardanti la morale familiare saranno sicuramente causa di divisione tra progressisti e conservatori, ma il vero dramma si verificherà dopo, quando il Papa dovrà decidere.
Non posso nascondere di essere profondamente preoccupata, perché qualunque allontanamento, anche minimo, dalla morale tradizionale della Chiesa aprirà uno scenario di cui non possiamo immaginare le dimensioni, favorendo la protestantizzazione della Chiesa di Roma (ho visto che Google tenta di inserire la pubblicità di una chiesa evangelica romana anche nei siti cattolici).
Ma per dimostrare che non vedo solo tutto il nero di questo Pontificato, voglio evidenziare invece un altro aspetto che mi sembra giustificato nell’operato di Francesco o, quanto meno, non mi disorienta: il suo silenzio nei confronti dei cristiani perseguitati dal Califfato nei paesi arabi, stigmatizzato con parole di fuoco da Antonio Socci nel suo blog Lo Straniero del 25 febbraio. Anche Pio XII evitò di condannare apertamente la Germania nazista per la persecuzione degli ebrei al fine di evitare che quella barbarie assumesse dimensioni planetarie; chi ci dice che questo non sia anche il proposito di Francesco per evitare che quest’altra barbarie assassina assalti anche le coste meridionali dell’Europa?
Grazie per aver letto questo mio sfogo, caro Direttore! Voglio concluderlo con il saluto cristiano a tutti gli amici di Riscossa Cristiana: SIA LODATO GESU’ CRISTO! che è anche un invito a sentirci tutti legati da “un cuore solo e un’anima sola“, come i primi credenti nel Cristo risorto di cui parlano gli Atti degli Apostoli.
Carla D’Agostino Ungaretti
Tutti quelli che mi conoscono sanno che io sono cattolica, apostolica, romana e papalina. Cattolica perché romana e romana perché cattolica: questi ultimi due aggettivi, per quanto mi riguarda, sono strettamente intrecciati, il che vuol dire che il mio cattolicesimo non significa solo fedeltà assoluta alla Parola del Dio rivelata da Gesù Cristo, ma anche fedeltà assoluta al Vicario di Lui nel momento in cui il Papato si presenta come istituzione anche terrena. In parole povere: sono cattolica fino al midollo.
Però, purtroppo c’è un “però”. Tutti quelli che mi conoscono sanno anche che, negli ultimi due anni, con mio grande dolore non mi sono trovata spiritualmente a mio agio con Papa Francesco. Forse il grande affetto e la grande ammirazione che ho nutrito per i due Papi precedenti mi hanno fuorviato; forse il dolore che ho provato per la rinuncia di Benedetto XVI aveva un po’ inasprito il mio cuore e allora, chiedendo perdono a Dio per questi miei sentimenti e per cercare di conoscerlo un po’ meglio, mi sono messa a leggere tutto ciò che Papa Francesco ha scritto come Card. Bergoglio e come Pontefice, cominciando da “Il cielo e la terra”, scritto in collaborazione con il Rabbino argentino Abraham Skorka, suo grande amico.
Devo confessare che le mie impressioni non sono cambiate e ho riflettuto: “Ci sarà un motivo per cui questo libro, pubblicato inizialmente da Mondadori nel 2013, è stato ripubblicato subito dopo da La Biblioteca di Repubblica – L’Espresso!”. Infatti vedevo la differenza abissale tra il pensiero di Bergoglio e quello profondissimo, e insieme facilissimo, di Papa Ratzinger – al quale corrono costantemente il mio pensiero e il mio rimpianto – tanto che (sentendomi, in un certo qual modo, in colpa) mi ero ripromessa di non parlare più del Pontefice regnante per non correre il rischio di diventare irriguardosa verso quella figura che, mi piaccia o no, E’ PIETRO.
E’ inutile negarlo: l’insegnamento di Benedetto XVI ha sempre avuto su di me l’effetto di un potente ricostituente spirituale, mentre quello di Francesco mi deprime e mi confonde, cominciando dalla famosa frase “Chi sono io per giudicare?” che ha fatto il giro del mondo – alimentando equivoci dottrinari dopo due anni ancora ampiamente sfruttati dai nemici della Chiesa per i loro fini – e continuando con tante piccole manifestazioni come firmarsi con il solo nome di Francesco, senza l’aggiunta pontificale di P. P. – che ha lo storico significato di Pastore dei Pastori – o salutare i fedeli col buongiorno o buonasera, come un qualunque lettore del TG, invece che col “Sia lodato Gesù Cristo” che è da sempre il saluto tra i cristiani. Nel mioentourage mi obiettano che queste sono sciocchezzuole e che quello che conta è il carattere pastorale di questo Pontificato e la riforma che esso vuole attuare nella Curia romana che, a quanto sembra, stava incamminandosi su sentieri non precisamente cristiani.
Non voglio parlare di quest’ultimo aspetto, perché quello che avviene materialmente nel governo della Chiesa non mi interessa (se qualche Monsignore pesca nel torbido, se la vedrà col Padre Eterno) ma, per quanto riguarda la Pastorale, forse che i precedenti Pontefici non sono stati pastori? Ricordo con commozione le meravigliose omelie del mercoledì tenute da Benedetto XVI, nelle quali sentivo veramente parlare PIETRO, e io penso che quelle sciocchezzuole – unite ad altre più sostanziali che non sto ad elencare perché non è certo mia intenzione rivedere le bucce al Papa – facciano più il gioco dei nemici della Chiesa che alimentare la fede e, soprattutto possono ridurre la figura del Pontefice a quella di un semplice prete.
Ma che sia proprio questa l’intenzione di Francesco, uomo dotato di un’innegabile carica di simpatia umana e dal sorriso accattivante? Parlare e comportarsi come un semplice parroco usando un linguaggio colloquiale e quasi familiare? Se questo stile serve ad attirare maggiormente le persone lontane dalla Chiesa (ma forse i precedenti Papi usavano paroloni incomprensibili nelle loro allocuzioni?) non parlo più, ma se quello che io chiamerei “il sovrappiù di disponibilità” pastorale verso i peccatori tanto enfatizzato dal Papa (non parlo di misericordia, perché quella dobbiamo praticarla tutti) provocherà uno scollamento tra la dottrina bimillenaria della Chiesa e la prassi concreta – come hanno messo bene in luce studiosi molto più preparati di me, come il Prof. Roberto de Mattei e Mons. Brunero Gherardini – allora che cosa succederà? Dice giustamente John Allen che al prossimo Sinodo di ottobre i problemi riguardanti la morale familiare saranno sicuramente causa di divisione tra progressisti e conservatori, ma il vero dramma si verificherà dopo, quando il Papa dovrà decidere.
Non posso nascondere di essere profondamente preoccupata, perché qualunque allontanamento, anche minimo, dalla morale tradizionale della Chiesa aprirà uno scenario di cui non possiamo immaginare le dimensioni, favorendo la protestantizzazione della Chiesa di Roma (ho visto che Google tenta di inserire la pubblicità di una chiesa evangelica romana anche nei siti cattolici).
Ma per dimostrare che non vedo solo tutto il nero di questo Pontificato, voglio evidenziare invece un altro aspetto che mi sembra giustificato nell’operato di Francesco o, quanto meno, non mi disorienta: il suo silenzio nei confronti dei cristiani perseguitati dal Califfato nei paesi arabi, stigmatizzato con parole di fuoco da Antonio Socci nel suo blog Lo Straniero del 25 febbraio. Anche Pio XII evitò di condannare apertamente la Germania nazista per la persecuzione degli ebrei al fine di evitare che quella barbarie assumesse dimensioni planetarie; chi ci dice che questo non sia anche il proposito di Francesco per evitare che quest’altra barbarie assassina assalti anche le coste meridionali dell’Europa?
Grazie per aver letto questo mio sfogo, caro Direttore! Voglio concluderlo con il saluto cristiano a tutti gli amici di Riscossa Cristiana: SIA LODATO GESU’ CRISTO! che è anche un invito a sentirci tutti legati da “un cuore solo e un’anima sola“, come i primi credenti nel Cristo risorto di cui parlano gli Atti degli Apostoli.
Carla D’Agostino Ungaretti
UFFA ! jane
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