Qualche riflessione (con amare conclusioni) in merito ad alcuni recenti fatti di cronaca
… il “mondo” sta perdendo il lume della ragione, non solo per il gravissimo problema di fondo – quello delle cosiddette“famiglie alternative“, che comincia a trovare udienza anche presso i cattolici “adulti” pronti a riconoscere un valore umano anche in quei legami che io, invece, non esito a definire “contro natura” – ma anche per le stupide e meschine ritorsioni messe in atto dalla cultura corrente che trova sulla rete il suo più favorevole brodo di coltura e, invece di cadere nel vuoto, riesce a reclutare un’infinità di simpatizzanti e sostenitori. di Carla D’Agostino Ungaretti
Qualche tempo fa, l’industriale Guido Barilla, produttore dell’ottima pasta che io mangio quasi ogni giorno, sollevò un gran polverone – alimentato da tutto il popolo LGBT che non esitò un istante ad inzuppare il suo pane in questa vicenda – per una sua affermazione a mio giudizio molto naturale e sensata, che non avrebbe certo avuto bisogno di essere riportata (e ancor meno con tanta enfasi) dai mass media, tanto era ovvia e scontata: quella di concepire la famiglia come l’abbiamo avuta tutti, composta cioè da un padre, da una madre e dai figli. Secondo me, aveva scoperto l’acqua calda.
Non l’avesse mai fatto! Fu sommerso da un autentico tzunami di insulti e contumelie culminati nella pubblicità negativa fatta ai suoi prodotti (come se la qualità dei prodotti alimentari dipendesse dalle opinioni più o meno fondate del loro produttore, anziché dalla bontà degli ingredienti usati nella fabbricazione) da parte di tutti i vip dello spettacolo e della pseudo cultura mediatica dominante, sostenuti dal potente mondo omosessuale (che bisogna stare attenti a non contrariare), i quali fecero un solenne giuramento: non avrebbero mai più consumato i prodotti di una marca che avesse subito una tale contaminazione. Come tutti sanno, terrorizzato all’idea di perdere i suoi affari (perché purtroppo il mondo moderno è capacissimo di provocare anche questo) il povero industriale fu costretto a ritrattare la sua bestemmia e a dichiarare di non avere alcuna prevenzione verso le famiglie omosessuali e arcobaleno.
Pochi giorni fa i celeberrimi e miliardari stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono incorsi in un’analoga tòpica aggravata, nell’ottica LGBT, di essere essi stessi omosessuali notori e dichiarati, anche se ormai ex coppia: quella di credere nella famiglia tradizionale che, secondo la loro aberrante opinione, non dovrebbe subire mutazioni antropologiche e, tanto meno, dovrebbe procreare attraverso gli “uteri in affitto“. Anche in questo caso, orrore! L’intellighenzia internazionale è insorta, capeggiata dal cantante Elton John, gay e, in virtù dei suoi molti miliardi con i quali sfrutta le povere donne indigenti, pluricommittente di figli procreati con quel metodo. Alcune famose attrici hanno dichiarato che avrebbero subito buttato via i loro costosi abiti firmati D&G perché anch’essi contaminati dalle parole espresse dai loro creatori i quali, a loro volta, hanno dovuto innestare la retromarcia per non perdere lucrosi affari.
Secondo la povera cattolica “bambina” che scrive, il “mondo” sta perdendo il lume della ragione, non solo per il gravissimo problema di fondo – quello delle cosiddette “famiglie alternative“, che comincia a trovare udienza anche presso i cattolici“adulti” pronti a riconoscere un valore umano anche in quei legami che io, invece, non esito a definire “contro natura” – ma anche per le stupide e meschine ritorsioni messe in atto dalla cultura corrente che trova sulla rete il suo più favorevole brodo di coltura e, invece di cadere nel vuoto, riesce a reclutare un’infinità di simpatizzanti e sostenitori.
Ma c’è una frase di Stefano Gabbana che mi ha dato molto da discutere con i miei amici cattolici “adulti”: “Che fossi gay mia madre lo venne a sapere da un telegiornale. Fu difficile all’inizio. Mi fece una scenata. Cosa dico alla vicina? Nulla, non dirle nulla mamma. E poi se amo un uomo o una donna che importanza ha per te? Lei mi guardò e poi mi disse: è vero, non ha nessuna importanza”[1].
Giorni fa, in un salotto, si discuteva l’articolo di Tommaso Scandroglio su questo argomento e tutti ammiravano l’equilibrio e la saggezza della Signora Gabbana. Quando toccò a me dire come mi sarei comportata in una situazione simile, puramente ipotetica, dichiarai senza mezzi termini che la mia reazione sarebbe stata molto diversa da quella della mamma in questione. Anzitutto non avrei fatto scenate al ricevere la notizia (tramite TV, o direttamente da mio figlio) ma avrei provato un grandissimo dolore, che gli avrei sicuramente manifestato, e “cosa dire alla vicina” sarebbe stato l’ultimo dei miei problemi, perché il primo sarebbe stato la triste constatazione che mio figlio amasse una persona del suo stesso sesso e questo fatto, per me, non sarebbe stato davvero privo di importanza come per lei, perché sarebbe stata la dimostrazione che la vita di colui che ho messo al mondo e che ho cercato di educare in senso cristiano al meglio delle mie capacità, scorre su binari lontani da quelli stabiliti da Dio per l’uomo e per la donna.
Ma ho fatto anche un’importante precisazione. Io non condanno affatto l’amore, la solidarietà, l’affetto tra due persone, anche dello stesso sesso, perché questi sentimenti, di per sé, non sono mai da condannare. Se fossi stata sicura che mio figlio aveva un partner del suo stesso sesso, gli avrei sicuramente detto che Il mio dolore e la mia preoccupazione non avrebbero intaccato di un’oncia il mio amore per lui, la mia sollecitudine nei suoi confronti e la mia totale disponibilità ad aiutarlo in ogni suo problema, ma avrebbero intensificato le mie preghiere perché lo Spirito Santo lo illuminasse e lo avrei affidato alla protezione della Madre di Dio. Tuttavia, con altrettanta chiarezza gli avrei fatto conoscere la mia totale disapprovazione per il suo stile di vita, se questo avesse incluso l’omosessualità praticata, che sarebbe stato l’unico fatto della sua esistenza per il quale non avrebbe dovuto contare sul mio aiuto, e neppure avrei accettato di incontrare il suo partner in veste di membro della loro coppia, perché sarebbe stato come approvare e sostenere la legittimità di quel legame. Avrei rispettato le sue scelte di uomo adulto, ma avrei preteso altrettanto rispetto per le mie più profonde convinzioni. Quindi la mia divergenza dalla signora Gabbana sarebbe stata di 180 gradi.
Anche in questo caso, non l’avessi mai detto! Sono stata accusata di omofobia, di odio per il diverso, di integralismo cattolico (si badi bene: gli amici in questione sono tutti cattolici osservanti) di “giudicare”, di essere una cattolica pre conciliare (questo per me è stato un complimento). Mi è stato fatto osservare che, comportandomi in quel modo, avrei perso mio figlio (forse, ma questo eventuale ulteriore dolore sarebbe stato consolato dalla certezza di avere agito secondo la legge di Dio) e infine tutti hanno dato ragione a quel simpatico frequentatore della rete che qualche anno fa mi definì “parruccona”.
Poi la conversazione si spostò su un argomento diverso ma parallelo. Come giudicare l’atteggiamento della Santa Sede che tergiversa nell’accettare, da parte della Francia, un ambasciatore dichiaratamente gay, anche se “celibe” e non legato da PACS? Nel linguaggio diplomatico usato dal Vaticano il silenzio significa rifiuto e attesa della proposta di un altro nome. Istintivamente ho esclamato: “Finalmente Papa Francesco si è deciso a correggere la sua nefasta affermazione: Chi sono io per giudicare …!”. Altra ondata di disapprovazione per la sottoscritta (come sempre, decisamente political uncorrect) anche se formulata in termini affettuosi da tutti quegli amici di vecchissima data.
Ma signori miei: il Papa, capo di uno Stato sovrano, non ha il diritto di ammettere in casa sua solo chi gli torna gradito, come facciamo tutti noi nel nostro piccolo? E come può tornargli gradito un personaggio pubblico, dall’ampia visibilità, che non ha mai taciuto i suoi gusti, soprattutto avendo intuito che l’iniziativa di Monsieur le President Hollande aveva il fine, palesemente provocatorio, di usare una storia privata, resa pubblica appositamente per forzare la mano del Pontefice e fargli allentare la dottrina cattolica sull’omosessualità? Qui non c’entra la misericordia (che viene continuamente tirata in ballo a proposito e a sproposito e della cui mancanza sono stata accusata) perché né io né tanto meno il Papa diciamo che M. Stefanini, l’aspirante ambasciatore, andrà all’inferno, ma è solo una questione di opportunità politica, oltre che di buon senso pastorale, e il Papa deve essere il primo coerente con se stesso e con la dottrina della Chiesa. Se il Papa cedesse alle pressioni francesi, si scatenerebbe una nuova ondata di esultanza da parte di tutto il popolo LGBT che riuscirebbe, una volta di più, a convincere le anime semplici che “gay è bello”, se lo stesso Papa accetta un ambasciatori omosessuale.
Un tempo la Francia mandava i suoi zuavi a difendere i diritti e il prestigio del Papa, ora vuole mandare un omosessuale a provocarlo e a neutralizzarlo. E’ il costume dei tempi.
La conclusione di questa mia chiacchierata è amara: i cattolici che si sforzano di rimanere fedeli al Vangelo e alla bimillenaria dottrina della Chiesa sono sempre meno numerosi e sono criticati perfino da ampi settori della Chiesa. Quei pochi che vogliono gridare dai tetti le loro convinzioni – in base ai principi democratici che nel XX secolo ci sono stati messi in testa con tanto sfoggio di retorica dalla cultura dominante – ora si vedono tappare la bocca da quella stessa cultura che contraddice se stessa. Il “nemico” ha ottenuto un doppio risultato: oltre a favorire la diffusione della secolarizzazione e del relativismo in tutta l’Europa un tempo cristiana, è riuscito a seminare la sua zizzania dottrinaria anche in mezzo ai cattolici osservanti che vanno a Messa tutte le domeniche e si accostano alla S. Comunione.
Nessuno sa cosa riserba il futuro ai cattolici che vogliono rimanere abbarbicati alla parola di Cristo; forse anche il martirio, come succede in certe parti del mondo in odium fidei, ma allora i secolaristi e i relativisti che ora dileggiano e irridono i cattolici, seminando confusione spirituale, dovranno anche loro guardarsi alle spalle, perché quei nemici di Cristo che perseguitano i cristiani non amano davvero il secolarismo e il relativismo che dominano l’Occidente e, se conquisteranno il mondo come si propongono, non andranno tanto per il sottile, né faranno tante distinzioni.
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[1] Cfr. Tommaso Scandroglio, Il caso Dolce & Gabbana, in CORRISPONDENZA ROMANA n. 1383 del 25.3.2015.
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