ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 14 aprile 2015

La luna di miele è finita?

Anzitutto con la Turchia, che ha richiamato l’ambasciatore presso la Santa Sede dopo la condanna del genocidio armeno, compiuta da Papa Francesco in occasione dell’anniversario dei centi anni dalla quella tragica pagina della storia dell’umanità. Una reazione, quella da parte della Turchia, che non ha stupito il palazzo apostolico fermamente convinto di dover ribadire la condanna di quel genocidio già affermata, oltrettutto, da Giovanni Paolo II.
 
Più complicata la questione della Francia: con l’invito a rinunciare rivolto dal nunzio a Parigi, monsignor Luigi Ventura, all’ambasciatore presso la Santa Sede designato dalla Francia, Laurent Stefanini, già capo del protocollo del presidente della Repubblica François Hollande. Ma anche in questo caso non si tratta affatto di una svista: il problema non riguarda l’orientamento omosessuale di Stefanini ma le sue prese di posizione a favore del matrimonio gay.
Sull’Ucraina il problema è arrivato dai greco-cattolici, quando il pontefice ha definito guerra «fratricida» quella che per gli ucraini è invece un’aggressione da parte della Russia. La Santa Sede è dovuta intervenire per precisare la propria posizione che non è a favore né degli uni né degli altri ma difende il diritto dei popoli all’autedeterminazione e punta a favorire la riconciliazione.
Crisi anche con il Messico per le parole pronunciate da Francesco nel corso di un colloquio privato con un amico argentino e poi diffuse alla stampa, sul rischio di «messicanizzazione» dell’Argentina per la diffuzione del narcotraffico. Anche qui è stato necessario un intervento ufficiale per raffreddare le tensioni più un’intervista televisiva nella quale Bergoglio si è spiegato personalmente.
Resta infine ancora da sciogliere il nodo con il Cile, relativo alla nomina di monsignor Juan de la Cruz Barros Madrid nella diocesi di Osorno, dove viene accusato di avere insabbiato le accuse di pedofilia a carico di un sacerdote. Nomina che ha provocato le proteste delle associazioni delle vittime della pedofilia e l’irritazione del governo nonostante le rassicurazioni sull’innocenza di Barros da parte della Santa Sede.

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(a cura Redazione "Il sismografo")
(Luis Badilla) Oggi, com'era prevedibile secondo il modello mediatico turco (già conosciuto nel caso di Ratisbona), dopo una teoria di attacchi, critiche e offese a Papa Francesco perché parlò giorni fa del "genocidio armeno", il Presidente turco Erdogan ha detto - "incoronando" la strategia comunicativa - che se agli storici se sostituiscono i politici e i leader religiosi non si arriverà mai a capire e percepire i fatti della storia (e cioè, in questo caso, il genocidio armeno). E' "delirio" dice Edogan. Va benissimo. Lo aveva detto già il Papa con queste parole: "Nell’amore per la verità e la giustizia, a risanare ogni ferita e ad affrettare gesti concreti di riconciliazione e di pace tra le Nazioni che ancora non riescono a giungere ad un ragionevole consenso sulla lettura di tali tristi vicende."

Dietro le dure parole di Erdogan si prospettano alcune vie di uscita per il pasticcio turco creato proprio dai politici che vogliono prendere il posto degli storici. E anche qui va benissimo.
C'è però da ricordare alcuni deliri dei politici quando vogliono riscrivere la storia secondo i gusti personali.
Il 15 novembre 2014 il Presidente Erdogan dichiarò che "l’America non è stata scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492 ma da marinai musulmani più di tre secoli prima, tanto che il navigatore genovese, veleggiando davanti a Cuba, poté addirittura scorgere una moschea in lontananza".
Erdogan, però non ha fornito citazioni storiche per avvalorare la sua tesi. "Nei suoi diari - ha affermato Erdogan - Colombo ha fatto riferimento alla presenza di una moschea sulla cima di una montagna a Cuba". Secondo quanto aveva riferito il quotidiano "Hurriyet", ci sono studiosi che sostengono la tesi dell’esistenza di una moschea pre-colombiana a Cuba.

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