Questo si scriva
per la generazione futura: e un popolo nuovo darà lode al Signore
(Sal 102 [101], 19).
Lo so bene: le geremiadi non piacciono a nessuno. Il
fatto è che il povero Geremia aveva ragione; ma la sua singolare vocazione fu
di parlare per non essere ascoltato – nemmeno dopo la catastrofe.
Ciononostante, egli rimase fedelmente con il rimasuglio di Israele disfatto ed
errabondo, pur di non abbandonarlo al suo destino, e con il suo popolo
cocciuto, nonostante il contrario responso divino, emigrò in Egitto, dove si
persero le sue tracce (ma non le sue parole, rimaste monito prezioso per il
futuro, sempre che si voglia intenderle). Come egli stesso aveva profetizzato,
alcuni anni dopo Nabucodonosor arrivò fin là: la spontanea sottomissione
predicata da Geremia e ostinatamente rifiutata dai suoi compatrioti, alla fine,
fu imposta con la forza. Probabilmente sarebbe convenuto a tutti dargli retta
fin da principio…
Quale interesse possono avere per noi queste antiche
storie bibliche? Quello che ha tutta la storia sacra: la nostra salvezza
eterna. Più di chiunque altri, un ministro della Chiesa deve interrogarsi su
ciò che tale storia gli insegna per prendere le proprie decisioni. Che ne sarà
del popolo errante e ribelle, se i ministri di Dio decisi a fare la Sua volontà
lo abbandonano? Se così avessero fatto Mosè, Elia o Geremia, come sarebbe
sopravvissuto il popolo eletto?… e dove si sarebbe incarnato il Figlio di Dio?…
e da dove sarebbe germogliata la Chiesa? Di contro, però, la Parola divina ci
invita pure ad uscire dall’accampamento
portando, dietro Gesù, il suo obbrobrio (cf. Eb 13, 13). Come egli ha consumato
il Suo sacrificio redentore fuori della Città santa, che lo aveva respinto
quale Messia, così anche chi lo segue fedelmente dovrebbe dissociarsi
espressamente da quel mondo ecclesiale che lo rinnega a fatti e a parole. Ma
come continuare, poi, a guidare e sostenere i cattolici fedeli e quelli che,
oggi pur così refrattari, cercheranno aiuto quando arriverà il castigo?
Il grosso della Chiesa terrena si è reciso dalle
radici e, come accadrebbe a qualsiasi albero, è seccato. Attanagliato dal senso
di vuoto e dalla nostalgia lacerante di qualcosa – e di Qualcuno – che i più
giovani non hanno mai conosciuto, questo popolo disorientato e confuso si
sforza in tutti i modi di convincersi da sé di quel che non sa più e di
animarsi autonomamente di una vita che gli manca… perché, in realtà, ha perduto
la sorgente della grazia. Non serve a nulla, a questo punto, insistere
ottusamente a irrigare l’albero secco e privo di radici con acque derivate in
modo autarchico e velleitario. All’organismo vivente che ci era stato trasmesso
hanno sostituito un sistema artificiale che ha spento la fede e con il quale è
impossibile suscitarla di nuovo, come mi ha fatto intuire, la notte di Pasqua,
un episodio tanto fortuito quanto simbolico: non riuscendo in alcun modo ad
accendere il nuovo cero pasquale in pura paraffina (che avrebbe bruciato con
sgradevole odore e abbondante fumo nero), dopo aver recitato mentalmente un’Ave Maria mi è venuto in mente di
mandare a prendere il vecchio cero del fonte battesimale (in pura cera d’api),
che si è acceso immediatamente e ha poi brillato nella buia navata spandendo il
buon profumo di Cristo.
Senza di esso, non so proprio come avrei potuto
iniziare la Veglia pasquale… Senza un recupero della Tradizione, non vedo come
possa rinascere la Chiesa, uccisa da un rito che non è più percepito come il
Santo Sacrificio della nostra redenzione, ma come mero intrattenimento di
natura socio-religiosa, di cui esistono oltretutto, in pratica, tante varianti
quanti sono i ministri che lo celebrano. Una liturgia adattabile a tutti i
gusti e a tutte le circostanze ha ingenerato la convinzione che l’uomo non
debba conformarsi a Dio, ma piuttosto piegare l’idea di Dio ai propri capricci;
così ora ci si pone in ascolto della Parola – come amano tanto dire – non per
conoscere ciò che Egli vuole e obbedire a Lui nella propria condotta con
l’aiuto della Sua grazia, ma per disquisire se quanto udito corrisponde o meno
al codice morale personale (che è gioco-forza del tutto relativo). Il fedele si
è trasformato in severo censore della verità rivelata, giudicata in modo
insindacabile sulla base delle massime mondane del momento… C’è poi da
meravigliarsi che nessuno si confessi più – o, se lo fa, sia convinto di non
avere alcun peccato e ne approfitti, eventualmente, per denunciare i peccati di
altri: marito, suocera, figli, parenti, colleghi e via dicendo?
Ma che importa? Se è assente la vita di grazia (locuzione
ormai indecifrabile) e dilaga il peccato mortale, la piaga infetta e non curata
è dissimulata con fiumi di parole; se la vera fede è morta, ci si dimena in
attività aggregative che non la richiedono affatto; se non si prega più, si
corre da un santuario all’altro – basta che in albergo si mangi bene. Se la
Chiesa ha tradito il suo Signore, si può sempre osannare il líder máximo, che sta fondando una nuova
religione in cui, finalmente, saremo tutti uguali, cattolici e non, cristiani e
non, credenti e non… Era ora che finisse quell’odioso mondo di discriminazioni
che faceva distinzione addirittura tra maschi e femmine, giovani e vecchi,
onesti e disonesti…! Questo mondo di
oggi, effettivamente, tra poco finirà, implodendo sul proprio vuoto spinto.
Bisogna quindi preparare fin d’ora la generazione
futura che sopravvivrà alla catastrofe, quel popolo nuovo che darà lode al
Signore con la verità del proprio essere e operare.
Ecco dunque la risposta alla domanda formulata
all’inizio: bisogna rimanere dentro, ma in modo diverso; sarà la qualità della
presenza ad attirare chi cerca Dio. Ciò da cui bisogna uscire è la struttura
mortifera, gestita da vescovi increduli, in cui la Chiesa si è rinchiusa e
soffocata, per creare in alternativa ambienti vitali – non necessariamente
riconosciuti, ma nemmeno in stato di rottura – in cui si possa realmente
respirare lo Spirito Santo e crescere nella vita soprannaturale. Quale sia la
soluzione concreta per attuare questo programma, non mi è stato ancora indicato
dall’alto; ho un’idea sulla possibile guida. Invito perciò i lettori ad offrire
preghiere e sacrifici per questa intenzione e a rimanere in contatto. Credo che
vi abbiamo tutti interesse – un interesse supremo.
Al popolo che
nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!» (Sal 22 [21],
32).
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