ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 5 maggio 2015

Ora pro Siria

"Ci resta solo Dio", fuga dei cristiani di Aleppo dalla morsa della guerra civile siriana
Chiesa distrutta ad Aleppodi Giorgio Bernardelli06-05-2015
Se vivi nei quartieri controllati dal governo sulla testa ti piovono colpi di mortaio e razzi sempre più potenti sparati dai ribelli indiscriminatamente sulle aree abitate dai civili. Se invece vivi in un quartiere controllato da una delle diciotto milizie ribelli (appartenenti ogni sfumatura possibile della galassia jihadista), sulla testa ti piovono le «barrel bomb», i barili di combustibile riempiti di esplosivo e frammenti metallici, sganciati da aerei ed elicotteri dell’esercito siriano. 
È la fotografia di Aleppo contenuta nel nuovo rapporto di Amnesty International diffuso ieri.Morte ovunque: crimini di guerra e altre violazioni dei diritti umani ad Aleppo, il titolo eloquente del documento, che parla anche di tortura, arresti arbitrari e rapimenti, anche questi diffusi da una parte come dall’altra della barricata.

Lo denuncia oggi anche Amnesty International, ma è quanto da tempo raccontano le comunità cristiane di Aleppo, la città divenuta l’epicentro del dolore nella guerra in Siria, sempre più dimenticata dal mondo. Ad Aleppo - spaccata in due ormai dal 2012 - in queste ultime settimane i bombardamenti si sono fatti più serrati, dopo la conquista di Idlib da parte delle forze ribelli, con in prima fila i qaedisti di Jabat al Nusrah. Ma la nuova recrudescenza è figlia anche dell’arrivo di nuove armi più potenti, raccontano i cristiani di Aleppo. Quei pochi rimasti, in una comunità che già da più di due anni vede due suoi pastori – il vescovo greco-ortodosso Boulos Yazigi e il siro-ortodosso Youhanna Ibrahim – tenuti in ostaggio nelle mani dei jihadisti. Con le proprie chiese particolarmente sotto tiro in questa offensiva iniziata nei giorni in cui le Chiese d’Oriente celebravano la Pasqua: è di pochi giorni fa la notizia della distruzione della chiesa armena dei Quaranta Martiri, nel quartiere di Judayda, una chiesa risalente al XV secolo.
«La situazione è molto difficile, soprattutto per i civili, contro i quali stanno usando nuovi razzi e missili mai visti prima», ha denunciato ieri ad AsiaNews il vicario apostolico latino di Aleppo, il francescano Georges Abou Khazen. «È una guerra assurda dove nessuno è risparmiato, né chiese né moschee, né gli ospedali o le scuole che vengono usate come base per attacchi e sono poi oggetto di rappresaglia». Con un’aggiunta amara: «Sembra che l’uomo abbia perso la propria dignità - ha detto ancora mons. Abou Khazen - e molta gente ha abbandonato la città. Alcuni aspettano che finiscano le scuole e le università, per andarsene. Le grandi potenze continuano a fornire armi; noi abbiamo perso la fiducia, ma non abbiamo perso la speranza».
Le armi che continuano ad arrivare dalle grandi potenze. Parole che pesano come un macigno, in queste ore in cui il presidente francese François Hollande si trova come se niente fosse in Qatar e in Arabia Saudita per firmare nuovi contratti milionari per forniture belliche. E sono i rifornimenti di armi a far la differenza oggi ad Aleppo, la seconda città della Siria. Ieri dal Libano il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, ha rilanciato l’alleanza con Assad - «se cade lui, cade Hezbollah», ha detto; ma si è lasciato scappare anche una frase sibillina: «Assad non sarà in grado di riconquistare ogni lembo di terra ceduto ai ribelli». Una frase che sa ormai di rassegnazione aperta a una spartizione della Siria; con Aleppo stessa ormai in bilico.
La tregua evocata da mesi dall’inviato dell’Onu Staffan De Mistura, ad Aleppo non arriva perché la comunità internazionale non ha il coraggio di intervenire davvero; così agli ultimi cristiani rimasti non resta che la strada dell’esilio: «La stragrande maggioranza delle persone dei quartieri cristiani è ormai fuggita a Latakia e Tartous, a causa della distruzione immensa causata da questi missili. Ci resta solo Dio», raccontava qualche giorno fa in una testimonianza rilanciata dal sito Ora Pro Siria suor Marguerite Slim, dell'ospedale Saint-Loui, di Aleppo.  Latakia e Tartous - le bibliche Laodicea e Tarsis - sono le città sulla costa del Mediterraneo che restano più saldamente nelle mani del governo di Assad.
«In ospedale, riceviamo ammalati o feriti - racconta ancora suor Marguerite da Aleppo -. Ci sono anche alcuni membri del personale che dormono qui perché è diventato impossibile per loro, o troppo pericoloso,  tornare a casa. Sentiamo i combattimenti per tutto il giorno sulla città e la gente è spossata dai combattimenti. Aleppo è circondata da gruppi jihadisti, e i residenti hanno solo una parola in bocca: aiutateci, salvateci!».
MAGGIO 2015

Emergenza Siria, intervista a padre Pierbattista Pizzaballa

“La situazione umanitaria, in particolare ad Aleppo, è straziante. Mancano elettricità e acqua, la gente vive continuamente sotto i bombardamenti”.
Fra Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa e Presidente di Associazione pro Terra Sancta, appena tornato da un breve viaggio in Siria, ha ancora vive negli occhi le atrocità di una guerra giunta ormai al quinto anno.  Ce le racconta in un’intervista a cura di Associazione pro Terra Sancta.
Padre Pizzaballa, quali zone ha potuto visitare e quali sono le più colpite dal conflitto?
Sono stato a Latakieh, Damasco e Aleppo. Non ho potuto andare nei villaggi del Nord perchè c’erano dei combattimenti in corso per prendere Jisr Al Shugur,, una cittadina che era sotto il controllo governativo e adesso è stata conquistata da Al Nusra. I jihadisti hanno distrutto in poco tempo anche tutte le nostre proprietà, ma questo non è il problema principale. Sono le tante famiglie sfollate che bussano alla nostra porta che preoccupano. La città più colpita è senza dubbio Aleppo, dove la popolazione vive in condizioni disastrose. Le uniche forme di lavoro che sopravvivono sono per soddisfare i bisogni primari della popolazione, parlo di piccole attività commerciali e negozi di alimentari.
Quali sono le principali difficoltà della popolazione?
Il costo della vita è aumentato drasticamente, non si può nemmeno quantificare con esattezza. Cresce  ogni giorno. La lira siriana poi non viene più utilizzata e, anche se è proibito, si usa il dollaro. Il sistema sanitario è insufficiente per rispondere con tempestività ai bombardamenti. Il nostro ospedale di Aleppo è uno dei pochi funzionante, ma molti medici sono scappati e anche chi è rimasto incontra diverse difficoltà a operare adeguatamente.
Le persone che ha incontrato ad Aleppo come si immaginano il futuro della Siria?
La gente ha capito che la vecchia Siria è finita e non esisterà più. Accanto a questa consapevolezza c’è un profondo senso di frustrazione, di disorientamento e di angoscia. Nessuno è in grado di capire cosa accadrà. Ad Alepppo la domanda principale non è su quale sarà il prossimo governo, se tornerà Assado no, ma se l’ISIS riuscirà presto o tardi a entrare in città.
Quanto è importante il traffico di armi nel conflitto?
E’ determinante. Le armi vengono dall’Occidente e il fatto che arrivino in Siria significa che qualcuno le produce e qualcun altro le compra. Sono Lobby internazionali che hanno evidentemente interessi perché questo conflitto prosegua senza sosta. Non sono esperto di questioni politiche, ma è evidente che questa situazione fa comodo a qualcuno.
Che fine ha fatto l’opposizione moderata ad Assad?
Se c’è non si vede. Le uniche due forze presenti contro il governo sono Al Qaeda e l’Isis, che a quanto pare hanno ricominciato a parlarsi. Gli altri non esistono più. Non so dire con precisione cosa sta accadendo. In Siria è sempre stato difficile capire “chi fa cosa”, ma che le opposizioni si stiano organizzando e coordinando è innegabile e se non ci saranno interventi dall’esterno sostanziali il pantano in cui si è messa la Siria durerà ancora a lungo.
Cosa significa la vostra presenza per la popolazione?
E’ fondamentale restare in Siria, perché la gente non ha solo bisogno di pane per vivere. A volte conta di più una parola di conforto, un abbraccio o una stretta di mano. Non abbiamo la pretesa di cambiare le sorti della guerra, ma in questa guerra abbiamo davvero la possibilità di cambiare noi stessi, di rimboccarci le maniche e darci da fare, di continuare a credere che l’uomo sia fondamentalmente buono perché creato a immagine di Dio, e non permettere che la logica della guerra diventi anche per noi il criterio con il quale guardare a tutta questa violenza. I frati operano nonostante tutto con una normalità disarmante. Anche nella paura, che è grande e innegabile.
C’è spazio per sperare in Siria?
Tanti piccoli segni ci dicono che sperare è possibile e aggiungerei doveroso. I poveri si aiutano tra loro, in particolare chi ha perso la casa. C’è chi ha ricavato uno spazio in casa sua per accogliere gli sfollati. Ho assistito a un funerale di una madre morta con le due figlie: c’erano tante donne musulmane con il velo che partecipavano alla messa per piangere assieme ai vicini cristiani. E’ un grande segno di solidarietà. Non è vero che tutte le relazioni si sono spezzate, come vorrebbero farci credere. Sono piccole cose, lo so. Ma restano segni importanti, in questo mare di odio.
Che cosa chiede all’Occidente e a ciascuno di noi?
Chiedo di non dimenticare. C’è tendenza a dimenticare, dopo i primi momenti di interesse, i nostri fratelli che continuano a morire in Medio Oriente. E poi chiedo di aiutare economicamente le realtà che sono ben radicate nel paese e che nonostante questa guerra atroce continuano a lavorare per costruire. E’ importante e necessario non arrendersi, continuare a credere che sia possibile fare qualcosa, che non si sia alla fine della nostra storia,  ma che sia invece possibile conservare quel patrimonio unico che il Medio Oriente ha preservato fino ad oggi.

Cosa fa Associazione pro Terra Sancta e come puoi aiutarci.

Anche tu puoi essere al fianco dei frati francescani e dei centri di accoglienza, che provvedono ai bisogni più immediati dei più poveri della popolazione in Siria.
Servono cibo e latte per i bambini, vestiti, occhiali, medicine, operazioni chirurgiche e cure mediche; per sistemare provvisoriamente case distrutte dai missili, per pagare gli affitti e anche i viaggi per fuggire; per le rette scolastiche.
Ecco come utilizziamo le tue donazioni:
  • con 30 euro: compriamo ciboacqua potabile e cure per i bambini
  • con 50 euro: ci aiuti a rifornire di coperte un centro di accoglienza.
  • con 100 euro: garantisci la retta scolastica per un bambino, il che vuol dire toglierlo dalla strada
  • con 250 euro: sostieni l’acquisto di un macchinario medico per l’ospedale di Aleppo o l’affitto per una famiglia

Dona ora per la Siria!


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