… non c’è neppure un vescovo che osi alzare la voce per dire che dal vertice in giù si stanno predicando e praticando una dottrina, una morale e una liturgia che tradiscono il messaggio di Cristo… I pastori sono i primi ad avere terrore dei lupi… sanno che dentro questa Chiesa non c’è misericordia e chi non si allinea viene sbranato. Non c’è più il senso del martirio perché ormai questa Chiesa, così ben rappresentata dal misericordioso Bergoglio, non è altro che un apparato di potere dove non c’è posto per la vera misericordia.
Martedì 21 luglio 2015
è pervenuta in Redazione:
Caro Dott. Gnocchi,
non voglio tornare a parlare delle mille “esternazioni” pazzesche di Bergoglio. L’unica dote che gli riconosco è di non essere prevedibile, perché ogni volta uno pensa “è arrivato al massimo” e invece, ecco che poco dopo ne sentiamo di nuove. L’ultimo scandalo, se vogliamo chiamare le cose col loro nome, è quello dell’avere non solo accettato quella blasfema scultura donata da Evo Morales, ma di averla anche voluta spiegare e giustificare. Piuttosto mi lascia stupito un appiattimento totale del clero, e in particolare dei vescovi. Ormai, questo è chiaro, si stanno facendo passare insegnamenti che vanno a demolire la dottrina. Conosco personalmente più di un prete che è stanco e sconcertato, però ha anche paura di parlare chiaro. Ma soprattutto mi chiedo perché non ci sia uno, almeno uno, tra i vescovi che faccia sentire la sua voce per avvisare i fedeli di tutti i pericoli che sta correndo la fede cattolica. Possibile che siano tutti canne al vento? Lei come valuta questa situazione? Da chi, se non dal vescovo, i fedeli dovrebbero aspettarsi di essere guidati?
La ringrazio. Buon lavoro e tenga duro.
Oliviano Macrelli
.
Caro Macrelli,
con questo caldo, mi sarei aspettato un po’ di clemenza e, invece, vedo che lei non si dà per vinto neanche con quaranta gradi all’ombra. D’altra parte, la capisco. Se dovessimo misurare la temperatura infernale che attanaglia ormai da troppo tempo questa nostra povera Chiesa, i quaranta gradi che ci stanno facendo soffocare in queste settimane ci sembrerebbero una frescura settembrina di alta montagna.
Il suo quesito, caro Macrelli, è tremendamente lucido, così penetrante da arrivare al cuore del dramma che stanno vivendo oggi i cattolici che vogliono conservare la fede. Ormai siamo arrivati al punto che un Bergoglio assiso sul soglio di Pietro in presenza di un corpo cattolico fondamentalmente sano ci sembrerebbe un cosetta da ridere, un raffreddore da fieno destinato a passare con la fastidiosa stagione dei pollini.
Il problema sta nel fatto che il vescovo venuto dalla fine del mondo è stato issato su quel soglio da un consesso di principi della Chiesa i quali rappresentano e governano l’intero gregge di Cristo. Ragion per cui si può dedurre ciò che ormai vado dicendo da molto tempo: questa Chiesa vuole questo Papa. E quelli come lei, come me, caro Macrelli, possono parlare benissimo tra di loro, ma appena mettono il naso fuori casa vengono presi per pazzi da rinchiudere in manicomio, vengono considerati macchine rotte che non si possono più riparare perché il lavoro non varrebbe la spesa ed è meglio prenderne di nuove presso altri rivenditori, eretici, scismatici, diversamente credenti, non credenti e via elencando.
Ecco perché non c’è neppure un vescovo che osi alzare la voce per dire che dal vertice in giù si stanno predicando e praticando una dottrina, una morale e una liturgia che tradiscono il messaggio di Cristo. Se c’è qualche successore degli apostoli che magari storce il naso per qualcosa che non gli torna, lo si vede però allineato e coperto su tutto il resto. E soprattutto, storce il naso in privato, con fidatissimi amici, per poi andare in pubblico, sul pulpito, sui giornali, sui libri ed elogiare l’attuale corso.
C’è anche chi magari fa un passetto in più. Ma vede, caro Macrelli, qui bisognerebbe che un vescovo dicesse che non va bene proprio nulla. Ma come si fa? Ci vorrebbe qualcuno che, formato in piena temperie vaticanosecondista, rigettasse tutta la sua storia per dire che è tutto sbagliato, tutto da rifare. E con quale prospettiva? Quella di passare per scismatico, per eretico, per un nuovo Lefebvre. In poche parole, caro Macrelli, ci vorrebbe qualcuno che avesse chiarezza dottrinale e coraggio, ma non c’è. O, al momento, non si vede.
Vede, ormai ci troviamo in questa tremenda, e non temo a dire diabolica, situazione: più si sale di grado nella gerarchia, e più, anche se si notano errori, storture e soprusi, si giustifica il proprio silenzio dicendo che, data la posizione occupata, non ci si può esporre. Si invita a farlo chi sta più in basso, fino a cadere sulla testa del povero laico che non avrebbe nulla da perdere.
A parte il vizio clericale di un simile ragionamento che non tiene conto della condizione del povero laico, il tratto diabolico di tale modo di pensare e di agire si traduce in questo: più si sale nella scala gerarchica e più ci si sente moralmente vincolati ad accettare e condividere il tradimento della dottrina e della morale, il tradimento di Cristo. Perché, caro Macrelli, i pastori sono i primi ad avere il terrore dei lupi, specialmente di quelli che ormai sono entrati nell’ovile e fanno strazio del gregge. Perché, caro Macrelli, per esperienza, e spesso per essere arrivati a compromesso, sanno che dentro questa Chiesa non c’è misericordia e chi non si allinea viene sbranato. Non c’è più il senso del martirio perché ormai questa Chiesa, così ben rappresentata dal misericordioso Bergoglio, non è altro che un apparato di potere dove non c’è posto per la vera misericordia.
Eppure, caro Macrelli, quanto avremmo bisogno di un vescovo che parlasse, di un vescovo che, in quanto successore degli apostoli, proclamasse pubblicamente la non apostolicità di quanto viene dato in pasto al gregge. Ma evidentemente non lo meritiamo. O forse sono questi vescovi che non ci meritano?
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
è pervenuta in Redazione:
Caro Dott. Gnocchi,
non voglio tornare a parlare delle mille “esternazioni” pazzesche di Bergoglio. L’unica dote che gli riconosco è di non essere prevedibile, perché ogni volta uno pensa “è arrivato al massimo” e invece, ecco che poco dopo ne sentiamo di nuove. L’ultimo scandalo, se vogliamo chiamare le cose col loro nome, è quello dell’avere non solo accettato quella blasfema scultura donata da Evo Morales, ma di averla anche voluta spiegare e giustificare. Piuttosto mi lascia stupito un appiattimento totale del clero, e in particolare dei vescovi. Ormai, questo è chiaro, si stanno facendo passare insegnamenti che vanno a demolire la dottrina. Conosco personalmente più di un prete che è stanco e sconcertato, però ha anche paura di parlare chiaro. Ma soprattutto mi chiedo perché non ci sia uno, almeno uno, tra i vescovi che faccia sentire la sua voce per avvisare i fedeli di tutti i pericoli che sta correndo la fede cattolica. Possibile che siano tutti canne al vento? Lei come valuta questa situazione? Da chi, se non dal vescovo, i fedeli dovrebbero aspettarsi di essere guidati?
La ringrazio. Buon lavoro e tenga duro.
Oliviano Macrelli
.
Caro Macrelli,
con questo caldo, mi sarei aspettato un po’ di clemenza e, invece, vedo che lei non si dà per vinto neanche con quaranta gradi all’ombra. D’altra parte, la capisco. Se dovessimo misurare la temperatura infernale che attanaglia ormai da troppo tempo questa nostra povera Chiesa, i quaranta gradi che ci stanno facendo soffocare in queste settimane ci sembrerebbero una frescura settembrina di alta montagna.
Il suo quesito, caro Macrelli, è tremendamente lucido, così penetrante da arrivare al cuore del dramma che stanno vivendo oggi i cattolici che vogliono conservare la fede. Ormai siamo arrivati al punto che un Bergoglio assiso sul soglio di Pietro in presenza di un corpo cattolico fondamentalmente sano ci sembrerebbe un cosetta da ridere, un raffreddore da fieno destinato a passare con la fastidiosa stagione dei pollini.
Il problema sta nel fatto che il vescovo venuto dalla fine del mondo è stato issato su quel soglio da un consesso di principi della Chiesa i quali rappresentano e governano l’intero gregge di Cristo. Ragion per cui si può dedurre ciò che ormai vado dicendo da molto tempo: questa Chiesa vuole questo Papa. E quelli come lei, come me, caro Macrelli, possono parlare benissimo tra di loro, ma appena mettono il naso fuori casa vengono presi per pazzi da rinchiudere in manicomio, vengono considerati macchine rotte che non si possono più riparare perché il lavoro non varrebbe la spesa ed è meglio prenderne di nuove presso altri rivenditori, eretici, scismatici, diversamente credenti, non credenti e via elencando.
Ecco perché non c’è neppure un vescovo che osi alzare la voce per dire che dal vertice in giù si stanno predicando e praticando una dottrina, una morale e una liturgia che tradiscono il messaggio di Cristo. Se c’è qualche successore degli apostoli che magari storce il naso per qualcosa che non gli torna, lo si vede però allineato e coperto su tutto il resto. E soprattutto, storce il naso in privato, con fidatissimi amici, per poi andare in pubblico, sul pulpito, sui giornali, sui libri ed elogiare l’attuale corso.
C’è anche chi magari fa un passetto in più. Ma vede, caro Macrelli, qui bisognerebbe che un vescovo dicesse che non va bene proprio nulla. Ma come si fa? Ci vorrebbe qualcuno che, formato in piena temperie vaticanosecondista, rigettasse tutta la sua storia per dire che è tutto sbagliato, tutto da rifare. E con quale prospettiva? Quella di passare per scismatico, per eretico, per un nuovo Lefebvre. In poche parole, caro Macrelli, ci vorrebbe qualcuno che avesse chiarezza dottrinale e coraggio, ma non c’è. O, al momento, non si vede.
Vede, ormai ci troviamo in questa tremenda, e non temo a dire diabolica, situazione: più si sale di grado nella gerarchia, e più, anche se si notano errori, storture e soprusi, si giustifica il proprio silenzio dicendo che, data la posizione occupata, non ci si può esporre. Si invita a farlo chi sta più in basso, fino a cadere sulla testa del povero laico che non avrebbe nulla da perdere.
A parte il vizio clericale di un simile ragionamento che non tiene conto della condizione del povero laico, il tratto diabolico di tale modo di pensare e di agire si traduce in questo: più si sale nella scala gerarchica e più ci si sente moralmente vincolati ad accettare e condividere il tradimento della dottrina e della morale, il tradimento di Cristo. Perché, caro Macrelli, i pastori sono i primi ad avere il terrore dei lupi, specialmente di quelli che ormai sono entrati nell’ovile e fanno strazio del gregge. Perché, caro Macrelli, per esperienza, e spesso per essere arrivati a compromesso, sanno che dentro questa Chiesa non c’è misericordia e chi non si allinea viene sbranato. Non c’è più il senso del martirio perché ormai questa Chiesa, così ben rappresentata dal misericordioso Bergoglio, non è altro che un apparato di potere dove non c’è posto per la vera misericordia.
Eppure, caro Macrelli, quanto avremmo bisogno di un vescovo che parlasse, di un vescovo che, in quanto successore degli apostoli, proclamasse pubblicamente la non apostolicità di quanto viene dato in pasto al gregge. Ma evidentemente non lo meritiamo. O forse sono questi vescovi che non ci meritano?
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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