PAPA FRANCESCO, FACCIAMO UN BILANCIO: DAL SINODO A MEDJUGORJE PASSANDO PER IL COMUNISMO
Un anno fa, precisamente nell’estate del 2014, teneva banco il dibattito sul sinodo straordinario della famiglia che, nelle previsioni di molti, avrebbe dovuto rivoluzionare completamente la pastorale della Chiesa. E difatti in quel momento imperversava la linea Kasper, portata avanti dal teologo austriaco, amico e consigliere privilegiato di Bergoglio, considerato il leader del fronte progressista favorevole alla riammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia e a soluzioni per le coppie di fatto e gay. Il sinodo di ottobre non è andato però come molti avevano sperato.
La linea Kasper che sembrava appunto vincente, uscì fortemente ridimensionata dal voto finale, dal momento che le relazioni sinodali furono accolte tiepidamente e le tanto auspicate innovazioni, approvate da una maggioranza molto stretta. Una doccia fredda per Kasper e il fronte progressista al punto che, gradualmente, il teologo austriaco ha iniziato ad uscire di scena.
L’esito del sinodo straordinario è sembrato far cambiare direzione di marcia anche a Papa Francesco. Il Pontefice, che era sembrato dare carta bianca a Kasper, ad un certo punto è apparso più scettico che convinto su certe aperture fino ad allora benedette da lui (o dai media?).
Da una posizione estremamente conciliante nei riguardi dei divorziati risposati, delle unioni civili e delle coppie gay, il Papa è sembrato riposizionarsi su tesi più conservatrici. Più volte in questi ultimi tempi Francesco è intervenuto per contrastare la cosiddetta “cultura del provvisorio” che spingerebbe i giovani a rinunciare a legami solidi e stabili in favore della precarietà. Ha difeso il principio dell’indissolubilità del matrimonio proprio mentre in Italia veniva approvata la legge sul divorzio breve; ha tuonato contro la teoria del gender definendola “frutto delle frustrazioni individuali” e ribadito che le differenze sessuali sono il prodotto più genuino ed autentico del progetto di Dio, basato sulla continuazione dell’esistenza umana attraverso la procreazione. Un cambio di strategia non indifferente che secondo alcuni osservatori sarebbe ispirato niente meno che dall’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra fra i più tenaci oppositori della linea Kasper. Caffarra insieme a Gerard Muller, Leo Burke, Velasio De Paolis ed altri porporati di tendenze tradizionaliste aveva anche pubblicato una sorta di controrelazione rispetto a quella presentata dal teologo austriaco nella quale si riaffermava come non fosse possibile contraddire la verità di Cristo e quindi riformare la dottrina della Chiesa in tema di divorzio e coppie gay. Pare che Francesco abbia incaricato proprio Caffarra fra gli altri, di trovare una mediazione fra la necessità di dare risposte ai problemi dei divorziati risposati e delle coppie di fatto senza contraddire il Vangelo.
Di certo Bergoglio rispetto ad un anno fa ha smorzato e parecchio le speranze dei laicisti duri e puri, convinti finalmente di aver incontrato il “Papa della svolta”; una convinzione questa che è sembrata scemare di fronte ai reiterati interventi in difesa della famiglia fondata sul matrimonio, della finalità procreativa del matrimonio, dell’indissolubilità del vincolo nuziale e soprattutto contro il tentativo di superare le differenze sessuali abbracciando la teoria gender.
Francesco ha invece ribadito che il disegno di Dio è chiaro ed indiscutibile, che maschio e femmina sono creati in natura per unirsi e produrre nuova vita e che è impensabile ritenere la differenza di genere un principio puramente culturale. Adesso gli occhi sono tutti puntati sul sinodo ordinario del prossimo ottobre; quale linea prevarrà? E soprattutto quale decisione assumerà il Papa sui temi oggetto del dibattito sinodale?
Francesco dovrà presto prendere altre decisioni di estrema importanza, ad iniziare dal riconoscimento delle apparizioni mariane di Medjugorje. La commissione vaticana chiamata ad indagare sui presunti miracoli avvenuti in terra di Bosnia ha terminato i lavori e consegnato le risultanze al Papa. Sui risultati dell’indagine vige al momento il massimo riserbo anche se a giudicare da alcune dichiarazioni di Bergoglio sembrerebbe che il giudizio finale non possa che essere negativo.
Il Papa infatti ha criticato una fede basata sul sensazionalismo e sull’attesa spasmodica di messaggi che la Madonna invierebbe ai veggenti. Non c’è stato nessun esplicito riferimento a Medjugorje ma tutti hanno inevitabilmente interpretato quelle dichiarazioni come la dimostrazione di un certo scetticismo di Francesco nei confronti dei veggenti dell’ex Jugoslavia. E’ molto probabile che alla fine non ci sarà un riconoscimento ufficiale delle apparizioni ma che comunque la Chiesa riconosca il valore di Medjugorje come luogo di preghiera e di devozione mariana. La classica soluzione a metà che consentirebbe di salvare due esigenze contrapposte; la necessità della Chiesa di non esporsi troppo sulla soprannaturalità degli eventi, senza nel contempo impedire il pellegrinaggio a milioni di fedeli che proprio in quei luoghi hanno ritrovato le ragioni della propria fede. Non resta che attendere.
Ha fatto molto scalpore la promulgazione dell’Enciclica “Laudato si” con la quale il Papa è tornato a denunciare i rischi connessi ad una gestione del pianeta e delle risorse naturali fondata sul profitto e la speculazione. In linea con i pontificati di Pio XI, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, Bergoglio è tornato a tuonare contro la società del profitto che antepone il “dio denaro” al benessere dei popoli. La difesa dell’ambiente e la protezione del Creato per il Santo Padre, non possono essere scissi da una diversa concezione dello sviluppo economico, dal momento che i beni che Dio ha creato in natura devono essere messi a disposizione di tutti e non di pochi.
La povertà, secondo Francesco, come già per i pontefici precedenti, è proprio il frutto di una gestione egoistica della terra, fondata sull’assunto sbagliato che la proprietà dei beni terreni spetti a chi detiene il potere dei soldi. Una concezione che in America hanno definito marxista, accusa che del resto piovve anche sul capo di Giovanni Paolo II quando, dopo aver sconfitto il Comunismo sovietico, iniziò a denunciare i mali del Capitalismo.
Ma si deve essere necessariamente marxisti per denunciare come il sistema economico mondiale sia sbagliato?
Era forse marxista Ezra Pound nel sostenere che la finanza doveva essere al servizio dell’economia e non viceversa come avviene oggi nel mondo? Certamente un certo marxismo bergogliano deve averlo intravisto anche il presidente boliviano Morales che ha donato a Francesco, in occasione del suo recente viaggio in America Latina, una copia del crocefisso a falce e martello opera del sacerdote Espinal grande teologo della contaminazione fra cristianesimo e marxismo.
Un dono che a sentire i bene informati avrebbe imbarazzato parecchio il Papa che, rispondendo alle specifiche domande dei giornalisti, ha cercato di salvare “capra e cavoli”. Pur avendo ribadito la sua lontananza dalle tesi di padre Espinal e dalla via marxista per il riscatto dei poveri, Bergoglio ha però dichiarato di aver apprezzato quel dono e di non essere rimasto affatto offeso dall’iniziativa di Morales in quanto padre Espinal era comunque un teologo di grande valore che fino all’ultimo ha lottato per affermare ciò in cui credeva con grande onestà e amore per i poveri. Ma bastava guardare l’espressione del volto di Francesco proprio mentre riceveva quel crocefisso “anomalo”, per capire che l’imbarazzo non era affatto un’invenzione giornalistica.
08 agosto 2015, Americo Mascarucci
Saranno tre le linee che si confronteranno nel sinodo ordinario sulla famiglia che si svolgerà nel prossimo mese di ottobre e che dovrà definire la nuova pastorale familiare; la linea tradizionalista e conservatrice contraria a qualsiasi riforma, la linea moderata favorevole ad aperture significative ma caute sui temi della comunione ai divorziati risposati e alle unioni di fatto e quella progressista che punta invece a cambiamenti radicali.
La base di partenza della discussione sarà l’Istrumentum Laboris ossia la piattaforma programmatica sinodale elaborata sulle risultanze dell’assemblea straordinaria dell’ottobre 2014 e sulle proposte che sono giunte dalle varie diocesi di tutto il mondo. Un documento che sembrerebbe configurarsi come il frutto di una lunga e faticosa mediazione rivolta a scongiurare rotture traumatiche fra conservatori e innovatori.
Un testo che in pratica risente molto di quella maggioranza semplice che nell’ultima assemblea sinodale ha accolto le proposte riformatrici di WalterKasper. Sul tema della comunione ai divorziati risposati, l’orientamento è quello di non adottare regole generali ma di puntare all’esame dei singoli casi, valutando le cause effettive che hanno condotto i coniugi alla rottura del vincolo matrimoniale; soltanto dopo un adeguato percorso penitenziale da intraprendere sotto la guida di un padre spirituale e la valutazione finale del vescovo diocesano, sarà possibile riammettere eventualmente il divorziato risposato all’Eucaristia. In pratica nessuna misericordia generalizzata, ma un esame scrupoloso ed attento delle singole situazioni.
Una brusca frenata rispetto alle previsioni iniziali, quando sembrava che per i divorziati risposati potesse arrivare una sorta di “condono generalizzato”, unariammissione all’Eucaristia per tutti in base al principio kasperiano che “la comunione è la medicina che cura le ferite”.
Chiusura netta invece nei riguardi dei matrimoni gay. L’Instrumentum Laboris ha ribadito che il matrimonio è solo ed esclusivamente fra un uomo ed una donna, pur riconfermando affetto e amorevole cura nei confronti delle persone omosessuali che vanno accolte ed inserite all’interno della Chiesa oltre che accompagnate nel superare le varie situazioni di disagio. Per i conservatori più accaniti si tratta di pericolose aperture, per i progressisti a tutto tondo invece si è in presenza soltanto di aperture timide e poco coraggiose.
I primi daranno battaglia per lasciare tutto com’è, i secondi cercheranno di spingere per ottenere di più. In mezzo ci sono i moderati, quelli cioè che si riconoscono pienamente nel testo sinodale e ritengono che questo sia il prodotto della mediazione migliore. C’è poi il tema dell’uso dei contraccettivi. Il documento sinodale sembra riconfermare la piena attualità dell’Humanae Vitae di Paolo VI, soprattutto nel principio indiscutibile che lo sviluppo di una vita non va mai ostacolato ma sempre favorito.
Nessun’apertura quindi ai metodi artificiali di controllo delle nascite ma sì ad una maternità responsabile da favorire anche con il ricorso a metodi naturali. Una polemica che si trascina sin dai tempi di Montini quando ampi settori della Chiesa, ad iniziare dalla commissione pontificia istituita dal Papa, si dissero favorevoli a concedere il ricorso alla pillola trovando però l’ostilità del pontefice che per tutta risposta con l’Humanae Vitae riconfermò il carattere puramente procreativo della sessualità nella cornice del matrimonio.
Fra i conservatori alla Velasio de Paolis, secondo il quale la Chiesa non deve assecondare i desideri dei peccatori ma redimerli, e chi come Kasper continua adinvocare la misericordia per tutti la discussione si farà dunque serrata. I progressisti in particolare sembrano decisi ad ottenere di più tirando per la giacca papa Francesco e spingendolo ad avere più coraggio, ad osare, a non farsi intimorire dalle possibili conseguenze di scelte troppo rivoluzionarie. I moderati invece puntano a soluzioni ponderate ma non eclatanti, nella convinzione che non si possa assecondare il mondo adattando la dottrina alle convenienze della società relativista.
Aperture sì ma senza esagerare. In questo frangente si inserisce poi anche il dibattito tutto italiano sul disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili in discussione in Parlamento. Un testo che i cattolici vedono come il fumo negli occhi in quanto orientato a favorire la piena equiparazione fra famiglia fondata sul matrimonio e convivenze civili, comprese quelle omosessuali con annessa anche possibilità di adottare i figli biologici di uno dei partner.
L’approccio nei confronti del ddl ha creato una seria spaccatura fra la Conferenza Episcopale Italiana e le organizzazioni in difesa della Famiglia che hanno riempito Piazza San Giovanni il 20 giugno scorso per dire no alla Cirinnà. La Cei di Galantino non vuole le crociate di carattere etico ma punta al dialogo e alla mediazione, linea questa che non è però accettata da tutti i vescovi. È molto probabile che anche le divergenze sul ddl Cirinnà vadano alla fine a condizionare i lavori del Sinodo rendendo la discussione ancora più accesa.
Le prossime settimane da questo punto di vista potrebbero essere decisive. Alla fine l’ultima parola spetterà a Bergoglio, ma appare ormai evidente che il Papa senza un’ampia maggioranza capace di legittimare certe decisioni, non spingerà troppo sull’acceleratore. Anzi in molti temono soluzioni alla Montini, ossia di netta chiusura nei confronti delle tematiche più spinose. Rischio che tuttavia appare infondato visto che Francesco anche nelle ultime ore è tornato a ribadire l’esigenza di accogliere e non rifiutare i divorziati risposati.
Ma è chiaro come rispetto ad un anno fa di passi verso le tanto auspicate innovazioni se ne siano fatti più indietro che avanti, fatto questo che alla fine obbligherà a ricercare la scelta giusta a metà strada.
http://www.intelligonews.it/articoli/8-agosto-2015/29612/sinodo-davanti-a-papa-francesco-ci-sono-tre-strade
Mons. Cupich sarà al Sinodo 2015?
Secondo una fonte vaticana anonima citata da Catholic News Agency l’arcivescovo di Chicago, Blaise Cupich, prenderà parte al prossimo sinodo di ottobre. Inizialmente era stato escluso dalla partecipazione in quanto non era tra i quattro padri sinodali indicati dalla conferenza episcopale statunitense. L’arcivescovo Cupich era stato nominato soltanto come delegato supplente, in eventuale sostituzione di uno dei quattro ratificati, ossia Mons. Joseph Kurtz, presidente dei vescovi USA, Daniel Di Nardo, Charles Chaput e Jose Gomez.
La fonte citata dal CNA fa notare che oltre a Cupich si dovrebbe aggiungere un altro vescovo alla pattuglia dei padri sinodali USA, in questo modo le nomine papali dovrebbero portare a sei il totale degli statunitensi al prossimo sinodo di ottobre. Sarà forse il vescovo di San Francisco Cordileone?
Difficile poter pensare che il papa nomini direttamente tutte e due le riserve designate, anche se Cordileone occupa il ruolo di presidente del comitato per la famiglia della conferenza episcopale statunitense.
Se la voce fosse confermata la nomina di Cupich andrebbe ad equilibrare un po’ il gruppo di padri americani che, ad oggi, è formato da quattro padri favorevoli al mantenimento della prassi tradizionale in materia di matrimonio e famiglia. Non che Cupich sia a favore di chissà quali aperture, ma certamente ha una sensibilità molto più disponibile alle “novità”.
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