IMPAZZIRE PER BERGOGLIO – FANATICI DEL PAPA? LA FANZINE IMPERDIBILE SI CHIAMA “IL MIO PAPA”, SETTIMANALE DELLA MONDADORI A UN EURO DOVE TI SPIEGANO TUTTO: DALLA POSIZIONE GIUSTA PER ASCOLTARE L’ANGELUS ALLE RICETTE DI FRANCESCO -
Novanta pagine in cui si racconta tutto quello che fa il pontefice, con un culto della personalità mai sfacciato e l’immancabile intervista al vip che racconta quanto sia importante per la sua vita Bergoglio. E una copia della rivista non manca mai a Santa Marta…
Fabiana Giacomotti per "il Foglio" di sabato 15 agosto
Nel linguaggio tecnico, Il mio Papa è una fanzine, un organo di informazione per sostenitori e fan, dunque, al netto di nuvolette color glicine e tutine in spandex rosa, del tutto equiparabile al magazine di Violetta, la vispissima icona disneyana di origine argentina che di Francesco è fra l’altro una fan, o alle grafiche pop del mensile dedicato al gruppo pop One Direction, di cui invece non si parla già più e dire che fino all’anno scorso sembravano il primo approdo ormonale delle adolescenti.
Forse saranno già cresciute e le nuove guarderanno ai millenial con la barbetta, bisogna solo aspettare per capire chi. Volendo attribuirgli invece ascendenze nobiliari, Il mio Papa potrebbe trovarne già in epoca carolingia, periodo di buone intese fra potere temporale e chiesa, quando il priore di Saint-Mihiel, Smaragde, raccolse nella “Via regia” una serie di scritti morali e di esempi tratti dalle vite dei santi per l’imperatore Ludovico il Pio, dando vita a un genere letterario che per tutto il Medioevo godette di grande fortuna: il miroir, lo specchio, dell’anima si intende.
Il mio Papa, prezzo di copertina un euro, diffusione dichiarata in Italia oltre novantamila copie che, con le tredici edizioni in licenza dal Guatemala alla Germania dovrebbero superare agevolmente il milione, e quando il possibile editore argentino avrà soddisfatto gli standard richiesti si saranno aggiunti anche gli Stati Uniti e le Filippine attualmente in trattativa potrebbero diventare il doppio, gode invece appieno dei mille duecentocinquant’anni di evoluzione della società e dell’editoria intercorsi da allora.
La rivista che sto sfogliando in questo momento, acquistata alla Stazione Termini dal solito edicolante che si rivela inaspettatamente agnostico e del tutto privo di fantasia (“a signò, com’è che vòle Micromega e pure er Mio Papa?”), è di sessantaquattro pagine più la copertina, in pratica un fascicolo, ma è un compendio di editoria popolare, non necessariamente di matrice religiosa.
Pur conservando i caratteri originari del miroir, la fanzine di Francesco vi innesta infatti, e con molto mestiere, le agiografie, a loro volta di derivazione medievale, gli almanacchi che invece vissero il loro massimo fulgore a cavallo fra il Seicento e il Settecento, la coeva tradizione cronachistica epistolare ma pure il feuilleton, cioè la più efficace espressione della narrativa del Diciannovesimo secolo.
Vi aggiunge illustrazioni a china e acquerello nella classica iconografia primo Novecento e un’adesione al culto della personalità che è invece pura impronta contemporanea, strizzando perfino l’occhio ai social; un occhio bonario, necessariamente propedeutico verso chi non scaricherà mai la App della rivista, peraltro disponibile e con rubriche aggiuntive, ma si limiterà a leggere, stampata, la schermata dei tweet (“vi spieghiamo cos’è. E’ facile e si può anche rispondere”) più seguiti di Francesco, secondo una lezione che arriva non dagli Emile De Girardin de La Presse ma da Sandro Mayer e dal suo intuito ferocemente popolare, sostanzialmente inarrivabile, nel quale Aldo Vitali, direttore de Il mio Papa, riconosce il proprio maestro.
Bisogna infatti avere del genio, o una buona scuola, o entrambi, per inventarsi una rubrica che, settimana dopo settimana, suggerisce la posizione e l’orario migliore per seguire l’Angelus della domenica e l’udienza generale del mercoledì nello stesso punto dello sfoglio in cui gli altri settimanali piazzano le effemeridi e l’oroscopo.
Ma dopotutto Vitali, che apre il suo curriculum con cinque anni di palcoscenico alle direttive di Luca Ronconi, possiede certamente un’esperienza di fonica e di prospettive sceniche che al mondo giornalistico puro manca, oltre a un naturale gusto per il colpo di scena. Nel caso specifico, i colpi sono stati tre, e segnano già la storia della pubblicazione con una cadenza fortunata, diciamo provvidenziale.
Colpo di teatro primigenio: la presentazione del progetto al direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nelle prime settimane del 2014, nel cui gradimento e sostanziale via libera viene insinuato solo il timore che il Santo Padre possa essere equiparato a una rockstar, status che Francesco incontestabilmente possiede ma che sarebbe difficile attribuire al settimanale che lo celebra.
Il progetto, immaginato da Vitali in una passeggiata al parco, esercizio propedeutico trasversale a epoche e confessioni religiose, debutta dunque a marzo. Colpo di teatro numero due: a primavera inoltrata, dunque a lancio avvenuto con una prima tiratura di tre milioni di copie, Vitali, che nel frattempo continua a dirigere anche Tv Sorrisi e Canzoni – e non vi sembri eccentrico perché l’impianto delle due testate è del tutto simile e un errore di tono o di informazioni parimenti intollerabile in quanto entrambe parlano ad adepti di differenti culti, non a lettori distratti o annoiati – scopre che ogni mercoledì l’aiutante di camera di Francesco, Sandro Mariotti detto Sandrone, scende in edicola alle sei del mattino per procurarsene una copia, e dà disposizioni per l’invio di una ventina di copie di macchina già il martedì:
se ora vi dovesse capitare di ricevere un invito alla Casa di Santa Marta, residenza di Francesco in Vaticano, trovereste dunque nella sala d’attesa il Corriere della Sera, l’Osservatore Romano e Il mio Papa.
Il terzo colpo di teatro, che tanti definirebbero un colpo gobbo, data invece la fine del 2014, ed è la concessione gratuita dei diritti di pubblicazione del florilegio di preghiere del Papa, vergata dallo stesso Francesco nel corso di un incontro con Vitali che deve aver lasciato senza fiato la Libreria Editrice Vaticana e che adesso, in attesa della pubblicazione, è conservata nella cassaforte dell’amministratore delegato Ernesto Mauri in Mondadori.
Uno scambio di cortesie: al pontefice mancavano tre numeri del settimanale, che da buon gesuita giudica utilissimo per la diffusione del suo messaggio apostolico e che, con ogni probabilità, gli sarebbe piaciuto vedere realizzato intramuros; Vitali glieli aveva portati, per il compleanno imminente, insieme con qualche centinaio di panettoni e di bottiglie di vino per i poveri.
Finì come si è scritto, e con l’aggiunta di una scatola di cioccolatini della migliore pasticceria di Buenos Aires, che dopo aver rifornito Francesco di dolci per i poveri dei sobborghi della capitale argentina per anni, ancora gliene invia perché continui a ricordarsene.
Con questo, non immaginatevi che fabbricare settimanalmente le sessantaquattro pagine de Il mio Papa sia operazione facile, economica o priva di rischi. Per capirlo, basta leggere con attenzione il colophon: il copyright dei testi del Papa, che qualunque quotidiano può pubblicare in abstract come diritto di cronaca, in questo caso sono invece e appunto coperte dai diritti della Libreria Editrice Vaticana.
Le immagini vengono acquistate in toto, e l’elenco contempla tutte, senza alcuna eccezione, le agenzie più accreditate, senza dimenticare due referenti privilegiati dell’iconografia vaticana come Osservatore Romano e Petrosino.
Il settimanale viene dichiarato già a break even, ma non ci sono dubbi che, al costo di un euro e con ricavi quasi esclusivi da vendita, perché la pubblicità compare solo in seconda e quarta di copertina, senza le royalties delle edizioni straniere il risultato non sarebbe di certo già stato raggiunto; se i costi redazionali non fossero tenuti all’osso, nel caso del direttore e vicedirettore addirittura a zero perché Vitali e Bice Colarossi, suo braccio destro anche a Tv Sorrisi e Canzoni, hanno scelto di lavorare al Mio Papa pro bono, forse non lo sarebbero neanche adesso.
In redazione, cinque fra ordinari e graduati più un grafico, gli esperti di tematiche vaticane, che non vanno confuse o necessariamente sovrapposte con quelle ecclesiastiche, lo sono diventati nel tempo, vedi Enrico Casarini, antico collega di Max, maschile discretamente mondano nel senso ontologico ed estetico del termine, finito un paio di anni fa sotto la scure del ceo della Rcs Pietro Scott Jovane e dove un po’ tutti abbiamo scritto di soldi, sesso, motori, viaggi e insomma di argomenti che presumibilmente interessano agli uomini, o forse solo agli uomini degli anni Ottanta, quando venne lanciato e sembrava che la vita dovesse essere una festa mobile continua.
La firma di punta della testata, Tiziana Lupi, autrice di documentari storici e religiosi, di alcune puntate di “Don Matteo” e della prima biografia illustrata su Francesco, con il pontefice vanta un filo diretto, oltre a possedere una mappatura di nomi, temi, situazioni che le consentono, come al vaticanista di Panorama Ignazio Ingrao che la affianca fra i collaboratori, di tenere Vitali e Il mio Papa al riparo dalle insidie di un sistema plurimillenario e dunque in grado di adottare ogni correttivo necessario a perpetuarsi.
Per esempio, l’intervista sollecitata che sarebbe meglio non concedere, il profilo biografico del collaboratore che può attendere qualche mese per essere tracciato. Come Chi è la cartina di tornasole degli umori di un certo coté berlusconiano, in Vaticano Il mio Papa si è guadagnato in un anno e mezzo la fama della lettura imprescindibile fra le mura vaticane.
La vita quotidiana del pontefice, e le ricette tratte dalla sua tavola, attentamente raccolte da una redazione allenata a leggere fra le righe di ogni discorso, ogni dichiarazione, ogni sospiro per trarne spunti per gli articoli, sono infatti solo due degli argomenti che permettono all’entourage e agli avversari di Francesco di capire come tiri il vento e come regolarsi.
Ma in superficie, tutto è gioioso e positivo, semplice e affettuoso, a partire dalle immagini e dal lessico. Prendo in esame il numero del 12 agosto, ma ho verificato sul web e il mix editoriale non è mai dissimile: Francesco seduto alla mensa della Città del Vaticano, col vassoio in melamina arancione coperto da una tovaglietta di carta e la bottiglietta di acqua minerale a vista: le pietanze servite alla Casa di Santa Marta arriveranno pure “fresche dall’orto di Castel Gandolfo”, come ricorda lo strillo, ma il messaggio trasmesso è quello di un papa operaio come i dirigenti della Cisl da trecentomila euro all’anno che dovrebbero rappresentarli e che Annamaria Furlan ostinatamente difende non potranno mai più essere.
All’interno, dopo il sommario, “la settimana del Papa”: gesti, dichiarazioni, momenti centrati sul tema dell’Angelus della domenica precedente; Il mio Papa chiude il lunedì, appena la finestra dello studio del pontefice sulla facciata di san Pietro si chiude, tutti si mettono alla scrivania. Seguono i ritratti e le interviste, comprensive di un volto famoso dello spettacolo, che testimoni la sua devozione nei confronti del Papa e l’orgoglio di averlo conosciuto.
La lezione di Mayer con padre Pio è stata insomma appresa appieno, e se fra le pagine de Il mio Papa scorre più energia e meno profumo di violette di quanto accadesse ai tempi di Gente con il frate di Pietrelcina, è perché Francesco vi appare come un uomo robusto dall’espressione spiritosa e molte cose da fare; di quel genere convinto, come nella famosa battuta di “Forrest Gump”, che a rimboccarsi le maniche i miracoli “accadono tutti i giorni”.
Nella scia del pellegrinaggio romanzato, un classico del secondo Ottocento, è invece il grande servizio successivo, “L’avventura di fede”, riguarda una famiglia argentina altamente tradizionale, Alfredo e Noel Walker con i quattro figli, che da marzo sta attraversando il continente americano su un pullmino per presentarsi puntuale a Philadelphia il prossimo 22 settembre per l’incontro mondiale con le famiglie.
Raccontano di incontri, di soggiorni offerti e accettati presso famiglie e conventi, del pullmino che nel passaggio dalla Colombia a Panama hanno dovuto costosamente spedire via aereo. Bell’avventura, senza dubbio, e anche un sacco di giorni di scuola saltati: forse anche i Walker sono meno tradizionali di quanto sembrino. Dopo l’inserto staccabile sulle vite dei santi (questa settimana l’agiografia riguarda sant’Alfonso de’ Liguori vescovo, in sintesi il compositore di “Tu scendi dalle stelle”), poco prima del cruciverba a tema, dell’agenda (“ecco come e dove vedere il Papa”) e dei programmi televisivi selezionati solo in relazione alle presenze del pontefice fra le varie reti, ecco il colpo, questa volta al cuore: i disegni dei bambini al “nonno di tutti” arrivati in redazione.
Vittoria facile, epperò il pastello del papa bianco e rosa sopra una distesa di cuori rossi di una certa, piccola Anna P. Acquaviva di Locorotondo, e sono sempre terre di padre Pio, è oggettivamente irresistibile.
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