ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 27 settembre 2015

I polli del cortile

MICROMEGA, FRANCESCO E L'ALTRA CHIESA


Presentato nei giorni scorsi il numero speciale della rivista laicista Micromega, che ha chiesto a una trentina di cattolici – in larga parte dell’area ‘progressista’ – di rispondere ad alcune domande riguardanti caratteristiche, fatti e attese del pontificato di Francesco. Dai contributi apparsi emerge una prevalente soddisfazione per come sta operando il papa argentino, ma anche qualche critica pungente, come quella di Valerio Gigante e don Vitaliano della Sala.


In vista del Sinodo di ottobre è appena uscito un numero monografico del bimestrale “Micromega” su papa Francesco. La rivista, diretta dall’intellettuale laicista Paolo Flores d’Arcais, dedica la trentina di contributi ospitati a fratel Arturo Paoli, di cui pubblica il testamento spirituale (sotto il titolo: “Wojtyla e Ratzinger hanno tradito il Concilio”, accompagnato da un’ampia riflessione sul religioso morto il 13 luglio a 102 anni (sotto il titolo “Arturo Paoli. Il coraggio della povertà”). Le altre duecento e più pagine riportano le risposte fornite da ecclesiastici, religiosi, intellettuali vari – quasi tutti dell’arcipelago cattolico ‘progressista’ – a otto domande su papa Francesco in relazione a sfide e problemi attuali della Chiesa, prossimo Sinodo compreso. Ne emerge un favore generale che non sorprende verso il Pontefice regnante. Tuttavia appaiono anche dei ‘distinguo’ e pure una sorta di ‘stroncatura’ da parte di due esponenti della sinistra cattolica: il giornalista Valerio Gigante e il prete ‘no global’ don Vitaliano della Sala. Da notare anche un’ampia riflessione finale di Jean-Louis Schlegel (filoso e sociologo vicino alla rivista Esprit). Di seguito un florilegio di alcuni dei contributi più interessanti o comunque significativi dell’atteggiamento di un’area non marginale del cattolicesimo italiano verso papa Francesco. 
Le persone prima della dottrina/don Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco: La prospettiva (di papa Francesco) si differenzia profondamente dai messaggi dei suoi predecessori. Se Paolo VI  aveva messo posto l’attenzione alla vita interna della Chiesa, papa Wojtyla al riscatto di una Chiesa prigioniera dei regimi ostili e Benedetto XVI al dilemma fede-ragione, papa Bergoglio spazia negli agglomerati urbani di periferie abbandonate. Ne risulta una lettura molto lontana dalle problematiche riflesse dalle culture occidentali, ma ha il merito – da cui l’immensa popolarità – di leggere il cuore delle persone, offrendo soluzioni religiose che non dimenticano i problemi reali della vita. (…) Da questo nucleo essenziale di messaggio derivano le modalità caratteristiche di questo Papa: la gradualità dell’importanza delle verità, la tolleranza, la misericordia, il dialogo. 
Il cantiere di Francesco e le nostre responsabilità/don Aldo Antonelli, parroco ad Antrosano (L’Aquila), coordinatore di ‘Libera’ e della ‘Casa per la pace’ della provincia dell’Aquila: La Curia e il Vicariato sono delle brutte, strane bestie, che quando ti abbracciano ti strozzano; e si ha l’impressione che il motto che campeggia in prima pagina dell’Osservatore Romano ‘Non praevalebunt’ non sia a difesa della Chiesa ma della Curia. Oggi come oggi bisognerebbe lanciare un appello in difesa del Papa non solo dagli attacchi delle destre forcaiole ma anche dalla guerra sorda e lorda che la Curia gli sta facendo. Noi, da parte nostra, non possiamo che rallegrarci per la venuta di papa Francesco, per le scelte ‘diverse’ che ha posto in atto e per le parole ‘altre’ e ‘alte’ che sa offrire alla nostra coscienza e alla nostra responsabilità. In piena sintonia con il grande teologo Johann Baptist Metz, noi restiamo però convinti che il “rinnovamento non si attua solo nel cervello, ma nella prassi trasformata della comunità dei credenti”e che la strada è lunga e il lavoro deve coinvolgere la base. La porta del cantiere è stata aperta. A noi il dovere di valicarla. 
Genuinità pastorale contro il ‘sistema’ granitico/Franco Barbero, dimesso nel 2003 dallo stato clericale, co-fondatore della comunità cristiana di base di Pinerolo, impegnato con il mondo Lgbt: Se c’è un ambito in cui papa Francesco ha tentato un reale rinnovamento della Chiesa, a mio avviso, questo è proprio l’assetto finanziario (Ior e non solo). La banca vaticana finalmente ora soggiace alle norme europee. Ma la riforma della Curia è per ora in gran parte sostanzialmente marginale. Intanto non ha rimosso il prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, Gerhard L. Müller, un reazionario pressoché onnipotente nei sacri palazzi. Inoltre in Vaticano è presente un vero e proprio antipapa che continua a tessere la rete con tutti i tradizionalisti. Non si dica ingenuamente che è il pontefice emerito: è l’antipapa. (…) Tutto questo non mi fa dimenticare la genuinità pastorale di papa Francesco, con il suo straordinario impegno per la pace, contro l’industria delle armi, contro la mafia, contro le disuguaglianze, la sua attenzione costante alla tematica ecologica, il suo respiro ecumenico a tutto campo, contro il lusso clericale. Tuttavia mancano ancora le svolte che diano un volto strutturale ‘altro’ alla Chiesa cattolica. Bisognerà vedere se i significativi gesti ecumenici compiuti finora, nel 2017 troveranno espressione concreta nel confronto con le Chiese della Riforma che ricordano i loro primi cinquecento anni. 
Un cambiamento malgrado tutto/Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di ‘Noi siamo Chiesa’ (filiale italiana di ‘Wir sind Kirche’):Per la prima volta un sinodo dei vescovi è stato all’attenzione dell’opinione pubblica, non solo di quella cattolica. Quindi c’è qualcosa di nuovo. Opinioni di cui fino a dieci anni fa in pochi parlavamo (divorziati risposati, relazioni omosessuali…) sono ora al centro delle discussioni del sinodo. Le resistenze al cambiamento ci sono e sono molto forti; i conservatori faranno le barricate per impedire qualsiasi innovazione. L’ Instrumentum laboris (…) ha posizioni diversificate, di chiusura sugli omosessuali, con qualche possibilismo sui divorziati risposati ma, per esempio e finalmente, dice cose serie sulla condizione sociale della famiglia. (…) La posizione di Francesco è difficile. Suppongo che l’indizione di un Giubileo della misericordia sia quanto egli ha pensato per indicare che una soluzione può essere trovata mediante uno ‘sbocco’ di tipo pastorale all’impasse. Il ricorso alla misericordia dovrebbe essere il messaggio per accogliere e riaccogliere tutti nella Chiesa, una soluzione prioritaria rispetto a quella ‘dottrinale’, che, senza essere sconfessata esplicitamente, diventerebbe una specie di risposta di serie B al problema. 
La via fattibile della prassi/Adriana Destro, antropologa e Mauro Pesce, storico e biblista: E’ difficile che Bergoglio smentisca dichiarazioni dottrinali del magistero precedente. La sua linea sembra essere tesa – è ovviamente un’ipotesi – a operare dei cambiamenti rilevanti insistendo sulla teologia della misericordia, pur senza negare la condanna di carattere etico-giuridico. Egli accoglie ‘paternamente’ quelli che continuano ad essere considerati dei trasgressori. Un vero mutamento istituzionale consisterebbe in svolte radicali: ammettere il divorzio come lecito nella Chiesa cattolica, allineandosi con quanto hanno fatto da molto tempo le Chiese protestanti. Ma Bergoglio sa bene che a una battaglia teologico-istituzionale dura, se non impossibile, è preferibile un mutamento di atteggiamento pratico che è più facilmente raggiungibile. 
Liberare la Chiesa dal potere dottrinale/don Pierluigi Di Piazza, parroco a Zugliano (Udine), fondatore del Centro di promozione culturale e di accoglienza per immigrati, profughi e rifugiati: Francesco cerca di liberare la Chiesa dal potere dottrinale; i dogmi, le verità della fede definiti nella loro immutabilità, possono diventare assoluti che schiacciano. Lui parla della fede in Dio Padre, nel figlio Gesù, nello Spirito come intuizione, affidamento e ricerca, anche con momenti di incertezza in cui si procede a tentoni, senza sicurezza, per cui una persona non è un buon credente se è troppo sicura di credere, perché quella certezza su Dio non è fede in Lui, ma invece rassicurazione di se stesso. (…) Papa Francesco cerca di liberare la Chiesa dall’aspetto marcatamente istituzionale e dall’organizzazione centralizzata. La Chiesa autentica è quella povera e dei poveri, quella che abita le periferie esistenziali, l’ospedale da campo nel quale è fondamentale vivere con il cuore pieno di compassione che porta a curvarsi sulle ferite per curarle . (…) (Chiesa) non abitata e gestita da funzionari della religione, da burocrati del sacro, ma da persone sensibili, partecipi, coinvolte. (…) Certamente le resistenze sono molte e probabilmente in aumento. 
Francesco, nomen omen/don Paolo Farinella, definito su ‘Micromega’ “parroco in una parrocchia senza parrocchiani e senza territorio nel centro storico di Genova”: Se da un lato papa Bergoglio è innegabilmente un papa di rottura che riaggancia la Chiesa al Concilio vaticano II, che i due papi precedenti avevano messo in naftalina perché strutturalmente tradizionalisti e quindi pieni di paura nei confronti della modernità, dall’altro lato non mi entusiasmo eccessivamente, perché so con certezza che un papa non solo non fa la ‘Chiesa’, ma come la rondine del proverbio, un solo papa non può fare primavera. (…) Legata al sinodo, si è svolta la manifestazione delle famiglie cattoliche a Roma, in piazza san Giovanni (…) La manifestazione è stata ordita contro papa Francesco dalla selva di movimenti di destra che mal sopportano qualsiasi cambiamento e apertura e che vedono il papa come fumo negli occhi. Hanno ragione perché dalla prassi e dalla testimonianza di questo papa costoro sono dichiarati fuori tempo e anacronistici. (…) Non è un caso che il papa li abbia lasciati liberi di manifestare, come volevano, dando prova di democrazia e di rispetto, ma non ha detto una parola di approvazione, né la domenica all’Angelus ha inviato benedizioni o saluti. 
Più ascolto, meno assolutismo papale/ Marta Heizer,  insegnante austriaca di religione, cofondatrice di Wir sind Kirche e presidente internazionale dal 2012 al 2015: Sono sicura che il vescovo di Roma stia facendo del suo meglio. Tanto per cominciare, è molto più disposto ad ascoltare e ad apprendere dei suoi predecessori. La sua teologia sorge dall’attenzione alla pastorale. Ha deciso di imboccare la strada dei sinodi, il che dimostra che crede nel dialogo e nella cooperazione, piuttosto che nell’assolutismo papale. Ha di conseguenza preso anche alcune importanti decisioni dal punto di vista delle nomine. Sono contenta, ad esempio, che il cardinal Burke sia stato rimosso e che lo stesso destino abbiano subito anche i vertici della banca vaticana e il cardinal Bertone… 
Un pontificato tutt’uno con il Vaticano II/ Raniero La Valle, giornalista, politico e intellettuale, cattolico ‘di sinistra’, parlamentare di ‘Sinistra indipendente’ (eletto nelle file del Pci) dal 1976 al 1992: Mi pare che Francesco, molto più di molti suoi predecessori, diverso com’è da tutti i papi della Controriforma, cioè “degli ultimi 4-5 secoli”, come dice il pastore Paolo Ricca su ‘”Cercasi un fine”, abbia capito molto bene che cosa significhi fare il papa nel proprio tempo, e mi pare che abbia tutte le risorse per stabilire tempi, momenti e modi di governo. (…) (Questa diversità del suo essere papa) fa corpo con quella che è stata la ‘diversità’ o novità del concilio, cinquanta anni fa, che egli ha ripreso e continua, al punto che oggi si può dire che concilio e pontificato di Bergoglio non sono due eventi a distanza di mezzo secolo l’uno dall’altro, ma un unico evento. In questa prospettiva il vero cimento del pontificato di Francesco non è questa o quella riforma ecclesiastica, ma il rendere di nuovo credibile la fede a una società che l’ha ricusata, e poter tornare ad annunciare alle persone di oggi la salvezza di Dio. 
Tempo scaduto per i ‘tradizionalisti’/monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo: In questo momento occorre rafforzare il vincolo di comunione con il papa e prendere apertamente posizione nel sostenerne il magistero e il governo. Sicuramente bisogna evitare crociate e anatemi contro gli esponenti di un dissenso tradizionalista, argomentando al positivo le ragioni che rendono anacronistiche certe posizioni. Dare l’illusione che queste frange garantiscano l’ortodossia della fede e della vera tradizione ecclesiale sarebbe un errore che potrebbe costare caro a tutti. In ogni caso è necessario far capire loro che è finito il tempo in cui hanno potuto godere di protezione e favore. 
Bellissime parole, ora i fatti/don Ferdinando Sudati, sacerdote nella diocesi di Lodi, teologo: Papa Francesco sta dando il meglio di quanto ci si potesse aspettare, nell’immediato, da una persona investita dal suo ruolo, cioè di una funzione e istituzione ampiamente irriscattabili. Un papa capo di Stato e con la sinistra storia che si trova alle spalle, anche dando per scontata la sua personale integrità, non potrà mai essere, alla fine, un limpido interprete del Vangelo di Cristo. Gli sono grato, in ogni caso, per l’esempio che sta dando di attenzione ai poveri e agli ultimi, e per la volontà di trasparenza nella Chiesa a tutti i livelli.(…) Pensare che papa Francesco, che per certi aspetti sta andando al cuore del Vangelo, possa essere anche uomo di riforma nella Chiesa, forse è pretendere troppo. Che sia però colui che prepara il terreno per una riforma, sembrerebbe il minimo che possiamo attenderci. Se poi lo volesse, alcune riforme sarebbero ormai mature e potrebbe vararle senza traumi, a parte le alte grida di chi non sarà d’accordo. Oppure con traumi, cioè con forte opposizione e magari qualche scisma, da parte di chi lo voglia e che ha pure il diritto, se la sua coscienza glielo comanda. Ciò non dovrà bloccare l’azione riformatrice. (…) Le riforme a portata di mano potrebbero includere l’ordinazione della donna a tutti i ministeri, il celibato facoltativo per i presbiteri, la celebrazione pienamente comunitaria della penitenza, la canonizzazione senza miracoli, la moratoria sulle indulgenze, la rimozione di veti ormai obsoleti per il fine vita. 
La finta rivoluzione di Francesco/Valerio Gigante, redattore dell’agenzia di informazione politico-religiosa Adista, cattolica di sinistra e don Vitaliano della Sala, dal 1992 al 2002 parroco di Sant’Angelo a Scala (Avellino), poi rimosso per la sua vicinanza ai Centri sociali e al movimento no global. Oggi è amministratore parrocchiale della chiesa madre di Mercogliano (Avellino): La forza di questo pontefice sta anche nel far credere all’opinione pubblica che su gran parte di questi fronti (NdR: curia, Ior, questioni antropologiche, celibato, ordinazione femminile, ecc…) la Chiesa sia sul punto di fare inedite aperture. Solo che poi, quando nel sinodo dell’ottobre 2014 è andato in scena lo scontro tra prelati ‘progressisti’ e ‘conservatori’, il papa ha lasciato che le due fazioni si scontrassero tra di loro, per poi sancire il nulla di fatto. (…) Gli accenti, anche nell’ultima enciclica Laudato si’, sono quelli no global, ma le accuse sono generiche e quindi senza effetto e, come ha rilevato il biblista Piero Stefani sul suo blog, il papa non “offre linee economiche alternative”, privilegiando invece un “afflato paternalistico”. “Tormentoni” come “cultura dello scarto”, “periferie della storia”, “globalizzazione dell’indifferenza”: appelli come “non lasciatevi rubare la speranza”, riferimenti alle tante “colonizzazioni ideologiche” di cui il popolo sarebbe vittima sono le tipiche accattivanti formule di un lessico populista. E, se l’America latina (e l’Argentina, il Paese di origine del papa) convive da decenni con il populismo, in Italia sono ormai oltre vent’anni che l’opinione pubblica ha introiettato questa forma moderna di gestione del potere e del consenso. La novità è che anche la Chiesa cattolica – che già in parte aveva conosciuto questo fenomeno sotto Wojtyla, in un diverso contesto storico ed ecclesiale – utilizza con grande spregiudicatezza questo strumento ‘secolare’. I fedeli, e non solo, vogliono sentirsi dire delle cose, vogliono vedere un papa dimesso, umile, in dialogo, aperto al mondo contemporaneo. E il papa si mostra e parla come sa che il suo pubblico desidera. La radice del populismo è questa: dire e agire come le masse e l’opinione pubblica desiderano. Quanto poi al fare in maniera conseguente a quello che si dice, prima ancora che a ciò che si pensa, quella è ancora e sempre tutta un’altra storia.
MICROMEGA, FRANCESCO E L’ALTRA CHIESA – di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 27 settembre 2015

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