ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 1 settembre 2015

Pregare Chi e perché!?

 

Giornata mondiale della “Laudato si’”. Ma c’è chi obietta


Alla vigilia della giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, indetta da papa Francesco per il 1 settembre, il Vaticano ha diffuso il libretto con la liturgia della parola che sarà celebrata nel pomeriggio in piazza San Pietro.
Lo schema è identico a quello della prima parte della messa, con l’introito, le tre letture, il salmo responsoriale, l’alleluia.
Ma con una eccezione.
Mentre la prima e la terza lettura, come al solito, sono prese rispettivamente dall’Antico Testamento e dai Vangeli, la seconda lettura, invece che da una lettera di san Paolo, è presa dalla lettera enciclica di Francesco “Laudato si’“.
A distanza di tre mesi dalla sua pubblicazione, la “Laudato si’” è ormai diventato il documento più citato ed elogiato di questo pontificato.
Ma anche qui con qualche eccezione, cioè con qualche commento critico.
Uno di questi è dell’ex presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi, in un’intervista di fine agosto a Formiche.net:
> La Chiesa fra immigrazione ed Europa. La versione di Gotti Tedeschi
Eccone qui di seguito i passaggi principali. Gotti Tedeschi è economista e banchiere, ma le sue critiche – si vedrà – sono di carattere non economico, ma primariamente teologico e morale.
*
D. – Molti osservatori hanno criticato la sconcertante mancanza di capacità di decisione a livello europeo, in materia di immigrazione. Quali sono le cause di questa inazione secondo lei?
R. – Da più di venticinque anni, studiando il problema demografico e le sue conseguenze economiche, mi domando cosa pensa chi determina le scelte dei governi europei.
D. – Si è anche risposto?
R. – Quel che ho visto fino a ieri è un’Europa indifferente, e persino incosciente, verso il problema demografico. E oggi vedo un’Europa “costretta” ad accettare la soluzione immigrazione come necessaria a compensare il gap demografico e gli effetti economici ineluttabili dopo la crisi.
D. – Dove ha sbagliato il Vecchio Continente?
R. – L’Europa si è rifiutata di diagnosticare le vere ragioni della crisi economica e ha, negli ultimi sette anni, fatto prognosi errate e cercato soluzioni per la ripresa non sostenibili, persino contraddittorie e conflittuali al suo interno. […] Ma ciò non vale solo in materia economica e politica quanto soprattutto in materia morale. Io credo che l’Europa non si possa realizzare senza una guida morale. Sento già le risate ironiche. […] Quello che mi preoccupa è un possibile indebolimento del ruolo di un’autorità morale come la Chiesa, che si vorrebbe si occupasse meno di evangelizzazione e più di problemi materiali, laicizzando il suo magistero.
D. – Vede differenze tra il papato di Bergoglio e quello dei due papi precedenti?
R. – Vorrei ricordare che la Chiesa, attraverso due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, aveva una strategia nei confronti dell’Europa: ri-cristianizzarla. Se questa strategia non venisse riconfermata e prevalesse invece una visione ecumenica e di laicizzazione della Chiesa, naturalmente per rispetto verso le culture laiche, laiciste e di altre religioni, gli effetti di questa scelta potrebbero esser devastanti.
D. – Ma perché ciò dovrebbe avvenire?
R. – Vede, a parte l’intimidazione tradizionale degli ambienti “laici” – che negli ultimi tempi si è convertita in suggerimenti non richiesti ed approvazioni non giustificate –,  oggi si percepisce un sentimento di pericolo di una terza guerra mondiale, prodotto, si spiega, dal terrorismo, che implica la necessità impellente di evitare fondamentalismi religiosi e concentrarsi invece su fruttuosi dialoghi ecumenici ben più opportuni in società già multietniche e pluraliste.
D. – Sbaglio o non concorda con questa impostazione?
R. – Un supposto settarismo e un supposto fondamentalismo dogmatico possono venir considerati pericoli superiori persino alla laicizzazione e alla sottovalutazione degli effetti del confronto con veri fondamentalismi, potenzialmente conflittuali, che sembrano esser invece accolti e incoraggiati. Ma come si può pensare di accomunare un gruppo di popoli disomogeneo se non condividendo con loro il perseguimento di un bene comune? E come si può conciliare questo se non su valori condivisi? Cosa potrà integrare realmente le persone, individui con una dignità di creature di Dio, se non una visione comune di cosa è libertà, cosa è ragione, cosa è dignità umana? Non si penserà che ciò possa avvenire grazie all’ambientalismo gnostico, vero?
D. – Come secondo lei è salvabile il progetto Europa?
R. – Insisto nella provocazione che creerà ilarità e pure sdegno, ma credo che le vera possibilità del progetto europeo sta in quello di ri-cristianizzazione previsto da Benedetto XVI, centrato sul rafforzamento dei valori comuni nel continente. Oggi si direbbe che questo progetto sia stato messo da parte sostituendolo con un confuso progetto immigrazione che rafforza l’esigenza di multiculturalità e multireligiosità. Invece di pensare alla ri-cristianizzazione dell’Europa mi sembra più probabile che si pensi alla laicizzazione dell’Africa.
D. – Ciò cosa comporterebbe?
R. – In tal modo l’unico valore che dovrebbe accomunare il mondo globale sarebbe la protezione dell’ambiente. Non sarà più la visione antropologica sulla dignità dell’uomo, non sarà più la visione sul senso della vita, sarà un rispetto religioso della madre terra. È evidente che senza veri valori comuni l’Europa rischi di diventare una unione di Stati tipo l’ex Unione Sovietica, costretti a coesistere. Ma un’Europa che si vergogna dei suoi valori, che li rinnega e persino li combatte, non sarà mai nulla. Se i valori comuni su cui si vuole unire l’Europa sono quelli delle leggi cosiddette etiche, che vediamo man mano imposte, sarà peggio.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/09/01/giornata-mondiale-della-laudato-si-ma-ce-chi-obietta/?refresh_ce

 

Vescovi europei: diventare autentici custodi del Creato

Presenza di Dio nel creato

Un invito alle Conferenze episcopali d’Europa perché si uniscano all'iniziativa di Papa Francesco di celebrare domani, 1° settembre, una Giornata mondiale di preghiera per la Cura del Creato insieme con i fratelli Ortodossi e perché la preghiera sia occasione per diventare “autentici custodi” di ciò che Dio ha affidato agli uomini.

A lanciarlo in un messaggio diffuso oggi e ripreso dall'agenzia Sir, è il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), attraverso la sezione “Salvaguardia del Creato” della sua Commissione Caritas in Veritate. “Il desiderio di condividere l’attenzione alla cura del Creato insieme con la Chiesa ortodossa in Europa - ricordano i vescovi europei - è stato e rimane un tema centrale nei rapporti ecumenici del continente che il Ccee favorisce.




L’impegno dei cristiani europei per la salvaguardia del creato
Già con le prime due Assemblee ecumeniche europee (Basilea, 1989 e Graz, 1997) il Ccee e la Kek (la Conferenza delle Chiese europee) si davano il compito di esprimere l’impegno dei cristiani europei per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. Tale desiderio era stato poi ripreso nella Terza Assemblea ecumenica europea (Sibiu, settembre 2007), in occasione della quale i partecipanti raccomandavano che “il periodo che va dal 1° settembre al 4 ottobre venga dedicato a pregare per la salvaguardia del creato e alla promozione di stili di vita sostenibili per contribuire a invertire la tendenza del cambiamento climatico”. 
Il riferimento all'enciclica Laudato si di Papa Francesco
​Nel messaggio, il Ccee fa riferimento alla enciclica Laudato si’ in cui Papa Francesco scrive: “La creazione può essere compresa solo come un dono che scaturisce dalla mano aperta del Padre di tutti, come una realtà illuminata dall’amore che ci convoca a una comunione universale’”. Da qui l’invito dei vescovi europei ad “accogliere questo tempo di preghiera come un’occasione per rispondere alla responsabilità a cui il Signore chiama insieme tutti gli uomini, per diventare autentici custodi di ciò che Lui ha affidato loro”. La Sezione “Salvaguardia del Creato” è guidata da mons. André-Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles e presidente della Conferenza episcopale del Belgio. Ne è segretario il padre Bernard Sorel. (R.P.)
http://it.radiovaticana.va/news/2015/08/31/ccee_preghiera_per_creato_per_diventare_autentici_custodi__/1168550
Si prega il Creatore, non Madre Terra
di Riccardo Cascioli01-09-2015
Creato
Una preghiera per la cura del Creato. È quello a cui ci chiama oggi papa Francesco che ha voluto istituire una apposita giornata mondiale. Rifacendosi a quanto scritto nella sua enciclica Laudato Sii, nella lettera di indizione della giornata il Papa richiama a quella che definisce una «conversione ecologica», che comporta «il lasciare emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo» che ci circonda.

L’interesse per il Creato, in altre parole, è parte di quell’abbraccio positivo a tutta la realtà che nasce dalla fede, dal riconoscere il disegno del Creatore. Si ripropone con una nuova formulazione ciò che è già patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa, e che si sintetizza con una formula: la natura è per l’uomo e l’uomo è per Dio. Vale a dire che il primato dell’uomo, il nostro primato su tutte le creature è legato al dovere di rendere conto al Signore di come l’abbiamo esercitato. Da qui nasce la responsabilità morale, non dal terrore di catastrofi imminenti. Da qui nasce anche la positività dell’intervento sulla natura, atteggiamento opposto a quello di mantenere tutto come è (lasciare ai nostri figli il mondo così come è stato lasciato a noi), tipico di religioni spiritiste.
Pregare per la custodia del Creato, dunque, dovrebbe essere soprattutto la richiesta a Dio di renderci più coscienti della presenza del Creatore. Se i cristiani hanno perso il contatto con il creato e soprattutto un rapporto equilibrato e responsabile con esso, avvertiva già 35 anni fa l’allora arcivescovo di Monaco Joseph Ratzinger, è perché nella Chiesa si è smesso di predicare sulla Creazione. Ben venga dunque questa giornata mondiale di preghiera se è l’occasione di pregare e meditare su Dio Creatore. 
Purtroppo però, si ha l’impressione che l’enciclica, la giornata odierna e altri interventi del Papa, aldilà delle intenzioni, abbiano dato la stura a una sorta di iniziative neopagane, facendo diventare generale ciò che già caratterizzava alcune frange del cattolicesimo, che proprio non riescono a non essere subalterne alla cultura dominante: marxisti anni fa, ecologisti adesso, o magari tutte e due le cose insieme.
Così il nuovo santuario virtuale è diventato la città di Parigi, dove a dicembre è prevista l’ennesima Conferenza intergovernativa sul clima, universalmente giudicata decisiva come lo sono state le 20 precedenti, ovviamente risoltesi con un nulla di fatto. Nei giorni scorsi abbiamo già parlato del “pellegrinaggio ecumenico” organizzato dai vescovi tedeschi appunto alla volta di Parigi. Non sono i soli: l’arcivescovo di Westminster, cardinale Vincent Nichols, pochi giorni fa ha benedetto la partenza dalla cattedrale di Westminster di un altro pellegrinaggio, stavolta in bicicletta, alla volta di Parigi. L’organizzazione è della locale Commissione Giustizia e Pace, e il cardinale ha sottolineato «l’importanza della prossima conferenza sul clima per la custodia della nostra casa comune», riecheggiando così il sottotitolo dell’enciclica.
Sempre pensando alla Conferenza di Parigi, una rete di diciotto organizzazioni cattoliche nel mondo ha lanciato la campagna “digiuna per il clima”, un giorno al mese di digiuno «in segno di solidarietà con le vittime dei cambiamenti climatici». 
Allo stesso tempo Caritas Internationalis e CIDSE (una rete di 17 organizzazioni non governative cattoliche impegnate in progetti di sviluppo) hanno sottoscritto una Dichiarazione solenne delle “Organizzazioni cattoliche che affrontano i cambiamenti climatici”, in cui la parola d’ordine è “giustizia climatica”, qualsiasi cosa essa significhi.
Nelle Filippine poi tutto il mese di settembre è ribattezzato dalla Chiesa locale “Stagione del Creato”, e per l’occasione il cardinale Louis Antonio Tagle lancia la raccolta di firme (obiettivo un milione) per una petizione da consegnare ai capi di Stato e di governo che si riuniranno a Parigi invitandoli a fare di tutto per contenere il riscaldamento globale entro il limite massimo di 1,5°C.
E si potrebbe continuare. A parte il piccolo particolare che nessuno è in grado di regolare la temperatura della Terra, neanche a volerlo, tutto questo attivismo climatico denota un grande cambiamento nell’atteggiamento dei cattolici: ammesso e non concesso che oggi ci si trovi davvero davanti a fenomeni atmosferici estremi senza precedenti, fino a pochi decenni fa parroci e vescovi in situazioni estreme (che evidentemente ci sono sempre state) organizzavano pellegrinaggi, processioni, novene e quant’altro per invocare dal Signore la grazia di una natura maggiormente benigna. Allora c’era la coscienza che il mondo è più grande di noi e che solo Dio è il Signore della natura, come peraltro diversi racconti dei vangeli chiariscono. Si pregava Dio e si cercava nello stesso di costruire realtà e strutture che proteggessero gli uomini dai capricci della natura.

Oggi invece si considera l’uomo il centro di tutto, distruttore e redentore, e allora si organizzano pellegrinaggi alla sede di incontri giudicati importanti, come nel caso di Parigi. Si fa il cammino e invece di costruire ripari si investono somme ingenti per cambiare il clima. In realtà parlare in questo caso di pellegrinaggio è perfino blasfemo: il pellegrino vuole convertire se stesso, in questo caso si tratta di marce per chiedere la “conversione” dei capi di governo.
Di pari passo, e più in generale, sta entrando nella Chiesa il culto pagano di “Nostra madre terra”, dove la religione cattolica è solo il pretesto per occuparsi dei problemi ambientali del pianeta. Basta dare un’occhiata al padiglione della Santa Sede all’Expo di Milano per rendersene conto. Anche il giornalino lì distribuito (“Noi Expo”, curato dalle redazioni di AvvenireFamiglia Cristiana) è tutto un inno a “Nostra Madre Terra”, come dice il titolone di Prima pagina. E anche all’interno siamo invitati «a fare pace con madre Terra»: usare meno plastica, carta riciclata, fare la doccia invece del bagno, fare la raccolta differenziata dei rifiuti, spegnere la luce, usare mezzi pubblici di trasporto e via di questo passo. Su questo saremo giudicati.
Ma l’evento più incredibile è la partecipazione nei mesi scorsi di un cardinale a un rito pagano per Madre Terra (clicca qui). È successo in Argentina nel novembre scorso e protagonista è stato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che si trovava lì per l’iniziativa del Cortile dei Gentili. Ebbene un video che gira in rete,ci mostra il cardinale Ravasi che partecipa a un girotondo intorno a un feticcio, è il culto pagano di Pacha mama (Madre Terra). Immagini che lasciano basiti, per non dire altro. Basti ricordare quanti cristiani nei primi secoli preferirono il martirio piuttosto che bruciare incenso in onore dell’imperatore, e quanti ancora oggi donano la loro vita per non rinnegare Cristo. Un cardinale con un importante ruolo in Vaticano invece rende culto a Madre Terra. E la cosa più incredibile è che nessuno a Roma sembra abbia nulla da ridire.
È proprio vero che di una giornata di preghiera c’è proprio bisogno. 
Martedì 1° settembre 2015, nella Basilica Vaticana, alle ore 17, il Santo Padre Francesco presiederà la Liturgia della Parola in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, da lui istituita in data 6 agosto 2015.

Giornata del Creato, Caritas: modello di sviluppo ingiusto e violento

L'uomo custode del creato
L'UOMO CUSTODE DEL CREATO

Un dossier di Caritas italiana fa il punto sulla crisi ambientale a livello mondiale. I disastri naturali sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi 40 anni, l'industria estrattiva produce danni gravissimi all'ambiente e alla salute delle popolazioni locali in vari Paesi del sud del mondo, fra questi la Repubblica del Congo. Ma una reazione etica è possibile e si può cominciare dalla finanza

FRANCESCO PELOSOROMA
 «Un sistema economico improntato alla massimizzazione del profitto a breve termine, senza considerazioni etiche sulle conseguenze per l’ambiente naturale e la salute umana sta generando» conseguenze preoccupanti per lo stato di salute del Pianeta e per i suoi stessi abitanti «come il surriscaldamento globale, l’acidificazione degli oceani, la perdita di foreste tropicali (si pensi alla foresta Amazzonica in Sud America e alla foresta pluviale nel bacino del Congo in Africa, considerati 'i polmoni del mondo'), lo scioglimento dei ghiacciai perenni dell’Antartide e della Groenlandia». E' quanto si legge fra le altre cose nel nuovo dossier di Caritas italiana dal titolo: «Ecologia integrale. L’industria estrattiva mina sempre più ambiente e salute delle comunità locali» pubblicato in occasione della della prima «Giornata mondiale di preghiera per la Cura del Creato» promossa da papa Francesco per il primo settembre (data in cui cade anche un'analoga Giornata per il Creato lanciata dieci anni fa dalla Cei) ; il testo si muove seguendo e raccogliendo le indicazioni tracciate dall'enciclica «Laudato sì», che non a caso percorrono tutto il documento come degli indicatori per segnalare i temi trattati.

Il dossier affronta tutti i principali temi legati alla crisi ambientale e al suo rapporto con lo sfruttamento delle popolazioni più povere, ma contiene anche una parte propositiva fatta di raccomandazioni e proposte precise indirizzate a governi africani ed europei e alle istituzioni finanziarie internazionali. C'è inoltre un approfondimento sulla situazione della Repubblica del Congo che soffre in modo particolare le conseguenze di uno sfruttamento petrolifero invasivo in cui emergono le responsabilità delle grandi società dell'industria estrattiva.
 I disastri naturali
«Non vi è dubbio – si legge nel dossier - che la questione ambientale si stia tramutando progressivamente in una “emergenza ambientale”, una crisi le cui dimensioni stanno mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza della specie umana». Un discorso che forse può apparire come venato di eccessivo catastrofismo, sottolinea il testo, ma che in effetti è fondato su vari dati relativi ai disastri ambientali degli ultimi decenni. «Dal 1970 al 2012, secondo le stime dell’Organizzazione meteorologica mondiale, sono stati registrati 8.835 disastri, che hanno causato la morte di quasi 2 milioni di persone. Il dato più significativo, tuttavia, riguarda la crescita progressiva e costante di tali disastri». «Negli anni Settanta – si legge - nel mondo si sono verificati 743 disastri, tra cui siccità, alluvioni, ondate di caldo o di freddo estremi, incendi incontrollati e tempeste; nel decennio 2001-2010 ce ne sono stati 3.496. Si tratta di una crescita impressionante in soli trent’anni». Secondo l'Organizzazione meteorologica mondiale a cominciare dal 1970, il numero degli gli eventi naturali catastrofici è quasi raddoppiato ogni dieci anni, oggi questi fenomeni hanno una frequenza di cinque volte maggiore rispetto agli anni Settanta.
Inquinamento e industria estrattiva
«Dinanzi a questi dati allarmanti – rileva il dossier - la comunità scientifica internazionale si è posta la questione delle cause che stanno alterando così vistosamente gli equilibri dell’ecosistema, raggiungendo una risposta pressoché univoca: l’aumento dei disastri naturali deriva dall’azione umana sull’ambiente e si accompagna proporzionalmente all’aumento dell’inquinamento a livello globale e all’approccio sempre più aggressivo dell’uomo nei confronti dell’ambiente naturale, in particolare nel settore dell’industria estrattiva». Sul banco degli accusati finisce fra gli altri la tecnica del 'fracking', la cosiddetta fratturazione idraulica, vale a dire la trivellazione di uno strato roccioso contenente idrocarburi; si segnalano poi come particolarmente gravi e invasivi lo spianamento delle montagne per l’estrazione del carbone a cielo aperto; lo sfruttamento delle “sabbie bituminose” per l’estrazione del petrolio con la conseguente distruzione di distese sconfinate di foreste vergini.
Acqua e guerre
Anche la questione dell'acqua, il cosiddetto oro blu del prossimo futuro, è oggetto dell'analisi del dossier che fa ampio ricorso alla documentazione di istituzioni e centri di ricerca di rilievo internazionale. In questo caso si cita il rapporto World Water Development delle Nazioni Unite, in base al quale «per il 2025, 1,8 miliardi di persone risiederanno in nazioni o regioni con assoluta scarsità d’acqua, mentre i 2/3 della popolazione mondiale (5,3 miliardi) dovrà fronteggiare difficoltà nell’approvvigionamento idrico». D'altro canto si sottolinea come siano già in corso sanguinosi conflitti per il controllo di territori ricchi di acqua mentre fra le cause delle migrazioni forzate, spesso caratterizzate da esodi di massa, c'è anche la carenza di acqua; il timore, si spiega, è che nel futuro questi fenomeni possano assumere dimensioni incontrollabili, ponendo le basi per nuovi grandi conflitti internazionali.
Lo sfruttamento in Congo
Un capitolo a parte è dedicato alla Repubblica del Congo che è uno dei primi paesi produttori di petrolio in Africa, inoltre più del 90% delle entrate derivanti dall'export derivano appunto dall'oro nero che frutta al Paese circa 5 miliardi di dollari l'anno. «La quasi totalità della produzione petrolifera in Congo – afferma il dossier della Caritas – è gestita da compagnie straniere: la compagnia nazionale congolese SNPC (Société Nationale des Pétroles Congolaise) controlla meno del 10% delle esportazioni. Tra le principali compagnie petrolifere straniere presenti nel paese si possono citare la francese Total, l’italiana ENI, le americane Exxon Mobil e Chevron Taxaco e compagnie cinesi che si sono da poco affacciate sul mercato».
Il documento elaborato dalla Caritas, mette in luce in modo specifico l’impatto che hanno avuto le attività delle industrie estrattive sull’ecosistema della foresta pluviale congolese e sulle popolazioni indigene. Secondo i dati raccolti dalla commissione diocesana Giustizia e Pace di Pointe-Noire, l’estrazione petrolifera in Congo ha determinato negli ultimi decenni un grave deterioramento dell’ambiente naturale, con livelli di inquinamento elevatissimi che hanno pregiudicato i principali mezzi di sostentamento delle comunità locali. Non solo: sono aumentate le malattie respiratorie e polmonari, i tumori, le malformazioni congenite, sono state inquinate le falde acquifere e ancora l'acidificazione dei terreni ha prodotto una drammatica crisi nel settore agricolo.
«La situazione della Repubblica del Congo – è la conclusione - un piccolo paese africano ridotto allo stremo dallo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, dove la popolazione soffre danni ambientali e alla salute e costanti violazioni dei propri diritti fondamentali, rispecchia in maniera emblematica le conseguenze di questo modello economico imperante, basato su un liberismo sfrenato che vede le regole come un ostacolo e ritiene qualunque cosa comprabile col denaro».
Molte, infine, le raccomandazione e le strategie di intervento indirizzate alla società civile, ai Paesi europei e a quelli africani. Di particolare interesse quelle rivolte alle istituzioni finanziarie internazionali alle quali si chiede di «restringere i prestiti per progetti petroliferi in Africa ai soli governi che presentino un serio impegno alla trasparenza sull’utilizzo degli introiti in favore di politiche per la riduzione della povertà», di «esigere la trasparenza sui budget sia dagli Stati coinvolti che dalle compagnie petrolifere interessate».
 http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/creato-ecologia-43087/
Card. Toppo: Imparare dai tribali dell’India ad avere cura della terra e dei suoi abitanti
di Nirmala Carvalho
L’arcivescovo di Ranchi parla ad AsiaNews in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato (1 settembre). Nel Paese “più di un milione di tribali è cattolico, e nella nostra cultura noi rispettiamo la natura e ne celebriamo i doni”. Oggi “per essere veri testimoni di Cristo dobbiamo rispondere alla crisi ecologica attraverso una profonda conversione spirituale”.


Mumbai (AsiaNews) – “Grazie alla ricchezza che nasce dalla diversità di tribù, lingue e persone, l’India può essere il modello della comunità mondiale. Lo sviluppo integrale della persona umana, creata a immagine di Dio, deve essere la nostra impresa comune per la ‘cura della nostra casa comune”. Lo afferma ad AsiaNews il card. Telesphore Toppo, arcivescovo di Ranchi, in vista della prima Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, che si celebrerà domani.
La Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato è stata indetta da papa Francesco il 6 agosto scorso. La scelta del primo settembre come data per la celebrazione è per coinvolgere nella preghiera anche la Chiesa ortodossa, che nello stesso giorno festeggia già una Giornata simile.
“Il mondo – afferma ad AsiaNews il card. Toppo – è un luogo meraviglioso in cui vivere. È l’apice della creazione di Dio, in cui c’è spazio per tutti. Tuttavia, nella sua spericolata ricerca del profitto e dei bisogni personali, l’uomo ha spinto ciò che Dio ha creato sull’orlo del disastro. Siamo testimoni di pericolosi cambiamenti climatici in tutto il mondo e la situazione sta peggiorando”.
L’arcivescovo di Ranchi, primo tribale in India a essere creato cardinale, spiega che “vi è urgente bisogno di un approccio comune di persone di ogni religione, dei governi, dei leader dell’economia e dell’industria, per ridefinire lo sviluppo e allontanare un’incombente catastrofe”.
Sostenendo il messaggio “ambientalista” lanciato da papa Francesco con la suaLaudato sì, il card. Toppo spiega: “Più di un milione di tribali in India è cattolico, e nella nostra cultura [tribale] noi rispettiamo la natura e ne celebriamo i doni. Nel mondo di oggi, per essere veri testimoni di Cristo dobbiamo rispondere alla crisi ecologica attraverso una profonda conversione spirituale, che necessariamente implica una sensibilità verso i tribali e le fasce più emarginate della società: i migranti, i contadini senza terra e i lavoratori giornalieri”.
“I tribali cattolici – prosegue il porporato – hanno impresso nei loro cuori che sono il popolo di Dio e i figli della madre terra, un popolo con una sua voce, una sua dignità e una sua sicurezza. Si sono assicurate per loro stesso un posto sotto il sole, come ‘figli della luce’”.

L’enciclica “verde” di Francesco, conclude il card. Toppo, “invita tutti noi a ‘un rinnovato impegno alla missione’. Per questo, il tipo di sviluppo che la Chiesa promuove inizia e finisce con l’integrità della persona umana, creata a immagine di Dio e dotata dal Signore di dignità e diritti umani inalienabili, è ancora più imperativo e urgente per la Chiesa indiana”.
http://www.asianews.it/notizie-it/Card.-Toppo:-Imparare-dai-tribali-dell%E2%80%99India-ad-avere-cura-della-terra-e-dei-suoi-abitanti-35182.html

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