I rischi di un Papa Francesco ultra pop
Il viaggio negli Usa di Papa Francesco analizzato da Formiche.net in una conversazione con Maria Antonietta Calabrò, per lunghi anni giornalista del Corriere della Sera, scrittrice ed esperta di cose vaticane
Il messaggio di Papa Francesco al popolo e all’establishment americani,
il confronto con la leadership Usa, i dossier geopolitici
futuri e i crescenti timori di un culto della personalità.
Sono alcuni dei temi affrontati da Formiche.net in
una conversazione con Maria Antonietta Calabrò, per lunghi anni
giornalista del Corriere della Sera, scrittrice ed esperta
di cose vaticane.
Che America ha trovato Papa Francesco?
Bergoglio è giunto in un’America mai così al centro della
politica mondiale. In pochi giorni gli Stati Uniti hanno accolto sia il
Pontefice sia il presidente cinese Xi Jinping, assieme al quale
sono stati fatti importanti annunci sul climate change e si
sono gettate le prime basi per una difficile ma auspicabile governance del
cyber spazio. Senza dimenticare i colloqui con l’omologo russoVladimir Putin sul
destino di Damasco tenuti a margine dell’assemblea generale delle Nazioni
Unite. In poche parole un papa globale come Francesco ha visitato un global
player assoluto e il confronto, come prevedibile, è stato
interessantissimo.
Com’è il rapporto di Bergoglio con la leadership Usa?
E dopo questo viaggio ne esce rafforzato o indebolito?
Da un lato, con la sua venuta, la politica non ha fatto una
bellissima figura. Lo stesso modo in cui il Papa è stato annunciato al
Congresso – the Pope of the Holy See – ha lasciato molto a
desiderare e credo lo abbia irritato perché ha dato l’idea che egli sia un
regnante. Tanto è vero che poi Francesco ha preferito mangiare con gli homeless di
Washington e non con le autorità. Dall’altro il rapporto col presidente Barack
Obama appare forte. Tra i due c’è un rapporto privilegiato che si
manifesta soprattutto sul versante geopolitico. Usa e Vaticano hanno
collaborato sulla crisi di Cuba, nel quale è stato determinante il ruolo della
Santa Sede. E Francesco ha invece auspicato di andare in Cina. E in questo
frangente potrebbe essere il presidente Usa a dare una mano a Bergoglio.
Come ha vissuto il viaggio il Pontefice?
Con soddisfazione, credo, per la straordinaria accoglienza
popolare e per la possibilità di parlare dei temi a lui cari a una Chiesa
importante, come quella americana. Ma anche molto imbarazzo.
Perché?
Nel suo discorso all’Onu, tenuto con grande difficoltà a
causa dei lunghi applausi, è parso evidente che Francesco non ha apprezzato
tutti gli “osanna” che gli sono stati riservati dai politici di ogni
schieramento e nazionalità. Siamo di fronte a qualcosa di più di una forte
forma di rispetto, ma a una sorta di culto della personalità che infastidisce
il Pontefice.
Tutto ciò non fa un po’ parte del suo personaggio? Sembra
quasi che più il Papa si dimostri umile e poco amante dei riflettori, più i
media lo cerchino.
Forse, ma non ama certe attenzioni. In questo è poco
statunitense e nemmeno troppo sudamericano. Penso che sia consapevole del fatto
che egli sia un fenomeno mediatico, negli Usa e non solo. Ma è anche conscio
dei rischi che comporta essere una sorta di rock star, come ha più volte detto
parlando sui voli di trasferimento di questo viaggio americano. Così come oggi
è messo su un piedistallo nonostante gli appunti che rivolge alla politica e
alla stessa Chiesa, così domani potrebbe subire di colpo critiche feroci, che a
dire il vero in parte già non mancano. È vero che i media lo cercano, ma io
vedo anche alcuni problemi di comunicazione che lo riguardano e che sono emersi
in tutta la loro forza in questo tour americano.
A quali problemi si riferisce?
C’è un problema di gestione mediatica della sua figura.
Francesco – come hanno evidenziato diverse testate Usa – durante questa visita
ha contato su una squadra di 60 persone, non solo del Vaticano, dedicata
unicamente alla gestione dei social network. Un team enorme.
Questo, di per sé, porta a una pubblicità che genera spesso reazioni esagerate.
Più che i media tradizionali, sono stati i nuovi media a renderlo un
personaggio così popolare. Ma ci sono alcuni rischi. Lui può e deve far
correggere questo, perché rischia di essere controproducente per lo stesso
messaggio che vuole veicolare.
Quali sono state le principali differenze tra i suoi
discorsi?
In qualche modo si sono completati. Il primo, quello al
Congresso, ha cercato di richiamare la politica al suo impegno originario,
anche se Francesco nell’occasione è stato più diplomatico del solito. Leggendo
il discorso, il Papa ha saltato inoltre tre righe centrali riguardanti critiche
alla politica che non deve essere sottomessa alla finanza e al potere delle
lobby. Nel suo discorso all’Onu ha parlato più liberamente di finanza,
ambiente, difesa dei poveri e dei cristiani perseguitati. In particolare, ha
riservato quest’ultimo argomento alla platea dell’Onu, sede naturale per
discuterne. Al Congresso le sue parole avrebbero potuto essere fraintese e
lette come una giustificazione a intervenire unilateralmente in guerra.
Per quali parole sarà ricordata questa visita negli Stati
Uniti?
Ce ne sono molte: libertà, inclusione, giustizia sociale,
dialogo e apertura a Dio. Penso in particolare al suo richiamo alla libertà di
coscienza anche dei funzionari statali, con riferimento all’impiegata del
Kentucky che ha passato cinque giorni in prigione per non aver voluto svolgere
adempimenti anagrafici in un caso di nozze gay. In questo caso mi sembra che
Francesco si sia fortemente richiamato a quell’esperienza di libertà religiosa
che è fondativa degli Stati Uniti. Rimarrà alle cronache anche la reprimenda ai
vescovi. Nonostante che il blocco dei cardinali americani sia stato tra i suoi
grandi elettori, non ha risparmiato loro critiche, ma sia pure con lo spirito
di paterna correzione e significativamente ha detto di essere venuto lì come
“vescovo di Roma”, quindi alludendo al suo primato di “scelto da Dio”. Anche
se, le dimissioni dello speaker della Camera John Boehner, artefice
stesso del viaggio di Bergoglio, e le forti sottolineature sul tema migratorio,
lasceranno il segno. La canonizzazione di Junipero Serra è
stato poi un sigillo di cattolicità alle radici religiose e ispaniche
dell’identità americana.
A DI MARTEDÌ SU LA7
Eugenio Scalfari: "Da quando c'è papa Bergoglio lascio l'8 mille alla Chiesa cattolica"
Eugenio Scalfari è in fissa col Vaticano e il papa. Ne scrive di frequente, gli piace parlarne. Ancor di più oggi che alla Santa Sede c'è uno come Bergoglio, criticato da tanti che prima di lui hanno apprezzato uno come Ratzinger. "Un Papa più laico dello stesso Stato" lo ha definito non a caso il fondatore di Repubblica intervistato a "Di Martedì" da Giovanni Floris.
Al quale Floris, Scalfari ha sentito il dovere di confessare che "da quando c'è papa Francesco, per la prima volta nella mia vita, ho firmato nella mia dichiarazione dei redditi per lasciare l'8 per mille alla Chiesa cattolica".
http://www.liberoquotidiano.it/news/sfoglio/11833252/Eugenio-Scalfari---Da-quando.html
L'otto per mille
di Eugenio Scalfari |
Colpo di teatro, ieri sera, a “di martedì” su La7: il fondatore di “Repubblica” Eugenio Scalfari, dinanzi a un divertito Giovanni Floris ha rivelato di aver sottoscritto, per la prima volta in vita sua, l’otto per mille a favore della Chiesa cattolica. Confermandosi rigorosamente “miscredente”, Scalfari ha motivato la sua scelta collegandola al Pontificato di Bergoglio, “un Papa più laico dello stesso Stato” e che combatte il temporalismo della Chiesa. E poi un Papa profetico e rivoluzionario. Motivazioni sufficienti per il laicissimo Scalfari per fidarsi della Chiesa cattolica. Quella Chiesa che con i fondi dell’otto per mille destinati dagli italiani va in soccorso dei poveri in Italia e nel mondo e supplisce, di fatto, a un welfare sempre più traballante.
Cosa dire della scelta del “miscredente” Scalfari? Benvenuto in quell’esercito di milioni di italiani che da decenni si fidano della Chiesa e le affidano una piccolissima parte delle loro tasse destinate non solo alle esigenze di culto, ma soprattutto ad alleviare, per mille strade, le sofferenze dei poveri. Che stanno a cuore al Papa come a tutti i credenti. E ai laici, laicisti e laicissimi in buona fede. |
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