GAY MA BELLI, IL CUORE DELLA RAGIONE CHE IL CUORE NON CONOSCE
Familiare? Questo no. Il teologo e sacerdote e docente che si dichiara omosessuale e chiede la benedizione della chiesa per la sua unione ha molte ragioni del cuore dalla sua, ma come direbbe il giansenista Pascal, c’è un cuore della ragione che il cuore non conosce.
di Giuliano Ferrara | 04 Ottobre 2015 ore 06:29
Monsignor Charamsa ha fatto coming out con un'intervista al Corriere della Sera (LaPresse)
Familiare? Questo no. Il teologo e sacerdote e docente che si dichiara omosessuale e chiede la benedizione della chiesa per la sua unione ha molte ragioni del cuore dalla sua, ma come direbbe il giansenista Pascal, c’è un cuore della ragione che il cuore non conosce. Si era già capito tutto dalla bella lettera di un omosessuale alla sua chiesa, scritta da un magistrato e umanista napoletano, Eduardo Savarese, che si annovera con onore e piacere tra i collaboratori di questo giornale. Questi cattolici innamorati non sono contenti dell’amore, desiderano la codificazione, la glossa istituzionale, la santificazione sacramentale.
Savarese, che ha un impianto mentale conservatore e anticonformista, sa di dirla grossa, è pieno di dubbi fecondi, ripercorre frivolezza e licenziosità non matrimoniale dell’amore gay a cui pure vuole sia destinata la pregnanza eucaristica delle nozze in chiesa. Monsignor Charamsa nel suo coming out rilegge invece la Bibbia e san Paolo con occhio antropologico, e ne conclude che non esiste una prescrizione scritturale contro l’unione omosessuale, è l’amore che fa la differenza, amor vincit omnia, anche il teocentrismo, e un amore benedetto esibice il sacro che è già chiuso in sé.
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Belle parole, fraseggio non sprovvisto di una sua musicalità, dolce color d’orïental zaffiro, un’alba dello spirito che mi fa uscir fuor de l’aura morta che m’avea contristati li occhi e il petto. Via dal buio, inondati dalla luce della bienpensance. Tuttavia l’amore che oggi insegue il petulante rumore del suo stesso nome può essere una cosa bella, può essere filosofico, perfino teologico, può catturare il più puro piacere e la sovrabbondanza della misericordia, ma non è domestico, non è familiare. Come mi venne da dire una volta in tv, l’omosessualità è una cosa fantastica, la consiglio a tutti, ma non è naturale. Socrate e Platone la vivevano come paideia, educazione dell’uomo che è nel fanciullo. I romani la praticavano senza complessi, e lo stesso Cesare era marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti. Sant’Anselmo la liquefaceva nella dialettica conventuale, e nei ritagli di tempo però produceva o deduceva l’argomento ontologico alla maggiore gloria dell’esistenza di Dio. Il cardinale Newman volle essere seppellito accanto a un suo favorito. Flaubert minacciava di “socratizzare” il suo amico Bouilhet e, viaggiando in oriente, si accorse che la sodomia in Egitto era una pratica “bien portée”, che ci si poteva accompagnare ai garçons de bain, che sono tutti “bardaches”, ma aggiungeva “ça m’a fait rire, voilà tout”. Proust scavava più a fondo nel suo cuore di recchia, nondimeno apprezzava la ritualità mondana della cosa.
Le varianti sono tante, e tutte legittimate dal fatto, ma che c’entra il diritto? Il diritto matrimoniale, canonico o civile, è consacrato ad altro, e non a caso: ogni omosessuale è figlio di un atto eterosessuale, compreso l’utero in affitto e altri artifici dubbi della legge secolare. E la cosa si spiega, non c’è bisogno di tante parole. Le tante e belle parole che oggi si sprecano per dimostrare il contrario, la familiarità dell’amore fuori e contro il matrimonio com’è, o com’era, non soltanto espellono l’amour bleu dal suo cuore d’ombra, che è la sua luce particolare, arrivano a procedure di conformità nuziale e parentale che la natura della mente, prima ancora della legge naturale, rigetta. Non voglio adesso tirar fuori l’arma assoluta del peccato, termine abbastanza svalutato dal rifiuto di discernere bene e male morale in nome dell’abbraccio misericordioso al mondo, e non ho tutta questa competenza: peccatore sì, ma non analista della materia. Ma se il monsignore non apprezza la castità sacerdotale, va bene, c’è tutta una vita cristiana oltre la dispensa dai voti, non c’è bisogno di mettere sottosopra la chiesa latina. Per un flirt tra parigrado, poi.
La caduta ha qualcosa a che fare con la differenza, come insegna il comportamento di Adamo ed Eva (“maschio e femmina li creò”), dubito che l’uguaglianza genitale redima o anche solo riscatti nel sentimentalismo domestico il bel dramma dell’amore e del piacere, hominum divomque voluptas. Affermo categoricamente che il magistrato Savarese ha il dovere virile di perseguire la sua felicità illuministicamente, senza ostia a consacrazione del suo amore. E che Monsignore non deve trattare san Paolo come un imbecille, scherzando sulla Lettera ai romani.
Buon Sinodo.
Categoria Cultura
COMMENTO
1- maurizio guerrini • un'ora fa
Il bel monsignore o non ha letto Mt 19,11, oppure ha deciso di derogare per il fatto che si parla di matrimonio fra uomo e donna e ritiene che Gesù abbia dimenticato la versione gay, perché figlio del suo tempo (bestemmia) non aggiornato alla modernità.
In ogni caso il signor Charamsa, se ritenesse di aver sbagliato a nascondere qualcosa, può pentirsi ed essere un buon cristiano ma, facendo outing, lui con la Chiesa che c'azzecca?
Il cardinale Ruini: "Provo pena per Charasma"
"Più pena che sorpresa": è questo il sentimento provato dall'ex capo della Cei dopo il coming out di monsignor Charamsa, che ha confidato di essere gay e di avere un compagno
"Più pena che sorpresa": è questo il sentimento provato dall'ex capo della Cei dopo il coming out di monsignor Charamsa, che ha confidato di essere gay e di avere un compagno
Nel giorno in cui si apre il Sinodo, l'outing di monsignor Kryzstof Charamsa, membro della Congregazione per la dottrina della fede, continua a tenere banco.
Non solo tra i fedeli ma anche tra i religiosi. In un'intervista al Corriere della sera il cardinaleCamillo Ruini, ex capo della Cei, spiega di aver provato "un’impressione di pena, più ancora che di sorpresa, soprattutto per il momento che ha scelto". E la perfetta sincronia tra l'inizio del Sinodo e la confessione-choc è balzata subito agli occhi. Impossibile pensare che la coincidenza non fosse voluta. Ruini è certo che l'intervista del teologo gay "non farà certo piacere ai sinodali, ma non avrà alcun influsso sostanziale". Il Sinodo, com'è noto, sarà chiamato ad affrontare i temi legati alla famiglia, con al centro le situazioni di fragilità. L'omosessualità è una di queste e l'assemblea ormai da mesi si preannuncia divisa tra le posizioni dei progressisti e quelle dei conservatori.
Ruini prosegue dicendo che a monsignor Charamsa direbbe questo: "Come prete ho anch’io l’obbligo di tale astinenza e in più di sessant’anni non mi sono mai sentito disumanizzato, e nemmeno privo di una vita di amore, che è qualcosa di molto più grande dell’esercizio della sessualità". La frase di papa Francesco "chi sono io per giudicare un omosessuale che cerca Dio?", osserva Ruini, "è forse la parola più equivocata di papa Francesco. Si tratta di un precetto evangelico, non giudicare se non vuoi essere giudicato, che dobbiamo applicare a tutti, omosessuali evidentemente compresi, e che ci chiede di avere rispetto e amore per tutti. Ma papa Francesco si è espresso più volte chiaramente e negativamente sul matrimonio tra persone dello stesso sesso". Ruini si sofferma anche sulla presunta lobby gay che sarebbe, secondo alcuni, ai vertici della Chiesa: "Sarebbe una cosa triste se fosse vera".
Quindi Ruini parla dell’iter delle unioni civili in Italia: "Proprio il modello tedesco - spiega - prevede che le copie omosessuali abbiano in pratica tutti i diritti del matrimonio, eccetto il nome. E la proposta di legge su cui si discute in Parlamento apre uno spiraglio pure all’adozione. Si sa benissimo, e alcuni sostenitori della proposta lo dicono chiaramente, che una volta approvata si arriverà presto ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e alle adozioni".
"L’umanità - aggiunge il cardinale - attraverso i millenni ha conosciuto la poligamia e la poliandria, ma non per caso il matrimonio tra persone dello stesso sesso è una novità assoluta: una vera rottura che contrasta con l’esperienza e con la realtà. L’omosessualità c’è sempre stata; ma nessuno ha mai pensato di farne un matrimonio". Alla domanda se ci sarà anche in Italia un movimento di protesta contro le unioni civili, Ruini replica: "Le avvisaglie ci sono già state con la manifestazione del 20 giugno in piazza San Giovanni. L’organizzazione è stata minima, e il riscontro mi ha colpito molto: si è parlato di 300 mila persone. Se si andasse avanti per una certa strada, difficilmente le proteste mancheranno".
Ex prete omosessuale: "Così mi hanno fatto fuori"
Don Mauro Bonfante: "Il vescovo voleva mandarmi in terapia, mi sono rifiutato"
Don Mauro Bonfante: "Il vescovo voleva mandarmi in terapia, mi sono rifiutato"
L'ho interrotto. Gli ho detto: "Eccellenza mi volete allontanare per la mia omosessualità?". Mi ha risposto che sì, non era opportuna. Ho replicato che il suo predecessore, il vescovo che mi aveva ordinato sacerdote, era perfettamente a conoscenza del fatto che sono un omosessuale. Non è servito. Nonostante le proteste dei parrocchiani, sono stato allontanato. Voleva mandarmi in terapia". È la storia di don Mauro Bonfante, prete cattolico fino all' ottobre di tre anni fa, quando la Curia romana decise di aprire un processo canonico contestandogli un atteggiamento verso la sessualità non consono alla dottrina. Intervistato da Repubblica, Bonfante aggiunge: "Eh sì, forse è stato lui a licenziarmi. O qualcuno del suo ufficio", in riferimento a monsignor Krzysztof Charamsa, il monsignore gay che ha fatto coming out. Alla domanda se esista una terapia per l'omosessualità, l'ex sacerdote replica: "La chiamo io terapia. Esiste un convento nel Nord Italia dove vengono mandati a riflettere i sacerdoti che manifestano tendenze sessuali non consone. Un luogo dove ti aiutano a ritrovare la retta via. Mi sono rifiutato di andarci".
1. CHI È CHRIS CHARAMSA, IL TEOLOGO DEL VATICANO CHE, COL SUO BOMBASTICO COMING OUT, HA SCOSSO LA CHIESA DI PAPA FRANCESCO PROPRIO IN APERTURA DEL SINODO SULLA FAMIGLIA
2. SACERDOTE LONTANO DALLO STANDARD DA PARROCO DI STRADA BERGOGLIANO, IL PRETE POLACCO E’ UNA CREATURA DELLA LOBBY GAY CAPITANATA DA PAPA RATZINGER CHE LO CHIAMO’ NEL 2003 NELL'EX SANT'UFFIZIO POI FU FATTO CAPPELLANO DI SUA SANTITÀ
3. LA MANO CHE STA DIETRO A CHARAMSA È QUELLA DELL'AREA ESTREMA DEI VESCOVI MODERNISTI, DIVISI IN UNA COMPONENTE "MASSIMALISTA", CHE RIVOLUZIONARE LA CHIESA, E UNA PIÙ VASTA AREA "RIFORMISTA", CHE SI RICONOSCE NELLA LINEA SOFT KASPER-BERGOGLIO
Fausto Carioti per “Libero Quotidiano”
‘’È dunque necessario che avvengano gli scandali», si legge nel Vangelo. Per chi e per cosa sia necessario adesso, in apertura del Sinodo sulla famiglia, lo scandalo di Krzysztof Charamsa, bisogna ancora capirlo. Al momento tutto fa pensare a uno specchietto per le allodole, all'estremista utile - suo malgrado - a ogni rivoluzione che per imporsi ha bisogno di legittimarsi come semplice svolta riformista. Anche da questo punto di vista, la Chiesa non fa eccezione.
I fatti certi dicono intanto che Charamsa, sacerdote di 43 anni, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale vaticana, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, insomma un astro nascente nelle gerarchie vaticane, ha fatto pubblica confessione.
Anzi: coming out. Dalle colonne del Corriere della Sera, ieri, ha detto al mondo non solo di essere omosessuale (condizione teoricamente non incompatibile col sacerdozio, se vissuta in castità), ma di avere un «compagno» (e dunque addio castità e addio sacerdozio).
«Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità», ha spiegato il quasi ex sacerdote polacco. Il quale dice di parlare adesso perché questo «è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l' astinenza totale dalla vita d' amore, è disumana».
All' ora di pranzo, in una conferenza stampa allestita in un ristorante vaticano dove si presenta accanto all'«uomo che amo», dice il resto: «Devo parlare di ciò che ho subito al Sant' Uffizio, che è il cuore dell' omofobia della Chiesa cattolica, un' omofobia esasperata e paranoica».
È il caso di dirlo: apriti cielo.
È il caso di dirlo: apriti cielo.
Che la sortita non fosse stata concordata con l' entourage di Francesco, rimasto spiazzato, lo si è capito già a metà mattinata, quando il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, denuncia che «la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell' apertura del Sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l' assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica».
Quanto a Charamsa, «certamente non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la Dottrina della Fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano».
La mano che sta dietro a Charamsa è probabilmente quella dell'area estrema dei vescovi modernisti, che infatti sono divisi in una componente "massimalista", che vuole cogliere l' occasione di questo pontificato per rivoluzionare davvero la Chiesa, e una più vasta area "riformista", che si riconosce nella linea del cardinale tedesco Walter Kasper, molto vicino a Francesco, la quale vuole uscire vincente dal Sinodo introducendo nella pratica pastorale novità sostanziali per omosessuali e divorziati, pur restando, almeno in apparenza, fedele al magistero della Chiesa.
Ma è comunque da Francesco, e dal modo in cui le mosse del papa sono spiegate ai media dal suo entourage, che tutto è partito. È lo stesso Charamsa che gli riconosce questo "merito", quando tra i tavoli del ristorante spiega che Francesco è stato «fantastico», perché «ci ha fatto riscoprire la bellezza del dialogo, non dialogavamo. Ora il Sinodo sulla famiglia sia davvero di tutte le famiglie e nessuna sia esclusa». Il teologo omosessuale chiede al pontefice anche di modificare il catechismo e lo avvisa che presto gli consegnerà una lettera in cui spiegherà le proprie ragioni.
Il Sinodo si apre oggi, dunque, sotto la guida di un papato nei cui confronti le aspettative non solo di Charamsa, ma dell' intero mondo omosessuale cattolico sono altissime. E di certo Francesco e la sua curia non hanno fatto nulla perché così non fosse. A partire da quella volta in cui il papa, in aereo, nel luglio del 2013, a domanda esplicita sulle frequentazioni private di monsignor Battista Ricca, da lui stesso nominato prelato dello Ior, rispose di aver fatto «quello che il diritto canonico manda a fare, che è l' investigatio previa. E in questa investigatio non abbiamo trovato niente».
Aggiungendo comunque subito dopo: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Questa frase è diventata la sintesi del Bergoglio-pensiero, e da allora è stato tutto un susseguirsi di segnali, molto spesso espliciti, inviati a quella che lo stesso Francesco, senza mai condannarla, chiama «la lobby gay del Vaticano».
Un crescendo culminato (per ora) nella partecipazione di gruppi di credenti Lgbt alla veglia di preghiera di ieri sera che ha fatto da preludio al Sinodo. «Ci hanno chiesto spazio anche alcune associazioni di omosessuali cattolici», ha raccontato il direttore dell' Ufficio Cei ad Avvenire, «e per noi sono benvenute. Questa è una Chiesa che, come dice papa Francesco, deve avere tante porte aperte».
Lo stesso incontro che Bergoglio di recente ha avuto a Washington con Kim Davis, l' impiegata cristiana del Kentucky che un mese fa disobbedì all' obbligo di rilasciare licenze di matrimonio per coppie gay e per questo ha subito l' arresto, che aveva fatto pensare a una qualche forma di approvazione del pontefice verso questa nuova forma di obiezione di coscienza, è stato subito derubricato a incontro come tanti, senza significati particolari.
Il solito padre Lombardi ha assicurato infatti che quello con la Davis faceva parte di una serie di «saluti molto brevi di cortesia a cui il Papa si è prestato con la sua caratteristica gentilezza e disponibilità», e che dunque Bergoglio «non è entrato nei dettagli della situazione della signora Davis e il suo incontro con lei non deve essere considerato come un appoggio alla sua posizione in tutti i suoi risvolti particolari e complessi».
Quel bollettino della sala stampa della Santa Sede aggiunge che «l' unica udienza» concessa dal papa nella nunziatura di Washington «è stata ad un suo antico alunno con la famiglia». Cioè a un amico argentino di Bergoglio, Yayo Grassi, dichiaratamente omosessuale, che su invito del papa si è presentato a lui insieme al compagno indonesiano, alla madre e a diversi amici.
Questo per restare a ciò che si vede in superficie. Il resto accade sotto, nel lato oscuro del Vaticano, e al momento lo si può solo intuire. Vi fa cenno il vaticanista Sandro Magister, commentando il gesto di Charamsa sul proprio blog: «Un coming out che ci si potrebbe aspettare anche dai tanti prelati omosessuali che popolano l' entourage di papa Francesco, in ruoli di rilievo e in numero senza precedenti». E anche questo può aiutare a capire certi sviluppi degli ultimi tempi.
2. CHI È CHARAMSA, IL TEOLOGO GAY DEL VATICANO. IDEE, TESI E CURIOSITÀ
Giovanni Bucchi per http://www.formiche.net/2015/10/03/monsignor-charamsa-ecco-chi-il-teologo-gay-del-vaticano/
Un fine intellettuale, un docente universitario autore di numerose pubblicazioni, un teologo e canonista di alto livello, di formazione culturale mittel-europea, conoscitore di diverse lingue. Da un certo punto di vista, un sacerdote lontano dallo standard bergogliano, più avvezzo a frequentare aule universitarie e biblioteche che non parrocchie e fedeli.
E’ anche un prete social, attento alle vicende autonomiste della Catalogna e da sempre legato alla sua terra madre, la Polonia. Ecco chi è monsignor Krzysztof Olaf Charamsa, 43 anni, il teologo del Vaticano la cui intervista al Corriere della Sera in cui rivela la propria omossessualità e di avere un compagno, sta scuotendo la Chiesa cattolica a pochi giorni dall’apertura del Sinodo sulla famiglia.
Tanto che con un intervento di questa mattina, padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha annunciato la revoca degli incarichi alla Congregazione per la Dottrina della Fede e nelle Università pontificie.
LA LUNGA FORMAZIONE DI “CRIS”
Nato il 5 agosto del 1972 a Gdynia, città portuale nel nord della Polonia che si affaccia sul mar Baltico nella baia di Danzica, Krzysztof Olaf Charamsa – per gli amici “Cris” – è stato ordinato sacerdote all’età di 25 anni nella Diocesi di Pelplin dopo il diploma di maturità scientifica e gli studi di filosofia nel seminario maggiore di Pelplin affiliato alla Pontificia Università Lateranense.
Gli ultimi 5 anni di formazione prima dell’ordinazione li ha trascorsi alla Facoltà di teologia di Lugano, in Svizzera (con un breve passaggio come borsista all’Institut Catholique de Paris nel 1994), dove ha ottenuto il baccellierato in teologia nel 1996 (summa cun laude) e la licenza in teologia dogmatica con una tesi dal titolo significativo, soprattutto se letto alla luce delle rivelazioni odierne: “Dio soffre? L’insegnamento della Chiesa sull’impassibilità divina in vista di certe critiche moderne della dottrina”.
Nel 1998 l’approdo a Roma, dove ha frequentato fino al 2002 il corso di dottorato della Pontificia Università Gregoriana e si è laureato dottore in teologia discutendo una dissertazione su “L’immutabilità di Dio. L’insegnamento di San Tommaso d’Acquino nei suoi sviluppi presso i Commentatori scolastici”.
Lo stesso titolo nel 2004 gli è stato poi riconosciuto dall’Università di Stefan Card. Wyszynski a Varsavia. La sua formazione però non si è certo fermata qui: negli anni successivi sono arrivati anche il diploma in lettere latine alla Pontificia Università Gregoriana, il master in bioetica alla Pontificia Università Regina Apostolorum di Roma fino al corso della Penitenzieria Apostolica.
IL PIENO DI INCARICHI
Esaurita la formazione, per monsignor Charamsa è iniziata la fase dei (tanti) incarichi della sua carriera. Da quelli nella Società italiana per la ricerca teologica (socio straordinario) alle prime mansioni pastorali come vicario parrocchiale nella Diocesi di Lugano e cooperatore della parrocchia Santa Maria della Visitazione a Roma. Quindi nel 2003 il grande salto romano: l’ingresso come ufficiale nella Congregazione per la Dottrina della Fede, quando a guidare l’ex Sant’Uffizio c’era il cardinale Joseph Ratzinger. Il quale, una volta salito al soglio pontificio col nome di Benedetto XVI, lo ha anche nominato cappellano di Sua Santità.
Nel 2011 l’ennesimo avanzamento di carriera: monsignor Charamsa diviene componente della Commissione Teologica Internazionale e segretario aggiunto presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana di Roma dove inizia a insegnare, come alla Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum sempre di Roma.
LE PUBBLICAZIONI CON RATZINGER
Nell’intensa attività pubblicistica di monsignor Charamsa torna spesso il nome di Ratzinger così come quelli di altri prelati vaticani, a dimostrazione dei suoi ottimi rapporti con le gerarchie ecclesiastiche romane. Nel 2005, ad esempio, anno in cui il cardinale tedesco è divenuto Papa, viene pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana il primo volume dei “Percorsi di formazione cristiana” con sottotitolo “Perché si generi la forma Christi”, scritto da monsignor Charamsa con il teologo monsignor Gianantonio Borgonovo. Tra gli interventi, ce n’è proprio uno dell’allora cardinale Ratzinger.
Il secondo volume di quella pubblicazione (“Eucaristia e libertà”, 2006) ha invece potuto contare sulla prefazione del cardinale José Saraiva-Martins, all’epoca Prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Il suo successore in quell’incarico, il cardinale Angelo Amato, è invece l’autore della presentazione al volume “Il Rosario – una scuola di preghiera contemplativa. Riflessioni sulla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Rosarium Virginis Mariae” a cui ha collaborato anche monsignor Charamsa.
QUELL’ARTICOLO EDITO DAI DOMENICANI
Fa un certo effetto scoprire oggi, alla luce del suo coming out, come nel 2003 l’intervento dal titolo “Davvero Dio soffre? La Tradizione e l’insegnamento di San Tommaso” scritto da monsignor Charamsa abbia trovato spazio nei fascicoli monografici “Sacra Doctrina” delle Edizioni Studio Domenicano, ossia la casa editrice bolognese diretta da padre Giorgio Carbone, il religioso le cui parole di contrarietà alla teoria gender e alle coppie omosessuali pronunciate qualche settimana fa al Meeting di Rimini hanno destato uno scandalo tale da indurre gli organizzatori della kermesse ciellina a sospendere quegli incontri pubblici.
IL PRETE SOCIAL CHE BACCHETTA I VESCOVI SPAGNOLI
I social-network a monsignor Charamsa piacciono. Dimostra di apprezzarli con i suoi quattro profili (Facebook, Twitter, Google+ e Linkedin), mentre il 28 agosto scorso ha aperto un blog personale(http://cris-charamsa.blogspot.com.es/). Prima dell’intervista scoppiettante di oggi sul Corriere, il sacerdote polacco era intervenuto alcune settimane fa su Catalunya Radio criticando duramente la pronuncia della Conferenza episcopale spagnola che si era detta contraria al referendum sull’indipendenza della Catalogna; per monsignor Charamsa quell’intervento è stato “totalmente inammissibile”, convinto com’è che la dottrina cristiana riconosca l’autodeterminazione dei popoli.
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