E' anche per i bambini che la chiesa è contro il divorzio
I figli con genitori separati hanno bisogno di un padre e di una madre nei cieli, e di un padre e di una madre sulla terra
Il cardinal Kasper
Davvero la storia del bimbo che spezza l'Eucaristia per i suoi genitori divorziati e risposati è così importante? Davvero l'ottica con cui si può guardare a quel fatto è solo e soltanto quella proposta dai kasperiani e dalla stampa in generale? Sarà la mia deformazione di padre, non sinodale, ma di figli in carne e ossa; sarà la mia deformazione di professore, che vede sempre più diffuso il dramma e il dolore dei figli del divorzio, ma io, la storia del bambino, la leggerei diversamente.
Per me quel bambino è anzitutto un figlio che non ha più, con sé, al suo fianco, i suoi genitori. E i suoi genitori non glieli ha tolti la chiesa dei cattivi, quella di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI, e degli innumerevoli papi che li hanno preceduti. Troppo legati alla legge, alla regola, duri di cuore. E quei genitori non li avrà indietro dalla chiesa dei "più buoni", quella del cardinal Kasper, ecc.
Sino a ora la grancassa pro cambiamento della dottrina sulla comunione, aveva suonato solo un tamburo: quello dei poveri adulti, dei poveri genitori risposati. Qualcuno deve aver capito che la chiesa, forse per il suo amore per Gesù bambino, è sempre stata, anzitutto, l'avvocato dei più deboli, cioè dei bambini.
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E invece, la storiella, può avere una lettura diversa.
E' anche per i bambini che la chiesa è contro il divorzio. E' anche per ricordare che i figli hanno diritto ad un padre e a una madre, se possibile, per tutta la vita, che la chiesa nega l'accesso all'altare ai divorziati risposati che permangono nella loro condizione. La nega perché la violazione della comunione familiare, è nel contempo la negazione della comunione con Cristo.
Quel bambino soffre anzitutto perché sballottolato da una casa all'altra; perché, sin da piccolo, non ha un luogo sicuro, stabile, in cui sperimentare l'amore fedele e incondizionato.
Ha dato la comunione, lui, ai suoi genitori, perché vorrebbe che i suoi genitori fossero in comunione tra loro, e con lui. Cosa che purtroppo, nonostante i desideri, non è.
di Francesco Agnoli | 16 Ottobre 2015 ore 15:43
L'enfatizzazione dell'episodio del bambino che dà parte della sua ostia ai genitori divorziati risposati, al fine di rivendicare una sorta di "diritto alla Comunione", mette a nudo il fatto che il vero problema dietro alle tematiche del Sinodo è l'Eucarestia.
Se non altro appare chiaro che il problema vero di questo Sinodo è l’Eucarestia. E prima di parlare di accesso alla comunione dei divorziati risposati (e perché non di tutti coloro che, essendo in peccato mortale, non sono riconciliati?) sarebbe senz’altro meglio chiarirsi se si crede ancora che nell’Eucarestia c’è la presenza reale di Cristo.
Il resoconto fatto ieri in conferenza stampa da don Manuel Dorantesed, collaboratore in lingua spagnola di padre Federico Lombardi, riguardo al racconto fatto in aula di un bambino che durante la Prima Comunione ha dato un pezzetto della sua ostia ai genitori divorziati risposati, è al proposito esemplare.
Ammesso che l’episodio sia vero, non deve scandalizzare tanto il gesto del bambino, un “incidente” evidentemente indotto dall’amore per i genitori e dalla testa piena di chiacchiere sentite sulla presunta esclusione dei propri genitori dalla Chiesa. Si potrebbe al massimo notare che se si desse l’Ostia sulla lingua anziché in mano, certi “incidenti” si eviterebbero. Ma non è questo il punto che qui interessa.
Il problema vero è che ci sia un prete o un vescovo che racconti l’episodio per dargli un connotato positivo a supporto dell’accesso alla comunione dei divorziati risposati. E ancora più grave – ai limiti dell’incredibile – è che ci sia un portavoce del Sinodo che riporti questo racconto come «molto emotivo», lasciando intendere che almeno un buon numero di padri sinodali si siano “inteneriti” nell’ascoltarlo; il tutto senza che né il portavoce vaticano padre Federico Lombardi né nessun’altro dei presenti abbia avuto nulla da eccepire.
Ovviamente la vicenda viene raccontata – e amplificata al massimo dalla grande stampa – come l’emergere dei “veri cristiani”, aperti e misericordiosi, contro i severi e arcigni “dottori della Legge”, che si comportano da «ufficiali di immigrazione che devono controllare perennemente l’integrità di chi si avvicina» (altro intervento in aula riportato in conferenza stampa).
In realtà la vera differenza sta tra chi ancora crede a ciò che la Chiesa ha sempre creduto – ovvero che quel pezzo di pane sia davvero il corpo di Cristo – e chi ha invece ormai ridotto l’accesso alla comunione a uno dei tanti diritti civili della nostra epoca, e che – come Pannella e Bonino insegnano - usa la tipica tattica dei “casi pietosi” per far approvare questo diritto.
Di pietoso in effetti c’è soltanto lo spettacolo di una Chiesa ridotta a mendicare l’approvazione del mondo, disponibile per questo a gettare e calpestare ciò che ha di più caro.
Siamo certi che la maggioranza dei padri sinodali non si sarà affatto commossa alle parole di quel povero prete, e sarà sobbalzata nel vedere come la segreteria del Sinodo abbia deciso di giocare in modo spregiudicato questo episodio. Motivo in più per aspettarsi una risposta chiara e decisa che mostri al popolo cattolico che, accada quel che accada, ci sono almeno dei pastori su cui fare affidamento.
16-10-2015
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-ma-la-chiesa-crede-ancora-nella-presenza-reale-di-cristo-14126.htm
VERGOGNA E CIALTRONERĺA al Sinodo
dedítque discípulis suis, dicens:
Accípite, et manducáte ex hoc ómnes:
Hoc est enim Corpus meum
lo diede ai suoi discepoli, dicendo:
Prendete e mangiatene tutti:
Questo è il mio Corpo
di L. P.
Dopo la scandalosa, sacrilega, putrida, e maleodorante vicenda del sodomita poco rev. mons. Charamsa - la sua confessata pratica omosessuale dichiarata a un giorno dell’apertura di un tristo Sinodo - ecco un’altra non meno squallida scena, squallida in quanto al fatto in sé e non per il soggetto coinvoltovi, che precipita nel mezzo dei lavori sinodali con mielosa dirompenza.
Le cronache e l’informazione della rete ci raccontano la commovente “storia di un bimbo che spezza l’ostia per darne la metà al padre divorziato risposato e che, secondo l’attuale dottrina, non può riceverla”. (Il Giornale, 16 0ttobre 2015 pag. 18)
Operazione e detonazione mediatica di bassa ed infima lega ma altrettanto astuta e fatta brillare “a tempo”, che tende chiaramente ad influire sul corso del dibattito e che, sul proposto ma improponibile tema “Comunione/divorziati”, palesemente si pone come giulebbosa mozione degli affetti che possa smuovere questo tristo Sinodo a rompere non l’attuale – come dice l’autrice dell’articolo – ma l’eterna ed inamovibile dottrina della Chiesa, talché, sparsa qualche calda lagrima di commozione per il gesto del bimbo, si possa scardinare l’ordinamento teologico, canonico e rituale che regola l’accesso all’Eucaristìa.
In pratica: vero ed autentico grimaldello foderato di rosa così come vero e proprio piede di porco quello del poco rev. mons. Charamsa.
Vergognoso, orrido e spudorato espediente che, così come è raccontato e messo in scena mondiale, sa tanto, e palesemente, di un che costruito squallidamente manipolando un’anima candida, quella del bimbo il quale, non diteci il contrario - ché la nostra lunga esperienza di insegnante ci dà diritto di affermarlo - mai sarebbe stato capace, intellettualmente, di comprendere la situazione del genitore e di procedere sponte sua, quasi come un san Martino che divide il mantello col povero, alla spartizione comune dell’Ostia.
Un gesto ideato, programmato, scelto e fatto eseguire secondo un copione collaudato in parallelo coi tempi, un vero “Etat d’esprit”, uno stato culturale, emotivo come solo sanno costruire i centri di “disinformazione” che signoreggiano i massmedia e i flussi dell’informazione.
Un disegno satanico.
Sceneggiatura tipica di certi ambienti filobergoglieschi che, prima con il puzzo della sodomia ed ora con il candore usurpato, lordato e manipolato di un bimbo, tentano di stendere notarilmente un accordo tra Cristo e Belial.
Peggio: la cancellazione di Cristo e la vittoria di Belial.
Ma, cari signori anonimi autori, a fronte di ciò sta, come inalterabile e minaccioso avviso, la parola di Cristo: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in Me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da un asino e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! Ѐ inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo” (Mt. 18, 6/7).
E scandalo sarà se, sfruttando l’emozione indotta e suscitata, i convegnisti dell’illegale Sinodo decideranno di sradicare la legge di Dio per sostituirla con quella dell’uomo.
Ma stiano attenti, che il Signore sa dire ‘basta!’
Nel frattempo, Papa Bergoglio, trova agio e disponibilità per farsi intervistare dal franceseParis Match a cui rivela di aver voglia di mangiare una pizza con gli amici perché “sono un prete di strada”.
Quali dovrebbero essere gli amici di Jorge Mario Bergoglio, Papa della chiesa Cattolica, se non tutti i fedeli?
Un altro esempio di linguaggio che tanto piace alla gente che piace, ma che non si addice alla funzione che riveste. E questo è scandalo, eccome!
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1338_L-P_Vergogna_cialtroneria.html
Sinodo: l'ostia spezzata ai genitori? Oltre il sentimentalismo c'è il sacramento
16 ottobre 2015, Americo Mascarucci
La storia l’ha raccontata durante i lavori del Sinodo sulla Famiglia il vescovo messicano Alonso Gerardo Garza Trevino, della diocesi di Piedras Negras.
E’ la storia di un bambino che faceva la prima comunione, i cui genitori erano entrambi divorziati e risposati e come tali non potevano ricevere l’Eucaristia. Il bambino allora, nel ricevere l’ostia, ne ha staccati due pezzetti e li ha dati ai suoi genitori perché anche loro potessero ricevere la comunione.
La storia ovviamente ha commosso molti, ad iniziare da Papa Francesco ed è stata prontamente presa da esempio per dimostrare quanto “crudele” possa rivelarsi il divieto di ricevere l’Eucaristia per i divorziati risposati.
Una storia che certamente può commuovere ma che tuttavia non può far perdere di vista il nocciolo del problema.
Perché, piaccia o no, il matrimonio resta un sacramento indissolubile e questo non per un capriccio della Chiesa ma per un esplicito comandamento dettato da Gesù e riportato nei Vangeli.
Poi certo, dietro i divorzi ci sono sempre delle storie e delle situazioni particolari, spesso molto diverse fra di loro e quindi è giusto che ogni singolo caso sia esaminato nella sua particolarità, senza escludere a priori alcuna possibile soluzione.
Il sensazionalismo come detto rischia però di far perdere d’occhio la natura del problema.
Conservatori e modernisti si stanno confrontando in questi giorni per stabilire se sul discorso della comunione ai divorziati risposati debba prevalere la verità, ossia il rigoroso rispetto della dottrina, oppure se si debbano trovare soluzioni che privilegino la misericordia rispetto alla disciplina.
Eppure verità e misericordia, non possono essere scisse perché sono le facce di una stessa medaglia.
I divorziati risposati, come hanno sempre ribadito Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono figli della Chiesa e come tali devono essere accolti e inseriti a pieno titolo nella comunità.
Tuttavia la violazione di un sacramento, ossia la rottura del vincolo nuziale e il matrimonio civilistico con un’altra persona, comporta una situazione di “peccato permanente”, quel peccato che Gesù stesso ha configurato come "adulterio".
Ratzinger spiegava inoltre come, proprio il desiderio di ricevere l’Eucaristia negata, rappresentasse per i divorziati risposati uno strumento di salvezza, un segno della loro volontà di riconciliarsi con la Chiesa, un gesto che già di per sé apriva loro le porte del perdono.
Come hanno spiegato vescovi e teologi, non soltanto conservatori ma piuttosto "prudenti", si tratta di un tema molto delicato che va studiato e approfondito senza fughe in avanti, percorsi accelerati e spinte emotive.
La storia del bambino che spezza l’ostia per darla ai genitori che non possono riceverla, per quanto commuovente non può far perdere di vista l’importanza del sacramento e la sua indissolubilità.
Così come è sbagliato chiudere pregiudizialmente le porte alla discussione e alla ricerca di possibili soluzioni, può apparire altrettanto fuorviante e sbagliato, "giocare" sui sentimenti, commuovendo le coscienze o rischiando di far passare il messaggio sbagliato che la dottrina della Chiesa, la dottrina voluta da Gesù, "manchi di umanità".
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