Il lunga cammino sinodale sulla famiglia ha tagliato il traguardo. «Certamente - ha detto Papa Francesco nel suo discorso di chiusura dell’Assemblea - non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto».
Tutti i 94 paragrafi della relatio finale hanno ottenuto i due terzi dei voti, e gli unici che hanno raggiunto il risultato con fatica sono stati quelli riferiti alla questione dell’accompagnamento dei divorziati risposati.
In particolare il paragrafo 85 ha raggiunto i due terzi per appena un voto, 178, contro i 177 necessari. Altri temi molto sensibili, come ad esempio l’omosessualità, sono di fatto spariti dal testo. Un'altra considerazione riguarda l’evidente differenza della Relatio finale rispetto al discusso Instrumentum laboris e, tanto più, alla famigerata Relatio post-disceptationem del sinodo 2014.
I DIVORZIATI RISPOSATI, NESSUN CENNO ALL’EUCARISTIAI tre paragrafi sui divorziati risposati, 84, 85 e 86, riprendono in gran parte il lavoro del circolo Germanicus, in cui vi erano anche il cardinale Walter Kasper, i cardinali Muller e Schonborn, e che fin da subito era stato individuato come la via della possibile mediazione. L’interpretazione del testo l’ha fornita proprio il cardinale Schonborn nel consueto briefing con la stampa all’ora di pranzo: «Non abbiamo parlato in maniera diretta dell’accesso ai sacramenti», ma si è indicata la via del discernimento per l’integrazione nelle comunità cristiane di queste coppie.
Questo è un primo punto che va chiarito: nel testo, come ha sottolineato Schonborn, non c’è alcun riferimento all’eucaristia. Nel n° 85 si cita, come avevano fatto i padri tedeschi nel circolo, la prima parte dell’esortazione apostolica Familiaris consortio al paragrafo 84, laddove appunto si parlava di «ben discernere le situazioni». Poi si dice che «è compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo». Infine, al di là di questi «orientamenti del vescovo» che potrebbero dar luogo a realtà molto eterogenee, il numero 86 si esprime indicando che «questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa».
E’ abbastanza evidente che la scelta di non citare espressamente l’accesso al sacramento, e quindi le questioni poste dall’intero testo di Familiaris consortio al paragrafo 84, è il compromesso raggiunto per poter raccogliere un numero di voti sufficiente a raggiungere i due terzi. Nello specifico quindi bisognerà capire se il Papa vorrà esprimersi chiaramente sulla questione in un eventuale documento, quale ad esempio un'esortazione apostolica o altro. Comunque sono state gettate le basi per questo discernimento più attento nei confronti di realtà che «non devono sentirsi scomunicate».
PERSONE OMOSESSUALI, SOLO UN PARAGRAFOSe ne parla solo al n°76 e solo in riferimento alla famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, per questo «la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione». Ma non c’è nessun tipo di accenno a qualche forma di riconoscimento delle coppie fra persone dello stesso sesso. «Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali - si legge nel testo - non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso».
PATERNITA’ E MATERNITA’ RESPONSABILE (HUMANAE VITAE)Scompare ogni riferimento alla formulazione del problematico n° 137 dell’Instrumentum laboris, mentre al n° 63 della relatio si legge che «conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’Enciclica Humanae Vitae (cf. 10-14) e l’Esortazione ApostolicaFamiliaris Consortio (cf. 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita. Occorre esortare ripetutamente le giovani coppie a donare la vita. In questo modo può crescere l’apertura alla vita nella famiglia, nella Chiesa e nella società».
RIFIUTO DELL’IDEOLOGIA GENDER(N°8): Una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del “gender” che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. (…)
E al n°58 c’è un passaggio rilevante sulla questione della educazione: «Nel cambiamento culturale in atto spesso vengono presentati modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia. La sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico. In alcuni Paesi vengono perfino imposti dall’autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana: rispetto ad essi «vanno affermati con decisione la libertà della Chiesa di insegnare la propria dottrina e il diritto all’obiezione di coscienza da parte degli educatori».
Al termine di questo lungo cammino sinodale, in cui non sono mancati colpi di scena, presunte macchinazioni, ermeneutiche cospirative ad ogni latitudine, i padri hanno ribadito con parole nuove l’insegnamento della Chiesa. Rispetto alle corse in avanti della Relatio intermedia del Sinodo 2014 la frenata è più che evidente. Chi si aspettava grandi novità si ritrova con la Chiesa Cattolica che dice di nuovo che il matrimonio tra un uomo e una donna, aperti alla vita, e che si promettono amore per sempre, sono il mattone su cui costruire il presente e il futuro di ogni società umana. In più ci ricorda che «il matrimonio cristiano non può ridursi ad una tradizione culturale o a una semplice convenzione giuridica: è una vera chiamata di Dio che esige attento discernimento, preghiera costante e maturazione adeguata».
Certamente non tutto è come prima, e tutti dobbiamo lasciarci arricchire dalla Spirito che opera nella Chiesa, tuttavia appare chiaro che c’è una certa frattura nella comunità e che, forse, il Sinodo non finisce qui.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-sinodo-finisce-con-un-compromessoma-lascia-limpressione-di-una-chiesa-divisa-14203.htm
La prudente apertura del Sinodo sui divorziati risposati: non si parla mai di "comunione"
Duro discorso del Papa: "I veri difensori della dottrina non difendono la lettera e le formule, ma lo Spirito"
di Matteo Matzuzzi | 25 Ottobre 2015 ore 10:15
Il paragrafo sull'accompagnamento dei divorziati risposati è stato approvato per un solo voto (LaPresse)
Roma. Il Sinodo ordinario sulla famiglia si è concluso con il via libera alla Relazione finale da parte dei padri. Tutti i 94 paragrafi sono stati approvati dalla maggioranza richiesta dei due terzi. Anche il punto più controverso, quello relativo all’accompagnamento dei divorziati risposati, ha avuto il via libera dall’assemblea, anche se il paragrafo 85 (che delinea i contorni del “discernimento” caso per caso) è passato per un solo voto. In ogni caso, mai viene nominata in quel paragrafo la parola “comunione”, come in tarda serata diversi padri hanno voluto precisare, a cominciare da quelli tedeschi. In mattinata, il testo – già ampiamente rivisto – era stato approvato all’unanimità dalla Commissione redigente, “senza alcuna riserva”, aveva precisato il cardinale Péter Erdo, relatore generale e non di certo ascrivibile tra le file dei novatori. Dalla lettura del documento finale appare evidente che a prevalere è stata la linea portata avanti dal circolo minore in lingua tedesca, la cui relazione ha riscosso notevoli apprezzamenti quanto al linguaggio utilizzato e alla profondità teologica che ne contraddistingue i contenuti. Che la strada fosse quella lo aveva già fatto capire, nel briefing dell’ora di pranzo, il cardinale Christoph Schönborn, che del circolo era stato il moderatore: “Discernimento è la parola chiave”, era stata la frase ripetuta più volte davanti ai giornalisti. E l’urna gli ha dato ragione, benché rispetto al testo del gruppo Germanicus sia stato tolto ogni riferimento alla “comunione”, passaggio resosi necessario per cercare di ottenere un consenso più vasto.
ARTICOLI CORRELATI Aprire no, discernere sì. Sui divorziati arriva in aiuto Wojtyla Sinodo finito, "discernimento" per i divorziati risposati Tante domande e poche risposte nel testo finale del SinodoA ogni modo, la relazione finale premette che “i divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione – si legge – è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza”. Quanto alla loro partecipazione, precisa il testo, essa “può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate”. Il paragrafo 85 è il più controverso, avendo ottenuto la maggioranza dei due terzi per un solo voto, ed è il cuore della proposta tedesca (comunque assai lontana da quella, ben più aperturista, teorizzata dal cardinale Walter Kasper nel concistoro del febbraio 2014). Il punto di partenza è San Giovanni Paolo II, che “ha offerto un criterio complessivo, che rimane la base per la valutazione di queste situazioni”. Criterio che viene menzionato, richiamando il n. 84 di Familiaris Consortio: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido”. E il compito di accompagnare le persone “sulla via del discernimento” è dei “presbiteri”, secondo “l’insegnamento della Chiesa e l’orientamento del vescovo”.
Un cammino non semplice, a ogni modo, considerati i paletti che vengono posti e la chiara indicazione di un “esame di coscienza” da compiere “tramite momenti di riflessione e di pentimento”. Il cardine della proposta messa nelle mani del Papa è la frase in cui si afferma che “pur sostenendo una norma generale è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi”. Da ciò deriva quanto esplicitato al paragrafo 86, dove si chiarisce che “il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere”. Netta secondo le previsioni, invece, la chiusura alle unioni omosessuali.
Le parole di Francesco al termine dello scrutinio
Al termine della votazione, a prendere la parola è stato il Papa, come un anno fa. Francesco ha premesso che aver terminato i lavori sinodali “certamente non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenario della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto”. Sicuramente, ha aggiunto il Pontefice, “non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia”. Significa, ha detto Francesco, “aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosé e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”.
Significa, soprattutto, “aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori”. Significa “aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive”. “Senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri – ha aggiunto ancora Bergoglio – abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che ‘TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI (in maiuscolo nel testo ufficiale, ndr)’".
Durissimo è stato il Papa quando ha detto che “l’esperienza del Sinodo ci ha fatto capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono”. E “il primo dovere della Chiesa – ha chiosato Francesco – non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza”.
ma quale "spirito" potrebbe suggerire di prendere l'Eucaristia in peccato?S. Paolo dice: «Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertantO esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor. 11,27-29).
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