ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 3 novembre 2015

La stagione dei corvi

Nuovi Corvi, vecchie strategie
Corvi in Vaticano
L’arresto in Vaticano di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e di Francesca Immacolata Chaouqui, accusati di aver passato a giornalisti documenti riservati riguardanti le finanze vaticane, rappresenta una nuova sgradevole puntata della stagione dei “corvi”. Probabilmente è un episodio che non è collegato al primo Vatileaks se non per le modalità dell’accaduto e per il fatto che ancora una volta persone chiamate a servire il Papa hanno tradito la sua fiducia. Fatto sta che giovedì 5 novembre usciranno due libri costruiti con il materiale trafugato e con confidenze personali.
Deve esser chiaro che non c’è nulla che giustifichi tali azioni, anche se qualcuno pensasse in questo modo di fare il bene del Papa o della Chiesa. 

Detto questo ci sono un paio di aspetti che vale la pena mettere in rilievo. Il primo riguarda la modalità - canali informali - delle nomine spesso usata in questo pontificato, anche in quelle episcopali. È vero che dato il funzionamento della macchina vaticana, la trafila ordinaria per le nomine può risultare farraginosa e rimanere ostaggio di burocrazia e cordate varie. Ma è altrettanto vero che le scelte fatte sulla base di intuizioni o di segnalazione degli amici degli amici, al di fuori di processi seri di selezione, comportano altrettanti rischi, se non peggiori.
È il caso sicuramente della Chaouqui, nominata a sorpresa nella commissione incaricata di studiare la riforma del sistema economico-finanziario della Santa Sede: era stata raccomandata – a quanto da lei stessa dichiarato – proprio da monsignor Vallejo Balda, che peraltro da segretario della Prefettura per gli Affari economici aveva svolto un ottimo servizio. Eppure che fosse una nomina discutibile era chiarissimo, per chi conoscesse il soggetto. Tanto che il vaticanista Sandro Magister aveva messo subito in evidenza i motivi della inidoneità (clicca qui), ricordando i veleni sparsi durante il precedente pontificato e poi anche i suoi conflitti d’interesse: la Chaouqui lavorava infatti per la Ernst & Young, società di consulenza poi curiosamente ingaggiata dalla Santa Sede. Ma è rimasta una denuncia isolata, soprattutto perché la maggior parte dei vaticanisti ha preferito continuare a costruire un’aurea di infallibilità intorno a papa Francesco, anche su questioni dove non è in discussione il Magistero, magari pensando a prossime nomine. Quanto sta avvenendo in questi giorni dimostra però che così facendo si fa il male del Papa che a parole si dice di difendere.
Del resto il caso Chaouqui non è l’unico: lo stesso Magister aveva immediatamente sollevato il caso di monsignor Battista Ricca, nominato nel 2013 da papa Francesco prelato dello IOR, ma con una brutta storia di scandalo pubblico legato all’omosessualità durante il suo servizio presso la nunziatura in Uruguay.  E altri personaggi che hanno scalato posizioni in questi anni rischiano di provocare problemi in un prossimo futuro. 
Una seconda questione riguarda le reazioni della stampa. Anche se non manca chi prova a riciclare il ritornello della “vecchia guardia” che si oppone alle riforme di papa Francesco, questa volta stupisce l’estrema prudenza, il distacco di quanti fino a pochi giorni fa gridavano al complotto a ogni piè sospinto, perfino per una lettera con tanto di firme consegnata a mano al Papa. Indubbiamente stavolta lo schema della “vecchia guardia” non funziona un granché, visto che la Chaouqui è nomina tutta bergogliana e lo stesso Vallejo Balda da papa Francesco era stato promosso.
Ma la sensazione è che ci sia anche dell’altro. Come se si aspettasse di leggere il contenuto dei libri in uscita per capire verso chi lanciarsi o con quali argomenti. Del resto essendo il tema le finanze della Santa Sede, non si può non ricordare che a capo del dicastero dell’Economia c’è quel cardinale George Pell che da mesi è nel mirino di progressisti e stampa di regime. Hanno già provato – invano - a coinvolgerlo in un caso di pedofilia in Australia; lo hanno poi preso di mira per la lettera dei 13 cardinali durante il Sinodo sulla famiglia. E ora, la Vatileaks 2 potrebbe metterlo in serio imbarazzo. Il motivo di tanto accanimento è che nel Consiglio dei 9 cardinali chiamati a coadiuvare papa Francesco nella riforma della Curia, Pell rappresenta l’unica voce chiaramente opposta a certe pretese progressiste. E vista l’aria che tira di questi tempi, non ci si può stupire di nulla.

di Riccardo Cascioli 03-11-2015

Vaticano, là dove osano i corvi
Chaouqui e Balda
Parafrasando un titolo di un vecchio film si può dire che il Vaticano è là dove osano i corvi. Dopo la triste vicenda del maggiordomo che fotocopiava i documenti dal tavolo di lavoro di Papa Benedetto XVI, e fu Vatileaks 1, oggi va in onda il secondo episodio con passaggio di documenti che riguardano le vicende economiche del Vaticano. E siamo in pieno Vatileaks 2.
Di mezzo c'è ancora il giornalista Mediaset, Gianluigi Nuzzi, che ha fatto la sua bella fortuna anche grazie al maggiordomo Paolo Gabriele, il primo corvo, e che sta per presentare in libreria il suo nuovo scoop - “Via Crucis” - probabile frutto del lavoro dei nuovi corvi, che da ieri sono in stato di arresto da parte della Gendarmeria Vaticana. 
Si tratta del monsignore spagnolo Lucio Angel Vallejo Balda, 54 anni, già segretario della Prefettura degli Affari economici e della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative della Santa Sede, e  la pr italiana Francesca Immacolata Chaouqui, 33 anni, già componente della Commissione referente sulle attività economiche della Santa Sede (Cosea), dove era stata assunta proprio su segnalazione di Vallejo Balda. La dottoressa Chaouqui è stata già rilasciata per aver dimostrato collaborazione alle indagini, mentre il prelato rimane in stato di fermo.
Oltre a Nuzzi, questa volta c'è di mezzo anche un altro giornalista, Emiliano Fittipaldi,gruppo Espresso, che pubblica “Avarizia”, un altro libro sempre sul tema scandali e soldi in Vaticano. Su questi tomi, previsti in uscita per giovedì prossimo, la Sala Stampa della Santa Sede fa sapere che si tratta di una “operazione i cui risvolti giuridici ed eventualmente penali sono oggetto di riflessione da parte dell’Ufficio del Promotore in vista di eventuali ulteriori provvedimenti, ricorrendo, se del caso, alla cooperazione internazionale.”
Una vicenda triste che mette insieme monsignori, giornalisti e affaristi, che girano, anzi volteggiano, intorno ai sacri palazzi. I nuovi corvi avrebbero passato ai giornalisti frasi pronunciate dal Papa in occasioni private, documenti relativi alle revisioni contabili e alla riorganizzazione della curia. 
Quindi, pur essendo questa volta nominati da Papa Francesco, la situazione rimane la stessa di Vatileaks 1: persone di fiducia del pontefice, di fatto, lo tradiscono. Tra l'altro sulla  Chaouqui le chiacchiere si sprecavano già all'epoca della sua nomina, estate 2013. Come scriveva l'informato vaticanista Sandro Magister le notizie su di lei erano già nelle mani della Segreteria di Stato Vaticana, ma il Papa procedette in autonomia su quelle nomine. Era conosciuta per essere la fonte degli scoop di “Repubblica” a proposito delle vicende di Vatileaks 1 e anche di interviste anonime poco prima del conclave che elesse papa Bergoglio. Ed era sempre la Chaouqui che vantava la sua amicizia con Gianluigi Nuzzi, oltre che essere la fonte del noto sito Dagospia.com in materia di Chiesa e dintorni. 
Con buona probabilità fu proprio monsignor Balda a scavalcare il suo superiore, il “bertoniano” cardinale Versaldi, e a consigliare la nomina della Chaouqui direttamente al Papa. Il quale assegnò allo stesso monsignore poteri di un certo spessore all'interno della commissione. "Coordinatore che ha poteri di delegato ed agisce in nome e per conto della commissione nella raccolta di documenti, dati ed informazioni necessari allo svolgimento delle funzioni istituzionali", così si leggeva nel chirografo papale di istituzione della commissione a proposito del ruolo di monsignor Balda.
Per quanto riguarda i due libri di prossima uscita si deve sottolineare che la Sala Stampa vaticana sottolinea come  «non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa.»  
In mezzo a questa confusione gli unici a rimetterci sono proprio coloro che cercano chiarezza e verità, perchè anche le interpretazioni mediatiche di questo Vatileaks 2 potrebbero essere tendenziose. Così come lo furono quelle di Vatileaks 1.
di Lorenzo Bertocchi 03-11-2015

Card. Savino: la lettera dei 13 cardinali al Sinodo non fu un “complotto”

cardenal urosa 01A proposito di complotti in Vaticano, una vicenda narrata in questo modo è stata quella della famosa lettera dei 13 cardinali al Papa in occasione del Sinodo. Tuttavia, in questo caso si è trattato, appunto, di una narrazione mediatica poco corrispondente alla realtà. Infatti, la lettera dei 13 è stata inserita nella trita e ritrita narrazione dell’opposizione “conservatrice” al Papa.
In realtà il modo in cui è stata scritta, il contenuto, nonché la trasparenza usata dai firmatari nei confronti dell’intestatario, il Papa, non hanno nulla a che fare con “complottisti” o altre amenità di gran moda. La lettera, come sappiamo, fu consegnata direttamente nelle mani del pontefice dal cardinale Pell il giorno di apertura del Sinodo.
A questo proposito risultano chiare anche le recenti dichiarazioni del cardinale di Caracas, Urosa Savino. Uno dei firmatari della lettera.
“Ci sono stati alcuni cambiamenti rispetto al tempo degli interventi nelle sessioni generali e per quanto riguarda la commissione incaricata di redigere la relatio finale del Sinodo. Sono stati elementi conosciuti tardivamente. Questo ci ha portato a scrivere una lettera al Papa, molto rispettosa, senza alcun intento polemico, semplicemente portando alcune preoccupazioni e nulla più. Niente di trascendente, né è stato un problema nel Sinodo.”
Per quanto riguarda i risultato del Sinodo il cardinale Savino indica quello di “una maggiore vicinanza alla famiglia. La dottrina sul matrimonio, la famiglia o l’Eucaristia non cambia. Ciò di cui abbiamo bisogno è migliorare la nostra vicinanza e attenzione alle famiglie con problemi”.
“Non è che la Chiesa si deve adattare”, ha specificato il caridnale di Caracas, “ma cercherà di aiutarli a salire verso il punto di vista cristiano. (…) Non cambia la dottrina della Chiesa sull’omosessualità e non cambierà sull’accesso alla Comunione per le coppie di divorziati risposati. Quello che cambia è l’atteggiamento, l’accoglienza, lo spirito di vicinanza”.
Insomma, la lettera dei 13 cardinali fu un gesto di parresia (al di là delle lettere spurie fatte circolare sui media). Il fatto che i cardinali firmatari fossero preoccupati per alcune questioni di metodo va proprio nelle direzione di una maggiore trasparenza, in modo da fugare ogni dubbio su “ermeneutiche cospirative” che, purtroppo, dopo il sinodo straordinario 2014 erano emerse in varie circostanze. Sopratutto dopo la famigerata Relatio post-disceptationem.

Pubblicato il
  in sinodo2015.

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