Stupendo discorso di Putin sull'identità cristiana
Stupendo discorso di Putin sull'identità cristiana e sulla deriva antropologica degli stati occidentali e la loro sistematica distruzione delle loro radici umane e cristiane, senza le quali, si ritorna al primitivismo da cui il Vangelo e la Chiesa ci hanno affrancati.
I GUANTI DI PUTIN
DI RUDY PANKO
russia-insider.com
Putin si leva i guanti e parla di relazioni finanziarie tra paesi del G20 e ISIS
Al summit del G20 summit, Putin denuncia gli stati membri di sostenere il terrorismo
Come a volte succede al cinema, durante il summit G20 di Antalya, Putin, il Presidente russo, ha portato le prove che gli stati del G20 forniscono appoggi finanziari all' ISIS… Poi parlando con i giornalisti, dopo il summit, Putin ha detto:
Putin si leva i guanti e parla di relazioni finanziarie tra paesi del G20 e ISIS
Al summit del G20 summit, Putin denuncia gli stati membri di sostenere il terrorismo
Come a volte succede al cinema, durante il summit G20 di Antalya, Putin, il Presidente russo, ha portato le prove che gli stati del G20 forniscono appoggi finanziari all' ISIS… Poi parlando con i giornalisti, dopo il summit, Putin ha detto:
Ho presentato esempi con dati sul finanziamento fornito alle unità dello Stato islamico da parte di persone fisiche di diversi paesi. Il finanziamento proviene da 40 paesi, come abbiamo stabilito, tra cui alcuni sono anche membri del G20.
Putin ha presentato anche delle immagini satellitari che mostrano come si svolgono le redditizie attività di contrabbando petrolifero nello Stato islamico.
Ho dimostrato ai nostri colleghi, con chiare immagini dallo spazio, la vera dimensione del commercio illegale di petrolio e del mercato dei prodotti petroliferi. Convogli di auto, che si allungano per decine di chilometri, arrivano fin dopo l'orizzonte se si osservano da un'altezza di quattro-cinque mila metri.
È interessante notare che, subito dopo il vertice, gli Stati Uniti hanno annunciato che i loro aerei avevano iniziato a bombardare i convogli dell'ISIS ed i camion usati per "contrabbandare il petrolio greggio che si produce in Siria".
Che strana coincidenza. E 'come se gli Stati Uniti avessero già saputo esattamente dove passavano quei convogli, ma che non si sentissero ancora obbligati a distruggerli fino a quel momento. Il mondo è pieno di misteri!
Ma la vera storia è che Putin in realtà si è alzato in piedi di fronte alle grandi potenze economiche del mondo e ha detto, guardandole in faccia, che la Russia sa esattamente che cosa stanno facendo.
Con rispetto.
Fonte: http://russia-insider.com/
16.11.2015
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l'autore della traduzione Bosque Primario.http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15848
Resoconto di un pellegrinaggio in Terra Santa
Un incontro col Patriarca Latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal. Il suo giudizio su Putin e sull’apostasia dell’Europa
di Cesaremaria Glori
.
Reduce da un pellegrinaggio in Terra Santa svoltosi dal 3 al 10 novembre scorso, sono stato testimone del vertiginoso sviluppo edificatorio portato avanti dalla comunità ebraica con una intensità e con una progressione che la perdurante disponibilità di risorse finanziarie e di mezzi tecnici riesce a mantenere con continuità, salvo le interruzioni sabbatiche. Rispetto al mio precedente viaggio in Terra Santa del maggio 2014, ho notato che gli insediamenti ebraici sono aumentati di numero e disseminati su tutto il territorio palestinese, sovente toccando e penalizzando gli spazi che dovrebbero essere di esclusivo appannaggio dei palestinesi autoctoni. Lo sviluppo edificatorio riguarda non soltanto le abitazioni, consistenti in nuovi villaggi di alti condomini (sei e più piani) circondati da spazi liberi per consentire una separazione di sicurezza dagli insediamenti arabi, ma anche opere pubbliche come strade ed autostrade. L’intero stato di Israele sembra un solo cantiere che ferve, sfruttando per lo più territori che dovrebbero restare nel possesso della comunità araba palestinese autoctona. Sovente le requisizioni e egli espropri riguardano anche comunità straniere cristiane, sia ortodosse (nella maggioranza dei casi) sia cattoliche o riformate. Questo fervore edificatorio mi ha riportato alla memoria quanto accadeva in Italia negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta del secondo dopoguerra. La stessa voglia di fare in fretta e di garantire la ripresa e lo sviluppo commercial/industriale e il benessere di coloro che erano rimasti senza casa, vuoi per emigrazione dal luogo natio vuoi per le distruzioni della guerra. Su questi aspetti ho avuto modo di interloquire direttamente col Patriarca Latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal e con altri prelati palestinesi, fra i quali il rettore del seminario di Beit Jala. A Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal, che ci aveva amabilmente intrattenuto sugli attuali seri problemi della sua gente, ho chiesto se riteneva affidabile come persona e come capo di Stato il presidente russo Putin. Mons. Twal, fissandomi negli occhi, mi rispose con decisione e senza pensarci su con un nitido italico SI. In sovrappiù me ne volle anche dare la spiegazione dicendo che, semmai ce ne fosse stato bisogno, ne aveva avuto la conferma la settimana precedente in occasione della conferenza di Parigi ove, tra le sessantadue rappresentanze di Stati, risaltava l’assenza dei due Stati maggiormente responsabili dell’attuale situazione dell’intero Vicino Oriente, Stati Uniti e Israele. Di Putin lo avevano impressionato le esternazioni di pensiero ripetutamente fatte negli incontri del club di Valdai , fra le quali merita di essere ricordata quella sulla apostasia dell’Europa:
Un’altra sfida seria per l’identità della Russia è legata ad alcuni eventi che si sono prodotti nel mondo. I temi sono due: la politica estera e l’aspetto morale. Possiamo apprezzare come molte delle nazioni euro-atlantiche stanno respingendo attualmente le loro radici, includendo i valori cristiani che costituiscono il fondamento della civiltà occidentale. Stanno negando i principi morali ed ogni identità tradizionale: nazionale, culturale, religiosa e perfino sessuale. Stanno implementando politiche che equiparano le famiglie numerose a coppie dello stesso sesso, la fede in Dio alla fede in Satana. La gente in molte nazioni europee prova vergogna o ha paura di parlare della sua appartenenza religiosa. Le feste religiose sono abolite o piuttosto prendono un nome diverso; il loro significato resta occulto, così come la loro origine morale. Si sta poi cercando di esportare aggressivamente questo modello al resto del mondo. Senza i valori radicati nel Cristianesimo, senza le regole della moralità che han preso forma durante il millennio, i popoli perderanno la loro dignità umana. Noi consideriamo naturale e retto difendere questi valori. Bisogna rispettare i diritti delle minoranze, ma i diritti della maggioranza non devono essere messi in discussione. Alla fine del suo discorso Putin conclude con queste parole: Credo profondamente che lo sviluppo personale, morale, intellettuale e fisico devono rimanere nel cuore della nostra filosofia. Prima del 1990 Solzhenitsyn affermò che l’obiettivo principale della nazione avrebbe dovuto essere quello di preservare il popolo dopo un XX secolo molto difficile.
Il patriarca latino Mons. Twal ci faceva presente che le sue relazioni con gli ortodossi e, soprattutto con il loro patriarca, sono continue ed eccellenti, per cui non è difficile intuire che la fiducia nel presidente russo possa anche derivare dalle continue informazioni che riceve dal confratello greco su quanto si va delineando nella politica di Mosca. L’aspetto morale della personalità di Putin non dovrebbe essere di minor peso rispetto alle considerazioni di natura squisitamente politica espresse da Presidente russo, giacché una sana politica non può mai essere disgiunta da una corrispondente posizione etica.
Nei confronti del terrorismo islamico che si andava diffondendo in Siria, in Irak, in Libia e in misura ridotta in Egitto, grazie al deciso intervento dei militari che avevano fatto uscire dal caos il loro paese, Putin osservava che in quella parte del mondo si andava delineando un poligono di allenamento dei terroristi. Un poligono che era funzionale per una espansione nell’Occidente indebolito moralmente ed incapace di reagire efficacemente proprio per la sua debolezza morale. Un Occidente troppo distolto dalla sua campagna dissolutrice volta ad imporre, tramite élite che hanno abbattuto ogni barriera morale, rivoluzioni antropologiche per abbattere la civiltà cristiana con un regresso non al paganesimo antecedente alla venuta di Cristo ma a costumi ben più arcaici, quei costumi barbarico-bestiali evocati dalla mente malata di un De Sade. Un Occidente talmente snervato che non potrà mai avere la forza di opporsi faccia a faccia al terrorismo fanatico, perché il fanatismo garantisce una carica ideale che l’edonismo spegne del tutto, lasciando semmai spazio ad una reazione emotiva sterile, precipitosa, frutto più della disperazione che di una studiata e determinata strategia. Riguardo all’Islam, la posizione russa è abbastanza netta. Essa è stata ben espressa dal presidente Putin all’assemblea della federazione russa del 2013 con questa parole:
In Russia dovete vivere da russi! Qualsiasi minoranza di qualsiasi parte che voglia vivere in Russia, lavorare e mangiare in Russia, deve parlare russo e deve rispettare le leggi russe. Se preferiscono la sharia e vivere da mussulmani consigliamo loro di andare nei posti in cui la sharia è la legge dello Stato. La Russia non ha bisogno di minoranze mussulmane, sono le minoranze mussulmane ad avere bisogno della Russia e non garantiamo loro privilegi speciali né cerchiamo di cambiare le nostre leggi per adattarle ai loro desideri. Non importa quanto forte gridino “discriminazione”. Non tollereremo mancanze di rispetto nei confronti della nostra cultura russa. Dobbiamo imparare molto dai suicidi di America, Inghilterra, Olanda, Francia etc etc se vogliamo sopravvivere come nazione. I mussulmani stanno vincendo in quei paesi e non ci riusciranno in Russia. Le tradizioni e le usanze russe non sono compatibili con la mancanza di cultura e con le forme primitive della sharia e dei mussulmani. Quando questo onorevole corpo legislativo penserà a creare nuove leggi, dovrà tenere a mente per prima cosa l’interesse nazionale russo, osservando che le minoranze mussulmane non sono russe.
In un altro suo discorso al Valdai Putin disse: Nel corso delle nostre conversazioni coi dirigenti degli Stati Uniti ed europei, parlavo sempre della necessità di lottare assieme il terrorismo, di considerarlo una sfida su scala mondiale. I nostri amici esprimevano il loro accordo ma dopo un po’ ci ritrovavamo al punto di partenza. Dapprima vi fu l’operazione militare in Irak, dopo quella di Libia, posta sull’orlo dell’abisso. Perché la Libia fu ridotta in quello stato? Oggi è un oasi in pericolo di smantellamento ed è divenuta un campo di addestramento per i terroristi. L’America e i suoi alleati hanno cominciato a finanziare e ad armare direttamente i ribelli, permettendo di completare le loro fila di mercenari di diversi paesi. Permettetemi di domandare come fanno i ribelli ad ottenere denaro, armi, ed esperti militari. Da dove proviene tutto ciò? Come è arrivato lo Stato Islamico a trasformarsi in un gruppo tanto potente, in una vera forza armata? Una forza armata che cerca di eliminare quei mussulmani più vicini a noi. L’Arabia Saudita, invece, nemica diretta dei Cristiani, non è stata toccata: laggiù non c’è democrazia ma nessuno la bombarda, mentre Assad, che è quello che protegge i cristiani di rito occidentale ed orientale, che esenta dalle tasse i loro templi senza abbandonare le sue convinzioni religiose lo hanno esecrato come un tiranno.
Questo è il Putin che i Media occidentali, proni alla propaganda interessata giudaico/americana, parla senza tergiversare dicendo con chiarezza quasi sfrontata la dura e cruda realtà della situazione. Ora siamo in guerra. Ma di chi è la colpa? Dovremmo tornare molto indietro nel tempo per trovare la cause lontane. L’Occidente fu debole con Teodoro Herzl e con i suoi finanziatori ebrei che avevano trovato a New York la loro base operativa mondiale. Herzl e i suoi protettori miravano ad edificare uno Stato ebraico in Israele ove già viveva una popolazione che da millenovecento anni abitava là. Herzl cercò l’appoggio di Pio X, ma quel saggio pontefice rifiutò categoricamente presagendo in quel programma nuove sventure per l’Umanità. Poi venne l’ora del Concilio e gli ebrei americani, con alla testa il francese Jules Marc Isaac, fecero pressione sulla Santa Sede ottenendo, con la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, il ritocco della dottrina cattolica sull’Ebraismo , un ritocco colmo di benevolenza verso il “Fratello maggiore”, cioè il popolo ebraico. Ma l’ottenimento di quella dichiarazione conciliare era un falso scopo e sulla sua opportunità si potrebbe anche discutere. L’obiettivo principale, invero, era la legittimazione sostanziale del nuovo Stato di Israele ( quella ufficiale verrà in seguito), ignorando la realtà della tragica situazione in cui già si trovava quella terra ove un’apartheid strisciante cominciava ad essere praticata sempre più in profondità sino a raggiungere i livelli attuali di vere e proprie riserve indiane sparse a macchia di leopardo su alcune parti del territorio israeliano. La verità è che la situazione israeliana è tragica ed insostenibile. Sinora è tenuta compressa da un sistema poliziesco e militare occhiuto, severo, onnipresente, che chiude i varchi e che non esita a sparare al minimo cenno di reazione. Sino a quando potrà durare?
Un fatto è certo: sino a quando la situazione degli Stati vicini resterà compromessa e in pieno caos, Israele potrà continuare a usufruire di una relativa stabilità. Più gli Stati vicini sono in preda al caos politico ed istituzionale, più saranno deboli e controllabili, anche militarmente. Meglio ancora se il loro obiettivo si trasferisse altrove, magari in Europa e negli stessi Stati Uniti sino al punto da provocare, per reazione, una coalizione militare a livello mondiale risolutiva che liberi finalmente Israele dall’incubo dell’accerchiamento islamico. La presenza di Putin è perciò vista come un ostacolo quanto mai pericoloso per la sicurezza d’Israele e non ci si può meravigliare se i russi abbiano catturato, come sembra, un colonnello ebraico che addestrava i miliziani dell’Isis. La cosa non è certa ma verosimile e le motivazioni perché lo sia non mancano di certo.
Giunti a questo punto della nostra riflessione si può cominciare a capire perché la Madonna di Fatima insistesse tanto a volere la consacrazione della Russia al suo cuore immacolato. Appena essa fu fatta, seppure in modo incompleto dal Papa S. Giovanni Paolo II, il colosso sovietico e il suo impero implose. Poi venne Gorbaciov, Eltsin e infine Putin, l’ex KGB che ha stentato a farsi riconoscere come un convertito cristiano. I Palestinesi cristiani gli hanno creduto e hanno fiducia in lui. Se non altro Putin è l’unico capo di Stato di un certo peso che ci abbia personalmente messo la faccia e che abbia cercato di contrapporsi al condominio israelo/statunitense nella gestione del problema del Vicino Oriente, raggiungendo subito significati successi che hanno trovato nel vertice di Antalya il giusto e apprezzato riconoscimento persino dal suo avversario più ostinato, quell’Obama che fu insignito sulla fiducia del premio Nobel per la pace ma che ha continuato a bombardare con le stesse modalità e con i magri risultati dei suoi predecessori.
Accennavo, poche righe sopra, alla Madonna di Fatima e al suo desiderio che la Russia fosse consacrata al suo Cuore Immacolato. Ora cominciamo a comprendere il perché. Sarà La Russia a riportare in alto la bandiera di Cristo e dirigerla verso l’Asia, probabilmente partendo proprio da un mondo islamico pacificato con le buone o con le cattive, molto probabilmente con il concorso di un’Europa obbligata a riprendere le armi per difendersi da un pericolo che ora si è incuneato nelle sue viscere profonde, dall’estremo nord a sud. Dio vuole convertire l’Asia e per farlo ha bisogno di una Russa cristiana autorevole e credibile. Credibile anche dagli avversari. Gli Stati Uniti inseguendo rivoluzioni antropologiche dissolutrici moralmente cominciate nelle Università americane con la rivolta di Berkeley e poi proseguite minando la saldezza delle truppe inviate nell’inferno vietnamita adescate dalla sirena del mette fiori nei vostri cannoni, hanno perso l’autobus della storia. Potrebbero essere ancora in tempo ad invertire la rotta, ma la società americana, come pure quella europea, è intrisa di agnosticismo scettico che avvilisce e snerva disarmando psicologicamente.
http://www.riscossacristiana.it/resoconto-di-un-pellegrinaggio-in-terra-santa-di-cesaremaria-glori/
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Reduce da un pellegrinaggio in Terra Santa svoltosi dal 3 al 10 novembre scorso, sono stato testimone del vertiginoso sviluppo edificatorio portato avanti dalla comunità ebraica con una intensità e con una progressione che la perdurante disponibilità di risorse finanziarie e di mezzi tecnici riesce a mantenere con continuità, salvo le interruzioni sabbatiche. Rispetto al mio precedente viaggio in Terra Santa del maggio 2014, ho notato che gli insediamenti ebraici sono aumentati di numero e disseminati su tutto il territorio palestinese, sovente toccando e penalizzando gli spazi che dovrebbero essere di esclusivo appannaggio dei palestinesi autoctoni. Lo sviluppo edificatorio riguarda non soltanto le abitazioni, consistenti in nuovi villaggi di alti condomini (sei e più piani) circondati da spazi liberi per consentire una separazione di sicurezza dagli insediamenti arabi, ma anche opere pubbliche come strade ed autostrade. L’intero stato di Israele sembra un solo cantiere che ferve, sfruttando per lo più territori che dovrebbero restare nel possesso della comunità araba palestinese autoctona. Sovente le requisizioni e egli espropri riguardano anche comunità straniere cristiane, sia ortodosse (nella maggioranza dei casi) sia cattoliche o riformate. Questo fervore edificatorio mi ha riportato alla memoria quanto accadeva in Italia negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta del secondo dopoguerra. La stessa voglia di fare in fretta e di garantire la ripresa e lo sviluppo commercial/industriale e il benessere di coloro che erano rimasti senza casa, vuoi per emigrazione dal luogo natio vuoi per le distruzioni della guerra. Su questi aspetti ho avuto modo di interloquire direttamente col Patriarca Latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal e con altri prelati palestinesi, fra i quali il rettore del seminario di Beit Jala. A Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal, che ci aveva amabilmente intrattenuto sugli attuali seri problemi della sua gente, ho chiesto se riteneva affidabile come persona e come capo di Stato il presidente russo Putin. Mons. Twal, fissandomi negli occhi, mi rispose con decisione e senza pensarci su con un nitido italico SI. In sovrappiù me ne volle anche dare la spiegazione dicendo che, semmai ce ne fosse stato bisogno, ne aveva avuto la conferma la settimana precedente in occasione della conferenza di Parigi ove, tra le sessantadue rappresentanze di Stati, risaltava l’assenza dei due Stati maggiormente responsabili dell’attuale situazione dell’intero Vicino Oriente, Stati Uniti e Israele. Di Putin lo avevano impressionato le esternazioni di pensiero ripetutamente fatte negli incontri del club di Valdai , fra le quali merita di essere ricordata quella sulla apostasia dell’Europa:
Un’altra sfida seria per l’identità della Russia è legata ad alcuni eventi che si sono prodotti nel mondo. I temi sono due: la politica estera e l’aspetto morale. Possiamo apprezzare come molte delle nazioni euro-atlantiche stanno respingendo attualmente le loro radici, includendo i valori cristiani che costituiscono il fondamento della civiltà occidentale. Stanno negando i principi morali ed ogni identità tradizionale: nazionale, culturale, religiosa e perfino sessuale. Stanno implementando politiche che equiparano le famiglie numerose a coppie dello stesso sesso, la fede in Dio alla fede in Satana. La gente in molte nazioni europee prova vergogna o ha paura di parlare della sua appartenenza religiosa. Le feste religiose sono abolite o piuttosto prendono un nome diverso; il loro significato resta occulto, così come la loro origine morale. Si sta poi cercando di esportare aggressivamente questo modello al resto del mondo. Senza i valori radicati nel Cristianesimo, senza le regole della moralità che han preso forma durante il millennio, i popoli perderanno la loro dignità umana. Noi consideriamo naturale e retto difendere questi valori. Bisogna rispettare i diritti delle minoranze, ma i diritti della maggioranza non devono essere messi in discussione. Alla fine del suo discorso Putin conclude con queste parole: Credo profondamente che lo sviluppo personale, morale, intellettuale e fisico devono rimanere nel cuore della nostra filosofia. Prima del 1990 Solzhenitsyn affermò che l’obiettivo principale della nazione avrebbe dovuto essere quello di preservare il popolo dopo un XX secolo molto difficile.
Il patriarca latino Mons. Twal ci faceva presente che le sue relazioni con gli ortodossi e, soprattutto con il loro patriarca, sono continue ed eccellenti, per cui non è difficile intuire che la fiducia nel presidente russo possa anche derivare dalle continue informazioni che riceve dal confratello greco su quanto si va delineando nella politica di Mosca. L’aspetto morale della personalità di Putin non dovrebbe essere di minor peso rispetto alle considerazioni di natura squisitamente politica espresse da Presidente russo, giacché una sana politica non può mai essere disgiunta da una corrispondente posizione etica.
Nei confronti del terrorismo islamico che si andava diffondendo in Siria, in Irak, in Libia e in misura ridotta in Egitto, grazie al deciso intervento dei militari che avevano fatto uscire dal caos il loro paese, Putin osservava che in quella parte del mondo si andava delineando un poligono di allenamento dei terroristi. Un poligono che era funzionale per una espansione nell’Occidente indebolito moralmente ed incapace di reagire efficacemente proprio per la sua debolezza morale. Un Occidente troppo distolto dalla sua campagna dissolutrice volta ad imporre, tramite élite che hanno abbattuto ogni barriera morale, rivoluzioni antropologiche per abbattere la civiltà cristiana con un regresso non al paganesimo antecedente alla venuta di Cristo ma a costumi ben più arcaici, quei costumi barbarico-bestiali evocati dalla mente malata di un De Sade. Un Occidente talmente snervato che non potrà mai avere la forza di opporsi faccia a faccia al terrorismo fanatico, perché il fanatismo garantisce una carica ideale che l’edonismo spegne del tutto, lasciando semmai spazio ad una reazione emotiva sterile, precipitosa, frutto più della disperazione che di una studiata e determinata strategia. Riguardo all’Islam, la posizione russa è abbastanza netta. Essa è stata ben espressa dal presidente Putin all’assemblea della federazione russa del 2013 con questa parole:
In Russia dovete vivere da russi! Qualsiasi minoranza di qualsiasi parte che voglia vivere in Russia, lavorare e mangiare in Russia, deve parlare russo e deve rispettare le leggi russe. Se preferiscono la sharia e vivere da mussulmani consigliamo loro di andare nei posti in cui la sharia è la legge dello Stato. La Russia non ha bisogno di minoranze mussulmane, sono le minoranze mussulmane ad avere bisogno della Russia e non garantiamo loro privilegi speciali né cerchiamo di cambiare le nostre leggi per adattarle ai loro desideri. Non importa quanto forte gridino “discriminazione”. Non tollereremo mancanze di rispetto nei confronti della nostra cultura russa. Dobbiamo imparare molto dai suicidi di America, Inghilterra, Olanda, Francia etc etc se vogliamo sopravvivere come nazione. I mussulmani stanno vincendo in quei paesi e non ci riusciranno in Russia. Le tradizioni e le usanze russe non sono compatibili con la mancanza di cultura e con le forme primitive della sharia e dei mussulmani. Quando questo onorevole corpo legislativo penserà a creare nuove leggi, dovrà tenere a mente per prima cosa l’interesse nazionale russo, osservando che le minoranze mussulmane non sono russe.
In un altro suo discorso al Valdai Putin disse: Nel corso delle nostre conversazioni coi dirigenti degli Stati Uniti ed europei, parlavo sempre della necessità di lottare assieme il terrorismo, di considerarlo una sfida su scala mondiale. I nostri amici esprimevano il loro accordo ma dopo un po’ ci ritrovavamo al punto di partenza. Dapprima vi fu l’operazione militare in Irak, dopo quella di Libia, posta sull’orlo dell’abisso. Perché la Libia fu ridotta in quello stato? Oggi è un oasi in pericolo di smantellamento ed è divenuta un campo di addestramento per i terroristi. L’America e i suoi alleati hanno cominciato a finanziare e ad armare direttamente i ribelli, permettendo di completare le loro fila di mercenari di diversi paesi. Permettetemi di domandare come fanno i ribelli ad ottenere denaro, armi, ed esperti militari. Da dove proviene tutto ciò? Come è arrivato lo Stato Islamico a trasformarsi in un gruppo tanto potente, in una vera forza armata? Una forza armata che cerca di eliminare quei mussulmani più vicini a noi. L’Arabia Saudita, invece, nemica diretta dei Cristiani, non è stata toccata: laggiù non c’è democrazia ma nessuno la bombarda, mentre Assad, che è quello che protegge i cristiani di rito occidentale ed orientale, che esenta dalle tasse i loro templi senza abbandonare le sue convinzioni religiose lo hanno esecrato come un tiranno.
Questo è il Putin che i Media occidentali, proni alla propaganda interessata giudaico/americana, parla senza tergiversare dicendo con chiarezza quasi sfrontata la dura e cruda realtà della situazione. Ora siamo in guerra. Ma di chi è la colpa? Dovremmo tornare molto indietro nel tempo per trovare la cause lontane. L’Occidente fu debole con Teodoro Herzl e con i suoi finanziatori ebrei che avevano trovato a New York la loro base operativa mondiale. Herzl e i suoi protettori miravano ad edificare uno Stato ebraico in Israele ove già viveva una popolazione che da millenovecento anni abitava là. Herzl cercò l’appoggio di Pio X, ma quel saggio pontefice rifiutò categoricamente presagendo in quel programma nuove sventure per l’Umanità. Poi venne l’ora del Concilio e gli ebrei americani, con alla testa il francese Jules Marc Isaac, fecero pressione sulla Santa Sede ottenendo, con la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, il ritocco della dottrina cattolica sull’Ebraismo , un ritocco colmo di benevolenza verso il “Fratello maggiore”, cioè il popolo ebraico. Ma l’ottenimento di quella dichiarazione conciliare era un falso scopo e sulla sua opportunità si potrebbe anche discutere. L’obiettivo principale, invero, era la legittimazione sostanziale del nuovo Stato di Israele ( quella ufficiale verrà in seguito), ignorando la realtà della tragica situazione in cui già si trovava quella terra ove un’apartheid strisciante cominciava ad essere praticata sempre più in profondità sino a raggiungere i livelli attuali di vere e proprie riserve indiane sparse a macchia di leopardo su alcune parti del territorio israeliano. La verità è che la situazione israeliana è tragica ed insostenibile. Sinora è tenuta compressa da un sistema poliziesco e militare occhiuto, severo, onnipresente, che chiude i varchi e che non esita a sparare al minimo cenno di reazione. Sino a quando potrà durare?
Un fatto è certo: sino a quando la situazione degli Stati vicini resterà compromessa e in pieno caos, Israele potrà continuare a usufruire di una relativa stabilità. Più gli Stati vicini sono in preda al caos politico ed istituzionale, più saranno deboli e controllabili, anche militarmente. Meglio ancora se il loro obiettivo si trasferisse altrove, magari in Europa e negli stessi Stati Uniti sino al punto da provocare, per reazione, una coalizione militare a livello mondiale risolutiva che liberi finalmente Israele dall’incubo dell’accerchiamento islamico. La presenza di Putin è perciò vista come un ostacolo quanto mai pericoloso per la sicurezza d’Israele e non ci si può meravigliare se i russi abbiano catturato, come sembra, un colonnello ebraico che addestrava i miliziani dell’Isis. La cosa non è certa ma verosimile e le motivazioni perché lo sia non mancano di certo.
Giunti a questo punto della nostra riflessione si può cominciare a capire perché la Madonna di Fatima insistesse tanto a volere la consacrazione della Russia al suo cuore immacolato. Appena essa fu fatta, seppure in modo incompleto dal Papa S. Giovanni Paolo II, il colosso sovietico e il suo impero implose. Poi venne Gorbaciov, Eltsin e infine Putin, l’ex KGB che ha stentato a farsi riconoscere come un convertito cristiano. I Palestinesi cristiani gli hanno creduto e hanno fiducia in lui. Se non altro Putin è l’unico capo di Stato di un certo peso che ci abbia personalmente messo la faccia e che abbia cercato di contrapporsi al condominio israelo/statunitense nella gestione del problema del Vicino Oriente, raggiungendo subito significati successi che hanno trovato nel vertice di Antalya il giusto e apprezzato riconoscimento persino dal suo avversario più ostinato, quell’Obama che fu insignito sulla fiducia del premio Nobel per la pace ma che ha continuato a bombardare con le stesse modalità e con i magri risultati dei suoi predecessori.
Accennavo, poche righe sopra, alla Madonna di Fatima e al suo desiderio che la Russia fosse consacrata al suo Cuore Immacolato. Ora cominciamo a comprendere il perché. Sarà La Russia a riportare in alto la bandiera di Cristo e dirigerla verso l’Asia, probabilmente partendo proprio da un mondo islamico pacificato con le buone o con le cattive, molto probabilmente con il concorso di un’Europa obbligata a riprendere le armi per difendersi da un pericolo che ora si è incuneato nelle sue viscere profonde, dall’estremo nord a sud. Dio vuole convertire l’Asia e per farlo ha bisogno di una Russa cristiana autorevole e credibile. Credibile anche dagli avversari. Gli Stati Uniti inseguendo rivoluzioni antropologiche dissolutrici moralmente cominciate nelle Università americane con la rivolta di Berkeley e poi proseguite minando la saldezza delle truppe inviate nell’inferno vietnamita adescate dalla sirena del mette fiori nei vostri cannoni, hanno perso l’autobus della storia. Potrebbero essere ancora in tempo ad invertire la rotta, ma la società americana, come pure quella europea, è intrisa di agnosticismo scettico che avvilisce e snerva disarmando psicologicamente.
http://www.riscossacristiana.it/resoconto-di-un-pellegrinaggio-in-terra-santa-di-cesaremaria-glori/
La Russia “alleata” dell’Occidente? Non si farà fregare
di Enrico Galoppini
In queste ore, in mezzo alle bave alla bocca contro “l’Islam” di tutto il destrume, è tutto un susseguirsi di profferte ed avances alla Russia, affinché si unisca all’Armata del Bene (l’Occidente) contro i “barbari”. Si tratta, ovviamente, di un tranello, oltre che di un pio desiderio, la Russia sapendo bene che l’Occidente la vuol fregare e portarla alla rovina per poi sbranarsela (assieme ai suoi alleati “moderati” del Golfo… coinvolti nella destabilizzazione del Caucaso, tanto per dirne una).
Non è forse la stessa Russia delle “sanzioni” per la Crimea? Quella “omofoba” che non rispetta i “diritti dei gay”? Il laboratorio permanente della frode sportiva? La quintessenza del “dispotismo” incarnato da Vladimir Putin?
Ma la Russia è certamente più accorta di tutti questi pifferai messi insieme, quindi non si farà fregare. Almeno si spera, perché altrimenti sarà una catastrofe.
Per capire come l’Angloamerica, da sempre, utilizza i suoi “alleati” per portarli alla rovina, è utile la lettura di un vecchio libro, scritto e tradotto in italiano in un momento particolare, quando cioè i nodi vennero definitivamente al pettine. Stiamo parlando di Le alleanze dell’Inghilterra, di Anton Zischka (trad. it. Casa Editrice Mediterranea, Roma 1941-XIX; ed. ted. 1940), che prima o poi qualche editore dovrà riproporre, tanto questo studio è una miniera d’informazioni e di spunti per capire come l’Inghilterra, prima potenza “talassocratica”, abbia inteso le sue “alleanze”.
L’America ha, né più né meno, imparato la lezione riapplicandola con maggior zelo. Si pensi all’Iraq, alleatosi all’America in funzione anti-iraniana: gli è giovata questa “alleanza”? E per non andare tropo lontano, pensiamo a noi, all’Italia: facciamo finta che gli Stati Uniti ci abbiano salvato dal sovietismo, ma cosa ci abbiamo guadagnato dagli anni Novanta in poi dalla “alleanza” con loro? Chiediamocelo, e chiediamolo a tutto il variegato parterre dei summenzionati suonatori di piffero, per i quali – dopo aver praticamente distrutto lo Stato ed il senso dello Stato – dovremmo immolarci definitivamente in una guerra per salvare nientemeno che “l’Occidente” e la sua “civiltà” fondata sul denaro ed il prestito ad interesse.
Adesso l’America vuol dare da intendere che sta “disimpegnandosi” dal Medio Oriente, che improvvisamente – per motivi energetici, militari ed altro – sarebbe diventato una seccatura ed una palla al piede.
Tutto ciò è falso, e fa parte della disinformazione da essa pilotata. La verità è che – com’è stato evidentissimo con la questione dei “profughi” – intende scaricare sull’Europa e gli altri suoi “alleati” la patata bollente del caos che ha seminato nella regione a noi contigua. La Turchia, membro della Nato ed in queste ore additata come “traditrice”, viene pungolata a far qualcosa, a “prendersi le sue responsabilità” nel pantano siriano. E come?
Rintuzzando l’iniziativa russa, per esempio, cosicché uno scontro tra Russia e Turchia, preconizzato da molti (e non solo “analisti geopolitici”), aprirebbe le porte a quella “battaglia finale” tra i cui prodromi vi sarebbe la conquista di Costantinopoli da parte della Russia, alla quale farebbero seguito altri eventi inseriti tra quelli dei cosiddetti “tempi ultimi”…
Ma anche se non vogliamo scomodare l’Apocalisse, rendiamoci conto che, in un modo o nell’altro, l’interesse primario dell’Angloamerica è quello di far si che quei nodi al pettine che sono fermi al 1940 diano come esito un’altra guerra mondiale, che come la precedente riduca l’Europa e l’odiato “Vecchio mondo” ad un cumulo di macerie.
Per questo, dei governanti come minimo con la testa sul collo non dovrebbero cadere in questa messinscena che usa il “terrorismo” per farci perdere la bussola, invitando “l’Alleato” a togliersi da solo le castagne dal fuoco, agendo risolutamente per non farsi coinvolgere nelle sue trame e scegliendo finalmente in autonomia con chi essere amico.
LA SIRIA DOPO 4 ANNI DI GUERRA, RACCONTATA DA MADRE AGNÈS-MARIAM DE LA CROIX. UN VIDEO PER CAPIRE
La testimonianza di Madre Agnès-Mariam de la Croix sulla situazione attuale in Siria dopo quattro anni di guerra.
Parolin e Galantino sono sintonici su Isis?
L'intervento del segretario di Stato vaticano e le parole del segretario della Cei a confronto...
Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è intervenuto sugli attentati Isis venerdì scorso a Parigi con una lunga intervista al giornale cattolico francese La Croix. Il porporato, fine diplomatico, va oltre la strage perpetrata nella capitale francese, guardando al dopo, alle conseguenze che quelle azioni – quella “bestemmia”, come ha detto il Papa all’Angelus domenica riferendosi alla giustificazione degli attentati in nome di Dio – avranno sugli equilibri mondiali.
Parolin ritiene necessaria una “mobilitazione generale, della Francia, dell’Europa e del mondo intero” finalizzata a sradicare il terrorismo ovunque esso si trovi. Si tratta sì di operare a livello di sicurezza e di informazione, ma è indispensabile agire anche su un piano spirituale, coinvolgendo i musulmani che “devono essere parte della soluzione”. Il punto centrale che il segretario di Stato vuole mettere a fuoco è la necessità di educare “al rifiuto dell’odio”. E’ una lotta “molto dura”, ma senza il coinvolgimento pieno di tutti gli attori sul campo, essa “non sarà vinta”.
MOBILITAZIONE GENERALE DI “TUTTI I MEZZI DI SICUREZZA”
A margine del convegno organizzato dall’Opera Romana Pellegrinaggi sulla Misericordia nelle tre grandi religioni monoteiste, Parolin ha illustrato meglio la posizione della Santa Sede riguardo gli sconvolgimenti in atto. Dopo aver ribadito la condanna degli attentati, definiti “strazianti e al di là di ogni comprensione umana”, il cardinale ha invocato la mobilitazione generale “di tutti i mezzi di sicurezza necessari” alla difesa dei cittadini dalle minacce sempre più forti e gravi.
“LEGITTIMO FERMARE L’AGGRESSORE INGIUSTO”
Quanto alla reazione da dare, Parolin ha confermato che “la Santa Sede afferma – come ha fatto anche Papa Francesco varie volte – la legittimità di fermare l’aggressore ingiusto. Poi, sulle modalità, è la comunità internazionale che deve trovarsi d’accordo e trovare le forme per farlo. Uno Stato ha il dovere di difendere i suoi cittadini da questi attacchi e nello stesso tempo però continuare a lavorare perché veramente si crei un clima di intesa, di dialogo e di comprensione. Forse – ha detto – non sono soluzioni immediate, però sono le uniche che pongono le basi per un mondo riconciliato e un mondo pacifico”.
LE PAROLE DI MONS. GALANTINO
Toni ben diversi da quelli di Nunzio Galantino, vescovo e segretario generale della Cei, ospitato domenica scorsa nel salotto di Lucia Annunziata, “In mezz’ora”. Il pensiero del presule è stato il seguente: “Faccio una domanda: quale guerra è stata finita e conclusa grazie a un’altra guerra? Questa domanda dobbiamo farcela. Quale guerra ha risolto i problemi? Questo Papa (Papa Francesco, ndr), ma non è stato l’unico, si è chiesto “chi ci guadagna con queste guerre?”. Poco dopo, riferendosi al G20 in corso ad Antalya, aveva osservato: “Mi piacerebbe che quelli che stanno adesso al G20 si guardassero in faccia e si dicessero: ‘chi di noi ha venduto le armi a questi qua? Chi le ha vendute? Chi ci ha guadagnato con queste armi?’. Queste sono domande alle quali si deve rispondere. Papa Francesco ha detto che l’unico modo per vincere la guerra è non farla”.
IL DIALOGO “IMPOSSIBILE” CON L’ISIS
Nelle scorse settimane, il Segretario di Stato aveva già affrontato pubblicamente l’argomento, sostenendol’impossibilità di avviare un dialogo con rappresentanti dello Stato islamico: “Non credo sia possibile. Il dialogo si fa con chi accetta di fare il dialogo e quindi con chi entra in relazione. Evidentemente, con chi non è sensibile e rifiuta il dialogo e quindi con il fondamentalismo, non credo che sia possibile dialogare. Si può offrire di dialogare ma non vedo molte possibilità che si stabilisca un dialogo”. Anche perché – aveva chiosato – “la pace è possibile se ci sono persone disposte a costruire la pace. La pace non è automatica”.
IL PAPA ALL’ANGELUS
Domenica, all’Angelus, il Papa aveva a lungo commentato i fatti di Parigi, chiarendo che “tanta barbarie ci lascia sgomenti e ci si chiede come possa il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili, che hanno sconvolto non solo la Francia ma il mondo intero”. Dinanzi a “tali atti intollerabili, non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana. Voglio – ha detto Bergoglio – riaffermare con vigore che la strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi dell’umanità!”.
IL GIUBILEO SI FARA’
Come aveva già fatto mons. Rino Fisichella in un’intervista al Corriere della Sera, anche Parolin ha confermato che il Giubileo della misericordia si farà come previsto: “Pur tenendo conto di questa minaccia, di questo pericolo, lo si affronta. Credo che l’importante sia non cedere alla paura in questi casi”. Il Segretario di Stato ha anche detto che proprio il tema dell’Anno Santo ormai alle porte potrà favorire lo sviluppo del dialogo interreligioso con i fedeli musulmani: “Uno degli attributi di Dio anche da parte dei musulmani è quello di Dio misericordioso”, e quindi potrebbe stabilirsi un punto di contatto.
http://formiche.net/2015/11/17/parolin-e-galantino-sono-sintonici-su-come-fronteggiare-isis/Citazione:
E ad essere onesti non è solo colpa dei media: a parte la ripresa continua di questo o quel passaggio del discorso del Papa si sono sentite tante chiacchiere che sanno di aria fritta.http://www.lanuovabq.it/it/articoli-chiesa-italianae-poverise-bagnascocorregge-il-papa-14395.htm
Valga per tutte l’emblematica intervista al segretario della Conferenza episcopale, monsignor Nunzio Galantino, apparsa ieri su Avvenire: si capisce che il Convegno di Firenze non è stato importante per il contenuto – di cui infatti nell’intervista non c’è traccia – ma per il metodo, il famoso “stile sinodale” che è ormai diventato un mantra.
Ma che cos’è questo “stile sinodale”? Il povero giornalista di Avvenire lo chiede a monsignor Galantino per ben otto volte, cercando di porre la domanda in tutti i modi possibili, ma alla fine si deve arrendere.
Dialogo, confronto, ascolto, ma alla fine si capisce che non lo sa neanche monsignor Galantino: «Si cresce nella sinodalità esercitandola, si capisce meglio in cosa consiste cominciando a lavorare e a confrontarsi insieme sulle questioni concrete delle nostre comunità», ha detto sfidando anche la logica. Insomma, «ciò che si è cercato di fare a Firenze è proprio questo: avviare un esercizio di sinodalità».
http://letturine.blogspot.de/
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