ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 27 novembre 2015

Potrebbe dedicarsi ai disperati del mondo».

IL COMPLOTTO DELLA VOLGARITA'    

La silenziosa infiltrazione dell’osceno nelle pieghe della normalità. Esiste oggi una offensiva mondiale della stupidità e volgarità, manovrata da oscuri poteri e avente di mira la conquista e il controllo totale dell’umanità di Francesco Lamendola  

 



L’oscenità si è infilata di soppiatto nelle nostre vite, silenziosamente, sfruttando la pubblicità, la televisione, il cinema, la letteratura, i fumetti, la moda; e sta stravolgendo dall’interno la nostra “normalità” e avvelenando, poco alla volta, il nostro senso estetico e la nostra intelligenza.

Ecco, per esempio, cosa scrive l’attrice Teri Hatcher, resa celebre di colpo dall’interpretazione del personaggio di Susan Mayer in unserial televisivo di successo, come «Desperate Housewives» (che le ha fruttato il Golden Globe come la migliore attrice di commedie nel 2005), nel suo inutile e sciocco libro «Toast bruciato e altre ricette di vita» (titolo originale: «Burnt Toast», 2006; traduzione dall’inglese di S. Adami, Milano, Sperling & Kupfer, 2006, pp. 154-57):

«… Non mi stancherò mai di sottolineare l’importanza di un buon reggiseno. Voglio dire, il mio seno è o.k., però non ha più vent’anni. Ricordo la “prova della matita” di quand’ero ragazzina: se infili una matita e non cade, vuol dire che hai bisogno di un reggiseno. Be’, ne ho bisogno.
Da una parte c’è il mondo, che ci impone determinati canoni di bellezza, e dall’altra ci sono gli psicologi che ci dicono che dobbiamo accettarci per come siamo e amare il nostro corpo per quello che è. Io non vado dallo psicologo, ma sono sicura che se ci andassi e lui, o lei, sapesse il fatto suo, mi direbbe una cosa del genere. Mi ricorderebbe che si invecchia, la pelle si svuota, compaiono le rughe, e accettare questi cambiamenti è indispensabile per invecchiare serenamente. Il fatto è che noi donne siamo continuamente bombardate da messaggi contraddittori. Io sono una di quelle che propendono per la filosofia del “ama il tuo corpo per come è”. Qualunque mamma sa bene cosa succede al seno dopo aver allattato. Quell’adorabile ma insaziabile creatura che è tuo figlio ti succhia, letteralmente, le ossa dal corpo (questa, almeno, è la sensazione che ho avuto io). Voglio bene al mio corpo, sissignore. Soprattutto quando è forte, quando vedo guizzarmi i muscoli sotto la pelle del braccio e mi fanno male le cosce dopo una cavalcata. Ma so che nessuna ginnastica potrà restituirmi le tette dei miei vent’anni.
Ciononostante non me le sono rifatte. Ci ho pensato, lo ammetto, ma non ce la faccio. Piuttosto me le incollo con il reggiseno adesivo di Fashion Forms.  Lo pubblicizzano come “il reggiseno senza spalline che ti lascia ancora più libera”. Sarà. Io lo chiamo “mastoplastica metti-e-togli”.  A mali estremi c’è sempre il nastro adesivo in tessuto. Sì, proprio quello color argento che la gente usa per riparare gli strappi nei sedili dell’auto. È un segreto ma ve lo rivelo volentieri: non c’è niente di meglio per chi ha doppiato la boa degli “anta”e vuole permettersi un vestito di quelli con la scollatura abissale. Non c’è attrice o modella hollywoodiana che non sia maestra nell’arte di manipolare il suddetto nastro adesivo in modo da crearsi un reggiseno su misura a prova di bomba. Sexy, eh? Be’, immaginatevi nel momento di sgusciare fuori dal vostro abito da sera di fronte a un nuovo spasimante. Ehi, baby, che ne dici del mio reggiseno? Argentato, essenziale. Naa, non funziona. Bisogna avere l’accortezza di fare prima un salto in bagno per liberarsi dell’impalcatura se si hanno aspirazioni, come dire, intimistiche?
Comunque: le mie tette avranno anche bisogno di sostegno (non morale, ahimè), ma i miei capezzoli sono inattaccabili. Una meraviglia. Il mio editore mi ha chiesto se davvero avevo intenzione di parlare dei miei capezzoli. A chi interessa avere notizie dei capezzoli della sottoscritta, in effetti? (Anche se a questo punto sorge spontanea la domanda: “E allora come mai parliamo sempre delle mie tette? Nei talk-show e nelle interviste ci scherzo sopra metà del tempo,  probabilmente sono il simbolo della femminilità per eccellenza e dovrebbe esserci un modo per averle vere e da urlo anche a quarant’anno. Perché loro sono me e io sono loro). Ho riflettuto un po’ sulla storia dei capezzoli e alla fine ho deciso che sì, ne voglio parlare. Tutti abbiamo delle parti del nostro corpo che ci riesce facile amare, delle quali non ci preoccupiamo e che non desideriamo cambiare, così come ne abbiamo altre che non ci danno pace e vorremmo poter modificare, giusto? Be’, io sono soddisfatta dei miei capezzoli. Non perché sono grandi, o piccoli, o da manuale, ma perché mi piacciono. (Possiedo un negligé “mooolto” monello con un taglio proprio in corrispondenza dei capezzoli, e se un marchio di biancheria intima produce un capo del genere, mi sono detta, vuol dire che non sono la sola che si interessa ai capezzoli – no? E se ci riesco io, a trovare una parte di me che mi piace al punto non solo da ammetterlo ma anche da scriverlo sulle pagine di un libro, allora potete farcela anche voi. Sentirsi soddisfatti del proprio corpo, anche solo di una parte infinitesimale di esso è uno di quei giochi che valgono sempre la candela – anche perché è il modo più sicuro per farsi apprezzare dagli altri per ciò che si è e facilita enormemente nella ricerca di un partner che ci ami così come siamo, senza bisogno di ferretti sostenitivi o camuffamenti di sorta… A proposito: si accettano iscrizioni.»

Chi possiede un minimo di buon gusto e d’intelligenza è sempre incerto sul da farsi qualora vada a sbattere contro un muro di stupidità e di volgarità: qualsiasi cosa faccia o anche non faccia, dica o non dica, difficilmente riuscirà a superare la prova senza essersi sentito uno scemo, oppure senza aver fatto la figura di essere tale; quale delle due cose sia più sgradevole, dipende dalla sensibilità individuale e dai valori nei quali si crede.
Fare finta di niente sarebbe, molto spesso, la cosa migliore: la stupidità va ignorata, specialmente quando fa di tutto per mettersi in mostra; a maggior ragione bisognerebbe ignorare la stupidità: sia per non rischiare di doversi confrontare al suo stesso livello, sia per non darle la soddisfazione immeritata di essere presa sul serio. Nietzsche ammoniva che bisogna scegliersi sempre un degno avversario e che non bisogna mai sprecare tempo ed energie contro degli avversari meschini.
D’altra parte, fare finta di niente è possibile solo fino a un certo punto e solo al prezzo di un senso di profonda frustrazione. Esiste una soglia impercettibile e indefinibile, ma assolutamente certa, oltre la quale il fare finta di nulla rende ancora più ridicoli che non accettare la sfida e scendere così, automaticamente, sul terreno prediletto dell’avversario. E non è facile decidere quando le provocazioni altrui meritino una risposta e fino a qual punto le si possa ignorare, senza rimetterci in fatto di dignità e rispetto di se stessi.
Ad ogni modo, non si tratta di una questione strettamente privata fra due soggetti, perché essa si inserisce in una dinamica molto più ampia, e sarebbe estremamente ingenuo non tener conto di questo aspetto. La volgarità e la stupidità non sono mai neutre né miti, ma sono di per se stesse aggressive, nel senso che pretendono di imporre la loro logica e la loro estetica (o la loro illogicità e la loro anti-esteticità). Intelligenza e buon gusto, invece, non sono affatto aggressivi, perché tollerano chi non rispetta i loro presupposti e non tendono a imporre niente a nessuno, almeno finché non vengono apertamente sfidati o minacciati. Fra parentesi, è ben questa la ragione per cui è così difficile far comprendere ai giovanissimi che il rock satanico, i tatuaggi demenziali estesi a tutto il corpo, o l’uso di droghe, sono pratiche sconsigliabili, perché negative in se stesse: è sufficiente ai loro fautori presentarle come espressioni di libertà e di creatività, perché qualunque imbecille ne faccia una sacra bandiera da difendere e perché qualunque ragionevole argomento contro di esse assuma l’aspetto di un passatismo conformista e bigotto.
Dunque: esiste, oggi, una offensiva mondiale della stupidità e della volgarità, manovrata da oscuri poteri esoterici e finanziari, avente di mira la conquista e il controllo totale dell’umanità, non solo in senso fisico, ma soprattutto in senso profondo, ossia psicologico e morale; una offensiva che tende non solo a imporre la stupidità e la volgarità come stili di vita che devono essere accettati da tutti, ma, tendenzialmente, come i soli stili di vita possibili, ad esclusione di ogni altro, e particolarmente di quelli dettati dall’intelligenza e dal buon gusto. La bruttezza, fisica e morale, è una delle armi principali di cui si servono quei poteri per veicolare la loro contro-cultura e per diffondere la loro contro-educazione (cfr. il nostro precedente articolo: «Dobbiamo rompere l’assedio della bruttezza e della stupidità», pubblicato sul sito di Arianna Editrice in data 20/09/2007).
Per questa ragione, decidere come regolarsi nei confronti della sfida che bruttezza, volgarità e stupidità lanciano quotidianamente agli “infedeli” di questa nuova ideologia/religione, ossia a quanti non vi si sono ancora sottomessi, adeguandosi alla tendenza prevalente, non è, come dicevamo, una questione strettamente personale: è una questione che va collocata su di uno scenario molto più ampio, che ha per teatro il mondo e, quale posta in gioco, il nostro diritto, in futuro, di poter conservare uno stile di vita basato sull’intelligenza e sul buon gusto.
Il problema è reso ancor più difficile dal fatto che uno degli strumenti prediletti dell’offensiva scatenata contro questi ultimi è, per l’appunto, l’egualitarismo pseudo-democratico, il quale ha in odio l’intelligenza, ma non osa dichiararlo, e perciòaccusa di presunzione chi la rispetta, sostenendo che chi fa appello all’intelligenza (e al buon gusto) ha delle assurde pretese aristocratiche, si crede chi sa che cosa, pretende di essere superiore agli altri; perciò si adopera per aizzare le folle contro di lui, così come gli enragés, nella Parigi del 1793, aizzavano i sanculotti contro i loro avversari politici, ossia contro tutti quanti si opponevano, direttamente o indirettamente, al loro progetto totalitario, magari - come nel caso di frati e suore - per la sola colpa di testimoniare, col solo fatto di esistere, un altro stile di vita e altri valori (cfr. il nostro articolo: «Il problema della cultura democratica è che ogni cretino si crede un Aristotele», pubblicato sul sito di Arianna Editrice in data 02/09/2011 e ripubblicato su «Il Corriere delle Regioni» il 12/09/2015).
Questa è una delle ragioni per cui è così arduo opporsi all’offensiva di cui stiamo parlando: che si viene immediatamente accusati di superbia e additati al ruolo di nemici pubblici, di “censori”, di reazionari. I cretini si sono organizzati e, forti del loro numero sempre più ragguardevole, si lanciano all’assalto della cittadella dell’intelligenza, rimasta quasi priva di difensori: sono fuggiti tutti, timorosi, più che del pericolo, del ridicolo. Nulla fa più paura, oggi, che la prospettiva di vedersi ridicolizzati dalle persone, anzi, dalle masse amorfe, dominate dalla stupidità e dalla volgarità: davanti a una simile prospettiva, pare che anche i più coraggiosi abbassino le armi e se la diano a gambe. Così che i cretini e i volgari raggiungono la vittoria senza dover fare la fatica di combattere. Ogni volta che una persona intelligente e di buon gusto rinuncia ad esporsi, pensando: «In fondo, chi me lo fa fare?», essi trionfano, sfruttando la pavidità travestita da buon senso.
Un discorso a parte va fatto per la donna moderna, la quale - e dire una cosa del genere è quanto di più politicamente scorretto si possa immaginare, specialmente in questi ultimi tempi, dominati da una sorta di isterismo femminista che vede ovunque “femminicidi” in atto o in potenza, nonché maschi sadici e brutali in agguato del tenero, indifeso gentil sesso – sta divenendo lo strumento prediletto della offensiva mondiale di quei tali poteri occulti. Per questi, è stato facilissimo arruolarla nei propri ranghi e farne la loro pedina principale nella lotta contro il buon gusto e l’intelligenza: è stato sufficiente fare leva sulla sua naturale vanità, dopo aver distrutto quei meccanismi psicologici, sociali e culturali - sia in lei, che nel suo compagno – i quali la controbilanciavano, permettendole di esprimere e valorizzare le sue doti e qualità migliori.
Oggi molte donne (non tutte; e quelle non ancora “arruolate”, cioè non ancora sottomesse, sono i bersagli principali dell’offensiva) stanno regredendo a uno stadio desolante di narcisismo, infantilismo, civetteria deviata e delirante (perché non mira nemmeno più alla seduzione, ma è assolutamente fine a se stessa, generando un continuo corto circuito non solo in chi la subisce, ma anche rispetto a chi la pone in essere); e, ben lungi dal rendersene conto – oppure, secondo i punti di vista, rendendosene conto anche troppo – ostentano e si vantano della stupidità, della volgarità e della bruttezza dei loro stili di vita, dei loro modi di fare, dei loro modi di porsi, anche sul piano fisico. Fa loro buona compagnia una genia di maschietti svirilizzati, petulanti e narcisisti come loro, che fungono, né più né meno, da utili idioti: nel senso che la loro presenza serve a trasmettere l’idea che gli uomini sono pienamente d’accordo con la degenerazione in atto del modello femminile, non sentita, però, come tale, ma, al contrario, presentata come una grande conquista sul piano della libertà (e, naturalmente,  della parità di genere: e in questo non sbagliano affatto).
Ebbene: essere signorili verso questo tipo di donna, diciamolo forte e chiaro, non è più una virtù... 

La silenziosa infiltrazione dell’osceno nelle pieghe della normalità

di Francesco Lamendola

Quegli sms a luci rosse tra la pr e il monsignore

Francesca Chaouqui a monsignor Vallejo Balda: "Sei depresso? Vai a letto con mia cugina. È morbida"

«Mi ha nominato Papa Francesco con un chirografo. Lui in persona. E certamente non glielo avevo chiesto io».

Francesca Immacolata Chaouqui torna al contrattacco sui social network e questa volta punta il dito contro «i veri corvi che distribuiscono gli atti processuali». La donna, imputata insieme a Mons. Vallejo Balda e altre tre persone (Nuzzi, Fittipaldi e Nicola Maio, collaboratore di Vallejo) nel processo «Vatileaks 2», con l'accusa di aver passato documenti riservati della Santa Sede ai due giornalisti, dalla sua pagina Facebook risponde a chi l'accusa pubblicamente, e questa volta tira in ballo anche Papa Francesco: «Non gli avevo chiesto io di nominarmi» dice la 33enne. Un utente le chiede: «Ti conosceva personalmente?» e Chaouqui ribatte: «Secondo te? Indovina. I conti di casa tua li dai in mano ad uno sconosciuto?».
Bergoglio, quindi, a dire della ex commissaria papale, conosceva di persona la giovane e quindi l'avrebbe inserita nella COSEA, la struttura istituita nel 2013 per indagare sulle finanze vaticane. Una versione diversa da quella raccontata però dalla stessa Chaouqui, che in un'intervista del 2013 a L'Espresso spiegava come fosse arrivata in Vaticano: era stato Mons. Vallejo Balda che l'aveva chiamata per chiederle il curriculum vitae, dicendole: «Potresti essere candidata». Un rapporto di vecchia data quello di Francesca Chaouqui con Mons. Vellejo, un'amicizia che si era trasformata in un rapporto diverso, fatto, negli ultimi tempi, anche di riferimenti espliciti al sesso. Come raccontato da QN, nel fascicolo con cui il pm vaticano ha ottenuto il rinvio a giudizio della donna, ci sono centinaia di messaggini: lo scorso aprile, ad esempio, la pierre originaria di San Sosti (Cosenza) scriveva a Vallejo: «Senti, ora che vai a San Sosti mia mamma ti porta da Silvana è perfetta, ed è una mia cugina. Poi mi dici che ne pensi. 36 anni. Morbida». Poi la pr rincara la dose: «Martedì sera viene a casa tua a trombare. Ok? Silvana vuole trombare che facciamo?». Ma il monsignore si rifiuta: «Lassa perdere. È bruta». Chaouqui quindi risponde: «Ha detto lo psichiatra che devo farti divertire. Lunedì Negroni fino alla morte». Nei brevi messaggi tra la donna e il monsignore però emergono, anche dei momenti di tensione, come quando, scrivono gli inquirenti, la donna portò la mamma e il papà del premier Renzi in Vaticano «per fingere un incontro a pranzo con il Pontefice: ma il Papa se n'è accorto e non è neanche sceso».
Vallejo avrebbe messo in guardia la giovane, ma lei aveva risposto con un messaggio infuocato: «Avevo messo mesi a sistemare le cose con la Segreteria di Stato e hai rovinato tutto con quella boccaccia che non sai tenere chiusa. Ora mandi tutto a puttane perché sei triste. Vaffanculo. Ma seriamente vaffanculo». Il monsignore le risponde: «Non possiamo promettere quello che no è possibile». E la Chaouqui ribatte: «Sei depresso? Scopa, che ti passa la tensione». «Io vado distrutta a prescindere», scrive oggi la giovane calabrese, lamentandosi del fatto che «gli atti secretati del processo stiano diventando di dominio pubblico». Nei giorni scorsi la donna aveva anche annunciato di valutare l'invocazione dello status di rifugiato politico e così ieri il vicesindaco di un paesino della Calabria, Acquaformosa, ha colto la palla al balzo: «Mi candido ad ospitarla nella nostra comunità con la famiglia», paragonando Francesca Chaouqui addirittura alla beata Madre Teresa di Calcutta: «Come Madre Teresa, potrebbe dedicarsi ai disperati del mondo».
 Ven, 27/11/2015 

1 commento:

  1. E perché il Grande Gatsby Gorgoglio non chiede scusa per questo branco di coyotes che sono creature sue?!?

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