ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 novembre 2015

Vae victoribus ?

Vaticano, lo spoil system del Papa all'indomani del sinodo. Nuove nomine per una chiesa più progressista


Vae victoribus invece di Vae victis. Guai ai vincitori e non ai vinti, per una volta. Occorre un proverbio al contrario per descrivere il giro di vite, diocesi e porpore del dopo sinodo, avviato a tamburo battente in questa settimana da Jorge Bergoglio, dando un segnale immediato e significando al mondo che i progressisti hanno perso una battaglia, non la guerra.

Circondato, anzi assediato in casa per quasi un mese da un episcopato di estrazione conservatrice, ancora essenzialmente riconducibile a Wojtyla e Ratzingeril papato a trazione riformatrice di Francesco è partito alla controffensiva, passando il Rubicone e lo Stretto di Messina e installando due teste di ponte al centro della penisola e del Mediterraneo, con i nuovi arcivescovi di Bologna e di Palermo, Matteo Zuppi e Corrado Lorefice. Quanto basta per modificare radicalmente la geografia della Chiesa, in attesa di espugnare Milano e sostituire il “ciellino” Scola.
L’Italia costituisce il primo obiettivo di un restyling e spoil system globale: il più urgente, per sciacquare in modalità manzoniana i panni nell’Arno e presentarsi con un look inedito, innovato e innovatore, al convegno imminente di Firenze, dove tra il 9 al 13 novembre sono convocati gli stati generali della CEI e il Papa è chiamato a pronunciarsi, martedì 10, sullo stato morale del Paese, nella città del Premier. In vista di un appuntamento che lo preoccupava non poco, rischiando di trasformarsi nel “giorno del giudizio”, Renzi è riuscito in extremis a spegnere il timer e disinnescare l’ordigno impersonato da Ignazio Marino, evitando al Pontefice l’imbarazzante apparizione al cimitero Verano, nella messa di Ognissanti, dello zombie istituzionale di un sindaco dato politicamente per morto e improvvisamente rivitalizzato dal ritiro delle dimissioni. Di più: come l’angelo di Pasqua che tra i sepolcri annuncia risurrezione, ha fatto planare dal cielo in tempo reale, sulle ali del consenso mediatico e canonizzato con l’aureola dell’Expo, il Commissario delle opere di “misericordia corporale”, Francesco Paolo Tronca, l’uomo che in perfetto stile Bergoglio alla prima della Scala, quando la musica è finita, fugge dal ricevimento di gala e prende la strada di San Vittore per desinare con i carcerati. Per il Vaticano le cose non potevano in effetti andare meglio: da un primo cittadino che in Campidoglio ha registrato solennemente i matrimoni gay nella data clou dei lavori del sinodo, a un prefetto che a Milano ne ha ordinato seduta stante la cancellazione, ottemperando alle direttive del Ministero.
Detentore di un evento da trenta milioni di visitatori, che sulla carta vale quattro esposizioni universali, Francesco ha visto aumentare in maniera esponenziale la sua influenza sulla politica italiana, o se vogliamo il suo potere temporale tout court. Simultaneamente, ha tuttavia constatato che per un Papa è più facile detronizzare un sindaco “eretico”, folgorandolo dall’aereo con una dichiarazione “al volo”, che sbalzare di cattedra un vescovo ribelle.
Il Successore di Pietro sarà pure un sovrano assoluto nel dettato della costituzione spirituale, ma si muove con i vincoli di un monarca terreno nel vissuto della costituzione materiale. Santa Marta come abbiamo scritto non è Downing Street. Sua Santità diversamente da un premier di Sua Maestà sceglie i “parlamentari”, non scioglie le “camere”. Il ricambio della classe dirigente non avviene in un passaggio elettorale ma si articola e distende sulle scadenze anagrafiche dei singoli vescovi, nell’arco di una decade, mano a mano che diventano vacanti le sedi diocesane, al traguardo del settantacinquesimo genetliaco. Nel frattempo si governa con i fiduciari dei predecessori, subendone i condizionamenti.
Così l’assemblea sinodale ha potuto imporre al Papa una sorta di Maastricht ecclesiastica, mutuando la logica stringente dei paragoni economici. L’orizzonte ne esce stravolto rispetto alle aperture prospettate un anno fa, finendo al dunque per somigliare all’Eurozona. Da una impostazione che mirava principalmente al “sommerso” delle coppie irregolari, per condurle nell’alveo del precetto, gradualmente allargato e opportunamente allentato, la Relatio Finalis punta invece quale parametro di convergenza sulle performance delle famiglie “che rispondono alla loro vocazione e missione, anche dinanzi a ostacoli”. Più o meno quanto accadde alla conferenza di Maastricht nel 1992, assumendo a modello di sviluppo lo standard dei paesi virtuosi e consentendo ai restanti un ridotto margine di scostamento, per non deviare dagli obiettivi strutturali di omogeneità e alterare il patto di stabilità: giaculatoria che accomuna burocrazia europea e gerarchia episcopale.
A riprova di ciò, il compromesso raggiunto nel circolo di lingua germanica tra i cardinali Walter Kasper e Gerhard Müller, ispiratori e guru riconosciuti della sinistra e della destra, ricalca in modo speculare l’accordo tra i ministri dell’economia e delle finanze di Angela Merkel: la colomba socialdemocratica Sigmar Gabriel e il falco democristiano Wolfgang Schäuble. Ancora una volta i tedeschi hanno serrato i ranghi e alzato il vessillo della Grosse Koalition, a tutela dei dogmi della moneta e della dottrina, ponendo Chiesa e Nazione al riparo dalle derive inflazionistiche, con un impressionante parallelismo procedurale tra le due “comunioni”: eucaristica e dell’euro. I divorziati risposati potranno accedere al sacramento caso per caso, attraverso un “percorso di accompagnamento e discernimento”, sotto la supervisione del confessore. Allo stesso modo in cui Alexis Tsipras, per ottenere la misericordia del Fondo salva-Stati, dopo avere ripudiato l’impegno assunto dai precedenti governi e contratto un nuovo matrimonio ideologico, ha dovuto accondiscendere in “foro interno” ai suggerimenti della Trojka e manifestare all’esterno i segni del cammino penitenziale intrapreso.
Dai risultati magri del sinodo e dall’empasse del “caso per caso” si viene fuori solo attraverso un giro di nomine, modificando la composizione dei “collegi” e conseguendo una maggioranza organica. Non era mai accaduto che due diocesi di serie A quali Bologna e Palermo mutassero tanto incisivamente l’araldica, da un opposto all’altro. Sarebbe riduttivo pensare a un mero riallineamento ideologico, quando assistiamo a un cambiamento più profondo, antropologico. Non solo tra due idee di Chiesa, bensì tra due modelli di prete. Da due predestinati a due outsider. Dal “guerriero culturale” Carlo Caffarra, una vita sulle frontiere virtuali della bioetica e della morale sessuale, al mediatore della pace in Mozambico, Matteo Zuppi, frequentatore assiduo di trincee reali. Dalla Sicilia aristocratica di Tomasi di Lampedusa, terra di splendidi palazzi e raffinati ambasciatori come Paolo Romeo, a quella eroica e di strada di Leonardo Sciascia, dai cui racconti sembra uscito Don Corrado Lorefice, parroco degli ultimi.
La strategia di riposizionamento da destra a sinistra, perseguita da Bergoglio con la determinazione di un caterpillar, si applica sistematicamente anche in Germania e Stati Uniti, casseforti del cattolicesimo e azionisti di riferimento del conclave. A Berlino, capitale federale della Bundesrepublik, e a Chicago, città di Barack Obama, presidente osteggiato dai vescovi a stelle e strisce, Francesco ha insediato due prelati aperturisti: Heiner Koch, per il quale “la famiglia è composta da padre, madre e figli” ma “è dannoso descrivere l’omosessualità come un peccato”, e Blase Joseph Cupich, che nella diocesi di Spokane proibì ai suoi preti di unirsi alla preghiera dei manifestanti, silenti e stridenti, davanti alle cliniche abortiste, consuetudine assai diffusa negli States.
E’ l’avvio tumultuoso di una inversione di tendenza e dei rapporti di forza, ma pure di una corsa contro il tempo, in sospeso tra due parole d’ordine. “Resistere”, da parte di un episcopato che considera di breve durata la parentesi di Francesco, per ammissione e previsione esplicita del titolare medesimo. “Insistere”, da parte di un Papa che in guisa di cometa, piuttosto che di meteora, oltre alla Porta Santa è intenzionato ad aprire un varco temporale e a lasciare una scia indelebile, immettendo la Chiesa, e in caso trascinandola, verso una nuova dimensione e fase storica del suo cammino.
Piero Schiavazzi, L'Huffington post

2 commenti:

  1. “Quando il pastore si trasforma in lupo, tocca anzitutto al gregge di difendersi”
    (Dom Prosper Guéranger “L’ Annéè Liturgique”, 1841-1866; edizione italiana: “L’anno liturgico”, Edizioni Paoline, 1959)
    La Chiesa uscita dal CV II è eretica: prendo questo aforisma come un assioma e da qui traggo le logiche deduzioni: stare alla larga di questi preti, falsi e bugiardi, e da tutti i loro superiori, difendersi in ogni modo, soprattuto informandosi bene su cosa è stato ed è il modernismo, “summa di tutte le eresie”, come insegna S. Pio X. I 4 cavalieri dell’Apocalisse giocano tutti nella metà campo modernista: protestanti, comunisti, ecumenisti, massoni. Stanno devastando la terra e il cielo, con l'antropocentrisnmo ed il rifiuto dela trascendenza, cioè con il “non serviam”, ma saranno fermati dall’Immacolata, Regina delle Vittorie, l'Unica che potrà arrestare questa deriva satanica della società (in)civile e religiosa (falsamente religiosa).
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  2. Per quanto poco il fatto possa significare, mentre non posso pronunciarmi sulle figure, progressiste o meno, di Lorefice e degli altri, a proposito di Zuppi, ricordo invece di averne letto gli elogi su un blog tradizionalista (forse "Messa in latino"?) e visto una fotografia, scattata durante una cerimonia VO, che lo ritrae in paramenti pregiatii con tanto di chiroteche. Poi, si sa, l'abito non fa il monaco...
    Tommaso Pellegrino - Torino
    www.tommasopellegrino.blogspot.com

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