Fate frutti
degni della conversione
Razza di vipere,
chi vi ha suggerito di sfuggire all’ira imminente?
(Lc 3, 7).
La “nuova Chiesa” che ha riscoperto la Parola ha rigorosamente omesso questo versetto nella
sua nuova Liturgia, trasformata da sacrificio in culto protestante incentrato
sul sermone. Come già Lutero aveva escluso dal suo canone biblico alcuni libri
dell’Antico Testamento e guardato con sospetto quelli del Nuovo che smentivano
le sue tesi eretiche, così i suoi criptodiscepoli di oggi usano espungere dal
santo Vangelo ciò che non fa comodo alle loro teorie. Il cristiano moderno,
postosi al di sopra del Verbo divino, lo giudica con sufficiente arroganza in
base alle sue intoccabili idee. Quando è più istruito, cestina certi passi del
testo sacro attribuendoli all’autore umano; quando lo è meno, sentenzia senza
appello che il Dio che vi parla è ingiusto o cattivo…
L’ira di
cui parla la Bibbia, ben diversa dall’ira del peccatore, è la giusta
retribuzione per chi ha calpestato l’impensabile amore del Padre e trascurato
la salvezza immeritata che la Sua inaudita misericordia gli ha concesso in Suo
Figlio incarnato, crocifisso e risorto per lui. Non si tratta però di un
mutevole atteggiamento da parte di Dio, come se potesse rabbuiarsi
all’improvviso o guardare benevolo i giusti e corrucciato i reprobi. Siamo
tutti peccatori in via di conversione, oppure, se la Provvidenza ci ha
preservato da peccati gravi, persone a cui è stata riservata una grazia
speciale, a beneficio loro e di tanti altri. Anche nell’eternità Dio sarà lo
stesso per i beati come per i dannati, ma – ci insegna san Leone Magno – ciò
che sarà letizia per le anime pure, sarà pena per quelle macchiate (che a causa
del loro rifiuto, ormai definitivo, percepiranno soggettivamente l’amore come
causa di tormento anziché di beatitudine).
Rimbocchiamoci dunque le maniche, perché al momento
del Giudizio (particolare e universale) non servirà a nulla reclamarsi
cattolici di nome: bisognerà dimostrare di esserlo stati di fatto. A questo
fine, dobbiamo vivere in ogni momento come se fossimo sul punto di rendere
conto della nostra vita e di ogni singolo atto, pensiero e parola: «Già la
scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta frutto buono è
tagliato e gettato nel fuoco» (Lc 3, 9). Anticipa oggi il tuo giudizio e non
avrai nulla da temere quel giorno; accetta ora spontaneamente la sentenza che i
Comandamenti emettono sui tuoi comportamenti e non dovrai subirla al momento
della morte; giùdicati subito da te stesso per non essere condannato allora.
Non renderti nemico il tuo Salvatore, mentre sei per via con Lui, perché non
debba trasformarsi nel tuo Giudice (cf. Mt 5, 25-26). Egli userà lo strumento
che ha già in mano per ventilare il grano e purificare la Sua aia, quella su
cui deve sorgere il nuovo Tempio della Sua gloria perché cessino i flagelli (cf.
Lc 3, 17; 2 Sam 24, 16-25).
Gli apostati, al contrario, stanno profanando anche
i luoghi consacrati, a cominciare da uno dei più cari alla cristianità,
noncuranti dei sentimenti dei fedeli e sensibili unicamente ai soldi dei
massoni che governano il mondo e, ora, dominano anche l’apparato terreno della
Chiesa nell’intento di porlo al servizio di una religione neo-pagana, un
grottesco culto della natura dietro il quale si nasconde l’adorazione della
Bestia. Ci manca solo che si manifesti l’Anticristo; tutto è pronto, anche gli
stuoli osannanti di pseudocattolici plagiati dai mass-media e incantati dal falso profeta fino al punto di reagire
violentemente non appena qualcuno osi proferir parola che non ripeta
pappagallescamente i suoi versi, ma ribadisca semplicemente la dottrina
cattolica (quella che Gesù ha sancito con la morte di croce e tantissimi
cristiani dimenticati, proprio in questo momento, attestano con il proprio
eroico martirio, eseguito con crudeltà disumane in un orrore indescrivibile).
Ma tu, fratello mio, sorella mia, non appartieni a
quella squallida struttura di potere; finché ti mantieni in stato di grazia,
sei un membro vivo del Corpo di Cristo, che con tutti gli altri forma la Sposa
da Lui infinitamente amata. Allora non soffermare lo sguardo sulla caotica
fiera della falsa misericordia, ma raccogliti in te stesso per prepararti ad
accogliere il Messia. Ascolta la voce in cui risuona la Parola vera, che
illumina ogni uomo e che ancora viene in questo mondo; ascolta san Giovanni
Battista, che non ebbe timore di rimproverare nemmeno i potenti e rese
credibile la sua predicazione con lo stile di vita e con la stessa morte. Sii
povero di cuore e, se la tua condizione e i tuoi doveri te lo consentono, anche
di fatto. Ascolta: «Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha da
mangiare faccia altrettanto» (Lc 3, 11). Se hai responsabilità pubbliche, non
ne approfittare a tuo vantaggio, ma mettiti al servizio del prossimo, per
quanto ciò sia reso arduo da una legislazione assurda e dal malcostume diffuso.
Se sei obbligato a una prestazione, non farla pesare e non vantartene, ma fanne
una segreta immolazione che darà gioia agli altri e ti farà pregustare la
beatitudine eterna: «Gaudete in Domino semper»
(Fil 4, 4).
«Giovanni […] anche oggi grida in mezzo a noi e la
sua voce, come tuono, scuote il deserto dei nostri peccati. Egli si è
addormentato nella morte santa del martirio, ma la sua voce è ancora viva. […]
Giovanni ci ripete oggi lo stesso grido e ci comanda di preparare la via al
Signore. Questa via non è tracciata sul terreno, ma sta nella purezza della
fede. Il Signore non vuole aprirsi una via sui sentieri della terra, ma
nell’intimo dell’anima. Vediamo che via ha aperto al Salvatore Giovanni stesso,
lui che dice a noi di preparare al Signore la strada! Egli ha disposto e
diretto tutto il percorso della sua via in ordine a Cristo che veniva: lunghi
digiuni, umiltà, povertà, verginità. […] Quale umiltà più grande nel profeta
che l’andar coperto di ruvido pelo, disprezzando le morbide vesti? Quale
fedeltà più devota che l’esser sempre pronto, coi fianchi cinti, a rendere
qualsiasi servizio? C’è astinenza più ammirevole del non tenere in nessun conto
le comodità della vita accontentandosi di locuste e miele selvatico?» (san
Massimo di Torino).
Certamente non elimineremo completamente la povertà
né faremo cessare le guerre dalla faccia della terra; nessuno, del resto, ci ha
chiesto di realizzare un’utopia. Non arresteremo di certo i cambiamenti
climatici né salveremo qualche specie animale; non tocca a noi, d’altronde,
riparare i danni provocati a bella posta dai poteri occulti che vogliono
drasticamente ridurre la popolazione mondiale con la scusa dell’inquinamento di
cui sono essi stessi responsabili, né aspiriamo a vivere per sempre su questa
terra come se fosse la nostra definitiva dimora e dovessimo consacrare la
nostra vita a migliorare un’abitazione provvisoria, pretendendo di mettere il
Creatore al servizio della Sua opera. Ma se, con la tenerezza del cuore purissimo
della Madonna, avremo fatto sorridere un bambino o riacceso lo sguardo di un
anziano solo, sfamato un povero (vero) o aiutato una donna a portare a termine
la sua gravidanza, il mondo non sarà più lo stesso e il Salvatore, nel Suo ultimo
avvento, lo troverà migliore, Lui che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.
I modernisti all'assalto del Sacramento della Confessione
Le
tracotanti milizie moderniste si preparano a dare l'assalto e a
demolire “de facto” il Sacramento della Confessione. La Chiesa Cattolica
ha sempre insegnato che per ottenere validamente l'assoluzione
sacramentale è assolutamente necessario essere sinceramente pentiti dei
peccati commessi (almeno di quelli mortali) e avere il fermo proposito
di non peccare più, costi quel che costi. È ovvio che sia così, perché
altrimenti voler l'assoluzione senza essere pentiti sarebbe come un
voler prendere in giro il Signore. Ma “Deus non irridetur”, Dio non si
lascia burlare da delle povere creature.
I
modernisti vorrebbero concedere ai divorziati risposati che vivono
“more uxorio” (“nel modo dei coniugi”, quindi non in totale castità) di
poter ricevere la Comunione. Ma la Chiesa ha sempre insegnato che per
ricevere l'Eucarestia bisogna essere in stato di grazia (altrimenti si
commette sacrilegio), e chi ha commesso anche solo un peccato mortale
deve prima accostarsi alla Confessione se vuole comunicarsi.
Dunque,
se una persona divorziata-risposata desidera ricevere l'assoluzione per
poi poter comunicarsi, deve sinceramente pentirsi di aver avuto dei
rapporti sessuali con una persona che secondo la Legge Eterna di Dio non
è legittimamente suo coniuge, e deve avere il fermo proposito di non
commettere più questo grave peccato contrario al Sesto Comandamento. In
realtà deve anche allontanarsi dall'occasione prossima di peccato, e
quindi, prima di confessarsi, deve andarsene da quella casa oppure
mandare via il “coniuge”. Ma se per qualche grave motivo i conviventi
non possono andare a vivere in case separate (ad esempio perché devono
educare la prole), allora devono vivere come se fossero fratelli (cioè
in totale castità). Questo è ciò che insegna la Dottrina Cattolica.
I
modernisti dicono che non vogliono cambiare la Dottrina, ma solo la
prassi pastorale. Questo è un inganno colossale, perché la prassi non
può essere contraria a ciò che insegna la Dottrina, altrimenti
diventerebbe una presa in giro! E poi, se per assurda ipotesi si
ammettessero alla Comunione i divorziati risposati, allora anche le
cosiddette “coppie di fatto” (anche quelle omosessuali) potrebbero
chiedere di poter comunicarsi. Sarebbe la legalizzazione del sacrilegio!
Dio non permetta uno scempio del genere!
Ma
dopo aver abbattuto il Sesto Comandamento, il quale proibisce i peccati
riguardanti la sessualità, la barbara accozzaglia modernista passerebbe
ad abbattere anche altri Comandamenti considerati “scomodi” dal mondo. A
quel punto a che servirebbe confessarsi se i peccati non saranno più
considerati tali? Ecco perché opporsi alla Comunione ai divorziati
risposati è una battaglia spirituale in difesa anche del Sacramento
della Confessione. Questa vicenda, per noi cristiani fedeli alla
Dottrina Cattolica, è come una sorta di “linea del Piave” della fede: i
modernisti non devono passare!
Opporsi
alla tracotante e prepotente tirannide modernista non è più solo una
battaglia spirituale, ma è divenuta una vera e propria battaglia in
difesa della civiltà cristiana dalla barbarie. Il vandalismo modernista
calpesta i diritti dei fedeli e la Legge Eterna di Dio. Bisogna impedire
che le orde moderniste riescano a sfondare su questo delicato tema
della Comunione a coloro che non vogliono rinunciare a convivere “more
uxorio”, senza essere sposati dinanzi a Dio. Dobbiamo resistere ad
oltranza, ricordando le gesta del più puro eroismo dei militanti della
Tradizione Cattolica che ci hanno preceduto nei venti secoli della
nostra storia. Questa non è ora di rimpianti, è ora di dovere, di
sacrificio, di azione! Nulla è perduto se lo spirito della riscossa è
pronto e se la volontà non piega. Già una volta sul fronte ariano la
Tradizione fu salvata dai difensori eroici che tennero alto il suo nome
in faccia al mondo e al nemico. Abbiano i combattenti di oggi l'austera
coscienza del grave e glorioso compito a loro affidato. Sappia ogni
comandante, sappia ogni soldato qual è questo sacro dovere: non
retrocedere di un passo, lottare, vincere! Noi siamo inflessibilmente
decisi: sulla nuova “linea del Piave” (spirituale) si difende l'onore e
la vita delle anime. Sappia ogni combattente qual è il grido e il
comando che viene dalla coscienza di tutto il popolo della Tradizione:
meglio morire anziché tradire la Dottrina Cattolica!
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