“IL GENOCIDIO CONTRO I CRISTIANI SI FERMA CON GLI ESERCITI SUL TERRENO”. PARLA IL PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI SIRI, YOUNAN
“Serve realismo, i raid non bastano”, dice il presule orientale, biasimando i silenzi dei leader islamici e il poco coraggio "di qualche ecclesiastico occidentale"
Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri
Roma. “Aleppo era la seconda città della Siria, ricca e fiorente di commerci. Oggi è irriconoscibile, dopo tre anni e tre mesi di assedio. A Mosul c’era una trentina tra chiese e monasteri, che oggi sono abbandonate o trasformate in moschee. Homs sembra Stalingrado durante la Seconda Guerra mondiale”. Pare guardare la mappa del vicino oriente, il patriarca di Antiochia dei siri, Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan, nel descrivere lo stato delle cose in Siria e Iraq, travolte da anni di guerra intestina. Younan è intervenuto all’incontro organizzato a Roma da “Aiuto alla chiesa che soffre” (fondazione di diritto pontificio che sostiene la chiesa in tutto il mondo, soprattutto dove è perseguitata) in collaborazione con l’Associazione stampa estera. “I raid non bastano, bisogna essere realisti”, ha detto il patriarca al Foglio a margine dell’iniziativa: “I bombardamenti aerei non sono sufficienti, perché questi terroristi sanno come nascondersi tra i civili. E’ necessario coordinare i raid con gli eserciti nazionali, come stanno facendo gli americani in Iraq e i russi in Siria”. Nel difendere l’operazione promossa da Vladimir Putin – “Mosca ha aiutato Damasco a recuperare territori finiti sotto il controllo dei terroristi – il patriarca non fa mistero dei suoi dubbi sulle fazioni moderate in vista di un possibile post-Assad: “In Siria non ci sono più moderati, a meno che non si considerino oppositori moderati coloro che lottano per la democrazia e la libertà stando in qualche hotel a cinque stelle in Arabia Saudita o Turchia. Di solito i veri rivoluzionari stanno con il popolo, non all’estero”.
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Nessun dubbio sul fatto che nel paese sia in corso un genocidio: “Certo, genocidio non significa solo annientare una comunità, ma anche sradicarla impedendole di tornare dove essa è sempre stata”. E oggi la situazione è quella descritta dai freddi numeri: “A voler essere ottimisti, in Iraq due terzi dei cristiani se ne sono già andati. In Siria la situazione è diversa, perché ci si può ancora spostare in zone ritenute più sicure. Ma anche qui, le grandi città hanno perso almeno il cinquanta per cento di fedeli cristiani”. L’occidente “non comprende che è in gioco il nostro destino, e se questo incubo continuerà, spariremo tutti. I cristiani stanno perdendo fiducia, la loro sofferenza non è più solo materiale, ma anche spirituale”. Due sono le domande pressanti, nella comunità locale: “Prima di tutto si chiedono fino a quando dovranno subire questo caos, in secondo luogo non sanno come si potrà ristabilire una convivenza tra tutti i gruppi etnici e confessionali, come era fino a tre anni fa”. Il punto di partenza, dice il presule, “è proclamare sempre la speranza”. Una crisi che Younan collega all’emergenza migratoria che sta mettendo in discussione i princìpi su cui è fondata l’Unione europea: “Lo chiamavano Mare Nostrum, il Mediterraneo, io direi che è diventato ‘male’ nostrum. L’Europa ha sottovalutato il problema dell’immigrazione, non ha fatto niente per anni e ora non sa come uscirne. Le buone intenzioni non bastano, se non si è in grado di prevedere che i tagliagole (se sarà data loro la possibilità) porteranno ovunque il fanatismo”, non si va lontano. “I musulmani che vogliono andare in Europa devono integrarsi, e per farlo devono separare religione e stato. Cosa che finora non hanno fatto. Sono educati così da bambini, e se non hanno il coraggio di cambiare, significa che c’è qualcosa che non va. I paesi dell’est europeo l’hanno capito, ed è per questo che chiedono di privilegiare i profughi cristiani”.
A Ignace Youssif III Younan non piace l’acronimo Isis, così in voga sui mezzi di comunicazione: “Sembra il nome di un profumo da donna, quando invece si tratta di bande di terroristi che hanno perso il senso umano, la coscienza, la moralità. Bisogna chiamare le cose con il loro nome, e cioè ‘Stato islamico'". Contesta pure che per anni si sia definito quanto avveniva in Siria come l’ultima delle “primavere arabe”: “Dicevano, i giornali, che in poche settimane Assad sarebbe caduto e che tutto sarebbe stato risolto. Noi, qui, dicevamo invece che Damasco non è il Cairo, Tunisi o Tripoli. Avvertivamo che la realtà era molto più complessa. E siamo rimasti inascoltati”. Il patriarca guarda a Mosca anche sotto il profilo spirituale, ricordando quando Kirill già nel 2012 disse, in Libano e Sira che “noi difendiamo la libertà religiosa per tutti in medio oriente nello stesso modo in cui tali libertà sono difese in Russia. Ha avuto coraggio a dirlo, e purtroppo – e lo dico con tanta tristezza – non abbiamo sentito dichiarazioni di questo tipo da uomini occidentali, siano essi civili siano essi ecclesiastici”. Un silenzio che caratterizza anche le autorità islamiche, che già Padre Pierbattista Pizzaballa, a questo giornale, aveva definito “tiepide” nel condannare le persecuzioni riguardo i cristiani nel vicino oriente. “Noi – sottolinea Younan – stiamo chiedendo ai leader musulmani di essere più chiari e più fermi nel condannare questi atti criminali perpetrati da barbari. Dicono che l’islam è innocente, non c’entra nulla. Io stesso ho chiesto al muftì del Libano perché non si radunassero tutti insieme, sunniti e sciiti, per denunciare le persecuzioni a danno dei cristiani e delle altre minoranze. Non basta dire ‘non uccidere i musulmani’, solo perché condividono la stessa fede. Purtroppo non sono ancora riusciti ancora a sviluppare questa attitudine, propria di una religione che si definisce misericordiosa”.
di Matteo Matzuzzi | 28 Gennaio 2016 ore 18:18
Patriarca Sako: pianificata la persecuzione contro i cristiani!
“Non è un segreto” che siano intervenuti
dei “giocatori esterni che hanno agito in base alle proprie ambizioni
nella regione”. Sono quelli che “hanno usato la democrazia e la libertà
come copertura per privarci delle nostre risorse naturali ed hanno
creato il caos ed il terrorismo in Iraq e in Medio Oriente”. È ciò che
ha dichiarato il patriarca di Babilonia del Caldei, Louis Raphael I, nel
discorso preparato per la conferenza sui diritti delle minoranze
religiose nel mondo musulmano, che è in corso in questi giorni a
Marrakech, in Marocco.
2003 anno della deriva dell’Iraq e inizio delle sofferenze dei cristiani
Nel suo discorso, ripreso dall’agenzia Fides, il patriarca identifica
nel 2003 – anno dell’intervento militare Usa contro il regime di Saddam
Hussein – l’inizio dei processi storici che stanno portando l’Iraq alla
deriva con un “ordine del giorno sistematico e ben pianificato” che
prevede anche “la sparizione dei cristiani e delle altre minoranze
religiose” autoctone.
Crescente la discriminazione dei cristiani nella società irachena
Nel suo intervento, il Patriarca ha anche elencato una serie di recenti
episodi che documentano la crescente discriminazione dei cristiani nella
società irachena: “Un giudice di Baghdad”, ha raccontato, “ha respinto
un cristiano dal tribunale in qualità di testimone, affermando che i
cristiani non sono ammessi come testimoni nei tribunali iracheni. Alcuni
costruttori musulmani si sono rifiutati di costruire case e dimore
religiose per i cristiani, perché identificati come infedeli. Le milizie
a Baghdad hanno preso possesso delle case dei cristiani, dei loro
terreni e delle loro altre proprietà. Sono stati affissi dei manifesti,
anche negli uffici pubblici, con cui si chiede alle ragazze cristiane di
indossare il velo, sull’esempio della Vergine Maria”.
Formazione di religiosi musulmani che si oppongano al fanatismo
Tra le urgenze da affrontare per salvare il Medio Oriente, il Patriarca
ha indicato anche la necessità di formare “religiosi musulmani istruiti,
che si oppongano al fanatismo e alla mentalità settaria con le parole e
le azioni”.
(RadioVaticana, 27/01/2016)
Dalla Conferenza Internazionale Il Nuovo Ordine Mondiale, Michel Chossudovsky: Al Queda e l’Isis non sono organizzazioni indipendenti, sono sponsorizzate dagli Stati Uniti. E’ documentato come già da prima del 2011 ci sia stato un processo di reclutamento di mujahidin per combattere in Siria. E ciò è stato coordinato dalla Nato e dell’alto comando turco.
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