MA QUALE DESTRA QUALUNQUISTA O SINISTRA SNOB, L’”AVVENIRE” DI ZALONE E’ CRISTIANO - ‘’LA CAPACITÀ DI FARE COMMEDIA DA DENTRO, OVVERO SENZA PORSI AL DI FUORI DELLA MEDESIMA MATERIA COMICA, SENZA FARE I MAESTRINI, È SEGNO DI UMILTÀ CRISTIANA”
''Non c’è mai in questa comicità l’impressione che uno (il punto di vista di qualcuno dei protagonisti o il punto di vista del regista) sia quello 'a posto' che giudica gli altri come dei mentecatti. Va in scena, una umanità certamente piena di difetti, di manie, di snobismi intellettuali ridicoli, di chiusure mentali, ma mai soffia lo spirito gelido della divisione in 'giusti' e 'ingiusti', in perduti e salvati''...
Davide Rondoni per “Avvenire”
Siamo tipi da commedia, lo dimostra il proliferare di film del genere, tra i pochissimi di produzione italiana a fare veramente cassetta e ad attirare pubblico. Noi, si sa, siamo forti a estremizzare le cose, sia in alto che in basso. L’Italia ha una natura mistica e popolare che tiene incollati in modo prodigioso – frutto di una storia cristiana – ciò che è altissimo con ciò che è basso. Questo può dispiacere a coloro che vorrebbero l’Italia come una cosa 'media' che so più simile o ai salotti inglesi o alla compassata (e un poco ostentata perciò finta) noblesse francese.
O alla Norvegia. Come principi fra i commedianti si sono imposti da un paio d’anni Luca Medici (a proposito, un cognome da gran famiglia italiana che ha dato pure una regina di Francia, no?) alias Checco Zalone e il suo amico e regista Gennaro Nunziante. Due che han trovato il modo di far ridere e pensare gli italiani. Soprattutto in questo ultimo 'Quo vado?' che sta riempiendo le sale di tutta la penisola (nel primo giorno di programmazione ha incassato 7 milioni di euro, il doppio del record precedente detenuto da Harry Potter). Un filmone, per certi aspetti, girato con delicatezza e maestria tra la Norvegia, appunto, i ghiacci del Polo e nella foresta africana.
Si vede un salto di qualità, maggiori mezzi, un tentativo più aperto di affrontare una questione profonda. Si ride, si irride, si hanno molte trovate. La battuta su Mattarella e le foche, lo sguardo commosso all’auto in doppia fila, sono momenti da consegnare agli annali della comicità, non li sveliamo a chi non ha visto il film. C’è l’arte dei paradossi, e dei contro-luoghicomuni.
O alla Norvegia. Come principi fra i commedianti si sono imposti da un paio d’anni Luca Medici (a proposito, un cognome da gran famiglia italiana che ha dato pure una regina di Francia, no?) alias Checco Zalone e il suo amico e regista Gennaro Nunziante. Due che han trovato il modo di far ridere e pensare gli italiani. Soprattutto in questo ultimo 'Quo vado?' che sta riempiendo le sale di tutta la penisola (nel primo giorno di programmazione ha incassato 7 milioni di euro, il doppio del record precedente detenuto da Harry Potter). Un filmone, per certi aspetti, girato con delicatezza e maestria tra la Norvegia, appunto, i ghiacci del Polo e nella foresta africana.
Si vede un salto di qualità, maggiori mezzi, un tentativo più aperto di affrontare una questione profonda. Si ride, si irride, si hanno molte trovate. La battuta su Mattarella e le foche, lo sguardo commosso all’auto in doppia fila, sono momenti da consegnare agli annali della comicità, non li sveliamo a chi non ha visto il film. C’è l’arte dei paradossi, e dei contro-luoghicomuni.
Ma quel che più colpisce è la forza con cui i due nuovi principi della comicità italiana individuano un nervo scoperto della nostra vita (l’ossessione per il posto fisso, per il lavoro senza rischi etc) e lo prendono in giro senza però mai accusarlo con perfido cinismo o con facile disprezzo.
È il grande tema della sicurezza della vita, della sua consistenza, che viene messo a fuoco in un confronto tra chi cerca solo di stare al riparo e chi intende il proprio stare al mondo in altro modo. Ma senza manicheismo. Intendo che c’è un elemento di 'accoglienza del difetto' nel momento in cui se ne mettono in luce i lati negativi facendoli diventare comici, e mentre si mostra la necessità di correggerlo. Non è condiscendenza, è umiltà. Cristiana, aggiungo.
Non c’è mai in questa comicità l’impressione che uno (il punto di vista di qualcuno dei protagonisti o il punto di vista del regista) sia quello 'a posto' che giudica gli altri come dei mentecatti. Tutti, anche i difettosi, qui stanno simpatici. Va in scena, insomma, una umanità certamente piena di difetti, di manie, di snobismi intellettuali ridicoli, di chiusure mentali, ma mai soffia lo spirito gelido della divisione in 'giusti' e 'ingiusti', in perduti e salvati.
È il grande tema della sicurezza della vita, della sua consistenza, che viene messo a fuoco in un confronto tra chi cerca solo di stare al riparo e chi intende il proprio stare al mondo in altro modo. Ma senza manicheismo. Intendo che c’è un elemento di 'accoglienza del difetto' nel momento in cui se ne mettono in luce i lati negativi facendoli diventare comici, e mentre si mostra la necessità di correggerlo. Non è condiscendenza, è umiltà. Cristiana, aggiungo.
Non c’è mai in questa comicità l’impressione che uno (il punto di vista di qualcuno dei protagonisti o il punto di vista del regista) sia quello 'a posto' che giudica gli altri come dei mentecatti. Tutti, anche i difettosi, qui stanno simpatici. Va in scena, insomma, una umanità certamente piena di difetti, di manie, di snobismi intellettuali ridicoli, di chiusure mentali, ma mai soffia lo spirito gelido della divisione in 'giusti' e 'ingiusti', in perduti e salvati.
Questo ingrediente della commedia zaloniana, erede di una grande tradizione, spesso viene invece perduta in certa facile comicità caustica televisiva. Così che mentre la prima risulta libera e propositiva, la seconda diviene 'serva' e sterile. La capacità di fare commedia da dentro, ovvero senza porsi al di fuori della medesima materia comica, senza fare i maestrini, è segno di umiltà.
Questo è forse il segno che piace agli italiani del volto naturalmente simpatico di Zalone. E lo rende persuasivo mentre guarda in faccia le cose. Il film manda un messaggio potente al Paese, invitando a un cambiamento ancora da intraprendere davvero specie in alcune parti, e il Paese ride e pensa. Si riprende un modello (non nuovo, si pensi a certe cose di Sordi o Verdone) di comicità civile, politica, diversa da quella a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, fatta con il ditino alzato e con qualche facile, troppo facile irriverenza. Qui si pensa e si respira.
Questo è forse il segno che piace agli italiani del volto naturalmente simpatico di Zalone. E lo rende persuasivo mentre guarda in faccia le cose. Il film manda un messaggio potente al Paese, invitando a un cambiamento ancora da intraprendere davvero specie in alcune parti, e il Paese ride e pensa. Si riprende un modello (non nuovo, si pensi a certe cose di Sordi o Verdone) di comicità civile, politica, diversa da quella a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, fatta con il ditino alzato e con qualche facile, troppo facile irriverenza. Qui si pensa e si respira.
E grazie a un lavoro che nulla ha da invidiare a quello di chi prova a fare film di seria rappresentazione civile o culturale del nostro Paese, forse si capisce meglio cosa siamo, rispetto a cineaffreschi un po’ manierati e nichilisti o a certi film-manifesto. Certo, si tratta di una commedia e il pubblico di ogni età in sala accorre a cercare divertimento, un’ora e mezzo lieve. Ma qualcosa di più di un sospetto resta appiccicato ai giacconi, alle sciarpe. Ai cuori e ai pensieri. E il pubblico lo sa.
Checco Zalone e Papa Francesco, sull’Africa la pensano allo stesso modo
Posto fisso santo subito! Potrebbe sintetizzarsi così il nuovo film di Checco Zalone, nome d’arte di Luca Pasquale Medici, Quo vado? che sta letteralmente sbancando i botteghini. Nella quarta pellicola del comico pugliese la dimensione religiosa non è presente come lo era stata nel suo secondo film, Cado dalle nubi, con Tullio Solenghinei panni del cardinale di Milano e perfino un Benedetto XVI ripreso di spalle inneggiante alle cozze crude tarantine. Eppure anche in Quo vado?, che già nel titolo riprende il celebre romanzo dello scrittore polacco Henryk Sienkiewicz, Quo vadis?, amatissimo da Karol Wojtyla, la dimensione religiosa è molto forte. Dalla figura del prete che a scuola chiede al piccolo Checco e ai suoi compagni cosa vogliono fare da grande, fino ai missionari in Africa che aiutano tanti bambini, donne e uomini privi di vaccini e affetti da Aids, malaria, tubercolosi e altre malattie.
Zalone non poteva saperlo, ma il messaggio che vuole lasciare agli spettatori il suo ultimo film è esattamente lo stesso che Papa Francesco ha voluto affidare al mondo intero nel suo primo viaggio in Africa. Proprio come il protagonista di Quo vado?, Bergoglio nella Repubblica Centrafricana, fuori programma, ha visitato a sorpresa l’unico ospedale pediatrico di Bangui portando in dono scatoloni di medicinali confezionati dal nosocomio infantile Bambino Gesù di Roma, di proprietà della Santa Sede. “In terapia intensiva – ha raccontato Francesco ai giornalisti sul volo papale – non hanno l’ossigeno. In quell’ospedale c’erano tanti bambini malnutriti. La dottoressa mi ha detto che la maggioranza morirà perché hanno la malaria forte e sono malnutriti”.
“Non voglio fare un’omelia, – ha aggiunto Bergoglio – ma il Signore rimproverava sempre al popolo di Israele l’idolatra. E l’idolatria è quando un uomo o una donna perdono la carta di identità di essere figli di Dio e preferiscono cercarsi un dio a loro misura. Questo è il principio e se l’umanità non cambia continueranno le miserie, le tragedie, le guerre, i bambini che muoiono di fame, l’ingiustizia. Cosa pensa questa percentuale che ha in mano l’80 per cento della ricchezza del mondo? E questo non è comunismo, questo è verità, ela verità non è facile vederla“.
Nella sede africana dell’Onu, a Nairobi in Kenya, il Papa ha rivolto proprio un appello in questa direzione: “L’eliminazione della malaria e della tubercolosi, la cura delle cosiddette malattie ‘orfane e i settori trascurati della medicina tropicale richiedono un’attenzione politica prioritaria, al di sopra di qualsiasi altro interesse commerciale o politico“. Per Francesco, infatti, “l’interdipendenza e l’integrazione delle economie non devono comportare il minimo danno ai sistemi sanitari e di protezione sociale esistenti; al contrario, devono favorire la loro creazione e il funzionamento”.
Bergoglio ha denunciato che “sono molti i volti, le storie, le conseguenze evidenti in migliaia di persone che la cultura del degrado e dello scarto ha portato a sacrificare agli idoli del profitto e del consumo. Dobbiamo stare attenti a un triste segno della globalizzazione dell’indifferenza, che ci fa lentamente ‘abituare’ alla sofferenza dell’altro, quasi fosse normale, o peggio ancora, a rassegnarci alle forme estreme e scandalose di ‘scarto’ e di esclusione sociale, come sono le nuove forme di schiavitù, il traffico delle persone, il lavoro forzato, la prostituzione, il traffico di organi. È tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa. Sono molte vite, molte storie, molti sogni che naufragano nel nostro presente. Non possiamo rimanere indifferenti – ha scandito Francesco – davanti a questo. Non ne abbiamo il diritto”. Sembrerà paradossale, ma è lo stesso messaggio di Quo vado? e c’è da sperare che, al di là del grande e meritato successo di pubblico e di incassi, l’invito a non lasciarsi “anestetizzare dalla globalizzazione dell’indifferenza” arrivi al cuore degli spettatori.
Francesco Antonio Grana
Vaticanista
L'esilarante scambio di battute tra Papa Francesco e un pellegrino a Piazza San Pietro: "Papa, l'aspettiamo in Messico". "Con o senza tequila?", replica sorridendo il pontefice. "Molta tequila!".
di Davide Falcioni
Nel calice di Papa Francesco presto al posto del vino rosso, simbolo del "sangue di Cristo", potrebbe finire tequila. Lungi da noi voler essere blasfemi, ma il Pontefice di perdonerà visto che in fondo è stato lui a citare per la prima volta la celebre bevanda superalcolica messicana. Ma andiamo con ordine: il primo gennaio Bergoglio era in Vaticano ed è sceso qualche minuto tra i fedeli per offrire la sua benedizione. Tra loro c'era anche un cittadino messicano, che in preda all'entusiasmo gli ha detto: "Papa, l'aspettiamo in Messico". La risposta di Bergoglio non si è fatta attendere ed ha lasciato tutti spiazzati: "Con o senza tequila?". Un assist per il pellegrino americano, che ha replicato: "Un sacco di tequila!". Francesco ha quindi sorriso ed ha continuato a benedire la folla.
Papa Francesco si recherà in Messico il 12 e 13 febbraio: terrà una messa nella Basilica di Guadalupe e poi proseguirà la sua visita nel paese recandosi a San Cristobal de las Casas, Tuxtla Gutiérrez, Morelia e Ciudad Juarez, vicino al confine degli Stati Uniti. L'esilarante scambio di battute tra il Pontefice e il pellegrino è stato filmato e caricato sulla sua pagina facebook da Monsignor Crlos Alberto Cardona.
http://www.fanpage.it/papa-francesco-chiede-tequila-per-il-suo-viaggio-in-messico/
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