Giornata della Memoria, però...
di Satiricus
Finalmente ci siamo. Non voglio essere originale, non ho controllato le precedenti edizioni e probabilmente arrivo in ritardo, però finora non mi era ancora capitato sotto il naso: finalmente ci siamo.
Finalmente, ce l’ho qui tra mano, nero su bianco, si cerca forse di fare il delicato passo, quello cioé di fondere tra loro il Giorno della Memoria (27 gennaio) e l’Ideologia di Genere. Non so altrove, però a Brescia il 27 reciterà così: “Una volta che il concetto di ‘diverso’ mette radici, l’impensabile diventa possibile”, questo il motto, tratto da Slavenka Drakulic; varie le iniziative a sfondo femminile e, tra queste, spicca l’intervento di Anna Foa: “Le donne e la Shoah: è possibile un discorso di genere?”
Le donne, il diverso, il totalitarismo. Francamente dubito che in questa edizione si andrà oltre la coloritura in rosa delle memorie annuali, però mi attendo, ad ogni giorno che passa, l’intrufolarsi di sempre più aperti parallelismi tra i dittatori antisemiti e i conservatori omofobi, per cui mi allerta qualsiasi accostamento tra genere e Shoah, sia pure un accostamento peregrino.
Del resto è facile additare nel conservatore medio l’ansa in cui si annidino germi di nuove oppressioni, però in molti hanno fatto notare che sono piuttosto le politiche di genere ad assumere oggi su di sé i tratti del totalitarismo: la crisi di democrazia, l’estromissione del giudizio popolare, le manifestazioni violente, il rifiuto del dialogo, i progetti diffusi segretamente dai Ministeri, la subordinazione della politica ad un’ideologia anti-scientifica.
Spaventa non poco l’idea che i giorni della Memoria possano lentamente esser strumentalizzati per sortire effetti opposti da quelli tanto desiderati. Dovevano aiutarci ad evitare che di nuovo tornassero i vecchi totalitarismi, però sapranno guidarci a scorgere per tempo i totalitarismi futuri nelle loro forme nuove?
Mi pare un esercizio culturale importante: il totalitarismo che ci attende avrà modalità inattese, soggetti inaspettati, astuzie non consuete, a noi scovarle. Però che buffo se i nostri nipoti ci diranno che, mentre combattevamo i mostri di memorie ormai sbiadite, non ci accorgevamo di nutrire in seno le nuove serpi.
Ora, ciò che vorrei suggerire è semplice: a mio giudizio le diagnosi non mancano e sono pure buone, ben rodate, però dovremmo avere il coraggio e la fantasia di proiettarle su nuovi soggetti e magari l’esito sarebbe interessante.
Però, però, però… Eh già, pensate, per esempio, se proprio l’acutissima “Però…” del buon Trilussa, anziché rivolgerla indefessamente contro i fantasmi di monarchici, oscuri medievali, bigotti, fascisti e simili feticci, la volessimo applicare agli unici che oggi stanno cercando di togliere ai sudditi - ai bambini - la libertà di pensiero naturale, a quanti vogliono invadere i programmi scolastici per creare una nuova generazione di automi acritici incapaci di obiezioni (altrimenti stroncati dalle leggi Scalfarotto e sue derivate), ai ministeri che si peritano di avvisarci che l’ideologia di genere non deve essere insegnata nelle scuole (e con ciò riconoscono che la questione del genere esiste ed è viva, e che è pur sempre e almeno e ormai possibile introdurla). Pensateci, però!
Però
In un paese che non m’aricordo
C’era una volta un re ch’era riuscito
a mette tutto er popolo d’accordo
e a unirlo in un medesimo partito
che era quello monarchico per cui
era lo stesso che voleva lui.
Quando nasceva un suddito er governo
je levava una ghiandola speciale
per aggiustarje er sentimento interno
secondo la coscienza nazionale
in modo che crescesse nell’idea
come un cocchiere porta la livrea.
Se cercavi un anarchico .. Domani!
Macchè! non ne trovavi più nessuno
nè socialisti nè repubblicani
manco a pagarli mile lire l’uno
qualunque scampoletto di opinione
era venduto a prezzo di occasione.
Per questo in quel paese che vi ho detto
viveano così ch’era un piacere
senza un tirate là, senza un dispetto
ammaestrati tutti di un parere
chi la pensava differentemente
passava pe’ un fenomeno vivente.
Er popolo ogni sera se riuniva
sotto la reggia pe’ vedè er sovrano
che apriva la finestra tra l’evviva
e s’affacciava tra lli sbattimano
fino a che non pijava la parola
come parlasse a ‘na persona sola.
– Popolo – je diceva – come stai? –
E tutto quanto er popolo de sotto
j’arispondeva – Bene! Assai! –
– Ce pare d’aver vinto un terno al lotto! –
E il re contento, dopo averje detto
quarche altra cosa li mannava a letto.
Ecchete che una sera er Re je chiese
– Siete d’accordo tutti quanti? –
E allora da centomila bocche non si intese
che un -sì -allungato che durò mezz’ora.
Solamente un ometto scantonò
e appena detto sì disse però.
Vi immaginate quello che successe!
– Bisogna bastonarlo – urlò la folla
– Le indecisioni non sono più permesse
se no ricominciamo il tirammolla. –
– Lasciate che mi spieghi e poi vedremo –
disse l’ometto che non era scemo.
– Defatti appena er Re c’ha domandato
se eravamo d’accordo j’ho risposto
nel modo che avevamo combinato
ma un buon amico che c’avevo accosto
per fasse largo, proprio in quel momento
m’ha acciaccato li calli a tradimento.
Io dunque non ho fatto una protesta
quel però che mi è uscito in bona fede
più che un pensiero che c’avevo in testa
era un dolore che sentivo al piede.
Però, dicevo, è inutile se poi
ce pestamo li calli tra di noi.
Quanno per ambizione o per guadagno
uno non guarda più dove cammina
e monta sulli calli del compagno
va tutto a danno della disciplina.-
fu allora che la folla persuasa
je disse – vabè, però stattene a casa –
(Trilussa)
Finalmente ci siamo. Non voglio essere originale, non ho controllato le precedenti edizioni e probabilmente arrivo in ritardo, però finora non mi era ancora capitato sotto il naso: finalmente ci siamo.
Finalmente, ce l’ho qui tra mano, nero su bianco, si cerca forse di fare il delicato passo, quello cioé di fondere tra loro il Giorno della Memoria (27 gennaio) e l’Ideologia di Genere. Non so altrove, però a Brescia il 27 reciterà così: “Una volta che il concetto di ‘diverso’ mette radici, l’impensabile diventa possibile”, questo il motto, tratto da Slavenka Drakulic; varie le iniziative a sfondo femminile e, tra queste, spicca l’intervento di Anna Foa: “Le donne e la Shoah: è possibile un discorso di genere?”
Le donne, il diverso, il totalitarismo. Francamente dubito che in questa edizione si andrà oltre la coloritura in rosa delle memorie annuali, però mi attendo, ad ogni giorno che passa, l’intrufolarsi di sempre più aperti parallelismi tra i dittatori antisemiti e i conservatori omofobi, per cui mi allerta qualsiasi accostamento tra genere e Shoah, sia pure un accostamento peregrino.
Del resto è facile additare nel conservatore medio l’ansa in cui si annidino germi di nuove oppressioni, però in molti hanno fatto notare che sono piuttosto le politiche di genere ad assumere oggi su di sé i tratti del totalitarismo: la crisi di democrazia, l’estromissione del giudizio popolare, le manifestazioni violente, il rifiuto del dialogo, i progetti diffusi segretamente dai Ministeri, la subordinazione della politica ad un’ideologia anti-scientifica.
Spaventa non poco l’idea che i giorni della Memoria possano lentamente esser strumentalizzati per sortire effetti opposti da quelli tanto desiderati. Dovevano aiutarci ad evitare che di nuovo tornassero i vecchi totalitarismi, però sapranno guidarci a scorgere per tempo i totalitarismi futuri nelle loro forme nuove?
Mi pare un esercizio culturale importante: il totalitarismo che ci attende avrà modalità inattese, soggetti inaspettati, astuzie non consuete, a noi scovarle. Però che buffo se i nostri nipoti ci diranno che, mentre combattevamo i mostri di memorie ormai sbiadite, non ci accorgevamo di nutrire in seno le nuove serpi.
Ora, ciò che vorrei suggerire è semplice: a mio giudizio le diagnosi non mancano e sono pure buone, ben rodate, però dovremmo avere il coraggio e la fantasia di proiettarle su nuovi soggetti e magari l’esito sarebbe interessante.
Però, però, però… Eh già, pensate, per esempio, se proprio l’acutissima “Però…” del buon Trilussa, anziché rivolgerla indefessamente contro i fantasmi di monarchici, oscuri medievali, bigotti, fascisti e simili feticci, la volessimo applicare agli unici che oggi stanno cercando di togliere ai sudditi - ai bambini - la libertà di pensiero naturale, a quanti vogliono invadere i programmi scolastici per creare una nuova generazione di automi acritici incapaci di obiezioni (altrimenti stroncati dalle leggi Scalfarotto e sue derivate), ai ministeri che si peritano di avvisarci che l’ideologia di genere non deve essere insegnata nelle scuole (e con ciò riconoscono che la questione del genere esiste ed è viva, e che è pur sempre e almeno e ormai possibile introdurla). Pensateci, però!
Però
In un paese che non m’aricordo
C’era una volta un re ch’era riuscito
a mette tutto er popolo d’accordo
e a unirlo in un medesimo partito
che era quello monarchico per cui
era lo stesso che voleva lui.
Quando nasceva un suddito er governo
je levava una ghiandola speciale
per aggiustarje er sentimento interno
secondo la coscienza nazionale
in modo che crescesse nell’idea
come un cocchiere porta la livrea.
Se cercavi un anarchico .. Domani!
Macchè! non ne trovavi più nessuno
nè socialisti nè repubblicani
manco a pagarli mile lire l’uno
qualunque scampoletto di opinione
era venduto a prezzo di occasione.
Per questo in quel paese che vi ho detto
viveano così ch’era un piacere
senza un tirate là, senza un dispetto
ammaestrati tutti di un parere
chi la pensava differentemente
passava pe’ un fenomeno vivente.
Er popolo ogni sera se riuniva
sotto la reggia pe’ vedè er sovrano
che apriva la finestra tra l’evviva
e s’affacciava tra lli sbattimano
fino a che non pijava la parola
come parlasse a ‘na persona sola.
– Popolo – je diceva – come stai? –
E tutto quanto er popolo de sotto
j’arispondeva – Bene! Assai! –
– Ce pare d’aver vinto un terno al lotto! –
E il re contento, dopo averje detto
quarche altra cosa li mannava a letto.
Ecchete che una sera er Re je chiese
– Siete d’accordo tutti quanti? –
E allora da centomila bocche non si intese
che un -sì -allungato che durò mezz’ora.
Solamente un ometto scantonò
e appena detto sì disse però.
Vi immaginate quello che successe!
– Bisogna bastonarlo – urlò la folla
– Le indecisioni non sono più permesse
se no ricominciamo il tirammolla. –
– Lasciate che mi spieghi e poi vedremo –
disse l’ometto che non era scemo.
– Defatti appena er Re c’ha domandato
se eravamo d’accordo j’ho risposto
nel modo che avevamo combinato
ma un buon amico che c’avevo accosto
per fasse largo, proprio in quel momento
m’ha acciaccato li calli a tradimento.
Io dunque non ho fatto una protesta
quel però che mi è uscito in bona fede
più che un pensiero che c’avevo in testa
era un dolore che sentivo al piede.
Però, dicevo, è inutile se poi
ce pestamo li calli tra di noi.
Quanno per ambizione o per guadagno
uno non guarda più dove cammina
e monta sulli calli del compagno
va tutto a danno della disciplina.-
fu allora che la folla persuasa
je disse – vabè, però stattene a casa –
(Trilussa)
http://www.campariedemaistre.com/2016/01/giornata-della-memoria-pero.html
Domani è il “Giorno della memoria”. Bene, e allora facciamo memoria – di Paolo Deotto
Domani, 27 gennaio, è il “Giorno della memoria”, dedicato allo sterminio degli ebrei attuato dal potere nazista in Germania. Intanto il mondo “civile” stermina ogni anno milioni di innocenti, col crimine dell’aborto divenuto un “diritto” grazie a infami legislazioni. I link a un istruttivo filmato.
Domani è il “Giorno della memoria”. Bene, e allora facciamo memoria – di Paolo Deotto
Domani, 27 gennaio, è il “Giorno della memoria”, dedicato allo sterminio degli ebrei attuato dal potere nazista in Germania. Intanto il mondo “civile” stermina ogni anno milioni di innocenti, col crimine dell’aborto divenuto un “diritto” grazie a infami legislazioni. I link a un istruttivo filmato.
di Paolo Deotto
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Sarà allora opportuno, visto che il giorno è dedicato alla “memoria”, fare appunto memoria, visto che uno slogan ricorrente dice che bisogna “ricordare, perché queste cose non accadano più”. Però assistiamo a un fenomeno singolare: tutti gli anni queste cerimonie si ripetono, eppure continuano ad accadere stragi ben più gravi, per numero di vittime e per modalità, dell’Olocausto.
Accade quotidianamente, con una sanguinaria monotonia, nell’indifferenza di un mondo sprofondato nell’incoscienza, un’orrenda strage degli innocenti: si chiama aborto.
Abbiamo parlato di strage ben più grave dell’Olocausto per le modalità con cui avviene. È più grave, perché l’aborto è ormai entrato nella “normalità” del mondo cosiddetto “civile” fino ad assumere la dignità di “diritto”, difeso dalla legge e addirittura finanziato, con le tasse dei cittadini, dai pubblici servizi sanitari.
Se la follia nazista riuscì a uccidere dai sei agli otto milioni di ebrei, la follia democratica è riuscita a fare ben di più. Ora vedremo alcune cifre. E se la follia nazista a un certo punto fu fermata dal crollo della Germania nel secondo conflitto mondiale, la follia democratica continua a produrre orrore quotidianamente.
Non vi è alcuna differenza concettuale tra la pratica dell’aborto e la sterminio degli ebrei. Entrambi nascono da una profonda malattia dell’anima e dell’intelletto, per la quale il “Potere” può decidere chi ha diritto a vivere e chi no. Ma se la follia nazista poteva sforzarsi di cercare una “giustificazione” (ovviamente inaccettabile) nel sogno malato di creare un nuovo “modello di uomo”, con la necessità di eliminare quelle che venivano considerate categorie o razze dannose o inferiori, la follia democratica nasce solo da un egoismo arrivato a tali livelli satanici da conferire alla madre il potere di sbarazzarsi del “fastidio” che può essere una gravidanza, specie se indesiderata, o se si scopre che il nascituro potrebbe essere malformato, o affetto da gravi malattie. Come al negozio di animali si cerca ovviamente il micetto più bello, la mammina cresciuta nel sano sistema laico-democratico vuole la sicurezza che il bimbo sia sano e bello. E quando l’egoismo arriva alla soppressione legalizzata di esseri umani totalmente innocenti e indifesi, la follia ha raggiunto livelli che rendono palese il dominio demoniaco che ormai opprime la società.
Facciamo solo qualche cifra, per renderci conto dell’orrore in cui si vive, e di cui bisognerebbe parlare tutti i giorni, e da cui bisognerebbe uscire, perché l’orrore porta solo alla rovina. Per gli ebrei sterminati ogni anno si celebra la “Giornata della memoria”. Chi muove un dito per questi innocenti sterminati quotidianamente?
In casa nostra: a tutto il 2014 (dati del Ministero della Salute) sono stati già uccisi in Italia 5.642.070 bambini. Sfuggono ovviamente dal conto gli aborti procurati con le varie pillole (del giorno prima, del giorno dopo, dei cinque giorni eccetera). Se consideriamo che nel solo 2012 erano state vendute circa 400.000 confezioni di “pillole del giorno dopo”, ipotizzando che quelle pillole abbiano avuto un’efficienza “solo” del 20 o del 30%, dobbiamo aggiungere altre decine di migliaia di vittime.
Dagli Stati Uniti non ci giungono cifre dettagliate come quelle che abbiamo dal nostro Ministero della Salute. Comunque, alcune cifre disponibili ci dicono che nel 2008 la patria del dio dollaro soppresse circa 1.200.000 dei suoi figli. Nel 2011 erano “solo” 1.100.000. Naturalmente per gli Stati Uniti, come per l’Italia e il resto del mondo, vale il discorso fatto sopra, sull’incontrollabilità degli aborti cosiddetti “chimici”, ovvero procurati con l’assunzione di farmaci.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima in circa 44.000.000 gli aborti effettuati annualmente nel mondo, e oltre la metà di questi sono fatti “legalmente”.
Questi sono numeri, di fronte ai quali non ci possono essere discussioni particolari. Sono numeri che parlano da soli, e parlano di una follia omicida ben più grave di quella nazista, perché oltre ai bambini uccidono anche le coscienze, inculcando il concetto dell’aborto – e l’aborto è un omicidio – non solo “legittimo”, ma addirittura “diritto” della donna. E la follia omicida continua a uccidere, perché la casistica psichiatrica è ricca circa le terribili conseguenze a cui vanno incontro le donne che abortiscono quando, finalmente, in alcune di loro la coscienza si risveglia.
Pare lecito quindi chiedersi con quale mostruosa faccia di bronzo si possano deprecare gli orrori del nazismo, quando nella felice era in cui viviamo, distrutto il regime di Hitler, il mondo si è avviato a fare ben di peggio di ciò che riuscirono a fare lo stesso Hitler, Heichmann, Heidrick & degni compari.
Gli ebrei hanno ovviamente tutte le ragioni per provare orrore al ricordo dell’ignobile persecuzione cui furono sottoposti. Sarebbe anche bello che ci spiegassero in base a quale concetto di moralità si siano dati però una legislazione sull’aborto definita con soddisfazione “molto liberale” (clicca qui).
Poi potremmo allargare il discorso parlando degli altri Olocausti, dimenticati, seppelliti nella storia, o dei quali le cattive coscienze preferiscono non far parola. Il primo che ci viene alla mente, in questa galleria di orrori che contraddistingue la storia umana, è lo sterminio sistematico con cui la nascente nazione americana, patria del dollaro, dei gay-pride e di tante altre amenità, si liberò del popolo dei pellirossa. Nel periodo delle “guerre indiane” (1830-1890), in mancanza ovviamente di registri anagrafici, gli storici stimano tra dieci e i dodici milioni i pellirossa che furono uccisi nell’avanzata inesorabile della macchina del progresso e della ricerca della felicità. E potremmo ricordare gli Armeni, e i cambogiani nella felicità del regime comunista di Pol-Pot, e le migliaia di cristiani che vengono giornalmente massacrati, con qualche morbida “deprecazione” che si fa ogni tanto, così, tanto per farla…
Ci vorrebbe altro spazio, ma sono argomenti sui quali torneremo. Per ora, in vista del “Giorno della memoria”, vorremmo solo chiedere alle migliaia di politici, maitre à penser, esponenti della cosiddetta “società civile”, eccetera, che domani ci daranno pillole della loro saggezza per mostrarci quanto sono buoni, umani e civili, a tutti questi signori, e agli amici ebrei con la loro “liberale” legislazione sull’aborto, a tutti costoro vorremmo chiedere: “Signori, un po’ di serietà. Non vi siete accorti che il nazismo è tutt’altro che morto, che il fiume di sangue innocente continua a scorrere? E quanti di voi sono responsabili per non aver fatto nulla per fermare questa tragedia, se non addirittura ne siete complici avendo legiferato in materia? E vi siete mai chiesti se non arriverà il conto? Già, perché il sangue innocente ricade su chi lo ha versato”.
Domanda che non avrà risposta, perché il fiume dell’ipocrisia la sommergerà.
Abbiamo visto tante terribili immagini dei campi di sterminio. Guardate questo istruttivo filmato, in due parti (clicca qui e qui). È intitolato “L’urlo silenzioso”. Viene spiegato bene, con parole e con immagini, come si massacra un innocente. Beninteso: oggi è tutto “lecito”, lo dice “la legge”…
http://www.riscossacristiana.it/domani-e-il-giorno-della-memoria-bene-e-allora-facciamo-memoria-di-paolo-deotto/Antonia Arslan, i vecchi e nuovi volti del genocidio
Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, dedicato alla Shoah. Il 24 aprile scorso si era celebrato un altro giorno della memoria, dedicato al Medz Yeghern, il genocidio degli armeni. C’è un filo rosso sangue che collega i due omicidi di massa, benché avvenuti a quasi trent’anni di distanza l’uno dall’altro, in luoghi, regimi e culture molto differenti fra loro. Lo spiega bene Antonia Arslan, celebre per il suo romanzo La Masseria delle Allodole, storia della sua famiglia attraverso lo sterminio del 1915. L’abbiamo incontrata alla sinagoga di Milano, ospite della Comunità ebraica e dell’associazione Amicizia Ebraico-Cristiana di Milano Carlo Maria Martini, per parlare della memoria condivisa dei due genocidi, nel bene e nel male: gli ebrei che aiutarono gli armeni (fra cui soprattutto l’ambasciatore americano a Costantinopoli, Henry Morgenthau) e, un terzo di secolo dopo, gli armeni che aiutarono gli ebrei, anche solo per il fatto di aver conosciuto in prima persona una deportazione e uno sterminio di massa.
Ma anche nel male: il Medz Yeghern fu ispirato dalla filosofia politica tedesca. La Germania, alleata dell’Impero Ottomano anche prima dello scoppio della Grande Guerra, contribuì a giustificare il genocidio e addirittura a ispirarlo. Per il solo fatto che gli armeni erano sotto dominio ottomano, erano considerati un “problema” anche per la Germania. In tempo di guerra, i tedeschi sostennero e coprirono il genocidio. Anche dopo la Grande Guerra, la Germania continuò a giustificare il genocidio armeno come un “fatto necessario”, la soluzione di un “problema razziale”. Nonostante gli armeni fossero cristiani, i nazisti li presentarono storicamente come “gli ebrei del Medio Oriente” e il genocidio come “giustificabile”, perché aveva contribuito alla nascita di una nuova Turchia. “Nessuna storia del Ventesimo Secolo può ignorare la diretta e disturbante connessione fra i due grandi crimini”, sottolinea la Arslan.
I grandi stermini appartengono solo alla storia del Novecento o possono ripetersi? Ci sono le premesse per una loro riedizione nel Ventunesimo Secolo? “Certamente sì – ne è convinta la Arslan – E’ un tipo di sterminio moderno che è stato inventato all’inizio del Novecento, ma che si è ripetuto tante volte anche in tempi recenti: si pensi al Rwanda, alla Cambogia, all’Ucraina dell’Holodomor, tutte tappe sanguinose di questa storia. L’ingrediente principale è il fanatismo e soprattutto l’ossessione contro un gruppo. Quando si rafforza, è la premessa di un genocidio. Ma perché questo inizi, occorre un governo che lo metta in atto. E noi vediamo casi di governi che sarebbero anche pronti a ordinarlo, ai giorni nostri”. Se pensiamo all’Isis, sta compiendo violenze di tipo genocida anche nei luoghi della deportazione degli armeni. “Deir Ezzor, per esempio: in quella città sono arrivate truppe dalla provenienza ignota, stando a quanto mi hanno riferito, determinate a distruggere il Memoriale degli armeni. Questa non aveva alcun significato bellico o politico, era una piccola cappella con un po’ di ossa dentro. Ma nel 2014 è stata proprio la prima cosa ad essere distrutta. E questo ha un grande significato. Così come l’accanimento contro quel piccolo popolo inerme degli yezidi, in Iraq. La sistematicità con cui vengono uccisi, mentre le loro donne sono schiavizzate, rivela un progetto di sterminio di quella popolazione, nella sua interezza. E anche quelle sono le stesse aree della tragedia armena”.
Come si spiega l’accanimento contro un simbolo del Grande Male? Persiste un odio storico nella popolazione locale? “Non direi – ci risponde la Arslan – perché gli arabi e i beduini del Nord della Siria non hanno mai trattato male gli armeni. Anzi, quelle poche persone che si sono salvate a Deir Ezzor, nel 1915 e 1916, si sono inserite in famiglie beduine. E’ possibile, piuttosto, che fra i massacratori di oggi ci siano turchi. Sono loro che hanno la smania di negare il passato e distruggerne ogni traccia”. La Turchia ha sempre applicato una politica di negazionismo storico. C’è anche il rischio che torni totalitaria? “I cremlinologi dicevano dell’Urss che fosse un enigma avvolto nel mistero. Oggi possiamo dire altrettanto del governo islamico turco. Quale sia la vera intenzione del presidente Erdogan e del primo ministro Davutoglu, non lo sappiamo. Sicuramente c’è qualcosa di molto oscuro sul rapporto fra il governo di Ankara e l’Isis, come suggeriscono le file di camion di ‘aiuti umanitari’, che in realtà erano armi. Ora, cosa abbia intenzione di fare in futuro… la priorità è determinare il destino della Siria, in competizione con la Russia. Gli armeni, attualmente, sono secondari”.
I curdi sono le nuove vittime. Perché, come spiega la Arslan, tutte le minoranze sono prima o poi finite sotto la scure della turchificazione. Gli armeni vennero sterminati per primi, ma poi toccò ai greci sotto Ataturk, poi ancora nel ’41 con la tassa straordinaria sulle loro proprietà e infine con il pogrom del 1955. Invece “Con i curdi, che collaborarono attivamente al genocidio armeno, venne tentata negli anni ’30 una politica di assimilazione, vietando la loro lingua, considerandoli come ‘turchi delle montagne’. Solo negli ultimi anni è stata seguita una politica di apertura, ma adesso è già finita con l'inizio delle ostilità nell’est dell’Anatolia. La maggior paura dei turchi, oggi, è che si costituisca uno Stato indipendente curdo nel nord dell’Iraq e che questo embrione di nazione attiri anche le regioni turche a maggioranza curda”. I curdi, da persecutori degli armeni, sono attualmente gli unici protettori delle minoranze cristiane: “i curdi hanno ammesso la loro colpa apertamente, hanno chiesto scusa e hanno constatato amaramente che la loro collaborazione al genocidio si è rivolta contro loro stessi. Hanno capito che, una volta eliminate tutte le minoranze, è arrivato il loro turno”.
Il genocidio è avvenuto più a causa del nazionalismo o della religione? “Il genocidio armeno è stato compiuto, prima di tutto, nel nome di ideali nazionalisti, nel nome della nazione turca. Ma l’elemento religioso è stato comunque molto importante, perché la popolazione ha risposto all’appello della guerra santa. La classe dirigente era laica: i Giovani Turchi erano anche atei, bevevano, parlavano di de-islamizzazione. Ma la nazione che governavano era musulmana. Oggi il catalizzatore più potente per un eventuale nuovo sterminio è invece religioso. Perché c’è un odio religioso diffuso, lo si vede da tante cose. Speriamo, comunque, che non si scateni un nuovo genocidio, ma i rapporti nel Medio Oriente sono talmente involuti (basti pensare alle centinaia di migliaia di morti in Siria) che il rischio è reale. Si dice sempre che sia a causa del petrolio. Certamente sono territori molto ricchi e possono far gola a molti. Ma non ridurrei tutto alla questione economica. Basti pensare al genocidio del ‘15, appunto: uccisero tutti gli agricoltori armeni, a costo di trasformare l’Anatolia orientale in un deserto. La Turchia visse un ventennio di crisi, proprio perché la sua classe più operosa e produttiva era stata sterminata. La gente uccide e muore per fanatismo, molto spesso anche in modo autolesionista”.
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