ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 17 gennaio 2016

Vorrei ma non posso?

L'evangelizzazione va portata anche agli ebrei
Papa Francesco e il rabbino Di Segni
Il tema del rapporto tra cristiani ed ebrei è stato arricchito di recente di importanti novità, che hanno preparato la visita odierna di Papa Francesco alla sinagoga di Roma. Davanti a queste novità, il semplice fedele si fa una domanda altrettanto semplice: il dovere di annunciare Cristo, non solo la testimonianza personale, ma l’annuncio di Cristo come unico Salvatore, vale ancora anche a proposito degli ebrei o no? 

L’occasione delle novità di cui parliamo è stata la celebrazione dei cinquant’anni della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate sulle religioni non cristiane (28 ottobre 1965). La Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo, presieduta dal cardinale Kurt Koch, nel dicembre scorso ha per l’occasione pubblicato un documento dal titolo «Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili». Il testo, che prende il titolo proprio da un passo della Nostra Aetate, è ricco e complesso, ma l’attenzione degli osservatori si è posata soprattutto sul seguente passo: «La Chiesa deve comprendere l’evangelizzazione rivolta agli ebrei, che credono nell’unico Dio, in maniera diversa rispetto a quella diretta a coloro che appartengono ad altre religioni o hanno altre visioni del mondo. Ciò significa concretamente che la Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei»… «fermo restando questo rifiuto - per principio - di una missione istituzionale diretta agli ebrei, i cristiani sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei; devono farlo però con umiltà e sensibilità, riconoscendo che gli ebrei sono portatori della Parola di Dio e tenendo presente la grande tragedia della Shoah». Il documento non è da considerarsi un momento del magistero ufficiale della Chiesa, ma un contributo all’approfondimento teologico del rapporto tra ebrei e cristiani.
In vista della visita di papa Francesco alla Sinagoga di Roma prevista per oggi, il rabbino capo di Roma Di Segni aveva ripreso il tema della “evangelizzazione degli ebrei”, augurandosi che il Papa affermi che i cristiani non devono convertire gli ebrei. «Gli ebrei», ha detto Di Segni, «sono ancora il popolo eletto, anche se non crediamo in Gesù e continuano ad avere un posto in quello che loro chiamano salvezza, anche come non credenti in Gesù. Dal punto di vista pratico significa che gli ebrei non hanno bisogno di essere convertiti. L’ebraismo è considerato una religione parte del loro sistema religioso e merita di essere rispettata». É evidente il nesso tra questa richiesta e le affermazioni della Commissione pontificia ricordato sopra.
All’interno di questo dibattito, la prima cosa da fare è sgombrare il campo dalle cose ormai acquisite: che la religione ebraica abbia per il cristianesimo un posto unico e diverso dalle altre religioni, che il cristiano debba considerare gli ebrei come i propri “padri nella fede” (o altre espressioni similari), che la religione ebraica abbia avuto e abbia tuttora un posto nell’economia della salvezza e che vada rispettata, che vadano deplorati gli odi, le persecuzioni e l’antisemitismo, che la testimonianza cristiana davanti agli ebrei debba essere fatta con “umiltà e sensibilità”, che vada sempre tenuto presente che è Dio che converte e non i cristiani… tutto ciò è perfino ormai ovvio. Ma il problema vero latente nelle affermazioni della Commissione e in quelle del rabbino di Roma è un altro: i cristiani devono proporre Cristo anche agli ebrei o no?
La Nostra Aetate non lo richiede espressamente, ma nemmeno lo esclude, anzi lo postula. Essa afferma, tra l’altro, che è doveroso non presentare gli ebrei «né come rigettati da Dio né come maledetti», però dice anche che la Chiesa è il «nuovo popolo di Dio», che «Cristo si è sottoposto volontariamente alla sua passione e morte per i peccati di tutti gli uomini, perché tutti ottenessero la salvezza», e che la croce di Cristo «è fonte di ogni grazia». Difficile sostenere che la Nostra Aetate non volesse la conversione degli ebrei.
La testimonianza e il dialogo sono sufficienti? Sono veri senza l’annuncio? Nella esaltazione del dialogo propria del post Concilio c’è stato anche chi ha risposto di sì. Ma, per esempio, il cardinale Angelo Amato, da segretario della Congregazione per la dottrina della fede, aveva scritto che nei rapporti con le altre religioni il dialogo del cristiano non deve mai essere disgiunto dall’annuncio (Dialogo interreligioso. Significato e valore, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2011). Egli distingueva il dialogo della carità (pace, giustizia …) dal dialogo della verità, che è quello più importante. Il Cristianesimo considera le altre religioni come aventi un carattere di avvento – egli scriveva - che le rimanda a Cristo, il che implica l'obbligo di  «mandare tutti i popoli a scuola da Gesù» (la frase è del cardinale Ratzinger). La rivelazione di Cristo include tutti gli aspetti positivi delle altre religioni, con una ricchezza unica e particolarmente importante per quella ebraica. 

di Stefano Fontana 17-01-2016

“La Chiesa non conduce alcuna missione rivolta agli ebrei”

Un recente documento vaticano fa il punto sullo stato delle relazioni ebraico-cristiane a 50 anni da Nostra Aetate, il testo che contribuì a dare un nuovo orientamento alla Chiesa; fra gli importanti temi teologici affrontati, quello della conversione. Domenica la visita del Papa alla sinagoga di Roma
«La Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei». È questo uno dei passaggi più importanti del recentissimo documento dal titolo: «Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili», messo a punto dal Vaticano in occasione del 50° anniversario della dichiarazione conciliare Nostra aetate, con la quale si apriva la stagione del dialogo fra Chiesa cattolica ed ebraismo oltre che, più in generale, del dialogo interreligioso. Il nuovo Documento intende riflettere «su alcune questioni teologiche attinenti alle relazioni ebraico-cristiane» e porta la firma del cardinale Kurt Koch, presidente della Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo, del vicepresidente Brian Farrell e del segretario dell’organismo vaticano, padre Norbert Hofmann, da molti anni impegnato su queste tematiche. Il testo, reso noto all’inizio di dicembre, è una guida assai utile per valutare in quale clima si svolge la visita del Papa alla sinagoga di Roma di domenica prossima quando Francesco sarà accolto dal rabbino capo della capitale, Riccardo Di Segni. 

E proprio padre Hofmann su L’Osservatore romano, ha sottolineato come in quarant’anni di vita la commissione per l’ebraismo abbia redatto pochi importanti documenti, di cui quest’ultimo è il quarto; si tratta, spiega il religioso, del «primo Documento della Chiesa cattolica che definisce chiaramente, da un punto di vista teologico, la relazione con l’ebraismo». «Nel ribadire lo statuto speciale delle relazioni ebraico-cattoliche nel più ampio contesto del dialogo interreligioso – aggiunge - vengono affrontate questioni teologiche quali l’importanza della rivelazione, il rapporto tra l’antica e la nuova alleanza, la relazione tra l’universalità della salvezza in Gesù Cristo e la convinzione che l’alleanza di Dio con Israele non è mai stata revocata, e il compito evangelizzatore della Chiesa in riferimento all’ebraismo». In particolare fra l’altro il testo affronta un tema da sempre delicato nelle relazioni fra le due religioni, ovvero quello della conversione degli ebrei al cristianesimo. 
Un rapporto asimmetrico fra ebrei e cristiani  
Il documento prende le mosse da una valutazione significativa sull’importanza avuta da Nostra Aetate nel rompere antiche diffidenze, si rileva infatti come quel testo abbia contribuito a dare «un nuovo orientamento alla Chiesa cattolica». «Questo cambiamento nelle relazioni della Chiesa con il popolo ebraico e con l’ebraismo – si afferma - è percepibile con chiarezza solo se teniamo conto del fatto che, precedentemente, esistevano grandi riserve da entrambe le parti, anche perché la storia del cristianesimo è stata vista come segnata da discriminazioni nei confronti dell’ebraismo e persino da tentativi di conversione coatta». Così «sullo sfondo di questa complessa relazione vi è, tra l’altro, un rapporto asimmetrico: gli ebrei hanno dovuto spesso confrontarsi, quale minoranza, con una maggioranza cristiana, dalla quale sono stati non di rado dipendenti». Inoltre «l’ombra oscura e terribile della Shoah sull’Europa durante il periodo nazista ha spinto la Chiesa a riflettere nuovamente sul suo legame con il popolo ebraico». 
Conversione, questione spinosa  
Nostra Aetate ha quindi contribuito «a far sì che comunità nel passato scettiche le une di fronte alle altre si trasformassero col tempo, passo dopo passo, in partner affidabili e addirittura in buoni amici, in grado di far fronte insieme alle crisi e di gestire i conflitti in modo positivo». 
Il documento tuttavia affronta il nodo della conversione al cristianesimo nella sua complessità, cioè analizzando quale sia «il mandato evangelizzatore della Chiesa in relazione all’ebraismo». Una questione definita non a caso, nello stesso documento, «spinosa e sensibile per gli ebrei poiché, ai loro occhi, riguarda l’esistenza stessa del popolo ebraico». E però, si rileva, «anche per i cristiani è un tema delicato, poiché considerano di fondamentale importanza il ruolo salvifico universale di Gesù Cristo e la conseguente missione universale della Chiesa». Si stabilisce quindi che la Chiesa deve comprendere l’evangelizzazione rivolta agli ebrei in modo differente rispetto a quella che riguarda gli appartenenti ad altre fedi o chi ha diverse visioni del mondo. «Ciò significa concretamente - si legge nel testo - che la Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei». Dopo di che «fermo restando questo rifiuto - per principio - di una missione istituzionale diretta agli ebrei, i cristiani sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei; devono farlo però con umiltà e sensibilità, riconoscendo che gli ebrei sono portatori della Parola di Dio e tenendo presente la grande tragedia della Shoah». 
«Il principio che Gesù trasmette ai suoi discepoli quando li invia in missione – spiega il Documento della Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo - è subire la violenza piuttosto che infliggerla. I cristiani devono riporre la loro fiducia in Dio, che compirà il suo piano universale di salvezza in modi noti soltanto a lui; essi sono infatti testimoni di Cristo, ma non sono loro a dover attuare la salvezza dell’umanità». 

In una prospettiva più ampia «è e rimane un tratto qualitativo della Chiesa della Nuova Alleanza il fatto che essa sia composta da ebrei e gentili, anche se il rapporto quantitativo tra giudeo-cristiani e gentili può dare a prima vista un’altra impressione». Allo stesso modo in cui «dopo la morte e risurrezione di Gesù Cristo non esistevano due Alleanze tra loro non correlate, così il “popolo dell’Alleanza di Israele” non è scollegato dal “popolo di Dio composto dai gentili”». «Piuttosto – si osserva - il ruolo permanente del “popolo dell’Alleanza di Israele” nel piano salvifico di Dio deve essere rapportato in maniera dinamica al “popolo di Dio composto da ebrei e gentili uniti in Cristo”, in Colui che la Chiesa confessa quale mediatore universale della creazione e della salvezza». 
Fedi superino intolleranze del passato  
Infine fra gli obiettivi importanti del dialogo ebraico-cristiano, oltre l’approfondimento della conoscenza reciproca, viene considerato «l’impegno comune a favore della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato e della riconciliazione in tutto il mondo». «È possibile – si spiega ancora nel testo - che nel passato diverse religioni, sulla base di una rivendicazione di verità intesa in maniera ristretta e di una intolleranza a essa conseguente, abbiano contribuito a fomentare conflitti e scontri. Oggi, tuttavia, le religioni non dovrebbero essere parte del problema, ma parte della soluzione al problema». In realtà «soltanto quando le religioni dialogano con successo le une con le altre, contribuendo in tal modo alla pace mondiale, questa pace può essere realizzata anche a livello sociale e politico». 
Libertà religiosa e rifiuto dell’antisemitismo  
In questo stesso ambito si valuta come la libertà religiosa garantita dalle leggi civili sia un prerequisito per il dialogo fra le fedi, solo così si può verificare quali diritti siano concessi alle minoranze religiose. In questo senso «di grande rilevanza è la situazione delle comunità cristiane nello Stato di Israele, poiché là – come in nessun altro luogo al mondo - una minoranza cristiana si trova davanti a una maggioranza ebraica». 
«Un altro importante obiettivo nel dialogo ebraico-cattolico – si spiega ancora - consiste nella lotta comune contro ogni manifestazione di discriminazione razziale verso gli ebrei e contro ogni forma di antisemitismo, il quale certamente non è ancora stato sradicato e riaffiora in modi diversi in vari contesti». «La storia ci insegna - afferma il Documento - dove possono condurre perfino quelle forme di antisemitismo all’inizio appena sottintese: alla tragedia umana della Shoah, in cui due terzi degli ebrei europei sono stati annientati. Entrambe le tradizioni di fede sono chiamate, insieme, a mantenere sempre sveglie vigilanza e sensibilità, anche nell’ambito sociale». 
FRANCESCO PELOSO 16/01/2016

Di Segni: il Papa dica che i cristiani non devono cercare di convertire gli ebrei

Il Rabbino Capo di Roma lo chiede in un’intervista ad Haaretz, in vista della visita di Francesco alla sinagoga in programma domenica 17 gennaio


Di Segni 
13/01/2016 REDAZIONE TORINO
Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, spera che papa Francesco nella sua prossima visita alla Sinagoga di Roma, in programma domenica 17, invii il messaggio che i cristiani non devono cercare di convertire gli ebrei. Lo ha detto lo stesso Di Segni in un’intervista ad Haaretz - comparsa sul sito del quotidiano - sottolineando che in questo modo il pontefice manderebbe un chiaro messaggio all’intero mondo cattolico nel mondo a seguito del recente documento approvato per i 50 anni della Nostra Aetate nel quale si dice che la Chiesa non sostiene alcuna attività missionaria nei confronti degli ebrei.  

«Se la Chiesa dice che il popolo ebraico deve essere apprezzato e rispettato ma lo scrive solamente in un documento teologico - ha affermato Di Segni, citato da Haaretz - non tanta gente comprenderà il messaggio». 

Se invece il Papa - ha aggiunto il Rabbino Capo di Roma - «visita un posto di fondamentale importanza storica come la grande sinagoga di Roma, allora il messaggio di amicizia e di rispetto è chiaramente compreso e manifestato». 

«La cadenza temporale tra il nuovo documento e la visita, sebbene non programmata, è buona: il nuovo documento - ha aggiunto Di Segni - mostra una lodevole visione verso certi temi che storicamente sono stati sensibili per le relazioni tra ebrei e cattolici». 

Il documento al quale si riferisce Di Segni è quello approvato per i 50 anni della Nostra Aetate che aprì il dialogo tra le due fedi e riafferma che Dio non ha mai revocato il patto con gli ebrei. Il Vaticano ora sostiene che «gli ebrei - ha detto Di Segni - sono ancora il popolo eletto, anche se non crediamo in Gesù e continuano ad avere un posto in quello che loro chiamano salvezza, anche come non credenti in Gesù. Dal punto di vista pratico significa che gli ebrei non hanno bisogno di essere convertiti. L’ebraismo è considerata una religione parte del loro sistema religioso e merita di essere rispettata». 

Per il Rabbino questo è «un elemento importante, perché la teologia della sostituzione implica che l’Ebraismo sia una specie di ramo morto che ha compiuto la sua corsa. Implica che gli ebrei hanno compiuto la loro missione 2.000 anni fa, lasciandoli così esposti a continui attacchi, insulti e mancanza di rispetto».  

walter Kasper e la missione verso gli ebrei

di don Tullio Rotondo

L'articolo del card. Kasper che critico pesantemente è, purtroppo, gravemente scandaloso perché fa affermazioni che contrastano radicalmente con la nostra Tradizione. Noi dobbiamo stare con il Papa e con Cristo anzitutto, ebbene Cristo e il Magistero ci hanno mandato a evangelizzare e convertire il mondo, anche gli ebrei, il card. Kasper devia radicalmente da questa verità. Cristo ha dato il Sangue per convertire gli ebrei in questo mondo e il card. Kasper dice varie cose che si oppongono radicalmente a questa verità, per quanto appare.
Nostra risposta ad uno scritto del card. Kasper pubblicato sull'Osservatore Romano.
(la nostra risposta è in grassetto)

Il Cardinale Kasper e la missione verso gli ebrei
Risponde alle critiche sulla nuova preghiera del Venerdì Santo per gli ebrei
CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 9 aprile 2008 ( ZENIT.org ).- Pubblichiamo di seguito l'articolo del Cardinale Walter Kasper , Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell' Unità dei Cristiani e della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo in risposta alle reazioni da parte ebraica sulla nuova formulazione della preghiera del Venerdì Santo per gli ebrei per la forma straordinaria del Rito Romano (Messale del 1962).
L'intervento del porporato è apparso su “L'Osservatore Romano ” ( 10 aprile 2008).
* * *
di Walter Kasper ( Cardinale presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo)
La preghiera del Venerdì Santo per gli ebrei ha una lunga storia. La nuova formulazione della preghiera per la forma straordinaria del Rito Romano (Messale del 1962) realizzata da Papa Benedetto XVI è stata opportuna perché alcune formulazioni sono state considerate offensive da parte ebraica e urtanti anche da parte di vari cattolici. La nuova formulazione ha portato importanti miglioramenti del testo del 1962. Ha, però, suscitato nuove reazioni irritate, sollevando questioni di principio sia presso gli ebrei che presso alcuni cristiani (1).
Le reazioni avutesi da parte ebraica sono in gran parte motivate non in modo razionale, ma emozionale. Non si deve però liquidarle precipitosamente come causate da ipersensibilità. Pure presso amici ebrei che da decenni sono coinvolti in un intenso dialogo con cristiani, la memoria collettiva di catechesi e conversioni forzate è ancora sempre viva.
…. in noi invece è viva sempre la memoria dei tanti santi uccisi da persone di religione ebraica, ad es. s. Stefano protomartire …per non dire che il nostro Signore Gesù è stato ucciso proprio su presssione delle autorità ebraiche. Comunque la Chiesa Cattolica mi pare abbia parlato con chiarezza sul tema della possibilità di costringere qualcuno ad abbracciare la fede , dunque, il caso di conversioni forzate mi pare assolutamente fuori da ogni discussione…. Se, tuttavia, vogliamo fantasticare come fanno coloro che temono le conversioni forzate, anche noi potremmo temere dagli ebrei e potremmo temere non per le conversioni forzate ma lo sterminio di massa di noi, delle nostre famiglie etc. infatti come noi ben sappiamo gli ebrei accolgono solo l'Antico Testamento e mirano ad applicarlo perciò possiamo temere che noi, non avendo la loro credenza e per di più a dora ndo l'Eucaristia, che per loro è un idolo, possiamo finire come i popoli massacrati da Giosuè o dai grandi condottieri del Popolo di Dio.
Il ricordo della Shoah è per l'ebraismo odierno una traumatica caratteristica di identità che crea comunione. Molti ebrei considerano la missione verso gli ebrei una minaccia alla loro esistenza; talvolta si parla addirittura di una Shoah con altri mezzi. Bisogna dunque avere ancora una grande sensibilità nel rapporto ebraico-cristiano.
Il Vangelo ci impone, come vedremo, di affrontare e superare anche questa sensibilità: Gesù ci ha mandato anzitutto a convertire gli ebrei. Cosa facciamo? Seguiamo l'insegnamento di Cristo o ci lasciamo catturare dalle idee ebraiche. La Verità è Gesù Cristo, inutile volerlo nascondere; se loro continuano a opporsi a Lui e a non volerlo riconoscere come Cristo non troveranno pace, salvezza e sicurezza. Cristo opera e opererà per salvarli fino alla fine del mondo : e la salvezza, ricordiamocelo sempre bene, è solo nella fede santa cattolica e apostolica che ci fa riconoscere Cristo come Dio fatto uomo! Noi annunciando loro Cristo e aiutandoli a salvarsi facciamo loro il più grande regalo e il più grande atto di amore e non ci fermeremo in questo amore anche se dovessimo morire; Cristo è morto per salvare cioè per aprire il cuore degli ebrei alla conversione in Lui e noi dobbiamo seguire le orme del nostro Capo. Lo vogliano o non lo vogliano noi dobbiamo annunciare Cristo, perché proprio in Lui sta il vero bene e se gli ebrei pregassero di più Dio e si informassero meglio capirebbero che le cose stanno proprio così! Nel fare questo è evidente che noi dobbiamo utilizzare i metodi santi che Cristo ci ha insegnato e non i metodi diabolici hitleriani o simili . Non facciamoci ingabbiare dai travisamenti di certi ebrei che affermano che la missione cattolica verso di loro è come una Shoà, la Shoà non è stata mai nella dottrina cattolica e mai vi sarà, dunque è una assurdità dire che la missione è come una Shoà ….. la Shoà (dispersione) principale gli ebrei se la causano con le loro stesse volontà non accogliendo Cristo e disperdendosi lontano dal loro unico Pastore: questa è la verità più profonda …verità che dà fastidio a loro ….
Nel frattempo le spiegazioni date sulla riformulata preghiera del Venerdì Santo hanno potuto eliminare i malintesi più grossolani. Già il puro fatto che la preghiera del Venerdì Santo del Messale del 1970 — nella forma ordinaria del Rito Romano , quindi, adoperata di gran lunga nel maggior numero dei casi — resti pienamente in vigore, dimostra che la riformulata preghiera del Venerdì Santo, adoperata soltanto da una parte estremamente piccola di comunità, non può significare un passo indietro rispetto alla Dichiarazione Nostra ætate del Concilio Vaticano II.
La Nostra Aetate non ha mai detto che gli ebrei non si debbano convertire né che non dobbiamo fare una missione verso di loro, si noti bene; né mai alcun documento magisteriale ha potuto affermare una tale assurdità! Cristo è morto per convertire anche e prima di tutto coloro che professano la religione ebraica! Notiamo inoltre che la preghiera del Papa, anche se riguarda la forma straordinaria di celebrazione della s. Messa, è sempre una preghiera liturgica che dunque enuncia la dottrina della Chiesa secondo il principio che afferma “la legge della preghiera è la legge della fede” il che significa che l'affermazione del Papa è una affermazione che enuncia la nostra fede. Per la nostra fede infatti l'uomo si salva attraverso la fede e la carità in Cristo perciò in particolare chi non ha questa fede e questa carità si deve convertire …e gli ebrei appunto non hanno questa fede e questa carità dunque si devono convertire!
Ciò vale ancora di più per il fatto che la sostanza della Dichiarazione Nostra ætate è compresa anche nella Costituzione, documento di più alto livello formale, sulla Chiesa Lumen gentium (n. 16); perciò, per principio, non può essere messa in questione. Inoltre, a partire dal Concilio c'è stato un gran numero di prese di posizione dei Pontefici, anche del Papa attuale, che si riferiscono alla Nostra ætate e che confermano l'importanza di questa Dichiarazione.
…… una queste conferme viene , nella nostra linea, dalla Evangelii nuntiandi che afferma la necessità della conversione di tutti gli uomini a Cristo… “ 10. Questo Regno e questa salvezza, parole-chiave dell'evangelizzazione di Gesù Cristo, ogni uomo può riceverli come grazia e misericordia, e nondimeno ciascuno deve, al tempo stesso, conquistarli con la forza - appartengono ai violenti, dice il Signore (24) - con la fatica e la sofferenza, con una vita secondo il Vangelo, con la rinunzia e la croce, con lo spirito delle beatitudini. Ma , prima di tutto, ciascuno li conquista mediante un totale capovolgimento interiore che il Vangelo designa col nome di «metánoia», una conversione radicale, un cambiamento profondo della mente e del cuore (25). ” Gli ebrei sono uomini? Allora devono convertirsi credendo in Cristo e obbedendo alla sua parola! Si noti bene: nessuno di questi documenti, che il cardinale cita, afferma che gli ebrei non si debbano convertire o che la Chiesa Cattolica non deve realizzare una missione per la conversione degli ebrei.

Diversamente dal testo del 1970, la nuova formulazione del testo del 1962 parla di Gesù come il Cristo e la Salvezza di tutti gli uomini, quindi anche degli ebrei.
Ricordiamo che Cristo ci salva attraverso la fede e la carità…che gli ebrei non hanno …
Molti hanno inteso questa affermazione come nuova e non amichevole nei confronti degli ebrei. Ma essa è fondata sull'insieme del Nuovo Testamento (cfr 1 Timoteo , 2, 4) e indica la differenza fondamentale, nota ovunque, che permane sia per i cristiani, sia per gli ebrei.
Anche se non se ne parla esplicitamente nella Nostra ætate , né nella preghiera del 1970, non si può estrapolare la Nostra ætate dal contesto di tutti gli altri documenti conciliari e nemmeno la preghiera del Venerdì Santo del Messale del 1970 dall'insieme della liturgia del Venerdì Santo che ha come oggetto appunto quella convinzione della fede cristiana. La nuova formulazione della preghiera del Venerdì Santo del Messale del 1962, quindi, non dice nulla di veramente nuovo, ma esprime soltanto ciò che già finora era presupposto come ovvio, ma evidentemente, in tanti dialoghi, non era stato tematizzato a sufficienza (2).
Qui il cardinale mi pare che dica una cosa molto giusta in questo senso: la Chiesa ha una sola dottrina che si manifesta in tanti testi; ma questa dottrina, aggiungiamo noi, contrariamente a quanto il cardinale dice, afferma con chiarezza la necessità della conversione degli uomini a Cristo per ottenere la salvezza.
Nel passato la fede in Cristo, che differenzia i cristiani dagli ebrei, si è trasformata spesso in un «linguaggio del disprezzo» (Jules Isaac) con tutte le gravi conseguenze che ne derivavano.
Come cristiani non possiamo soprannaturalmente apprezzare coloro che non credono in Cristo e che, in alcuni casi, arrivano anche a bestemmiarlo in modo orrendo, si vedano certe affermazioni talmudiche e più generalmente appartenenti a certi libri ebraici … Certi libri ebraici, anzi, indicano che il disprezzo ebraico contro Cristo è stato di gran lunga superiore rispetto al disprezzo dei cristiani contro gli ebrei infatti noi non abbiamo insultato i loro profeti …loro hanno bestemmiato il nostro Dio: vedete un po' chi ha disprezzato di più l'altro.
Se oggi ci impegniamo per un rispetto reciproco, esso può fondarsi solo nel fatto che riconosciamo reciprocamente la nostra diversità. Perciò non aspettiamo dagli ebrei che concordino sul contenuto cristologico della preghiera del Venerdì Santo, ma che rispettino che noi preghiamo da cristiani secondo la nostra fede, come naturalmente anche noi facciamo nei confronti del loro modo di pregare. In questa prospettiva ambedue le parti hanno ancora da imparare.
La vera questione controversa è: devono i cristiani pregare per la conversione degli ebrei? Ci può essere una missione verso gli ebrei?
Rispondiamo: evidentissimamente si; basta leggere i vangeli per capire che la salvezza implica la fede viva in Cristo Gesù Dio uomo …. O forse vogliamo dire che non occorre la fede appena detta per salvarsi?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma al n. 161
“Credere in Gesù Cristo e in colui che l'ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per essere salvati [Cf Mc 16,16; Gv 3,36; Gv 6,40 e. a]. "Poiché "senza la fede è impossibile essere graditi a Dio" ( Eb 11,6 ) e condividere le condizioni di suoi figli , nessuno può essere mai giustificato senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non "persevererà in essa sino alla fine" ( Mt 10,22; 161 Mt 24,13 )" [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm. , 3012; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm ., ].”
Afferma la “Dominu Iesus”
“ 1. Il Signore Gesù, prima di ascendere al cielo, affidò ai suoi discepoli il mandato di annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le nazioni: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» ( Mc 16,15-16 ) ; «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20; cf. anche Lc 24,46-48; Gv 17,18; 20,21; At 1,8). La missione universale della Chiesa nasce dal mandato di Gesù Cristo e si adempie nel corso dei secoli nella proclamazione del mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e del mistero dell'incarnazione del Figlio, come evento di salvezza per tutta l'umanità. Sono questi i contenuti fondamentali della professione di fede cristiana: « Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili . Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del quale sono state create tutte le cose . Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì, fu sepolto e il terzo giorno risuscitò secondo le Scritture, salì al cielo, siede alla destra del Padre, verrà di nuovo con gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre. Con il Padre e il Figlio è a dora to e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà». 
Si noti bene che la Chiesa ha una missione universale, cioè verso tutti gli uomini …e la fede è necessaria alla salvezza …. Dico la fede che ha i contenuti qui sopra esposti … .. Sarebbe una bestemmia assurda dire che gli ebrei non devono convertirsi , dato che loro non hanno questa fede con questi contenuti. Nel Vangelo e anche negli Atti vediamo chiaramente Cristo e i suoi apostoli impegnati a evangelizzare gli ebrei , lo stesso s. Paolo ha evangelizzato sempre gli ebrei e mai li ha ritenuti esenti dalla missione della Chiesa….. Ci chiediamo: Kasper celebra ogni giorno la s. Messa ma non legge né ascolta il Vangelo del giorno? … e allora? Perché non dice con chiarezza quale è la dottrina della Chiesa Cattolica? Il dialogo deve essere nella verità; se l'altra persona o l'altra religione rifiutano questo dialogo è evidente che il dialogo non può continuare …. Il dialogo che la Chiesa cattolica instaura con le religioni è parte della missione della Chiesa verso tutti gli uomini (compresi gli ebrei) dice infatti la “Dominus Iesus”
“ Proseguendo su questa linea, l'impegno ecclesiale di annunciare Gesù Cristo, «la via, la verità e la vita» ( Gv 14,6), si avvale oggi anche della pratica del dialogo interreligioso, che certo non sostituisce, ma accompagna la missio ad gentes , per quel «mistero di unità», dal quale « deriva che tutti gli uomini e tutte le donne che sono salvati partecipano, anche se in modo differente, allo stesso mistero di salvezza in Gesù Cristo per mezzo del suo Spirito». 5 Tale dialogo, che fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa, 6 comporta un atteggiamento di comprensione e un rapporto di conoscenza reciproca e di mutuo arricchimento, nell'obbedienza alla verità e nel rispetto della libertà. 7
…… Il dialogo perciò, pur facendo parte della missione evangelizzatrice, è solo una delle azioni della Chiesa nella sua missione ad gentes . 97 La parità , che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni. La Chiesa infatti , guidata dalla carità e dal rispetto della libertà, 98 dev'essere impegnata primariamente ad annunciare a tutti gli uomini la verità, definitivamente rivelata dal Signore, ed a proclamare la necessità della conversione a Gesù Cristo e dell'adesione alla Chiesa attraverso il Battesimo e gli altri sacramenti, per partecipare in modo pieno alla comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. D'altronde la certezza della volontà salvifica universale di Dio non allenta, ma aumenta il dovere e l'urgenza dell'annuncio della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo. ”
Dunque: il dialogo interreligioso è parte della missione della Chiesa a tutti gli uomini compresi gli ebrei …. Perciò è assurdo chiedersi se la Chiesa ha una missione verso gli ebrei: è evidentissimo da sempre che essa ce l' ha e ce l'avrà sempre …. Perciò gli ebrei si mettano in pace e pensino piuttosto ad aprire il cuore a Gesù Cristo ….
Nella preghiera riformulata non si trova la parola conversione.
Rispondo: infatti è evidentemente implicita.
Ma è indirettamente inclusa nell'invocazione di illuminare gli ebrei affinché riconoscano Gesù Cristo. In più, c' è il fatto che il Messale del 1962 contiene titoli per le singole preghiere. Il titolo della preghiera per gli ebrei non è stato modificato; esso suona come prima: Pro conversione Judæorum , «Per la conversione degli ebrei». Molti ebrei hanno letto la nuova formulazione nell'ottica di questo titolo, e ciò ha suscitato la reazione già descritta.
Rispondo: giustissimamente si è conservato il titolo di tale preghiera sulla base della teologia cattolica di sempre che emerge chiaramente da tutto il Nuovo Testamento: Cristo e la sua Chiesa hanno sempre operato per la conversione degli ebrei e del mondo intero a Cristo stesso.
In risposta a ciò, si può far notare che la Chiesa Cattolica, a differenza di alcuni cerchi evangelicali, non conosce una missione verso gli ebrei organizzata e istituzionalizzata.
Rispondo: la missione agli ebrei è estremamente difficile perciò è probabile che non sia istituzionalizzata in modo esplicito; mi correggo: a bene pensarci lo stesso dialogo con l'ebraismo fa parte della missione della Chiesa Cattolica verso gli ebrei, infatti il dialogo interreligioso è parte della missione della Chiesa per la conversione degli uomini.
Con tale richiamo, però, il problema della missione verso gli ebrei di fatto non è ancora chiarito teologicamente.
Se vogliamo giocare …neppure allora possiamo possiamo dire quello che afferma qui il card. Kasper!
Come già visto più sopra e come è chiarissimo in tutto il N. Testamento la Chiesa è in perpetuo stato di missione anche verso gli ebrei: questo è un dato teologico che è radicalmente inconfutabile e ci meravigliamo che un cardinale possa dire quello che dice qui il cardinale Kasper.
Se vogliamo qualche testo neotestamentario che confermi ulteriormente le nostre affermazioni possiamo considerare i seguenti passi:
Marco 16 : 15 Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. ”
Nella “Redemptoris Missio” Giovanni Paolo II scrive, riportando vari testi neotestamentari su questo tema “ Alle autorità religiose giudaiche che interrogano gli apostoli in merito alla guarigione dello storpio, da lui operata, Pietro risponde: “Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo... In nessun altro c'è salvezza: non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” ( At 4,10 . 12 ). Questa affermazione, rivolta al Sinedrio, ha un valore universale, poiché per tutti – giudei e gentili – la salvezza non può venire che da Gesù Cristo.
L'universalità di questa salvezza in Cristo è affermata in tutto il Nuovo Testamento. San Paolo riconosce in Cristo risorto il Signore: “In realtà – scrive – anche se ci sono cosiddetti dei sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dei e molti signori, per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per lui; e c'è un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui” ( 1Cor 8,5-6 ). L'unico Dio e l'unico Signore sono affermati in contrasto con la moltitudine di “dei” e “signori” che il popolo ammetteva. Paolo reagisce contro il politeismo dell'ambiente religioso del suo tempo e pone in rilievo la caratteristica della fede cristiana: fede in un solo Dio e in un solo Signore, inviato da Dio.
Nel Vangelo di san Giovanni questa universalità salvifica di Cristo comprende gli aspetti della sua missione di grazia, di verità e di rivelazione: “Il Verbo è la luce vera, che illumina ogni uomo” (cf. Gv 1,9 ). E ancora: “Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” ( Gv 1,18 ; cf . Mt 11,27 ). La rivelazione di Dio si fa definitiva e completa ad opera del suo Figlio unigenito: “Dio, che nei tempi antichi aveva già parlato molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo” ( Eb 1,1-2 ; cf. Gv 14,6 ). In questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all'umanità chi è . E questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la Chiesa è per sua natura missionaria. Essa non può non proclamare il Vangelo, cioè la pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso.
Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini: “Uno solo, infatti, è Dio, e uno solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l'ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità” ( 1Tm 2,5-7 ; cf. Eb 4,14-16 ). Gli uomini, quindi, non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azione dello Spirito. Questa sua mediazione unica e universale, lungi dall'essere di ostacolo al cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di ciò Cristo ha piena coscienza. Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unicamente da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele e complementari … .. Il Concilio ha ampiamente richiamato il ruolo della Chiesa per la salvezza dell'umanità. Mentre riconosce che Dio ama tutti gli uomini ed accorda loro la possibilità della salvezza (cf . 1Tm 2,4 ), la Chiesa professa che Dio ha costituito Cristo come unico mediatore e che essa stessa è posta come sacramento universale di salvezza: “Tutti gli uomini, quindi, sono chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio... e ad essa in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia tutti gli uomini universalmente, chiamati a salvezza dalla grazia di Dio”. È necessario tener congiunte queste due verità, cioè la reale possibilità della salvezza in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in ordine a tale salvezza. Ambedue favoriscono la comprensione dell' unico mistero salvifico , sì da potere sperimentare la misericordia di Dio e la nostra responsabilità. La salvezza, che è sempre dono dello Spirito, esige la collaborazione dell'uomo per salvare sia se stesso che gli altri. Così ha voluto Dio, e per questo ha stabilito e coinvolto la Chiesa nel piano della salvezza: “Questo popolo messianico – dice il Concilio – costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto quale strumento della redenzione di tutti e, come luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo”.
La salvezza è offerta a tutti gli uomini
10. L'universalità della salvezza non significa che essa è accordata solo a coloro che, in modo esplicito, credono in Cristo e sono entrati nella Chiesa. Se è destinata a tutti, la salvezza deve essere messa in concreto a disposizione di tutti. Ma è evidente che, oggi come in passato, molti uomini non hanno la possibilità di conoscere o di accettare la rivelazione del Vangelo, di entrare nella Chiesa. Essi vivono in condizioni socio-culturali che non lo permettono, e spesso sono stati educati in altre tradizioni religiose. Per essi la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo: essa permette a ciascuno di giungere alla salvezza con la sua libera collaborazione.
Per questo il Concilio, dopo aver affermato la centralità del Mistero pasquale, afferma: “E ciò non vale solo per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore opera invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti, e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò, dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, col Mistero pasquale”.
“Noi non possiamo tacere” ( At 4,20 )
11. Che dire allora delle obiezioni, già ricordate, in merito alla missione ad gentes ? Nel rispetto di tutte le credenze e di tutte le sensibilità, dobbiamo anzitutto affermare con semplicità la nostra fede in Cristo, unico salvatore dell'uomo, fede che abbiamo ricevuto come dono dall'Alto senza nostro merito. Noi diciamo con Paolo: “Io non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” ( Rm 1,16 ). I martiri cristiani di tutti i tempi – anche del nostro – hanno dato e continuano a dare la vita per testimoniare agli uomini questa fede, convinti che ogni uomo ha bisogno di Gesù Cristo, il quale ha sconfitto il peccato e la morte e ha riconciliato gli uomini con Dio.
Cristo si è proclamato Figlio di Dio, intimamente unito al Padre e, come tale, è stato riconosciuto dai discepoli, confermando le sue parole con i miracoli e la risurrezione da morte. La Chiesa offre agli uomini il Vangelo, documento profetico, rispondente alle esigenze e aspirazioni del cuore umano: esso è sempre “buona novella”. La Chiesa non può fare a meno di proclamare che Gesù è venuto a rivelare il volto di Dio e a meritare, con la croce e la risurrezione, la salvezza per tutti gli uomini.
All'interrogativo: perché la missione? noi rispondiamo con la fede e con l'esperienza della Chiesa che aprirsi all'amore di Cristo è la vera liberazione. In lui, soltanto in lui, siamo liberati da ogni alienazione e smarrimento, dalla schiavitù al potere del peccato e della morte. Cristo è veramente “la nostra pace” ( Ef 2,14 ), e “l'amore di Cristo ci spinge” ( 2Cor 5,14 ), dando senso e gioia alla nostra vita. La missione è un problema di fede , è l'indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi.
La tentazione oggi è di ridurre il cristianesimo ad una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere. In un mondo fortemente secolarizzato è avvenuta una “graduale secolarizzazione della salvezza”, per cui ci si batte, sì, per l'uomo, ma per un uomo dimezzato, ridotto alla sola dimensione orizzontale. Noi, invece, sappiamo che Gesù è venuto a portare la salvezza integrale, che investe tutto l'uomo e tutti gli uomini, aprendoli ai mirabili orizzonti della filiazione divina.
Perché la missione? Perché a noi, come a san Paolo, “è stata concessa la grazia di annunziare ai pagani le imperscrutabili ricchezze di Cristo” ( Ef 3,8 ). La novità di vita in lui è la “buona novella” per l'uomo di tutti i tempi: ad essa tutti gli uomini sono chiamati e destinati. Tutti di fatto la cercano, anche se a volte in modo confuso, e hanno il diritto di conoscere il valore di tale dono e di accedervi. La Chiesa e, in essa , ogni cristiano non può nascondere né conservare per sé questa novità e ricchezza, ricevuta dalla bontà divina per esser comunicata a tutti gli uomini.
Ecco perché la missione, oltre che dal mandato formale del Signore, deriva dall'esigenza profonda della vita di Dio in noi . Coloro che sono incorporati nella Chiesa cattolica devono sentirsi dei privilegiati, e per ciò stesso maggiormente impegnati a testimoniare la fede e la vita cristiana come servizio ai fratelli e doverosa risposta a Dio, memori che “la loro eccellente condizione non è da ascrivere ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, lungi dal salvarsi, sara nno più severamente giudicati”…. Parimenti, non si può disgiungere il Regno dalla Chiesa. Certo, questa non è fine a se stessa, essendo ordinata al Regno di Dio, di cui è germe, segno e strumento. Ma , mentre si distingue dal Cristo e dal Regno, la Chiesa è indissolubilmente unita ad entrambi. Cristo ha dotato la Chiesa, suo corpo, della pienezza dei beni e dei mezzi di salvezza; lo Spirito Santo dimora in essa , la vivifica con i suoi doni e carismi, la santifica, guida e rinnova continuamente. Ne deriva una relazione singolare e unica, che, pur non escludendo l'opera di Cristo e dello Spirito fuori dei confini visibili della Chiesa, conferisce ad essa un ruolo specifico e necessario. Di qui anche lo speciale legame della Chiesa col Regno di Dio e di Cristo, che essa ha “la missione di annunziare e di instaurare in tutte le genti”…… .. 22. Tutti gli evangelisti, quando narrano l'incontro del Risorto con gli apostoli, concludono col mandato missionario: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... Ecco , io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” ( Mt 28,18-20 ; cf. Mc 16,15-18 ; Lc 24,46-49 ; Gv 20,21-23 ).
Questo invio è invio nello Spirito , come appare chiaramente nel testo di san Giovanni: Cristo manda i suoi nel mondo, come il Padre ha mandato lui, e per questo dona loro lo Spirito. A sua volta, Luca collega strettamente la testimonianza che gli apostoli dovranno rendere a Cristo con l'azione dello Spirito, che li metterà in grado di attuare il mandato ricevuto.

23. Le varie forme del “mandato missionario” contengono punti in comune e accenti caratteristici; due elementi, però, si ritrovano in tutte le versioni. Anzitutto, la dimensione universale del compito affidato agli apostoli: “Tutte le nazioni” ( Mt 28,19 ); “in tutto il mondo, ad ogni creatura” ( Mc 16,15 ); “tutte le genti” ( Lc 24,47 ); “fino agli estremi confini della terra” ( At 1,8 ). In secondo luogo, l'assicurazione data loro dal Signore che in questo compito non rimarranno soli, ma riceveranno la forza e i mezzi per svolgere la loro missione. È in ciò la presenza e la potenza dello Spirito e l'assistenza di Gesù: “Essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro” ( Mc 16,20 ).
Quanto alle differenze di accento nel mandato, Marco presenta la missione come proclamazione, o “kerygma”: “Proclamate il Vangelo” ( Mc 16,15 ). Scopo dell'evangelista è di condurre i lettori a ripetere la confessione di Pietro: “Tu sei il Cristo” ( Mc 8,29 ) e a dire, come il centurione romano dinanzi a Gesù morto in croce: “Veramente quest'uomo era Figlio di Dio” ( Mc 15,39 ) . In Matteo l'accento missionario è posto sulla fondazione della Chiesa e sul suo insegnamento (cf. Mt 28,19-20 ; 16,18 ); in lui, dunque, il mandato evidenzia che la proclamazione del Vangelo dev'essere completata da una specifica catechesi di ordine ecclesiale e sacramentale. In Luca la missione è presentata come testimonianza (cf. Lc 24,48 ; At 1,8 ), che verte soprattutto sulla risurrezione (cf. At 1,22 ). Il missionario è invitato a credere alla potenza trasformatrice del Vangelo e ad annunziare ciò che Luca illustra bene, cioè la conversione all'amore e alla misericordia di Dio, l'esperienza di una liberazione integrale fino alla radice di ogni male, il peccato.
Giovanni è il solo a parlare esplicitamente di “mandato” – parola che equivale a “missione” – collegando direttamente la missione che Gesù affida ai suoi discepoli con quella che egli stesso ha ricevuto dal Padre: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” ( Gv 20,21 ). Gesù dice rivolto al Padre: “Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo” ( Gv 17,18 ). Tutto il senso missionario del Vangelo di Giovanni si trova espresso nella “preghiera sacerdotale”: la vita eterna è che “conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” ( Gv 17,3 ). Scopo ultimo della missione è di far partecipare della comunione che esiste tra il Padre e il Figlio: i discepoli devono vivere l'unità tra loro, rimanendo nel Padre e nel Figlio, perché il mondo conosca e creda (cf. Gv 17,21-23 ). È, questo, un significativo testo missionario, il quale fa capire che si è missionari prima di tutto per ciò che si è , come Chiesa che vive profondamente l'unità nell'amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa .
I quattro Vangeli, dunque, nell'unità fondamentale della stessa missione, attestano un certo pluralismo, che riflette esperienze e situazioni diverse nelle prime comunità cristiane . Esso è anche frutto della spinta dinamica dello stesso Spirito; invita ad essere attenti ai diversi carismi missionari e alle diverse condizioni ambientali e umane. Tutti gli evangelisti, però, sottolineano che la missione dei discepoli è collaborazione con quella di Cristo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” ( Mt 28,20 ). La missione, pertanto, non si fonda sulle capacità umane, ma sulla potenza del Risorto.
… .. 24. La missione della Chiesa, come quella di Gesù, è opera di Dio o – come spesso dice Luca – opera dello Spirito. Dopo la risurrezione e l'ascensione di Gesù gli apostoli vivono un'esperienza forte che li trasforma: la Pentecoste. La venuta dello Spirito Santo fa di essi dei testimoni e dei profeti (cf. At 1,8 ; 2,17-18 ), infondendo in loro una tranquilla audacia che li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima. Lo Spirito dà loro la capacità di testimoniare Gesù con “franchezza”.
Quando gli evangelizzatori escono da Gerusalemme, lo Spirito assume ancor di più la funzione di “guida” nella scelta sia delle persone, sia delle vie della missione. La sua azione si manifesta specialmente nell'impulso dato alla missione che di fatto , secondo le parole di Cristo, si allarga da Gerusalemme a tutta la Giudea e Samaria e fino agli estremi confini della terra.
Gli Atti riportano sei sintesi dei “discorsi missionari” che sono rivolti ai Giudei agli inizi della Chiesa (cf. At 2,22-39 ; 3,12-26 ; 4,9-12 ; 5,29-32 ; 10,34-43 ; 13,16-41 ). Questi discorsi-modello, pronunciati da Pietro e da Paolo, annunziano Gesù, invitano a “convertirsi”, cioè ad accogliere Gesù nella fede e a lasciarsi trasformare in lui dallo Spirito. (si noti che questi discorsi sono rivolti ad ebrei …n.d. r .)
Paolo e Barnaba sono spinti dallo Spirito verso i pagani (cf. At 13,46-48 ), il che non avviene senza tensioni e problemi. Come devono vivere la loro fede in Gesù i pagani convertiti? Sono essi vincolati alla tradizione del giudaismo e alla legge della circoncisione? Nel primo Concilio, che riunisce a Gerusalemme intorno agli apostoli i membri di diverse Chiese, viene presa una decisione riconosciuta come derivante dallo Spirito: non è necessario che il gentile si sottometta alla legge giudaica per diventare cristiano (cf. At 15,5-11 . 28 ). Da quel momento la Chiesa apre le sue porte e diventa la casa in cui tutti possono entrare e sentirsi a proprio agio, conservando la propria cultura e le proprie tradizioni, purché non siano in contrasto col Vangelo.

25. I missionari hanno proceduto lungo questa linea, tenendo ben presenti le attese e speranze, le angosce e sofferenze, la cultura della gente per annunziarle la salvezza in Cristo. I discorsi di Listra e di Atene (cf. At 14,15-17 ; 17,22-31 ) sono riconosciuti come modelli per l'evangelizzazione dei pagani: in essi Paolo “entra in dialogo” con i valori culturali e religiosi dei diversi popoli. Agli abitanti della Licaonia, che praticavano una religione cosmica, egli ricorda esperienze religiose che si riferiscono al cosmo; con i Greci discute di filosofia e cita i loro poeti (cf. At 17,18 . 26-28 ). Il Dio che vuol rivelare è già presente nella loro vita: è lui, infatti, che li ha creati e dirige misteriosamente i popoli e la storia; tuttavia, per riconoscere il vero Dio, bisogna che abbandonino i falsi dei che essi stessi hanno fabbricato e si aprano a colui che Dio ha inviato per colmare la loro ignoranza e soddisfare l'attesa del loro cuore. Sono discorsi che offrono un esempio di inculturazione del Vangelo.
Sotto la spinta dello Spirito, la fede cristiana si apre decisamente alle “genti”, e la testimonianza del Cristo si allarga ai centri più importanti del Mediterraneo orientale per arrivare poi a Roma e all'estremo occidente. È lo Spirito che spinge ad andare sempre oltre, non solo in senso geografico, ma anche al di là delle barriere etniche e religiose, per una missione veramente universale.

… .. 31. Il Signore Gesù inviò i suoi apostoli a tutte le persone, a tutti i popoli e a tutti i luoghi della terra.(non sono eccettuati, perciò gli ebrei, anzi…n.d.r.) Negli apostoli la Chiesa ricevette una missione universale, che non ha confini e riguarda la salvezza nella sua integrità, secondo quella pienezza di vita che Cristo è venuto a portare (cf. Gv 10,10 ): essa fu “inviata a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutti i popoli della terra”.
Tale missione è unica, avendo la stessa origine e finalità; ma all'interno di essa si danno compiti e attività diverse. Anzitutto, c'è l'attività missionaria, che chiamiamo missione ad gentes in riferimento al Decreto conciliare: si tratta di un'attività primaria della Chiesa, essenziale e mai conclusa. Infatti, la Chiesa “non può sottrarsi alla missione permanente di portare il Vangelo a quanti – sono milioni e milioni di uomini e donne – ancora non conoscono Cristo, redentore dell'uomo (gli ebrei mostrano di non conoscere Cristo infatti non credono in Lui, perciò noi siamo in missione permanente verso di loro n.d.r.). È questo il compito più specificamente missionario che Gesù ha affidato e quotidianamente affida alla sua Chiesa”.
… .. 34. L'attività missionaria specifica, o missione ad gentes , ha come destinatari “i popoli e i gruppi che ancora non credono in Cristo”, “coloro che sono lontani da Cristo”, tra i quali la Chiesa “non ha ancora messo radici” e la cui cultura non è stata ancora influenzata dal Vangelo….. 35. La missione ad gentes ha davanti a sé un compito immane che non è per nulla in via di estinzione. Essa, anzi, sia dal punto di vista numerico per l'aumento demografico, sia dal punto di vista socio-culturale per il sorgere di nuove relazioni, contatti e il variare delle situazioni, sembra destinata ad avere orizzonti ancora più vasti. Il compito di annunziare Gesù Cristo presso tutti i popoli appare immenso e sproporzionato rispetto alle forze umane della Chiesa.
36. Né mancano le difficoltà interne al popolo di Dio, le quali anzi sono le più dolorose. Già il mio predecessore Paolo VI indicava in primo luogo “la mancanza di fervore, tanto più grave perché nasce dal di dentro; essa si manifesta nella stanchezza, nella delusione, nell'accomodamento, nel disinteresse e, soprattutto, nella mancanza di gioia e di speranza”. Grandi ostacoli alla missionarietà della Chiesa sono anche le divisioni passate e presenti tra i cristiani, la scristianizzazione in Paesi cristiani, la diminuzione delle vocazioni all'apostolato, le contro-testimonianze di fedeli e di comunità cristiane, che non seguono nella loro vita il modello di Cristo. Ma una delle ragioni più gravi dello scarso interesse per l'impegno missionario è la mentalità indifferentista, largamente diffusa, purtroppo, anche tra cristiani, spesso radicata in visioni teologiche non corrette e improntata ad un relativismo religioso che porta a ritenere che “una religione vale l'altra”. Possiamo aggiungere – come diceva lo stesso Pontefice – che ci sono anche “alibi che possono sviare dall' evangelizzazione . I più insidiosi sono certamente quelli, per i quali si pretende di trovare appoggio nel tale o tal altro insegnamento del Concilio”. ” Qui sembra che Giovanni Paolo II abbia in certo modo profetizzato le idee di chi, come il card. Kasper, sembra appoggiarsi sul Concilio per mettere in dubbio l'esistenza e la necessità della missione della Chiesa verso gli ebrei.
Prosegue Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio:
“ 46. L'annunzio della Parola di Dio mira alla conversione cristiana, cioè all'adesione piena e sincera a Cristo e al suo Vangelo mediante la fede. La conversione è dono di Dio, opera della Trinità: è lo Spirito che apre le porte dei cuori, affinché gli uomini possano credere al Signore e “confessarlo” (cf. 1Cor 12,3 ). Di chi si accosta a lui mediante la fede Gesù dice: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato” ( Gv 6,44 ).
La conversione si esprime fin dall'inizio con una fede totale e radicale, che non pone né limiti né remore al dono di Dio. Al tempo stesso, però, essa determina un processo dinamico e permanente che dura per tutta l'esistenza, esigendo un passaggio continuo dalla “vita secondo la carne” alla “vita secondo lo Spirito” (cf. Rm 8,3-13 ). Essa significa accettare, con decisione personale, la sovranità salvifica di Cristo e diventare suoi discepoli.
A questa conversione la Chiesa chiama tutti, sull'esempio di Giovanni Battista, che preparava la via a Cristo, “predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” ( Mc 1,4 ), e di Cristo stesso, il quale, “dopo che Giovanni fu arrestato... si recò in Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”” ( Mc 1,14-15 ). (Tutti, anche gli ebrei, sono chiamati alla conversione!! N.d.r.)
Oggi l'appello alla conversione, che i missionari rivolgono ai non cristiani, è messo in discussione o passato sotto silenzio. Si vede in esso un atto di “proselitismo”; si dice che basta aiutare gli uomini ad essere più uomini o più fedeli alla propria religione, che basta costruire comunità capaci di operare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà. Ma si dimentica che ogni persona ha il diritto di udire la “buona novella” di Dio che si rivela e si dona in Cristo, per attuare in pienezza la sua propria vocazione. La grandezza di questo evento risuona nelle parole di Gesù alla Samaritana: “Se tu conoscessi il dono di Dio”, e nel desiderio inconsapevole, ma ardente della donna: “Signore, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete” ( Gv 4,10 . 15 ).

47. Gli apostoli, mossi dallo Spirito Santo, invitavano tutti a cambiare vita, a convertirsi e a ricevere il battesimo. Subito dopo l'evento della Pentecoste, Pietro parla alla folla in modo convincente: “All'udir tutto questo, si sentirono come trafiggere il cuore e chiesero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?” . E Pietro disse: “ Convertitevi , e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo”” ( At 2,37-38 ). E battezzò in quel giorno circa tremila persone. Pietro ancora, dopo la guarigione dello storpio, parla alla folla e ripete: “Convertitevi, dunque, e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati!” ( At 3,19 ).
La conversione a Cristo è connessa col battesimo: lo è non solo per la prassi della Chiesa, ma per volere di Cristo, che ha inviato a far discepole tutte le genti e a battezzarle (cf. Mt 28,19 ); lo è anche per l'intrinseca esigenza di ricevere la pienezza della vita in lui: “In verità, in verità ti dico – Gesù dice a Nicodemo – se uno non nasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno di Dio” ( Gv 3,5 ). Il battesimo, infatti, ci rigenera alla vita dei figli di Dio, ci unisce a Gesù Cristo, ci unge nello Spirito Santo: esso non è un semplice suggello della conversione, quasi un segno esteriore che la dimostri e la attesti, bensì è sacramento che significa ed opera questa nuova nascita dallo Spirito, instaura vincoli reali e inscindibili con la Trinità, rende membri del corpo di Cristo, ch'è la Chiesa.
Tutto questo va ricordato, perché non pochi, proprio dove si svolge la missione ad gentes , tendono a scindere la conversione a Cristo dal battesimo, giudicandolo come non necessario. È vero che in certi ambienti si notano aspetti sociologici relativi al battesimo, che ne oscurano il genuino significato di fede. Ciò è dovuto a diversi fattori storici e culturali, che bisogna rimuovere dove ancora sussistono, affinché il sacramento della rigenerazione spirituale appaia in tutto il suo valore: a questo compito devono dedicarsi le comunità ecclesiali locali. È vero anche che non poche persone affermano di essere interiormente impegnate con Cristo e col suo messaggio, ma non lo vogliono essere sacramentalmente, perché, a causa dei loro pregiudizi o delle colpe dei cristiani, non riescono a percepire la vera natura della Chiesa, mistero di fede e di amore. Desidero incoraggiare queste persone ad aprirsi pienamente a Cristo ricordando ad esse che, se sentono il fascino di Cristo, egli stesso ha voluto la Chiesa come “luogo” in cui possono di fatto incontrarlo. Al tempo stesso, invito i fedeli e le comunità cristiane a testimoniare autenticamente Cristo con la loro vita nuova.
Certo, ogni convertito è un dono fatto alla Chiesa e comporta per essa una grave responsabilità non solo perché va preparato al battesimo col catecumenato e poi seguito con l'istruzione religiosa, ma perché, specialmente se è adulto, porta come un'energia nuova, l'entusiasmo della fede, il desiderio di trovare nella Chiesa stessa il Vangelo vissuto. Sarebbe per lui una delusione se, entrato nella comunità ecclesiale, vi trovasse una vita priva di fervore e senza segni di rinnovamento. Non possiamo predicare la conversione, se non ci convertiamo noi stessi ogni giorno . ”
Aggiungiamo questo testo tratto dalla “Dominus Iesus” “ La missione ad gentes anche nel dialogo interreligioso « conserva in pieno, oggi come sempre, la sua validità e necessità ». (Conc. Vaticano II, Decr. Ad gentes , n. 7.) In effetti, « Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” ( 1 Tm 2,4): vuole la salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si trova nella verità. Coloro che obbediscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sul cammino della salvezza; ma la Chiesa, alla quale questa verità è stata affidata, deve andare incontro al loro desiderio offrendola loro. Proprio perché crede al disegno universale di salvezza, la Chiesa deve essere missionaria »( Catechismo della Chiesa Cattolica , n. 851; cf. anche nn. 849-856 ). ”
Dopo tanti documenti (se volessimo andare ad altri documenti magisteriali ne troveremo a bizzeffe che dicono queste stesse cose ) e dopo tante indicazioni che richiamano tutta la Tradizione della Chiesa, Tradizione che è fissata anzitutto nei testi evangelici citati dai testi magisteriali qui sopra presentati, come si può fare a mettere in dubbio la necessità della conversione degli ebrei a Cristo Gesù? Dire oggi che gli ebrei non devono convertirsi o che è teologicamente dubbia la loro necessità di conversione o che non si sa se noi dobbiamo pregare per la loro conversione è uno sproposito assurdo.
Questo è proprio il merito della nuova formulazione della preghiera del Venerdì Santo, che, nella sua seconda parte, presenta una prima indicazione per una sostanziale risposta teologica.
Si parte ancora una volta dal capitolo 11 della Lettera ai Romani, che è fondamentale anche per laNostra ætate (3). La salvezza degli ebrei è per Paolo un profondo mistero dell'elezione mediante la grazia divina (9, 14-29). I doni di Dio sono senza pentimento, e le promesse di Dio fatte al suo popolo, nonostante la disobbedienza di questo, non sono state revocate da Dio (9, 6; 11, 1.29). L'indurimento d'Israele torna a salvezza dei pagani. I rami selvatici dei pagani sono stati innestati sul ceppo santo d'Israele (11, 16s). Dio ha però la potenza di innestare di nuovo i rami tagliati (11, 23). Quando la pienezza dei pagani sarà entrata nella salvezza, sarà salvato tutto l'Israele (11, 25s). Israele rimane quindi portatore della promessa e della benedizione.
Paolo parla, nel linguaggio dell'apocalittica, di un mistero (11, 25). Con ciò si intende esprimere qualcosa di più del fatto che gli ebrei sono spesso per gli altri popoli un enigma e che la loro esistenza è per altri ancora una testimonianza di Dio. Con il termine «mistero» Paolo intende l'eterna volontà salvifica di Dio, la quale si manifesta nella storia attraverso la predicazione dell'Apostolo. Si riferisce concretamente a Isaia , 59, 20 e Geremia , 31, 33s. Con ciò fa riferimento al raduno escatologico dei popoli in Sion, promesso dai profeti e da Gesù, e alla pace universale ( shalom ) che poi sorgerà (4). Paolo vede tutta la sua opera missionaria tra i pagani in tale prospettiva escatologica. La sua missione dovrebbe preparare il raduno dei popoli, il quale, poi, quando vi entrerà il numero completo dei pagani, tornerà a salvezza per Israele e farà sorgere la pace escatologica per il mondo.
Si può dunque dire: non a motivo della missione verso gli ebrei, ma a seguito della missione verso i pagani Dio realizzerà alla fine, quando il numero completo dei pagani sarà entrato nella salvezza, la salvezza d'Israele.
Rispondo: le affermazioni del card. Kasper appaiono estremamente confusionarie giacché paiono sottendere l'assurdità secondo cui gli ebrei non devono convertirsi per essere salvi. Il testo della lettera ai Romani, dato il Mistero che contiene, come ogni testo biblico va interpretato in modo precisamente contrario a quanto il card. Kasper mostra di fare qui …. infatti il card. intepreta questo testo senza inquadrarlo nella Tradizione di cui questo testo fa parte …e la Tradizione sacra afferma con chiarezza assoluta la necessità della conversione degli ebrei a Cristo per la loro salvezza….Tra l'altro il card. Kasper vuole fare esegesi biblica del Nuovo Testamento e non prende i testi del Vangelo che affermano la necessità di convertirsi a Cristo: all'inizio della sua predicazione Gesù l'ha affermato con chiarezza “Convertitevi e credete al Vangelo” e poi proprio agli ebrei cosa ha detto “Se non credete che io sono morirete nei vostri peccati” (Gv.) Non mi dilungo nel cercare altri testi ce ne sarebbero a bizzeffe , d'altra parte lo stesso Gesù Cristo Signore si è dedicato all'evangelizzazione degli ebrei e s. Paolo e s. Pietro e tanti altri santi nel corso dei secoli lo hanno seguito su questa strada : questa evangelizzazione mirava a portare alla conversione, si noti bene, cioè a cambiare la mentalità dell'ebreo sicché egli creda che Gesù è Dio uomo e viva secondo l'insegnamento di Cristo. Gli ebrei si salvano con la loro conversione a Cristo che ha ordinato a tutti, anche a loro “Convertitevi e credete al Vangelo” . Gli ebrei si devono salvare oggi …domani può essere troppo tardi, la nostra opera verso di loro per la loro salvezza si deve compiere oggi, non è un fatto escatologico, come non è un fatto escatologico la salvezza degli altri popoli; infatti con il giudizio particolare che avviene alla fine della vita di ogni persona si stabilisce chi si salva e chi si danna. Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n.1022 “Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, [Cf Concilio di Lione II: Denz.-Schönm., 857-858; Concilio di Firenze II: ibid., 1304-1306; Concilio di Trento: ibid., 1820] o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1000-1001; Giovanni XXII, Bolla Ne super his: ibid., 990] oppure si dannerà immediatamente per sempre [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1002].”
Dunque la salvezza non è un fatto che riguarda la fine del mondo ma è un fatto che si decide per ogni uomo al termine della sua vita e ciò vale anche per gli ebrei. La salvezza degli ebrei non può venire che dalla loro propria collaborazione con Cristo, è un'assurdo affermare che la loro salvezza finale sarebbe una conseguenza di quella delle genti; questa è evidentemente una assurdità teologica che non è mai entrata nella seria teologia cattolica…. anzi è piuttosto falsa ed eretica: la salvezza implica normalmente la conversione personale, non la conversione altrui. Gli ebrei, come fa rilevare tutto il Vangelo, senza la fede in Cristo e senza il compimento della volontà di Dio in Cristo non possono salvarsi ma anzi si dannano come dice chiaramente Gesù nel Vangelo di s. Giovanni “Se non credete che io sono morirete nei vostri peccati”!!
Solo Colui che ha indurito la maggior parte d'Israele, può anche scioglierne l'indurimento.
Rispondo: questa affermazione è estremamente ambigua perché Dio non indurisce nessuno, il peccato è opera tutta dell'uomo!!! I testi biblici che sembrano affermare che il peccato è attuato da Dio vanno interpretati nel senso che Dio permette il peccato ma non lo vuole, altrimenti Dio non sarebbe buono, né tantomeno sarebbe la Bontà. Dio non ha fissato gli ebrei increduli nella loro incredulità….. ci mancherebbe pure questo! Dio ha mandato il suo Figlio e in Lui ci ha donato tutto per salvarci!!! Dio Salvatore potrebbe essere considerato, dopo questa affermazione del card. Kasper, la causa della incredulità degli ebrei …mentre Dio è la causa della fede nostra santa, e non del peccato di incredulità, Dio è causa della santità e non del peccato! L'uomo è causa del peccato e quindi gli ebrei in quanto peccano di incredulità sono causa del loro stesso peccato.
Dio, normalmente, appunto perché domanda la risposta libera di fede all'uomo e quindi agli ebrei, non può, senza la collaborazione dell'uomo, sciogliere l' indurimento causato dal peccato a meno di immaginare una sorta di costrizione di Dio nei confronti degli uomini , cosa che la Scrittura nega e che è negata altresì dalla buona teologia: l'uomo adulto che distingue il bene dal male accede alla salvezza operando liberamente e non sotto costrizione!
Lo farà, quando «il liberatore» uscirà da Sion (11, 26). Costui, secondo il linguaggio paolino (cfr 1 Tessalonicesi , 1, 10 ), non è nessun altro se non il Cristo che ritorna. Ebrei e pagani, infatti, hanno lo stesso Signore ( 10 , 12) (5).
Il discorso del card. Kasper sembra qui voler concludere che, quindi, la missione verso gli ebrei è un fatto escatolico, visto che essi, a suo dire, si convertiranno integralmente quando Cristo ritornerà nella gloria. Se le cose stanno così è evidente che il card. Kasper è realmente fuori strada e le sue affermazioni sono radicalmente assurde. Se le cose stessero realmente così come pare affermare il card. Kasper non ci sarebbe stata la necessità che Cristo annunciasse agli ebrei il vangelo e morisse per tale annuncio, non ci sarebbe stata la necessità che s. Stefano morisse per tale annuncio, non ci sarebbe stata la necessità che tanti altri santi svolgessero un tale annuncio verso gli ebrei rischiando spesso la vita ….. Gli ebrei, in realtà, contrariamente alle assurdità che il card. Kasper propala, o si salvano in questa vita o si danneranno e perciò la missione cristiana in questo mondo è più che mai necessaria … Dico che tale missione è necessaria più che mai proprio perché oggi si è arrivati al punto che un cardinale che lavora alle dipendenze del Papa e proprio nell'ambito del dialogo religioso dice cose così assurde e contrarie alla missione dei cristiani verso gli ebrei : se a un livello così alto ci si permette di fare queste affermazioni e diffondere le tenebre nelle coscienze della gente, è più che mai necessario riportare la luce dalla Verità nel mondo e anche nella Chiesa militante.
La riformulata preghiera del Venerdì Santo esprime questa speranza in una preghiera di intercessione rivolta a Dio (6). Con questa preghiera la Chiesa ripete, in fondo, l'invocazione del Padre nostro «Venga il tuo regno» ( Matteo , 6, 10 ; Luca , 11, 2) e l'acclamazione liturgica protocristiana «Maranà tha » , «Vieni, Signore Gesù, vieni presto» ( 1 Corinzi , 16, 22; Apocalisse, 22, 20; Didaché , 10 , 6).
Rispondo: non è vero quanto afferma il card. Kasper. La preghiera in questione, molto semplicemente vuole anzitutto ottenere l'apertura dei cuori ebrei alla fede in Cristo e vuole ottenerla oggi non alla fine dei tempi, oggi si devono convertire gli ebrei …domani sarà troppo tardi, infatti chi muore senza la fede non può salvarsi, la fede è necessari alla salvezza, come visto più sopra!!
Tali preghiere per la venuta del Regno di Dio e per la realizzazione del mistero della salvezza, secondo la loro natura, non sono un appello rivolto alla Chiesa a compiere un'azione missionaria verso gli ebrei.
Rispondo: se il card. Kasper sta scherzando e vogliamo ridere un po' …. neppure allora accettiamo le sue affermazioni. La preghiera in questione è precisamente orientata a realizzare il contrario di quanto dice il card. Kasper: il Vangelo ci insegna a diffondere il Vangelo di salvezza dovunque ….. Già in bocca ad un normale cristiano sono assurde quelle cose che addirittura, qui, appaiono addirittura in bocca ad un cardinale allorché commenta una preghiera di Cristo che prega attraverso la Chiesa!! Cristo ha dato il Sangue per convertire gli ebrei e Kasper addirittura dice che nella Chiesa attuale non c'è un appello rivolto alla conversione degli ebrei… .. forse non c'è nella chiesa di Kasper ….e se è così la chiesa di Kasper non è la Chiesa di Cristo che da 2000 anni opera per la conversione di tutti gli uomini, ebrei compresi!! Queste affermazioni del card. Kasper sono un ostacolo alla salvezza operata da Cristo Crocifisso attraverso la fede e la carità degli uomini: dire che gli ebrei non si devono convertire è rendere praticamente sterile il Sangue che il Verbo Incarnato ha versato per loro!!!!!
Anzi, esse rispettano tutta la profondità abissale del Deus absconditus , della Sua elezione per grazia, dell'indurimento, come della Sua misericordia infinita.
Rispondo: Dio non predestina nessuno all'inferno …perciò Dio non causa l'incredulita a Cristo, incredulità che è peccato. Dunque cerchiamo di essere precisi e non farnetichiamo sulla divina incomprensibilità!! Dio ha parlato e parla con chiarezza attraverso la sua Chiesa che afferma con chiarezza, come visto, la necessità della conversione di tutti gli uomini a Cristo!!
Con la sua preghiera la Chiesa, dunque, non assume la regia della realizzazione del mistero imperscrutabile.
Rispondo: il mistero inescrutabile ci è rivelato nel senso che la salvezza implica la fede in Cristo Dio-uomo, altrimenti dovremmo dire che Dio è tanto incomprensibile che non sappiamo nulla: neppure cosa occorre fare per salvarsi, sicché il Vangelo e il Magistero che lo interpreta sarebbero svuotati!!
Non lo può affatto. Piuttosto mette del tutto il quando e il come di tale realizzazione nelle mani di Dio. Solo Dio può far sorgere il Suo Regno, nel quale tutto l'Israele sarà salvato e la pace escatologica toccherà il mondo.
Rispondo: quello che dice il card. Kasper è tanto vero e tanto esatto … .. che la Chiesa, nella sua sapienza, ha fatto sempre il contrario ben sapendo che chi non crederà in Cristo sarà condannato: la Chiesa, come visto, parla di un giudizio particolare che si ha alla morte di ogni persona, giudizio da cui dipende la salvezza o la dannazione …..altro che salvezza finale in un futuro sconosciuto… ma d'altra parte se Dio è totalmente incomprensibile e inconoscibile , come Kasper mostra di affermare, è evidente che anche la verità del giudizio particolare e con essa ogni altr verità teologica decade …..
Per sostenere quest'interpretazione ci si può riferire a un testo di san Bernardo di Clairvaux, che dice che non siamo noi a doverci occupare degli ebrei, ma che Dio stesso se ne occuperà (7).
Rispondo: s. Bernardo è sempre stato un fautore dell' evangelizzazione di tutti i popoli ed ha seguito eroicamente il Cristo evangelizzatore degli ebrei, mai si sarebbe sognato di affermare che gli ebrei non si devono convertire o che è dubbia la necessità di una nostra missione nei loro confronti o che è dubbia la necessità della nostra preghiera per la loro conversione, riteniamo giusto che qualcuno faccia dono al cardinale sunnominato di qualche buon testo che possa manifestargli chi è veramente s. Bernardo e cosa vogliono dire veramente quelle parole….
Quanto sia giusta questa interpretazione risulta ancora dalla dossologia che conclude il capitolo 11 della Lettera ai Romani: « O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!» (11, 33). Questa dossologia manifesta ancora una volta che si tratta della glorificazione a dora nte di Dio e della sua elezione imperscrutabile mediante la grazia, e non di un appello a qualsiasi azione, neanche alla missione .
Rispondo: …… .. davanti a questa assurda esegesi sta l'esatto contrario che da Cristo, passando per s. Paolo, tutti i cristiani hanno sempre fatto: i cristiani seri (… passando per s. Paolo) hanno evangelizzato gli ebrei …Quanto hanno sofferto Cristo e s. Paolo e tanti martiri per realizzare questo annuncio!…. ebbene oggi abbiamo scoperto, grazie al card. Kasper che gli sforzi di Cristo e di s. Paolo e di tutti gli evangelizzatori degli ebrei erano inutili : non c'era bisogno di perdere tempo a salvare gli ebrei!!!
L'esclusione di una missione mirata e istituzionalizzata verso gli ebrei non significa che i cristiani debbano stare con le mani in mano. Missione mirata e organizzata da un lato e testimonianza cristiana dall'altro lato vanno distinte. Naturalmente, i cristiani devono, dove è opportuno, dare ai fratelli e alle sorelle maggiori nella fede di Abramo (Giovanni Paolo II) testimonianza della propria fede e della ricchezza e bellezza della loro fede in Cristo. Ciò ha fatto anche Paolo. Durante i suoi viaggi missionari Paolo si è recato ogni volta prima nella Sinagoga, e solo quando lì non vi ha trovato la fede, è andato dai pagani ( Atti degli Apostoli, 13, 5.14s.42-52; 14, 1-6 e altri; fondamentale Romani , 1, 16).
Rispondo: il card. Kasper è ancora estremamente confusionario e impreciso; Cristo ha evangelizzato gli ebrei, s. Paolo ha fatto lo stesso , cioè hanno realizzato una vera e propria missione agli ebrei per portarli alla vera fede che è la fede in Cristo Gesù Dio-uomo!! Non basta la testimonianza: occorre l'annuncio e occorre anche la verità riguardo a ciò che è necessario per salvarsi: Kasper non afferma con chiarezza che occorre portare gli ebrei alla conversione e alla fede e in questo Kasper sbaglia grandemente; se noi amiamo veramente gli ebrei dobbiamo aiutarli a convertirsi a Cristo Gesù, unico Salvatore del mondo!
Tale testimonianza è richiesta oggi anche a noi. Deve avvenire certo con tatto e rispetto; sarebbe però disonesto se i cristiani nell'incontrare amici ebrei tacessero sulla propria fede o addirittura la negassero. Attendiamo altrettanto dagli ebrei credenti nei nostri confronti. Nei dialoghi che io conosco, quest'atteggiamento è del tutto normale. Un dialogo sincero tra ebrei e cristiani, infatti, è possibile solo, da un lato, sulla base della comunanza nella fede nell'unico Dio, Creatore del cielo e della terra, e nelle promesse fatte ad Abramo e ai Padri, e, dall'altro, nella consapevolezza e nel rispetto della differenza fondamentale che consiste nella fede in Gesù quale Cristo e Redentore di tutti gli uomini.
Rispondo: se Gesù è l'unico Redentore e Lui stesso ha evangelizzato gli ebrei e ci ha comandato di andare a tutti gli uomini per convertirli è evidente che dobbiamo portare Cristo agli ebrei e gli ebrei a Cristo perché siano redenti e salvati!!!
L'incomprensione diffusa della riformulata preghiera del Venerdì Santo è un segnale di quanto grande sia ancora il compito che ci sta davanti nel dialogo ebraico-cristiano.
Rispondo: noi temiamo che le incomprensioni siano causate anche, in parte dalla teologia distorta che il card. Kasper presenta in questo testo. Se non è stato detto con chiarezza agli ebrei che devono convertirsi per avere la salvezza e che il dialogo interreligioso fa parte precisamente della missione della Chiesa, se si dice che la Chiesa non ha una missione per l'evangelizzazione degli ebrei …..beh allora è evidente che gli altri, cioè gli ebrei, possano pensare che la Chiesa non vuole più la loro conversione ….
Le reazioni irritate che sono sorte dovrebbero, quindi, essere un'occasione per chiarire e approfondire ancora le basi e gli obiettivi del dialogo ebraico-cristiano. Se si potesse avviare in questo modo un approfondimento del dialogo, l'agitazione sorta porterebbe alla fine davvero a un risultato positivo. Si deve certo essere sempre consapevoli che il dialogo tra ebrei e cristiani resterà , per sua natura, sempre difficile e fragile e che esige in grande misura sensibilità da entrambi le parti.
Rispondo: da parte cattolica il dialogo deve essere necessariamente basato sulla verità teologica e non su esegesi e teologie del tutto peregrine e contrarie alla s. Tradizione come sono la teologia e l'esegesi del card. Kasper.
Concludo : l'articolo del card. Kasper ci appare, purtroppo, un testo gravissimo che, provenendo dalle alte sfere della s. Sede, può ingenerare un gravissimo scandalo nel s. Popolo di Dio portando a credere che non occorre la vera fede per salvarsi e dunque portando a credere che non è Cristo l'unico Salvatore che attraverso la fede e attraverso la Chiesa, appunto, ci dona la vera salvezza; Cristo infatti ha detto con chiarezza che ci si salva attraverso la fede in Lui e attraverso la Chiesa, chi lo accetta con Salvatore deve ascoltare le sue parole. Speriamo che quanto prima si provveda a riparare il grave scandalo che questo articolo ha suscitato o potrebbe suscitare non solo tra i cattolici ma anche tra ortodossi, protestanti, evangelici che riderebbero di queste affermazioni fatte da un cardinale presidente di un Dicastero vaticano e pubblicate sull'Osservatore Romano.
Note
1) Una sintesi delle prime reazioni pro contra si trova in: Il Regno n. 1029, 2008, 89-91. Oltre a tali prime reazioni nei mass media, è pervenuta alla Commissione per i Rapporti religiosi con l' ebraismo una serie di prese di posizione dettagliate e particolareggiate, provenienti soprattutto dagli Stati Uniti d'America, dalla Germania e dall'Italia, tra gli altri da R. Di Segni, La preghiera per gli ebrei, in «Shalom» 2008, n. 3, 4-7.
2) Ciò non vale per il Dialogo ebraico-cristiano internazionale in cui questa questione è sorta già dopo la Dichiarazione Dominus Iesus (2000). La Commissione per i Rapporti religiosi con l'ebraismo ne ha tenuto conto e ha organizzato a questo scopo colloqui di esperti ad Ariccia (Italia), Lovanio (Belgio) e Francoforte (Germania); il prossimo colloquio è programmato da lungo tempo a Notre Dame (Indiana, Stati Uniti d'America).
3) Quanto all'interpretazione rimando soprattutto all'ampio commentario, ricco anche per la nostra questione, di Tommaso d'Aquino, Super ad Romanos , capitolo 11, lectio 1-5. Commentari più recenti: E. Peterson, Der Brief an die Römer (Ausgewählte Schriften, 6), Würzburg, 1997, 312-330, specialmente 323; E. Käsemann, An die Römer (Handbuch zum Neuen Testament, 8a), Tübingen 1973, 298-308; H. Schlier, Der Römerbrief (Herders Theologischer Kommentar zum Neuen Testament, 6), Freiburg i. Br ., 1997, 320-350, spec. 337-341; O. Kuss, Der Römerbrief , 3. Lieferung, Regensburg, 1978, 809-825; U. Wilckens, Der Brief an die Römer (EKK, VI/2), Zürich-Neukirchen, 1980, 234-274, spec. 252-257 . Basilare il documento della Pontificia Commissione Biblica Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001). Inoltre F. Mussner, Traktat über die Juden , München, 1979, 52-67; J. Ratzinger, La Chiesa, Israele e le religioni del mondo , Torino, 2000; J . M. Lustiger, La promesse , Paris, 2002; W. Kasper , L'antica e la nuova alleanza nel dialogo ebraico-cristiano, in Nessuno è perduto. Comunione, dialogo ecumenico, evangelizzazione , Bologna 2005, 95-119. A ciò si aggiunge una gran quantità di letteratura più recente, la maggior parte di lingua inglese, sulle questioni del dialogo ebraico-cristiano.
4) Importanti sono passi come Isaia , 2, 2-5; 49, 9-13; 60; Michea , 4, 1-3 e altri. In merito: J. Jeremias, Jesu Verheißung für die Völker , Göttingen 1959.
5) Con questo si affronta la questione teologica più fondamentale dell'attuale dialogo ebraico-cristiano: c'è una sola alleanza o ci sono due alleanze parallele per ebrei e cristiani? Tale questione tratta dell'universalità della salvezza, dal punto di vista cristiano irrinunciabile, in Gesù Cristo. Cfr la sintesi della letteratura più antica in J. T. Pawlikowski, Judentum und Christentum , in «Theologische Realenzyklopädie», 18 (1988), 386-403; Pawlikowski, a causa degli interventi miei e di altri, ha sviluppato la sua posizione in modo essenziale e ha riferito ampiamente circa lo stato attuale della discussione in Reflections on Covenant and Mission in: Themes in Jewish-Christian Relations , ed. E. Kessler and M. J. Wreight, Cambridge (Inghilterra), 2005, 273-299.
6) La preghiera ha modificato questo testo nella misura in cui parla dell'entrata dei pagani «nella Chiesa», cosa che non si trova così in Paolo. Da ciò alcuni critici ebrei hanno concluso che si trattasse dell'entrata d'Israele nella Chiesa, cosa che non si dice nella preghiera. Nel senso dell'apostolo Paolo si dovrebbe piuttosto dire che la salvezza della maggior parte degli ebrei viene comunicata attraverso Cristo, ma non attraverso l'entrata nella Chiesa. Alla fine dei giorni, quando il Regno di Dio si realizzerà definitivamente, non ci sarà più una Chiesa visibile. Si tratta quindi del fatto che alla fine dei giorni l'unico Popolo di Dio composto di ebrei e pagani divenuti credenti sarà di nuovo unito e riconciliato.
7) Bernardo di Clairvaux, De consideratione , III, 1, 3 . In merito anche: Sermones super Cantica Canticorum , 79, 5.

mercoledì 23 settembre 2009


Bagnasco: "La Chiesa non opererà per convertire gli ebrei" (Vecchi e La Rocca). Riflessioni...


Clicca qui per leggere l'articolo di Gian Guido Vecchi equi per leggere quello di La Rocca.

Ho gia' detto ieri che la formulazione del comunicatodella Cei pubblicato ieri pomeriggio mi pare la piu' infelice che si potesse trovare, ma non intendo tornare sul punto.
Vorrei pacatamente fare qualche riflessione.

Da cio' che scrivono i giornali (se la Cei non e' d'accordo smentisca) e dalla lettura della suddetta nota, mi pare di capire che, come cattolica, posso pregare per tutti, ma non per gli amici ebrei.
Se la Salvezza viene da Cristo e ci si salva solo in Lui, deduco che posso augurarmi che TUTTI possano salvarsi tranne alcuni.
Perche'?
Che male c'e' a pregare per gli amici ebrei a cui, fra l'altro, siamo uniti da un legame inscindibile?
Vogliamo forse evitare di adempiere ad un mandato preciso di Cristo che impone di evangelizzare i popoli?
Pregare non mi pare un insulto, anzi...
Quindi non posso, come cattolica, pregare per gli ebrei.
Posso pregare per gli amici musulmani? Per i buddisti?
Se la regola del religiosamente corretto vale per tutti, e' ovvio che io non posso permettermi di pregare per loro.
Posso pregare per i fratelli Ortodossi? Per i protestanti?
Beh, a questo punto qualcuno potrebbe dirmi di farmi gli affari miei.
Corollario numero uno: ciascuno preghi il suo Dio e pensi a se stesso evitando di impicciarsi degli affari altrui.

Individualismo allo stato puro.

Se ciascuno prega per se' e per i propri fratelli, disinteressandosi degli altri, significa che tutte le religioni portano alla salvezza.
Corollario numero due: tutte le religioni sono uguali.
Corollario numero tre: non esiste una Verita' assoluta ma tante verita' quante sono le religioni.

Relativismo allo stato puro.

E abbiamo chiuso il cerchio
.
R.

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