"Contro natura", le due parole sacre che i bolliti non capiscono
San Giuda Taddeo, servo di Gesù Cristo, Giuda santo da non confondere col Giuda traditore, l’Iscariota, e quindi Giuda autore della Lettera di Giuda, ultimo libro della Bibbia prima del libro dell’Apocalisse, ti ringrazio per avere incastonato l’espressione “contro natura” nella Sacra Scrittura, così rendendola intangibile. Ti riferivi ovviamente a Sodoma e Gomorra che “si abbandonarono all’immoralità e seguirono vizi contro natura” e per questo ricevettero “esemplarmente le pene di un fuoco eterno”.
ARTICOLI CORRELATI Alfano può trasformare in oro il successo sulle unioni civili? Una strada c'è Rep. ripubblica Rodotà sulle unioni civili uscito un mese fa e nessuno se ne accorge Sulle unioni civili i grillini restano populisti ma s’inimicano il mainstreamSan Giuda Taddeo, qui a sentire queste cose ridono tutti, sia gli atei sia i cattolici di potere, e chi insiste a usare il tuo linguaggio viene chiamato preistorico, come fosse un Neanderthal anziché un neotestamentario. Noi cristiani rimasti credenti patiamo la piccola pena di essere considerati subumani, gli increduli però stanno peggio perché il fuoco eterno per loro è già acceso: come rane di Chomsky, immerse nella pentola la cui temperatura si innalza gradualmente, cominciano a sentire un po’ di caldo (le culle vuote, le casse dell’Inps vuote…) ma continuano a vivere come se natura e quindi demografia e quindi economia non fosse. Fino a quando, senza avvedersene, si ritroveranno perfettamente ed esemplarmente bolliti.
di Camillo Langone | 25 Febbraio 2016
http://www.ilfoglio.it/preghiera/2016/02/25/contro-natura-le-due-parole-sacre-che-i-bolliti-non-capiscono___1-vr-138720-rubriche_c345.htm
Umbratili vespasiani intorno alla teoria del gender
Metamorfosi urinaria del progressismo
di Piero Vassallo
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Palmiro Togliatti “era un fascista con i gay”. Lo sostiene scandalizzato un redattore del sito gay giornalettismo. L’immaginario, settoriale e fratto fascismo di Togliatti è senza dubbio una esagerazione di stampo quasi isterico.
E’ innegabile, tuttavia, che il 30 settembre del 1949 Pier Paolo Pasolini fu espulso dal Pci (togliattiano e cripto fascista) per indegnità morale, dopo che l’autorità giudiziaria aveva riconosciuto il poeta colpevole di corruzione di minori.
In un corsivo pubblicato nel quotidiano l’Unità si leggeva che “la responsabilità di tali atteggiamenti [pasoliniani] era dovuta a influenze nefaste di tipo letterario”, influenze esercitate da scrittori, un tempo non stimati dai comunisti, quali Jean Paul Sartre (autore della commedia anticomunista Le mani sporche) e André Gide (autore di dichiarazioni antistaliniste, diffuse dopo il suo deludente viaggio a Mosca).
La flessione eseguita dai redattori del quotidiano ateo e comunista davanti alla morale cattolica e alla cultura del deprecato ventennio, dimostra che, nel primo dopoguerra, il ribrezzo e l’avversione alla pederastia erano condivisi da una schiacciante e obbligante maggioranza di italiani trasversali.
Si celebravano i massacri dei fascisti nella primavera radiosa, ma si accoglieva la bieca avversione delle camicie nere alla pederastia.
D’altra parte era rispettata universalmente e incensata la costituzione repubblicana, che all’articolo 29 privilegiava “la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e ne riconosceva gli speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione.
L’impetuoso vento pederastico, che soffiava dalla California dell’instancabile militante Herbert Marcuse, purtroppo investì l’Italia alterandone la cultura e infettandone la tradizione religiosa e civile.
Pasolini fu riabilitato e incensato dagli intellettuali emergenti nella sinistra affascinata o posseduta dal vizio californiano. Al suono martellante del jazz estremo, la sodomia entrò nelle severe e refrattarie cellule del partito operaio.
Il 3 novembre del 1975 Pasolini, assassinato da Giuseppe Pelosi, un ragazzo di vita con il quale l’illustre pederasta si era appartato per consumare (a pagamento) atti sessuali contro natura, fu addirittura promosso al nobile grado di vittima sacrificata sul pio altare della trasgressione.
Nel giro di un quarto di secolo il poeta, che era stato squalificato e reietto dal Pci proletario, diventò emblema e testimone (martire) del vizio praticato nei circoli della borghesia, espugnata e rieducata dagli intellettuali progressisti.
Al pensiero sodomitico il potere politico e il salotto culturale competono, lo ha rammentato ultimamente l’umorista Marcello Rambaldi Guidasci di Parabiago, autore del divertente atto unico Incularella ridens, che suscita la risata che compete a un fosforescente delirio nel vespasiano.
Aurelio Pace e Carlo Di Pietro, autori del ponderoso saggio Gender, edito in proprio in Vicenza, dal loro canto affermano risolutamente che “L’omosessualismo si configura come un movimento ideologizzato, spesso abitato anche da soggetti eterosessuali, sovente anticlericali ed insofferenti alle regole, secondo cui il comportamento omosessuale deve essere sempre oggetto di orgoglio e vanto, mai di critica e mai di ponderata valutazione”.
Non contrastata dal potere esercitato da un boy scout circondato da bellone di sacrestia e di cellula, capo di una squadra pavida e rassegnata al peggio, l’infezione omosessualista infine si rovescia nel pensiero chic, che contagia la pedagogia della repubblica e offre agli scolaretti delle elementari fiabe pornografiche, ad esempio la sconcezza intitolata “Perché ho due papà”.
Con venti anni di ritardo rispetto ai governi del Nord Europa, che hanno applicato alla pedagogia il pregiudizio omosessualista prima di scoprirne la strutturale e furente insensatezza, i progressisti al potere in Italia, tentano d’insinuare surrettiziamente un progetto screditato e ridicolizzato.
Dall’aspersorio di Vespasiano scende l’acqua della rivoluzione ultima. Scalfarotto e Cirinnà, promotori crepuscolari ma squillanti delle leggi gay, manifestano l’invincibile ridicolaggine e la miseria dei loro ardenti pruriti e tradiscono l’appartenenza alle vischiosità storiche, a tempo debito catalogate e messe fuori gioco dagli scritti dell’insospettabile Benedetto Croce.
Va da sé che non è nostra intenzione contrastare la bollente/rovente/indomabili circolazione dl pruriti nelle vene dei riformatori omofili. Attraversate le festanti trincee del buonismo, la filosofia e la teologia a monte della sodomia sfuggono alla presa dei frenatori (peraltro deboli e impauriti).
L’abbattimento delle barriere elevate dal senso comune e la renitenza del clero progressista hanno incendiato la volontà dei riformatori sodomitici, attualmente posseduti dall’invincibile convinzione di rappresentare la sapienza di un futuro, scritto nelle infuocate passioni dei sodomiti e dei gomorriti.
La sconfitta della scolastica gay incombe tuttavia nelle assurdità gridate dai banditori di un progetto laido, che ferisce l’innocenza dei piccoli prima di cozzare contro il muro della verità.
La ragione capovolta e intossicata dagli sculettanti progressisti e la viltà dei sedicenti moderati metteranno in pista un vizio mosso da una invincibile balordaggine e perciò destinato ad estenuarsi correndo sulla pista del disordine.
Non rimane altra risorsa che la seduta sulla riva del fiume che trasporterà, infallibilmente, i rottami di un sogno malnato e malvissuto.
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Palmiro Togliatti “era un fascista con i gay”. Lo sostiene scandalizzato un redattore del sito gay giornalettismo. L’immaginario, settoriale e fratto fascismo di Togliatti è senza dubbio una esagerazione di stampo quasi isterico.
E’ innegabile, tuttavia, che il 30 settembre del 1949 Pier Paolo Pasolini fu espulso dal Pci (togliattiano e cripto fascista) per indegnità morale, dopo che l’autorità giudiziaria aveva riconosciuto il poeta colpevole di corruzione di minori.
In un corsivo pubblicato nel quotidiano l’Unità si leggeva che “la responsabilità di tali atteggiamenti [pasoliniani] era dovuta a influenze nefaste di tipo letterario”, influenze esercitate da scrittori, un tempo non stimati dai comunisti, quali Jean Paul Sartre (autore della commedia anticomunista Le mani sporche) e André Gide (autore di dichiarazioni antistaliniste, diffuse dopo il suo deludente viaggio a Mosca).
La flessione eseguita dai redattori del quotidiano ateo e comunista davanti alla morale cattolica e alla cultura del deprecato ventennio, dimostra che, nel primo dopoguerra, il ribrezzo e l’avversione alla pederastia erano condivisi da una schiacciante e obbligante maggioranza di italiani trasversali.
Si celebravano i massacri dei fascisti nella primavera radiosa, ma si accoglieva la bieca avversione delle camicie nere alla pederastia.
D’altra parte era rispettata universalmente e incensata la costituzione repubblicana, che all’articolo 29 privilegiava “la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e ne riconosceva gli speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione.
L’impetuoso vento pederastico, che soffiava dalla California dell’instancabile militante Herbert Marcuse, purtroppo investì l’Italia alterandone la cultura e infettandone la tradizione religiosa e civile.
Pasolini fu riabilitato e incensato dagli intellettuali emergenti nella sinistra affascinata o posseduta dal vizio californiano. Al suono martellante del jazz estremo, la sodomia entrò nelle severe e refrattarie cellule del partito operaio.
Il 3 novembre del 1975 Pasolini, assassinato da Giuseppe Pelosi, un ragazzo di vita con il quale l’illustre pederasta si era appartato per consumare (a pagamento) atti sessuali contro natura, fu addirittura promosso al nobile grado di vittima sacrificata sul pio altare della trasgressione.
Nel giro di un quarto di secolo il poeta, che era stato squalificato e reietto dal Pci proletario, diventò emblema e testimone (martire) del vizio praticato nei circoli della borghesia, espugnata e rieducata dagli intellettuali progressisti.
Al pensiero sodomitico il potere politico e il salotto culturale competono, lo ha rammentato ultimamente l’umorista Marcello Rambaldi Guidasci di Parabiago, autore del divertente atto unico Incularella ridens, che suscita la risata che compete a un fosforescente delirio nel vespasiano.
Aurelio Pace e Carlo Di Pietro, autori del ponderoso saggio Gender, edito in proprio in Vicenza, dal loro canto affermano risolutamente che “L’omosessualismo si configura come un movimento ideologizzato, spesso abitato anche da soggetti eterosessuali, sovente anticlericali ed insofferenti alle regole, secondo cui il comportamento omosessuale deve essere sempre oggetto di orgoglio e vanto, mai di critica e mai di ponderata valutazione”.
Non contrastata dal potere esercitato da un boy scout circondato da bellone di sacrestia e di cellula, capo di una squadra pavida e rassegnata al peggio, l’infezione omosessualista infine si rovescia nel pensiero chic, che contagia la pedagogia della repubblica e offre agli scolaretti delle elementari fiabe pornografiche, ad esempio la sconcezza intitolata “Perché ho due papà”.
Con venti anni di ritardo rispetto ai governi del Nord Europa, che hanno applicato alla pedagogia il pregiudizio omosessualista prima di scoprirne la strutturale e furente insensatezza, i progressisti al potere in Italia, tentano d’insinuare surrettiziamente un progetto screditato e ridicolizzato.
Dall’aspersorio di Vespasiano scende l’acqua della rivoluzione ultima. Scalfarotto e Cirinnà, promotori crepuscolari ma squillanti delle leggi gay, manifestano l’invincibile ridicolaggine e la miseria dei loro ardenti pruriti e tradiscono l’appartenenza alle vischiosità storiche, a tempo debito catalogate e messe fuori gioco dagli scritti dell’insospettabile Benedetto Croce.
Va da sé che non è nostra intenzione contrastare la bollente/rovente/indomabili circolazione dl pruriti nelle vene dei riformatori omofili. Attraversate le festanti trincee del buonismo, la filosofia e la teologia a monte della sodomia sfuggono alla presa dei frenatori (peraltro deboli e impauriti).
L’abbattimento delle barriere elevate dal senso comune e la renitenza del clero progressista hanno incendiato la volontà dei riformatori sodomitici, attualmente posseduti dall’invincibile convinzione di rappresentare la sapienza di un futuro, scritto nelle infuocate passioni dei sodomiti e dei gomorriti.
La sconfitta della scolastica gay incombe tuttavia nelle assurdità gridate dai banditori di un progetto laido, che ferisce l’innocenza dei piccoli prima di cozzare contro il muro della verità.
La ragione capovolta e intossicata dagli sculettanti progressisti e la viltà dei sedicenti moderati metteranno in pista un vizio mosso da una invincibile balordaggine e perciò destinato ad estenuarsi correndo sulla pista del disordine.
Non rimane altra risorsa che la seduta sulla riva del fiume che trasporterà, infallibilmente, i rottami di un sogno malnato e malvissuto.
http://www.riscossacristiana.it/umbratili-vespasiani-intorno-alla-teoria-del-gender-di-piero-vassallo/
UNIONI CIVILI. E’ IL PRAGMATISMO, BELLEZZA
Le opposizioni di vario segno, compresi i casaleggini in gran stato confusionale, si devono rassegnare al rafforzamento di una maggioranza della nazione. L’idea evanescente di diritto all’amore, la Chiesa, il metodo oppiaceo sul ddl Cirinnà
di Giuliano Ferrara | 25 Febbraio 2016 ore 18:40
Il pragmatismo è re, nella nuova costellazione politica italiana. Lo dimostra la vicenda parlamentare delle unioni civili, che passano ai voti dopo molti tentativi insabbiati per anni, ma senza l’adozione nella coppia omosessuale, in attesa che la decretino infallibilmente le sentenze attivistiche della magistratura. Pragmatismo non è solo avere le unioni per legge, rinunciando alle adozioni. Pragmatismo è anche avere le adozioni per sentenza in un contesto legislativo “non discriminante” che crea una famiglia artificiale, quella delle unioni stipulate a prescindere dal sesso dei partner, in grado di accogliere le adozioni e legittimarle. Pragmatismo è questo evidente primo passo verso le nozze gay, che non tarderanno poi molto, nonostante la specificità italiana, e completeranno il quadro in uno schema modellato sulla riforma del codice civile alla Zapatero o sull’intervento giurisdizionale in materia di diritti che è il modello della Corte suprema americana. Fuori del pragmatismo starebbe l’ipotesi di un referendum consultivo, difficile a definirsi nel nostro quadro legislativo, e che nessuno per adesso davvero vuole.
ARTICOLI CORRELATI Alfano può trasformare in oro il successo sulle unioni civili? Una strada c'è Il ddl Cirinnà no, no e no. Noi vogliamo il referendum Sulle unioni civili i grillini restano populisti ma s’inimicano il mainstream Sulle unioni civili si decida col referendum, prima che lo facciano le procure
Le opposizioni di vario segno e conio, compresa quella in pieno stato confusionale dei casaleggini, hanno provato ogni trabocchetto politicista e parlamentarista, legittimamente, e si devono pragmaticamente rassegnare al rafforzamento di una maggioranza alla partito della nazione, con il Pd unito al centro “popolare” che perde anche nel nome la connotazione di destra: i cacciatori sono caduti nella loro stessa tagliola (gli inglesi direbbero che i generali leghisti e casaleggini sono stati outmanoeuvred). Le sinistre di tendenza laicista e dottrinarie dei diritti, fuori e dentro il Partito democratico, devono pragmaticamente limitarsi ad accettare, e in maggioranza a votare, la legge sulle nuove famiglie che istituisce un principio politico senza trarne tutte le conseguenze in modo cogente (caso tipico di pragmatismo). La chiesa di Francesco va in sollucchero per una soluzione che pone pochi problemi e incrementa la sua funzione residuale di grande parrocchia della consolazione, mentre le avanguardie o retroguardie cattolico-militanti del Circo massimo, spiazzate dal compromesso pragmatico, promettono vendetta elettorale con credibilità dubbia.
Su famiglia, procreazione, genitorialità, matrimonio eccetera in genere, nelle democrazie nate dalle guerre di religione o prive di una storia cattolica ed ecclesiastica ingombrante come l’italiana, si tratta di scontro tra assoluti. Qui, anche con il contributo manovriero della sinistra pragmatica di Renzi, compresi i cattolicodemocratici e i laicodemocratici, gli assoluti sono i grandi assenti e lo scontro vero, di pensiero e di giudizio sul mondo e sulla vita, non c’è stato. Si è discusso all’infinito di dettagli, si sono usati argomenti poco razionali e molto sentimentali, si è affermata la logica semantica della non discriminazione su un terreno che richiede oggettivamente la discriminazione, la cernita di qualità diverse in una realtà diversa (sei uomo o donna? puoi o non puoi generare nell’autonomia di coppia?). Una cappa di modernità affabulatoria fondata su un’idea evanescente del diritto all’amore si è stesa sulla famiglia naturale, che per lo più già prima non si sentiva tanto bene e presumibilmente non starà meglio dopo, ma la procedura o metodo per issare questa bandiera ha avuto caratteristiche fumose, oppiacee, dolciastre e moderate che sembrano fatte apposta per deludere la tendenza estrema Lgbt. E’ il pragmatismo, bellezza, e non puoi farci niente.
Abbiamo al governo di questa povera Patria nostra un branco di falsi cattolici, che vanno pure a messa tutte le domeniche che Dio manda in terra. Invece di dar loro la comunione dovrebbero prenderli a calci e cacciarli fuori dalle chiese; e ancora purtroppo abbiamo preti, vescovi, cardinali che definirli mascalzoni è far loro un complimento . Il regno di Dio , lo sappiamo non è di questo mondo laido, e questi si sono dati al loro padrone " il re del nulla " mani e piedi, hanno legato la loro lingua infame al bugiardo e traditore per eccellenza. jane
RispondiEliminaFanzaga è indifendibile. Ha allontanato dalla sua "radio ga-ga" dei buoni cattolici, al solo scopo di leccare non diciamo cosa all'apostata Orgoglio, e oggi si trova giustamente attaccato da questo pretame frocialcomunista,che è già chilometri avanti a lui sulla strada della colliquazione terminale. Ben gli sta. Si mordano pure tra botoli insensati.
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