Meno lontani di certi vescovi “cattolici”
Che l’incontro tra Kirill e Francesco abbia una portata storica, è fuori di dubbio; il motivo di tale importanza è però tutto da verificare. Da anni il Patriarcato di Mosca cerca contatti e collaborazione con la Chiesa Cattolica. Nel deserto morale e spirituale lasciato da settant’anni di totalitarismo marxista, la Russia attuale, pur avendo riammesso le sue millenarie tradizioni cristiane, deve fare i conti con uno dei tassi di aborti più alto al mondo, una massiccia invasione di sètte fondamentaliste americane e una cospicua quanto irrequieta presenza islamica sul proprio territorio.
Dal punto di vista strategico (ma solo da quello), la Chiesa ortodossa russa si ispira perciò al cattolicesimo per ricuperare il ruolo sociale che il regime le aveva negato. È pur vero che la funzione per noi svolta dalle parrocchie è da sempre, nell’Ortodossia, appannaggio dei monasteri: i ventiquattro ancora aperti nel 1989, degli oltre mille esistenti nel 1917, si sono moltiplicati in modo strabiliante, diventando in meno di vent’anni più di settecento. Ma è pur vero che non tutti i russi possono permettersi il lusso di avere uno starec per padre spirituale e che non bastano le suggestive liturgie per istruire nella fede una popolazione che in massima parte la ignora completamente.
Da noi la situazione è forse migliore? Paradossalmente, anche senza l’ateismo di Stato, i risultati sono molto simili: ci hanno pensato le “riforme” conciliari e gli ecclesiastici del nuovo corso, i quali, oltre a non predicare più la dottrina cristiana, non disdegnano talvolta di concedersi divertimenti proibiti in compagnia di adolescenti… A forza di omettere che il peccato è peccato e che alcuni peccati sono gravi, ci si può convincere che certi comportamenti, tutto sommato, siano ammissibili perché “non fanno del male a nessuno”. A questo si aggiunga che, con la nuova Messa, si è generalmente persa la consapevolezza che chi la celebra è uno mediante il quale Gesù stesso offre il Sacrificio redentore. A tale scopo si riceve il sacramento dell’Ordine: il sacerdote è consacrato perché Cristo agisca in lui e diviene pertanto persona sacra. Al di là delle azioni liturgiche, tutta la sua vita e ogni suo gesto devono rispecchiare la sua identità ed essere impregnati di sacralità.
Non è quindi la spaventosa crisi del clero e dei religiosi né tanto meno la loro latitanza politica che possono attirare gli ortodossi russi; è piuttosto – immaginiamo – la secolare tradizione educativa e la capillare inserzione sociale della Chiesa Cattolica. Una conoscenza della sua prassi pastorale nei suoi aspetti migliori (non certo nel carnevale permanente che si è imposto nella liturgia e nella catechesi) può dunque giovare alla rievangelizzazione dell’immenso Paese di cui la Madonna, quasi cento anni fa, ha chiesto la consacrazione. Sarà forse una malignità, ma di sicuro il Patriarcato di Mosca ha buoni motivi per imparare i metodi di quella “concorrenza” cattolica che sul suo stesso territorio attira tanti fedeli ortodossi. In ogni caso, l’erezione di diocesi in terre ex-sovietiche da parte di Giovanni Paolo II, che aveva scatenato le ire di Alessio II, sembra oggi acqua passata. Anche la spinosa questione della restituzione ai greco-cattolici dei beni immobili confiscati da Stalin e da lui donati alla gerarchia sottomessa al regime pare caduta nel dimenticatoio in nome del dialogo ecumenico, con buona pace dei numerosissimi martiri.
Sul versante delle questioni dottrinali, poi, neanche a parlarne. Nel maggio del 2010, in un breve discorso indirizzato a Benedetto XVI in occasione di un concerto offerto in suo onore, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, responsabile dei rapporti esterni del Patriarcato di Mosca (la carica rivestita da Kirill prima di essere eletto patriarca), chiedeva senza mezzi termini al Papa di mettere da parte le discussioni dogmatiche e di favorire la collaborazione reciproca nell’affrontare le grandi sfide morali e sociali del nostro tempo. Considerato che la principale divergenza, tra cattolici e ortodossi, è proprio il modo di concepire il primato petrino, una richiesta del genere, porta al Romano Pontefice in casa sua, non è esattamente un capolavoro di diplomazia; ma tant’è… Ad ogni modo, se pochi anni fa – sebbene sembri un’altra èra storica – una proposta del genere poteva far aggrottare le ciglia a papa Ratzinger, oggi è largamente superata: la “dottrina” (questa parola così difficile) è l’ultima delle preoccupazioni da parte cattolica – sempre che di preoccupazione si possa ancora parlare, in questa “nuova chiesa” in cui le differenze, comprese quelle insanabili, dovrebbero coesistere in armonia come “ricchezze dello Spirito”…
È così che, nel comunicato ufficiale della Santa Sede del 5 febbraio scorso, un imperturbabile – come sempre – portavoce vaticano ha potuto annunciare al mondo che, per la prima volta nella storia, i «Primati della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa» si sarebbero incontrati a Cuba a margine del viaggio papale in Messico, fatto che avrebbe segnato «una tappa importante nelle relazioni tra le due Chiese». Non è il caso di soffermarsi (già tanti lo fanno in modo puntuale e ragionato) sulle stucchevoli conversazioni d’alta quota, divenute ormai un appuntamento abituale per giornalisti affamati di esternazioni apparentemente estemporanee che vi trovano regolarmente un ghiotto pasto. Mi permetto soltanto di far notare l’enorme eresia ecclesiologica contenuta in un comunicato che, di prassi, è passato al vaglio della Segreteria di Stato. Il Papa non è affattoprimate della Chiesa Cattolica, come se fosse omologo a Kirill. Un’espressione del genere suppone infatti che i due si trovino sullo stesso piano e che la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa russa siano due realtà equipollenti. Ma non esistono affatto due o più Chiese; esiste solo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, il cui capo visibile è il Successore di Pietro e dalla quale, purtroppo, alcuni raggruppamenti di Chiese particolari si sono separati per motivi storici, canonici e dottrinali. Questa è la realtà: dolorosa, ma è la realtà – e le parole non bastano a cambiarla.
Al di là delle convergenze strategiche miranti a contrastare lesfide lanciate dal mondo odierno (con il quale la maggioranza dei Pastori cattolici, al di là delle parole, sembra peraltro sempre più conciliante), ciò che premeva di più alla parte ortodossa – da quanto è dato dedurre leggendo tra le righe il testo dell’ultima dichiarazione comune – era ribadire la diffida, rivolta alla parte cattolica, a persistere nel proselitismo e a ridare fiato all’uniatismo. Saremmo tentati di rispondere che, in questo momento, una richiesta del genere sfonda una porta aperta… Qual è dunque la portata reale dell’incontro cubano? Molto probabilmente, più che nello scritto, essa risiede in ciò che i due “primati” si sono detti in privato (e che noi, ovviamente, ignoriamo). Se è vero che, nella Russia attuale, religione e politica sono strettamente intrecciate, Kirill e Francesco non possono trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda. Basti fare due esempi per tutti: il discorso di Putin sul suicidio dell’Occidente malato di omosessualismo (Forum di Valdai, 19 settembre 2013) e la posizione presa da Kirill in occasione della ricorrenza, nel novembre del 2009, del cinquantenario dell’avvio del dialogo tra protestanti e ortodossi russi.
In quella memorabile occasione, il buon Patriarca affossò mezzo secolo di contatti manifestando la propria indisponibilità a incontrare il capo della “Chiesa” luterana perché: 1°) la sedicente Chiesa luterana non è una Chiesa, in quanto priva della successione apostolica; 2°) essendo il suo capo una donna, incontrarlo avrebbe potuto far credere ai fedeli che l’Ortodossia russa riconosca il ministero femminile e sarebbe stato quindi di scandalo; 3°) la cosiddetta Chiesa luterana ha recentemente assunto posizioni inaccettabili in materia di morale sessuale. Quanto vorremmo che i nostri Pastori parlassero con questa franchezza, ribadendo semplicemente la verità rivelata e rinfrancando così la nostra povera fede! Ma da cinquant’anni, in casa cattolica, questo è assolutamente proibito…
In conclusione, nonostante il deplorevole stato di scisma (che, dopo la definizione dogmatica del 1870 sull’infallibilità papale, comporta pure l’eresia formale), non possiamo non augurarci che la terza Roma svolga fino in fondo il ruolo assegnatole dalla Provvidenza. Le sue guide spirituali – che siano legittime o meno – sono certamente molto più fedeli a Cristo di tanti vescovi cattolici di nome, ma di fatto eretici. Anche se finora la Russia non è stata esplicitamente consacrata al Cuore Immacolato di Maria nella forma richiesta dalla Madonna a Fatima, possiamo appoggiare la nostra preghiera sull’atto che Pio XII compì per iscritto con la Lettera apostolica Sacro vergente anno del 7 luglio 1952. In essa il Venerabile Le consacrò i fedeli russi in qualità di loro supremo Pastore, quale effettivamente era davanti a Dio a prescindere dal fatto che fosse da loro riconosciuto tale o no. Santissima Madre di Dio, salvaci per mezzo degli strumenti da te scelti!
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