MURI E PONTI DI BERGOGLIO
Quando si cade dalla teologia nella demagogia. La teologia della liberazione condivide l’analisi marxista delle dinamiche sociali e anche la strada per affrontarle ossia la lotta di classe: è un marxismo travestito da cristianesimo
di F. Lamendola
Di ritorno dal suo viaggio pastorale in Messico, nel corso del quale ha reso omaggio alla Vergine di Guadalupe, e ha speso molte parole in difesa dei diritti degli indios, papa Francesco è stato intervistato su due questioni prettamente politiche: la discussione in atto, nel Parlamento italiano, sul disegno di legge Cirinnà; e l’intenzione espressa dal candidato repubblicano alle primarie per le presidenziali degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, di erigere una barriera al confine messicano lunga 2.500 km., e di espellere 10 milioni di immigrati.
Erano entrambe domande di carattere politico, o con una forte valenza politica: la prima riguardava la posizione della Chiesa a proposito delle unioni civili, dei matrimoni omosessuali e delle adozioni di bambini da parte delle coppie omosessuali (con relativa prospettiva di ricorso alla pratica dell’utero in affitto, e sia pure all’estero, in qualche Paese compiacente), così come la sta portando avanti il Partito democratico guidato dal premier Matteo Renzi; la seconda, la posizione delle forze politiche in corsa per la Casa Bianca, nei confronti del fenomeno della immigrazione/invasione dei clandestini entro i confini degli Stati Uniti – problema che appare strettamente legato, e pressoché parallelo, a quello che sta vivendo anche l’Unione europea.
Ebbene, la risposta di papa Francesco è stata completamente diversa davanti alle due domande. Sulla prima, si è semplicemente rifiutato di rispondere: «Il Papa è per tutti, non si immischia nella politica italiana», ha tagliato corto. Davanti alla seconda, non solo non si è tirato indietro, e non ha invocato il dovuto riserbo della Chiesa nei confronti dell’autonomia della politica, ma si è lanciato in un durissimo affondo contro il candidato repubblicano Donald Trump, e questo proprio mentre sono in corso le primarie negli Stati Uniti. Ha affermato, in tono assolutamente categorico, che «chi pensa a costruire muri, invece di ponti, non è cristiano»; e ha concluso, perentorio: «Questo non è nel Vangelo». Come se una tale entrata a gamba tesa, che equivale quasi a una scomunica, non fosse un “immischiarsi” nella politica interna di una nazione libera e sovrana.
Il tutto con un piglio così sicuro di sé, così intransigente, come se quel che diceva fosse la cosa più ovvia di questo mondo: mentre è ovvia solo per una certa parte del clero dell’America latina, quella influenzata dalla cosiddetta teologia della liberazione. Secondo quest’ultima, gli Stati Uniti sono il male assoluto, i ricchi sono nemici del popolo e sfruttatori, tutti, dal primo all’ultimo, mentre i poveri hanno sempre ragione; non solo: i poveri sono il “vero” popolo di Cristo, e Cristo è venuto per loro (vero), anzi, solo per loro (falso). Chi scrive è stato in America latina, ha visto come lavorano i preti cattolici, ha ammirato i loro sforzi giganteschi per la promozione umana e ha toccato con mano le enormi sperequazioni sociali, che gridano vendetta al cielo: non ne ha dedotto, tuttavia, che la teologia della liberazione sia il giusto atteggiamento di un cattolico nei confronti delle questioni sociali, né in America latina, né altrove. La teologia della liberazione condivide sostanzialmente l’analisi marxista delle dinamiche sociali, e anche la strada per affrontarle, ossia la lotta di classe: è un marxismo travestito da cristianesimo, che non vede l’uomo come una creatura essenzialmente spirituale, e non concepisce i rapporti umani se non in termini di scontro di classe. Bergoglio, che tornava da un bagno di folla in Messico, nella “sua” America di lingua spagnola, parlava come chi dia per scontato ciò che, nel resto del mondo, scontato non è; e senza tener conto del fatto che il marxismo non solo è stato sconfitto ovunque dalle sue stesse insufficienze e contraddizioni, ma parte da un errore filosofico intorno alla natura dell’uomo, e, dunque, non potrà ispirare mai e poi mai, in nessuna maniera, neppure in maniera indiretta e lontana, l’atteggiamento dei cristiani e la dottrina sociale della Chiesa cattolica.
Notiamo, inoltre, la durezza e la mancanza di carità cristiana nei confronti di una persona che si ritiene cristiana (anche se protestante e non cattolica), il candidato Donald Trump: ha il diritto, il papa, di esprimersi in questi termini verso un qualsiasi essere umano? E, nel caso specifico, nei confronti di un uomo politico che sta concorrendo alle primarie per le prossime elezioni presidenziali nel proprio Paese, con l’effetto di danneggiarlo gravemente, facendogli perdere consensi nel momento decisivo della sua vicenda politica, giusta o sbagliata che sia? Non aveva appena detto, Bergoglio, di non volersi “immischiare” nelle faccende della politica, a proposito del Parlamento italiano? Oppure bisogna pensare che Donald Trump gli è poco simpatico perché è uno yankee e perché è un miliardario, e i ricchi, per lui, sono sempre brutti e cattivi, specialmente se americani che chiudono le porte ai latinos? Eppure Gesù Cristo ha chiaramente distinto fra i ricchi come persone, e la ricchezza come vizio, o meglio, come pericolo: il pericolo di perdere l’anima.
Ma no: avevamo già visto questo aspetto, diciamo poco caritatevole, della personalità di Bergoglio: precisamente, quando aveva sconfessato il sindaco di Roma, Ignazio Marino, con parole impietose, sottolineando che non solo non era stato lui a invitarlo in quel famoso viaggio negli Stati Uniti, ma che si era informato e gli risultava che non fosse stato inviato da nessun altro (inutile accanimento); per poi definirlo “una persona che si ritiene cristiana”, come dire che non lo è per davvero. Ma un Papa ha il diritto di esprimersi in questa maniera, di giudicare le persone a questo modo? Desideriamo evidenziare il fatto che sia Donald Trump, sia Ignazio Marino – personaggi fra loro, peraltro, diversissimi, in tutti i sensi, oltre che di differente “peso” politico – possono piacere o non piace (e a noi piacciono poco o niente), ma la questione è un’altra: è legittimo, è ammissibile, è cristiano che un papa parli a quel modo di due esseri umani? È possibile che un Papa sia meno misericordioso di una persona qualsiasi, di un semplice fedele laico, di un non credente, quando si tratta di puntare il dito contro qualcuno: e proprio quel papa che ha fatto della misericordia di Dio il motivo centrale del suo pontificato (anche a scapito di altri aspetti della divinità, non meno importanti, come la giustizia)?
E ora vediamo di entrare più nello specifico. Papa Bergoglio, evidentemente, non crede che una nazione abbia il diritto di esercitare la sorveglianza dei propri confini; che abbia il diritto di vagliare chi lasciar entrare nel proprio territorio, e chi no; che abbia il diritto, e anche il dovere, di riservarsi la decisione se accogliere, oppure no, masse strabocchevoli di persone che non fuggono affatto da guerre o carestie, ma che sono, puramente e semplicemente, migranti economici, ossia persone in cerca di una vita migliore, ma che non sono disposte a fare regolare domanda di accoglienza, e ad accettare un eventuale rifiuto, bensì voglio, pretendono, esigono, di poter passare, in un modo o nell’altro, con le buone o con le cattive. È la stessa filosofia che Bergoglio adotta nei confronti delle migrazioni/invasioni che si stanno abbattendo sull’Europa, a cominciare dalle spiagge e dai confini italiani, ormai da alcuni decenni a questa parte – con l’aggravante che, nel caso dell’Europa, i migranti/invasori sono quasi tutti islamici, ossia portatori di una civiltà e di una religione incompatibili con la tradizione e con i valori europei. Chi non ricorda il grido di papa Bergoglio, in visita a Lampedusa: «Vergogna! Mai più stragi del mare»? Laddove non si era capito chi si dovesse vergognare e di che cosa, visto che la generosità, o la follia, del governo italiano, si era spinta fino a organizzare quasi un servizio di taxi-espressi fin sotto le coste della Libia, per imbarcare quanti più migranti/invasori possibile, a spese del contribuente italiano e con rischio personale degli uomini e delle donne della nostra Marina militare e della Guardia di finanza.
Ma torniamo all’intervista di Bergoglio sull’aereo che lo riportava dal Messico in Vaticano. Per Bergoglio, costruire “muri”, invece che “ponti”, semplicemente non è cristiano; e non lo è, perché la cosa non si trova certificata nel Vangelo. Partiamo da quest’ultimo punto. Non è una maniera di ragionare corretta, quella di affermare che una cosa, o una azione, è sbagliata, perché non si trova attestata nel Vangelo: ciò autorizzerebbe una interpretazione estensiva e del tutto discrezionale, per non dire arbitraria, di ciò che il Vangelo ammette o non ammette. In altre parole, non è corretto affermare che quanto non è presente nel Vangelo, non sia cristiano; invece si può dire che non è cristiano ciò che viene riprovato dal Vangelo. Il Vangelo non riprova la costruzione di muri. Se una famiglia ha la sfortuna di abitare in un quartiere malfamato, pieno di criminalità e di pericoli, forse che non fa bene a costruire un muro intorno alla propria casa, di installare un sistema di allarme automatico, di dotare la porta di una solida blindatura? E perché mai ciò non sarebbe cristiano? Non lo sarebbe se vivessimo in un mondo di angeli; ma viviamo in un mondo di uomini, che, talvolta, è duro e spietato: un mondo dove si aggirano lupi feroci in cerca di prede da sbranare, di drogati e delinquenti che sono capacissimi di ammazzare una povera pensionata, dopo averla seviziata e magari stuprata, per rubarle pochi spiccioli. Questa è la realtà: piaccia o non piaccia ai buonisti di tutto il mondo, cattolici e non cattolici, papi compresi. Questa è la realtà, questi sono gli uomini. Possiamo deprecare che si debba vivere in una casa blindata, ma certo non possiamo risolvere il problema abolendo le difese e invitando ogni famiglia a spalancare le porte a chiunque si presenti, magari spacciandosi per un bisognoso. Qualcuno lo fa, ogni tanto; e le cronache ci dicono come va a finire in simili casi.
Dunque, Bergoglo ha detto una cosa non vera. Quanto ai “ponti” di cui parla, e che bisognerebbe costruire al posto dei “muri”, diciamolo pure: sono soltanto parole, sono frasi a effetto, gonfie di retorica; la tipica retorica di una certa parte politica, buonista e progressista, che si crede illuminata e, soprattutto, che si crede migliore di chiunque altro, perché è animata da nobili sentimenti quali la fiducia nel prossimo, l’umanità, la compassione (a senso unico, però: non se ne è vista altrettanta verso i cittadini italiani poveri, ridotti in miseria dalla crisi di questi ultimi anni). Peggio; sono chiacchiere di tipo ideologico: la tipica ideologia che non vuol guardare in faccia la realtà e che preferisce dare torto ai fatti, per non dover dare torto alle sue belle teorie umanitarie, cosmopolite e pacifiste (ma sempre a senso unico: Bergoglio ha finto di non sentire quel che pensano, di un deciso intervento militare contro l’I.S.I.S., i vescovi e i sacerdoti cristiani del Medio Oriente; quei pochi che ancora son rimasti dopo la pulizia etnica del fondamentalismo islamico). Eppure, la regola numero uno è che con i fatti non si litiga. Li si può deprecare, li si può interpretare, però, in sostanza, bisogna prenderne atto. Ora, nessuno può dire che chi è minacciato da un pericolo non abbia il diritto di difendersi; e nessuno può dire che ciò “non sarebbe cristiano”.
Colpisce, nella intervista rilasciata da Bergoglio a bordo dell’aero che lo riportava a casa, la povertà, la schematicità, la rozzezza delle argomentazioni in base alle quali trinciava sentenze così gravi sulla politica interna di un altro Stato e distribuiva, o meglio, negava, patenti di cristianesimo a personaggi che incorrono nella sua disapprovazione. Abituati alla profondità teologica di un Ratzinger, alla vigorosa coerenza dottrinale di un Wojtyla, alla sottigliezza e al travaglio interiore di un Montini, questo papa che si mette il sombrero e si fa fotografare a quel modo, per rendersi popolare fra i latinos, mentre condanna senza appello un candidato politico americano, e mentre, per converso, dichiara di non volersi “immischiare” in quisquilie come la legge che sta per far approvare, in Italia, l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, con tutto quello che ciò implica: ebbene, non possiamo non restare fortemente perplessi, per non dire sconcertati.
E adesso vediamo, nello specifico, che cosa Bergoglio ha condannato con tanta forza. Donald Trump ha detto di voler chiude la frontiera del Messico, anche per impedire l’accesso alle bande dei narcotrafficanti, contro le quali lo stesso Bergoglio, durante la visita in Messico, ha tuonato. Lo sa, Bergoglio, che tali bande utilizzano appunto la frontiera “aperta” degli Stati Uniti per operare i loro sporchi traffici? E sa che nella città di frontiera di Ciudad Juarez, dominata da narcotrafficanti, criminali d’ogni risma e satanisti, sono letteralmente sparite, solo negli ultimi anni, migliaia e migliaia di persone, specialmente donne, rapite, stuprate, uccise, vendute, sacrificate nel corso di riti diabolici? Sa che la polizia messicana è implicata sino al collo in questo immenso giro di criminalità e di denaro sporco? Se non lo sa, avrebbe dovuto informarsi, prima di parlare; se lo sa, allora ha ragione Donald Trump quando gli ha risposto, accusandolo di essere una pedina del governo messicano, interessato a che la situazione, sulla frontiera fra i due Paesi, rimanga ancora e sempre quella che è adesso. In entrambi i casi, crediamo che avrebbe fatto meglio a tacere.
Non ci piace dire queste cose, non vorremmo parlare così del santo padre. Avremmo preferito non doverlo fare. Pure, è un dovere di carità cristiana non tacere davanti all’errore, ma correggerlo…
Bergoglio, i muri e i ponti: quando si cade dalla teologia nella demagogia
di Francesco Lamendola
Ma che santopadre d'Egitto, Lamendola, fai finta ancora di non capire l'impostura incarnata da questo strumento di forze infernali?!
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