ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 18 febbraio 2016

Si arrangi chi può!

Francesco vola alto. Su nozze gay, divorziati risposati, ucraini ribelli


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Sul volo di ritorno a Roma da Città del Messico, nell'immancabile conferenza stampa al termine di ogni viaggio, papa Francesco è stato interpellato tra l'altro su tre argomenti:
- sulla legge sulle unioni omosessuali in discussione in Italia,
- sulla comunione ai divorziati risposati,
- sulla rivolta dei greco-cattolici dell'Ucraina contro il documento da lui firmato all'Avana assieme al patriarca di Mosca.

SULLA LEGGE SULLE UNIONI OMOSESSUALI
Sul primo dei tre argomenti Francesco si è defilato. Ha detto che "il papa non si immischia nella politica italiana". Ha ricordato d'aver detto ai vescovi: "Arrangiatevi voi". E ha ribadito che sui matrimoni gay "quello che penso io è quello che pensa la Chiesa", salvo poi aggiungere di "non ricordare bene" il documento del 2003 della congregazione per la dottrina della fede che vieta espressamente ai parlamentari cattolici di votare tali leggi.
Ha comunque insistito sul fatto che un parlamentare cattolico "deve votare secondo la propria coscienza ben formata. E dico 'ben formata', perché non è la coscienza del 'quello che mi pare'. Io mi ricordo quando è stato votato il matrimonio delle persone dello stesso sesso a Buenos Aires, che c’era un pareggio di voti, e alla fine uno ha detto all’altro: 'Ma tu vedi chiaro?' – 'No' – 'Neppure io' – 'Andiamocene' – 'Se ce ne andiamo, non raggiungiamo il quorum'. E l’altro ha detto: 'Ma se raggiungiamo il quorum, diamo il voto a Kirchner!', e l’altro: 'Preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio!'… e avanti. Questa non è coscienza ben formata!".

SULLA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI
Su quest'altro argomento, in risposta ad Anne Thompson di “Nbc News”, il papa è ritornato su ciò di cui ha riferito il precedente post di Settimo Cielo, facendo presagire ciò che lui sta scrivendo nell'esortazione postsinodale che farà uscire "forse prima di Pasqua":
"Nell’incontro con le famiglie, a Tuxtla, c’era una coppia di risposati in seconda unione, integrati nella pastorale della Chiesa. E la parola-chiave che ha usato il sinodo – e io la riprenderò – è 'integrare' nella vita della Chiesa le famiglie ferite, le famiglie di risposati".
Anne Thompson: "Significa che potranno fare la comunione?".
Francesco: "Questo è il punto di arrivo. Integrare nella Chiesa non significa 'fare la comunione', perché io conosco cattolici risposati che vanno in chiesa una volta l’anno, due volte: 'Ma, io voglio fare la comunione!', come se la comunione fosse un’onorificenza. È un lavoro di integrazione… Tutte le porte sono aperte, ma non si può dire: da ora in poi 'possono fare la comunione'. Questo sarebbe una ferita anche ai coniugi, alla coppia, perché non farà compiere loro quella strada di integrazione. E questi due [di Tuxtla] erano felici! E hanno usato un’espressione molto bella: 'Noi non facciamo la comunione eucaristica, ma facciamo comunione nella visita all’ospedale, in questo servizio, in quello…'. La loro integrazione è rimasta lì. Se c’è qualcosa di più, il Signore lo dirà a loro, ma… è un cammino, è una strada".
SULLA RIVOLTA DEI GRECO-CATTOLICI UCRAINI CONTRO IL DOCUMENTO DELL'AVANA
Qui il papa ha fatto riferimento esplicito a due interventi resi noti integralmente nei giorni scorsi da Settimo Cielo e da www.chiesa: quello del nunzio apostolico in Ucraina Claudio Gugerotti e quello dell'arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Scevchuk.
Ecco l'intera trascrizione ufficiale delle risposte di Francesco al vaticanista Jean-Louis de la Vaissière di “France Presse”.
D. – L’incontro con il patriarca russo Kirill con la firma di una dichiarazione comune è stato salutato nel mondo intero come un passo storico. Ma adesso, già oggi, in Ucraina i greco-cattolici si sentono traditi e parlano di un “documento politico”, di appoggio alla politica russa. Sul terreno, la guerra delle parole si è accesa di nuovo. Lei pensa di potere andare a Mosca? È stato invitato dal patriarca? O di andare forse a Creta per salutare il Concilio panortodosso, in primavera?
R. – Incomincio dalla fine. Io sarò presente [a Creta] spiritualmente e con un messaggio. Mi piacerebbe andare a salutarli nel Concilio panortodosso: sono fratelli; ma devo rispettare. Ma so che loro vogliono invitare osservatori cattolici, e questo è un bel ponte. E dietro gli osservatori cattolici ci sarò io, pregando con i migliori auguri affinché gli ortodossi vadano avanti, avanti, perché sono fratelli e i loro vescovi sono vescovi come noi.
Poi Kirill. Il mio fratello. Ci siamo baciati, abbracciati, e poi un colloquio di un’ora… [Padre Lombardi: 'Due ore!'] due ore, nelle quali abbiamo parlato come fratelli, sinceramente, e nessuno sa di che cosa si sia parlato, soltanto ciò che abbiamo detto alla fine, pubblicamente, riguardo a quello che abbiamo provato nel colloquio.
Terzo: quell’articolo, quelle dichiarazioni in Ucraina. Quando io ho letto questo, mi sono un po’ preoccupato, perché era piuttosto Sviatoslav Scevchuk che avrebbe detto che il popolo ucraino, o alcuni ucraini, o tanti ucraini si sentono profondamente delusi e traditi. Prima di tutto, io conosco bene Sviatoslav: a Buenos Aires, per quattro anni abbiamo lavorato insieme. Quando lui è stato eletto – a 42 anni, un brav’uomo! –, è stato eletto arcivescovo maggiore, è tornato a Buenos Aires per prendere le sue cose. È venuto da me e mi ha regalato un’icona – piccola così – della Madonna della Tenerezza e mi ha detto: "Questa mi ha accompagnato per tutta la vita: voglio lasciarla a te, che mi hai accompagnato in questi quattro anni”. È una delle poche cose che mi sono fatto portare da Buenos Aires e la tengo sulla mia scrivania.
È un uomo per il quale ho rispetto e anche familiarità, ci diamo del “tu”, e per questo mi è sembrato un po’ strano. E ho ricordato una cosa che ho detto a voi: per capire una notizia, una dichiarazione, bisogna cercare l’ermeneutica di tutto. Quando ha detto questo? È stato detto in una dichiarazione del 14 febbraio scorso, domenica, domenica scorsa. Un’intervista che ha fatto, presa dal padre… non ricordo, un sacerdote ucraino; in Ucraina, presa, e pubblicata. Quella notizia – l’intervista è di due pagine e un po’, più o meno –. quella notizia è nel terz’ultimo paragrafo, così piccolo.
Ho letto l’intervista, e dirò questo. Scevchuk  – è la parte dogmatica – si dichiara figlio della Chiesa, in comunione con il vescovo di Roma, con la Chiesa. Parla del papa, della vicinanza del papa, e di lui, della sua fede, e anche della fede del popolo ortodosso. Nella parte dogmatica nessuna difficoltà, è ortodossa nel senso buono della parola, cioè dottrina cattolica.
Poi, come in ogni intervista – questa, per esempio – ognuno ha il diritto di dire le sue cose, e questo non lo ha fatto riguardo all’incontro, perché dell’incontro dice: “È una cosa buona e dobbiamo andare avanti”. In questo secondo capitolo, le idee personali che una persona ha. Per esempio, questo che io ho detto sui vescovi che spostano i preti pedofili, che il meglio che possono fare è dimettersi, è una cosa [che] non è dogmatica, ma è quello che io penso. E così lui ha le sue idee personali che sono per dialogare, e ha diritto ad averne. Tutto quello che dice lui è sul documento: quello è il problema. Sul fatto dell’incontro dice: “Questo è il Signore, lo Spirito che va avanti, l’abbraccio…”: tutto va bene. Il documento? È un documento discutibile.
E c’è un’altra cosa da aggiungere: che l’Ucraina è in un momento di guerra, di sofferenza, con tante interpretazioni. Io ho nominato il popolo ucraino chiedendo preghiere e vicinanza tante volte, sia negli Angelus sia nelle udienze del mercoledì. Ma il fatto storico di una guerra… ognuno ha la sua idea: come è questa guerra? chi l’ha incominciata? come si fa? come non si fa?… È evidente che questo è un problema storico, ma anche un problema esistenziale di quel Paese, e parla della sofferenza. E in questo contesto, io inserisco questo paragrafo, e si capisce quello che dicono i fedeli… Perché Sviatoslav dice: “Tanti fedeli mi hanno chiamato o scritto dicendo che sono profondamente delusi e traditi da Roma”.
Si capisce che un popolo in quella situazione senta questo. Il documento è opinabile su questa questione dell’Ucraina, ma lì si dice che si fermi la guerra e che si vada ad accordi; anche io personalmente ho auspicato che gli accordi di Minsk vadano avanti, e non si cancelli con il gomito quello che è stato scritto con le mani. La Chiesa di Roma, il papa ha sempre detto: “Cercate la pace”. Ho ricevuto entrambi i presidenti . E per questo, quando lui dice che ha sentito questo dal suo popolo, io lo capisco, lo capisco. Ma non è “la” notizia. La notizia è [il] tutto. Se voi leggete tutta l’intervista, vedete che ci sono cose dogmatiche serie, che rimangono, c’è un desiderio di unità, di andare avanti, ecumenico – lui è un uomo ecumenico… E ci sono alcune opinioni…
Lui mi ha scritto, quando si è saputo del viaggio, dell’incontro, ma come un fratello, dando le sue opinioni di fratello… A me non dispiace il documento, così; non dispiace nel senso che dobbiamo rispettare le cose che ognuno ha la libertà di pensare e in quella situazione tanto difficile.
E da Roma… Adesso il nunzio è sulla frontiera dove si combatte, aiutando i soldati, i feriti; la Chiesa di Roma ha inviato tanto aiuto, tanto aiuto lì. E sempre cercare la pace, gli accordi; si rispetti l’accordo di Minsk…. Questo è l’insieme. Ma non bisogna spaventarsi per quella frase: questa è una lezione che una notizia la si deve interpretare con l’ermeneutica del tutto, non della parte.
D. – Il patriarca Kirill L’ha invitata a Mosca, ad andare una volta?
R. – Il patriarca Kirill… Io preferirei… perché se dico una cosa devo dirne un’altra e un’altra e un’altra. Preferirei che quello di cui abbiamo parlato noi, da soli, sia soltanto quello che abbiamo detto in pubblico. Questo è un dato. E se dico questo, dovrei dire altro… no! Quello che io ho detto in pubblico, quello che lui ha detto in pubblico, questo è ciò che si può dire del colloquio privato. Altrimenti non sarebbe privato. Ma posso dirle: io sono uscito felice. E anche lui.





Settimo Cielo  di Sandro Magister 18 feb

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/02/18/francesco-si-confessa-su-nozze-gay-divorziati-risposati-ucraini-ribelli/




Papa: unioni civili, non m’immischio Attacco a Trump: ‘Non è un cristiano’ La replica: ‘Parole vergognose’ E il caso fa il giro del mondo: le foto

«I vescovi si arrangino con il governo». Attacco a Trump: «Pensa a fare muri e non ponti, non è un cristiano». E sulle lettere tra Wojtyla e la filosofa Tymieniecka: «Anche un Papa può avere una amicizia santa con una donna». «L’aborto? Male assoluto»

Gian Guido Vecchi, inviato dal volo papale 


Gli si chiede delle unioni civili e lui dice che il Papa «non s’immischia nella politica italiana» e sono i vescovi a dovere «arrangiarsi» con il governo. Liquida Donald Trump, «quest’uomo non è cristiano». E ancora l’amicizia di Giovanni Paolo II con una donna, il caso Maciel e il coraggio di Ratzinger contro la pedofilia, i divorziati risposati, l’aborto e la contraccezione, i rapporti con gli ortodossi e con l’Islam, l’Europa…Francesco, al solito, risponde liberamente e su tutto, per un’ora. L’aereo ha lasciato Ciudad Járez e sta sorvolando Dallas mentre Francesco raggiunge i giornalisti che lo hanno seguito durante il viaggio in Messico. Quando esorta i genitori a giocare con i figli e non farsi travolgere dal lavoro, un vaticanista francese obietta scherzoso: «Noi però siamo ostaggio dell’agenda del Santo Padre», e lui ride: «Sono a vostra disposizione, giocate con i vostri figli!»

Santità, a Ciudad Járez ha parlato dei problemi dell’immigrazione. Uno dei candidati alla Casa Bianca, Donald Trump, ha detto che lei è un uomo politico e forse una pedina del governo messicano per la politica di immigrazione. Dice di voler costruire 2500 chilometri di muro e deportare 11 milioni di immigrati illegali. Cosa pensa di queste accuse? E un cattolico americano può votarlo?
«Grazie a Dio, ha detto che sono politico: Aristotele ha definito la persona umana come “animale politico”, significa che almeno sono una persona umana! Pedina? Non so, lo lascio al giudizio vostro, della gente. E poi una persona che pensa soltanto a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Quanto a votare o non votare, non m’immischio. Dico solo: se dice queste cose, quest’uomo non è cristiano. Del resto bisogna vedere se lui ha detto le cose così, su questo dò il beneficio del dubbio».
In Italia si discute delle unioni civili. Qual è il suo pensiero, in particolare sulle adozioni? 
«Prima di tutto, non so come stanno le cose nel Parlamento italiano. Il Papa non si immischia nella politica italiana. Nella prima riunione che ho avuto coi vescovi italiani, a maggio del 2013, una delle cose che ho detto è stata: col governo italiano arrangiatevi voi, perché il Papa è per tutti e non può mettersi nella politica di un Paese. L’Italia non è il primo Paese che fa questo. Io penso ciò che la Chiesa ha sempre detto».
Un documento della Congregazione per la Dottrina della fede del 2003 dice che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi. Ha ancora un valore? Come deve comportarsi un parlamentare cattolico? 
«Io non ricordo bene quel documento, ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata. Direi solo questo, credo sia sufficiente E dico “ben formata”, perché non è la coscienza del “quello che mi pare”. Io mi ricordo quando è stato votato il matrimonio delle persone dello stesso sesso a Buenos Aires, che c’era un pareggio di voti, e alla fine uno ha detto all’altro: “Ma tu vedi chiaro?” – “No” – “Neppure io” – “Andiamocene” – “Se ce ne andiamo, non raggiungiamo il quorum”. E l’altro ha detto: “Ma se raggiungiamo il quorum, diamo il voto a Kirchner!”, e l’altro: “Preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio!” ... e avanti. Questa non è coscienza ben formata! E sulle persone dello stesso sesso, ripeto quello che ho detto nel viaggio di ritorno da Rio de Janeiro e che è nel Catechismo della Chiesa Cattolica».
I media hanno fatto clamore su una corrispondenza intensa fra Giovanni Paolo II e la filosofa Anna-Teresa Tymieniecka. Secondo lei un Papa può avere una relazione così intima con una donna? Lei ha conosciuto questo tipo di esperienza? 
«Questo rapporto di amicizia di San Giovanni Paolo II era una cosa che si sapeva, i libri di lei sono conosciuti, lui era un uomo inquieto… Io dirò che un uomo che non riesce ad avere un buon rapporto di amicizia con una donna - non parlo dei misogini, questi sono malati - è un uomo al quale manca qualcosa.Per esperienza, quando chiedo consiglio a un collaboratore o un amico, mi piace sentire anche il parere di una donna. Ti danno tanta ricchezza, le donne guardano le cose in un altro modo. A me piace dire che la donna è quella che costruisce la vita nel grembo, ha questo carisma di darti cose per costruire. Un rapporto amoroso con una donna che non sia tua moglie è peccato. Un’amicizia con una donna non è peccato. Il Papa è un uomo, e ha bisogno anche del pensiero delle donne. Anche il Papa ha un cuore e può avere una amicizia sana e santa con una donna. Ci sono dei casi, come San Francesco e Santa Chiara…Non bisogna spaventarsi! Ma le donne non sono ancora ben considerate, non abbiamo ancora capito il bene che una donna può fare a un prete e alla vita della Chiesa, nel senso di consiglio, aiuto, sana amicizia».
C’è preoccupazione per il virus Zika. Alcune autorità hanno proposto alle donne di abortire o evitare la gravidanza. Per la Chiesa in questi casi c’è un male minore?
«L’aborto non è un male minore, è un crimine. È far fuori, come fa la mafia. Un male assoluto. Sul male minore, evitare la gravidanza, si tratta di un conflitto tra il quinto e il sesto comandamento…Il grande Paolo VI, in una situazione difficile in Africa, ha permesso alle suore di usare contraccettivi per i casi di violenza. L’aborto non è un problema teologico ma un problema umano, medico, un male in se stesso, si uccide contro il giuramento ippocratico. Invece evitare la gravidanza non è un male assoluto e in certi casi, come quello del beato Paolo VI, era chiaro. Io esorterei i medici a fare di tutto per trovare vaccini, cure, a questo si deve lavorare».
Riceverà il premio Carlo Magno della Ue, come Giovanni Paolo II. Anche lui teneva molto alla unità europea che adesso sembra vada in pezzi, prima la crisi e ora i rifugiati… 
«Io avevo l’abitudine di non accettare onorificenze e dottorati, da sempre, non per umiltà ma perché non mi piacciono queste cose, un po’ di pazzia è buona!. Ma in questo caso sono stato convinto della santa e teologica testardaggine del cardinale Kasper! Io ho detto sì, ma a riceverlo in Vaticano. E lo offro per l’Europa. Perché l’Europa possa fare quello che auspicavo a Strasburgo. Perché non sia la nonna Europa, ma la mamma Europa. Non so chi la approvi o no, ma ho sentito una parola che mi è piaciuta: la “rifondazione” dell’Europa. E ho pensato ai grandi padri. Oggi dov’è uno Schumann? Un Adenauer? Questi grandi che nel dopoguerra hanno fondato la Unione europea? Mi piace questa idea della rifondazione, magari si potesse fare. Perché l’Europa non direi è unica ma ha una forza, una cultura, una storia che non si può sprecare. Dobbiamo fare di tutto perché abbia la forza e anche l’ispirazione di farci andare avanti».
Come ben sa, il tema della pedofilia in Messico ha radici molto dolorose. Il caso di padre Maciel (fondatore dei Legionari di Cristo, ndr) ha lasciato eredità pesanti. Le vittime non si sentono protette. Che pensa? Ha pensato di riunirsi con le vittime? Quando i sacerdoti vengono coinvolti in casi di questo tipo, ciò che si fa è di cambiargli parrocchia...«Un vescovo che per questo cambia di parrocchia un prete è un incosciente e la cosa migliore che possa fare è dimettersi, presentare la rinuncia. Nel caso Maciel, bisogna rendere omaggio a colui che si è opposto a tutto questo, Joseph Ratzinger, che ha raccolto tutta la documentazione sul caso Maciel e come cardinale prefetto (dell’ex Sant’Uffizio, ndr) ha fatto l’indagine, e poi non ha potuto andare oltre nella sua messa in pratica. Ma, se vi ricordate, dieci giorni prima della morte di San Giovanni Paolo II, durante la Via Crucis, Ratzinger disse che bisognava pulire la sporcizia della Chiesa. E nella messa Pro eligendo Pontifice pur sapendo di essere candidato, non gli è importato di fare operazioni di maquillage e disse lo stesso. Oggi stiamo lavorando abbastanza, con il Segretario di Stato e con il Consiglio dei cardinali. Ho deciso di nominare un altro segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede perché si occupi solo di questi casi. Si è costituito un tribunale d’appello presieduto da monsignor Scicluna. Sta lavorando molto bene la commissione per la tutela dei minori, che si occupa di protezione. Mi sono riunito una mattina intera con sei membri, già vittime di abusi. E a Philadelphia mi sono incontrato con le vittime. Rendo grazie a Dio perché questa pentola è stata scoperchiata, bisogna continuare scoperchiandola ancora. Gli abusi sono una mostruosità, perché un sacerdote è consacrato per portare un bimbo a Dio e invece se lo mangia, con un sacrificio diabolico lo distrugge».
Si ha l’impressione che sia più facile perdonare un assassino che un divorziato che si risposa... 
«Sulla famiglia hanno parlato due Sinodi e il Papa ha parlato tutto l’anno nelle catechesi del mercoledì. La domanda è vera, mi piace. Nel documento post-sinodale, che uscirà forse prima di Pasqua, si riprende tutto quello che il sinodo, in uno dei capitoli, ha detto sui conflitti, le famiglie ferite e la pastorale delle famiglie ferite. È una delle preoccupazioni, un’altra è la preparazione al matrimonio. Per diventare prete ci vogliono otto anni, e se poi non ce la fai chiedi la dispensa. Invece per un sacramento che dura tutta la vita, solo tre o quattro incontri. La preparazione al matrimonio è molto importante. La Chiesa non ha valutato tanto questo, nella pastorale comune. Alcuni anni fa, nel mio Paese, c’era l’abitudine di sposarsi di fretta quando arriva un bambino, per coprire socialmente l’onore della famiglia. Lì non erano liberi, tante volte questi matrimoni sono nulli. Io come vescovo ho proibito ai sacerdoti di fare questo: che venga il bambino, che i due continuino da fidanzati e quando se la sentono, si sposino. Le vittime dei problemi della famiglia sono i figli. Penso a quando papà o mamma non hanno tempo di stare con i loro figli. Se confesso uno sposo o una sposa, domando: lei gioca con i suoi figli? Tante volte dicono: lavoro tutto il giorno! Nell’incontro con le famiglie a Tuxtla Gutierrez, è stato interessante vedere una coppia di risposati in seconda unione, bene integrati nella pastorale della Chiesa. La parola chiave che usò il Sinodo, e io riprenderò nell’esortazione, è “integrare” nella vita delle Chiesa le famiglie ferite. E non dimenticare i bambini, sono le prime vittime».
Significa che potranno fare la comunione? 
«Questa è l’ultima cosa. Integrare non significa dare la comunione. Io conosco cattolici risposati che vanno in chiesa una o due volte l’anno e dicono: io voglio fare la comunione, come fosse un’onorificenza. È un lavoro di integrazione, tutte le porte sono aperte, ma non si può dire che possono fare la comunione, perché questo sarebbe una ferita per tutti i matrimoni e non farebbe fare loro quel cammino di integrazione. Questa coppia di divorziati risposati ha usato un’espressione molto bella: noi non ci comunichiamo con l’eucaristia, ma siamo in comunione quando visitiamo gli ospedali, condividiamo le cose. Se c’è qualcosa di più, lo dirà il Signore. È una strada, un cammino».
In Messico ci sono migliaia di persone scomparse, emblematico è caso dei 43 studenti. Perché non ha ricevuto i loro familiari? 
«Nei miei messaggi ho fatto riferimenti continui agli assassinati, alle morti, a queste bande di narcotrafficanti e di trafficanti di persone. Di questo problema ho parlato. Ho parlato delle piaghe che sta soffrendo il Messico. Ma c’erano molti gruppi, anche contrapposti tra loro, che volevano essere ricevuti e allora ho preferito dire che alla messa di Ciudad Juarez li avrei visti tutti, o se preferivano in una delle altre messe. C’era questa disponibilità. Era praticamente impossibile ricevere tutti questi gruppi, che d’altra parte si affrontavano tra di loro, in una situazione difficile da comprendere per me che sono straniero. La società messicana è vittima dei crimini, dello scarto delle persone. È un dolore tanto grande e questo popolo non se lo merita».
Il suo incontro con il Patriarca di Mosca Kirill è stato salutato come un passo storico. Ma ora i greco cattolici in Ucraina si sentono traditi e parlano di documento politico di appoggio alla politica russa. Andrà al sinodo panortodosso di Creta, a giugno? 
«A Creta sarò presente spiritualmente e con un messaggio. Mi piacerebbe andare a salutarli, sono un fratello, ma devo rispettare il sinodo. So che loro vogliono invitare degli osservatori cattolici. Dietro di loro ci sarò io, con la preghiera e i migliori auguri perché gli ortodossi vadano avanti. Sono fratelli, i loro vescovi sono vescovi. Cirillo è mio fratello, ci siamo abbracciati e baciati, abbiamo avuto un colloquio di due ore e parlato come fratelli, sinceramente. Nessuno sa di che cosa abbiamo parlato. Sulla dichiarazione degli ucraini: quando l’ho letta, mi sono un po’ preoccupato perché l’ha fatta l’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyc degli Ucraini Sviatoslav Schevchuk. È lui che ha detto che il popolo si sente profondamente deluso e tradito. Io conosco bene Sviatoslav, a Buenos Aires per quattro anni abbiamo lavorato insieme. Quando,è stato eletto arcivescovo maggiore, a 42 anni, è venuto a salutarmi e mi ha regalato un’icona della Madonna della tenerezza, dicendo: mi ha accompagnato tutta la vita, voglio lasciarla a te che mi hai accompagnato in questi quattro anni. Ce l’ho a Roma, è tra le poche cose che ho portato con me. Ho rispetto per lui, ci diamo del tu, mi è sembrata un po’ strana la sua dichiarazione. Ma per capire una notizia o una dichiarazione bisogna cercare l’ermeneutica complessiva. Ora quella dichiarazione di Schevchuk è nell’ultimo paragrafo di una lunga intervista. Lui si dichiara figlio della Chiesa, in comunione col vescovo di Roma, parla del Papa e della sua vicinanza con Papa. Sulla parte dogmatica non c’è nessuna difficoltà, è ortodossa nel senso che è dottrina cattolica. Poi ognuno ha il diritto di esprimere le sue opinioni, le sue idee personali. Lui ha parlato del documento, non dell’incontro con Kirill. C’è anche da aggiungere che l’Ucraina è in un momento di guerra, di sofferenza: tante volte ho manifestato la mia vicinanza al popolo ucraino. Si capisce che un popolo in quella situazione senta questo, il documento è opinabile, sulla questione dell’Ucraina si chiede di fermare la guerra, che si facciano accordi. Io ho auspicato che gli accordi di Minsk vadano avanti e che non si cancelli col gomito quello che hanno scritto con le mani. Ho ricevuto ambedue i presidenti. Quando Schevchuk dice che ha sentito questo dal suo popolo, lo capisco. Non bisogna spaventarsi per quella frase».
Il Patriarca Kirill l’ha invitata a Mosca? 
«Preferirei che quello che ci siamo detti da soli sia solo quello che abbiamo detto in pubblico. Ciò che abbiamo detto in pubblico è quello che si può dire del colloquio privato. Ma posso dirle che io ne sono uscito felice, e anche lui».
Dopo Mosca, il Cairo? È all’orizzonte un altro disgelo? Incontrerà il «papa sunnita» di Al Azhar? 
«Io voglio incontrarlo, so che a lui piacerebbe. Stiamo cercando il modo, sempre tramite il cardinale Tauran (presidente del Consiglio per il dialogo interreligioso, ndr). Quella è la strada, ce la faremo».
Dopo il Messico, quali viaggi sogna? 
«Rispondo: la Cina. Mi piacerebbe tanto andare là! Vorrei dire una cosa sul popolo messicano: rappresenta una ricchezza tanto grande, è un popolo che sorprende, ha una cultura millenaria, oggi in Messico si parlano 65 lingue…È un popolo di grande fede ma che ha anche sofferto persecuzioni religiose, ci sono martiri, adesso ne canonizzerò due. Un popolo non lo si può spiegare, non è una categoria logica, è una categoria mitica, non si può spiegare la ricchezza, la gioia, la capacità di far festa nonostante le tragedie che vive. Questa unità… È un popolo che è riuscito a non fallire, a non finire, con tutte le cose che accadono: a Ciudad Juárez c’era un patto per il cessate il fuoco, dodici ore per la mia visita. Poi riprenderanno. Questo popolo si spiega solo con Guadalupe, e io vi invito a studiare seriamente il fatto Guadalupe, la Madonna è lì, io non trovo altra spiegazione».
Ha pregato a lungo davanti alla Madonna di Guadalupe, che cosa ha chiesto? E lei sogna in italiano o spagnolo? 
«Sogno in esperanto! No, piuttosto sogno in immagini… Davanti alla Madonna di Guadalupe ho pregato per la pace, per tante cose…La poverina ha finito con una testa così! Ho chiesto perdono, che la Chiesa cresca sana, ho pregato per il popolo messicano. Ho chiesto tanto che i preti siano veri preti, le suore vere suore, i vescovi veri vescovi. Ma poi, le cose che un figlio dice alla mamma sono segrete».
Gian Guido Vecchi, inviato dal volo papale

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