LA FEDE DEI CATTOLICI DI SINISTRA
I cattolici di sinistra hanno fede nel mondo e nel progresso, più che in Cristo e nelle sue promesse. Il problema dei cattolici di sinistra è che con molta supponenza hanno smesso di essere cattolici e non lo sanno
di Francesco Lamendola
Il problema dei cattolici di sinistra è che hanno smesso di essere cattolici e non lo sanno: anzi, sono fermissimamente sicuri di essere più autenticamente cristiani di chiunque altro al mondo (eccezion fatta per i protestanti, nei confronti dei quali qualche complesso d’inferiorità ce l’hanno, e l’hanno sempre avuto, anche se non sempre lo ammettono volentieri).
Il problema dei cattolici di sinistra è che hanno smesso di essere cattolici e non lo sanno: anzi, sono fermissimamente sicuri di essere più autenticamente cristiani di chiunque altro al mondo (eccezion fatta per i protestanti, nei confronti dei quali qualche complesso d’inferiorità ce l’hanno, e l’hanno sempre avuto, anche se non sempre lo ammettono volentieri).
È un’affermazione grave, ce ne rendiamo conto. È come dire che essi vivono in una enorme ambiguità, immersi e sprofondati in una pressoché totale inconsapevolezza.
Come si fa ad ignorare del tutto quel che si è, quel che si è diventati, e ciò che si rappresenta? Come fa un vecchio a credersi giovane, un malato a credersi sano, un ignorante a credersi sapiente? Eppure, sappiamo che situazioni del genere esistono e sono abbastanza frequenti; e che tali persone sono anche quelle più lontane, non diciamo dalla capacità di vedersi lealmente, onestamente per quello che sono, ma anche solo dalla disponibilità a mettersi un un’ottica critica nei confronti di se stesse, anche soltanto a lasciare socchiusa la porta ad un esame di coscienza approfondito e spassionato, magari in un lontano futuro, riguardo il proprio essere e il posto che effettivamente occupano nel mondo.
Le conseguenze di una siffatta inconsapevole e di una siffatta indisponibilità a guardare se stessi con un minimo di onestà critica, con una sia pur minima disponibilità a mettersi in discissione, oscillano fra il patetico e il pericoloso. Sono patetici quegli individui che si regolano e si pongono in maniera perfettamente antitetica a ciò che realmente sono: ad esempio, una vecchia di settant’anni, rugosa e sformata, che voglia ad ogni costo vestire e atteggiarsi come una sedicenne, e farsi desiderare sensualmente come se fosse tale. Ma sono pericolosi quegli individui i quali si sono talmente calati nella loro falsa coscienza, nella loro falsa identità, che, pur di apparire conformi a ciò che ritengono di essere, al personaggio che stanno interpretando, sono disposti ad abbattere qualsiasi ostacolo, a rimuovere qualunque impedimento osi frapporsi fra loro e la difesa della falsa immagine che hanno di se stessi.
Quest’ultima è precisamente la posizione in cui vengono a trovarsi, per la contraddizione intrinseca in cui si muovono, i cattolici di sinistra, o, come amano - di solito - definirsi, “progressisti”. Un cattolico non può essere progressista, perché questa sarebbe una contraddizione in termini. O si ha fede in Dio - e non in un Dio generico, non in una proiezione mistica del proprio Ego, come fanno i seguaci della New Age, ma nel Dio fattosi uomo sotto il nome di Gesù Cristo, che patì sotto Ponzio Pilato per amore degli uomini, fu messo in croce, morì e risorse il terzo giorno - oppure si ha fede nel mondo e nel progresso. Il Progresso, con la maiuscola, è il grande feticcio di chi divinizza l’uomo e vede la storia come l’autoaffermazione dell’uomo stesso. Dall’Illuminismo in poi, la fede nel Progresso è indipendente e contraria alla fede in Gesù Cristo; è fede nella Ragione libera e spregiudicata, dunque nella liberazione dell’uomo da tutto ciò che lo opprime e lo tiene sottomesso, a cominciare dallo spirito religioso, che lo aliena da sé e lo estrania alle forze della vita.
Ai cattolici progressisti questo discorso dà particolarmente fastidio, procura loro addirittura l’orticaria, perché il postulato essenziale della loro filosofia è che il Vangelo e il Progresso sono perfettamente compatibili, in quanto il cristiano non è contro il mondo, e il mondo non è contro il cristianesimo, anzi, possono e devono andare perfettamente a braccetto, come due vecchi amici i quali condividono, dopotutto, lo stesso obiettivo finale: l’emancipazione dell’uomo. Tuttavia, si dà il caso che il mondo, e particolarmente il mondo moderno, materialista e anticristiano nella sua stessa essenza, non persegue affatto lo stesso genere di emancipazione che è lo scopo e l’intima gioia del cristiano. Il mondo vuole emancipare l’uomo secondo la sua logica e le sue categorie; il cristianesimo, lo vuole emancipare secondo la logica di Dio, e non di un Dio generico, non del Dio evanescente e inconsistente dei deisti e dei philosophes, ma secondo la logica di Dio padre, manifestatasi nella vita e nell’insegnamento del Figlio, Gesù Cristo, e sostenuta dall’azione incessante dello Spirito santo.
A questo proposito c’è un grande, un grandissimo equivoco da dissipare, l’equivoco sul quale si reggono tutti i sofismi e la falsa coscienza dei cattolici di sinistra: il fatto che dialogare con il mondo implichi anche il fatto di accettarne, implicitamente o esplicitamente, i presupposti, le prospettive, il modo di sentire e di pensare. Il cristiano dialoga con tutti, ma non annulla la propria identità, e nemmeno la annacqua; ascolta tutti, ma non prende per buone, al cento per cento, se non le parole di Gesù Cristo; è disposto a camminare accanto a chiunque, ma senza mai rinunciare ai propri presupposti, alle proprie prospettive, al proprio modo di sentire e di pensare, che sono specificamente cristiani, e non mondani. Il mondo è una cosa, e il cristianesimo è un’altra: non saranno mai una cosa sola, e non è neppure auspicabile che ciò avvenga.
Eppure, obietteranno i cattolici di sinistra, lo scopo del Vangelo è di essere predicato e annunciato in tutto il mondo, dunque di rivolgersi al mondo in quanto tale, così come esso è, rinunciando a combatterlo, a contrastarlo, a vedere in esso qualche cosa di falso, di ingannevole o di sbagliato. Il cristiano, essi dicono, deve essere aperto, inclusivo, tollerante e accomodante. Poveri sciocchi; che vadano a leggersi Kierkegaard e ciò che egli diceva dei “cristiani” di quasi 200 anni fa: si credono moderni e al passo coi tempi, e non sanno che il loro atteggiamento è vecchissimo, e che fu denunciato come tartufesco e farisaico dal grande filosofo danese già nei primi decenni del XIX secolo. E poi, chi lo dice che il cristiano deve esse moderno e al passo coi tempi? Ma quando mai? Cosa vuol dire essere moderni e al passo coi tempi: che bisogna prendere per buono il mondo moderno, così come ci si presenta, rinunciando anticipatamente a una critica di fondo, a un esame severo e radicale? Ebbene, questo non è cristianesimo, ma modernismo: una eresia, anzi, una sintesi di tutte le eresie, che san Pio X (san Pio X, piaccia o non piaccia ai cattolici di sinistra) ha non solo condannato, ma esplicitamente scomunicato, con l’enciclica «Pascendi», fin dal 1907.
Ma ascoltiamo ancora una volta le parole del buon vecchio Sören, che a queste cose ci credeva davvero e non (come diceva lui, parlando dei cristiani tiepidi e moderni), «fino a un certo punto»; tanto è vero che consumò la sua vita e andò incontro alla morte per testimoniarle, sulla sua pelle, sino in fondo (da: S. Kierkegaard, «L’inquietudine della fede», a cura di M. Tosco, Gribaudi, 1968, citato in: «Elogio della Libertà», a cura di D. Porzio, Milano, Ferro Edizioni, 1970, pp. 458-459):
«Il Salvatore del mondo, Gesù Cristo, vive in povertà e abbassamento, perseguitato, odiato: infine, dopo aver subito ogni sorta di tormenti, viene messo in croce.
La sua dottrina consiste essenzialmente nella sua vita. Il suo insegnamento si riduce essenzialmente a dire: “Sèguimi, odia te stesso, abbandona ogni cosa, crocifiggi la carne, prendi la croce, odia il padre e la madre”, ecc. Inoltre: “Sarete da tutti odiati per causa del mio nome”, ecc. Infine: “C’è un rendiconto lassù, ed io sono il giudice” (Mt., 10, 22; 16, 24).
Ahimè, ma quando si è nati nella cristianità, e specialmente nel protestantesimo, e specialmente in Danimarca, quando, sin da bambini, si è stati stregati con la fola che si è cristiani, quando, sin dalla tenera età, si è stati infarciti di tutti quegli imbrogli che trasformano il cristianesimo in ottimismo, quando si vive in un cosiddetto “Stato cristiano”, in una società che in tutti i modi cerca di consolidarsi nell’autosuggestione di essere cristiana fino a ricorrere alle pene civili per costringere ad essere cristiani, allora senza dubbio è immensamente difficile DIVENTARE cristiani!»
Grande, grandissimo Kierkegaard; che vadano a rileggerselo tutti i sedicenti cristiani, e specialmente i cattolici progressisti e di sinistra: nessuno è cristiano, nessuno; quel che si può tentar di fare, è di diventare cristiani; e non per mezzo dell’ottimismo, che è un imbroglio e una adulterazione del cristianesimo, ma per mezzo della Croce: «Se vuoi venire dietro a me, prendi la tua croce e seguimi» (Matteo, 16, 24). Altro che ottimismo; altro che andare a braccetto con il mondo: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche vo; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Questo perché si adempisse la parola scritta nella loro Legge: “Mi hanno odiato senza ragione” (Giovanni, 15, 18, 25).
Eppure i cattolici di sinistra pensano di essere dei servi più grandi del loro padrone; il mondo ha odiato Cristo e Colui che lo aveva mandato, ma loro no, non sono odiati dal mondo e non capiscono perché mai ciò dovrebbe accadere. Sono dei cittadini così buoni, così esemplari! Sono così buoni verso tutti, così accoglienti, così pronti a dialogare, a chiedere scusa, a riconoscere le ragioni dell’altro! Hanno una tale delicatezza verso il mondo! Solo con i loro confratelli che essi, spregiativamente, qualificano di “tradizionalisti”, solo verso di essi tirano fuori le unghie e ostentano tutta la loro insofferenza, tutta la loro repulsione, che è di natura quasi fisiologica. Non li sopportano, non li possono vedere. Perché? Forse perché, con il semplice fatto di esistere, ricordano loro quelle parole di Gesù Cristo, pronunciate durante l’Ultima cena, agli Apostoli che ancora non avevano capito nulla né del Suo messaggio, né della loro missione?
Le parole di Gesù, comunque le si voglia leggere, sono chiarissime e non si prestano ad alcun equivoco: «Se hanno odiato me, odieranno anche voi». Un cristiano che si veda applaudito dal mondo, che si veda invitato in televisione a parlare sui temi più scottanti, ascoltato con sorriso benevolo, e al quale non si facciano mai obiezioni di merito, dovrebbe, come minimo, domandarsi preoccupato: «In che cosa, Dio mio, sto sbagliando? Quando e dove ho abbandonato la retta via? Come ho fatto a non accorgermi che mi stavano strumentalizzando per addomesticare il cristianesimo, per appiattirlo e rimpicciolirlo sulla misura del mondo?». Ma questo è proprio il loro punto debole; il punto sul quale non sono capaci d’interrogarsi seriamente, tanto meno di fare autocritica: la vanità. Oh, sono pieni di buone intenzioni, ma anche di vanità. Hanno un grande Io che chiede, che brama riconoscimenti, apprezzamento, applausi. Che non si rassegna a lavorare in silenzio, in quarta fila, come un operaio qualsiasi nella vigna del Signore. No, vogliono i riflettori; vogliono i primi posti, le poltrone d’onore. Vogliono avere un riscontro, essere gratificati, sentirsi apprezzati e riconosciuti: e non riflettono che se tutto questo accade, è precisamente perché hanno tradito il Vangelo. Gesù non è stato apprezzato, non è stato gratificato, né applaudito: è stato abbandonato dagli amici, schiaffeggiato, torturato, flagellato, coronato di spine, insultato, deriso, sputacchiato, flagellato e crocifisso, poi finito con un colpo di lancia. È molto semplice: lo sanno anche i bambini. Solo loro non lo sanno, non fanno due più due. Vogliono andare d’accordo con il mondo, loro; e specialmente con i progressisti e i modernisti, simili a loro, che militano nella galassia laicista, nella cultura agnostica e materialista. Apprezzano, stimano e rispettano i giudei, i musulmani, i buddisti, i taoisti, gl’induisti, gli antroposofi, i massoni, gli atei, ma disprezzano profondamente i cristiani che vogliono seguire non la via del mondo, ma della Croce. Intendiamoci: non è che il cristiano sia, di per sé, una creatura triste e malinconica, innamorata della Croce per il gusto di soffrire. Se si potesse seguire Cristo senza salire sulla croce, lo farebbe: perfino Gesù ha avuto il desiderio – umanissimo - di poter evitare la Croce. Ma non si può. Lo ha detto Lui, e ne ha dato l’esempio: «Padre, che sia fatta non la mia, ma la Tua volontà». L’esperienza della vita ce lo conferma: la croce fa parte della condizione umana, dunque esistono due sole possibilità: puntare i piedi e rifiutarla, oppure accettarla e trasformarla in strumento di salvezza. Il primo atteggiamento è quella di chi sa che Cristo ha insegnato la Croce, ma pensa che, in fondo, era un povero masochista e che si può benissimo costruire un mondo migliore senza bisogno di venire crocifissi, e dove ci siano salvezza e felicità per tutti. Il secondo è quello del cristiani: non “progressisti”, solo cristiani...
I cattolici di sinistra hanno fede nel mondo e nel progresso, più che in Cristo e nelle sue promesse
di Francesco Lamendola
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=7810:i-cattolici-di-sinistra-hanno-fede-nel-mondo-e-nel-progresso-piu-che-in-cristo-e-nelle-sue-promesse&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96
Padre Pio a Roma: idolatria e superstizione
L’amico prete e scrittore Mauro Leonardi ha voglia di scrivere e ripetere prima su L’Huffington Post del 4 gennaio, poi durante la trasmissione“Siamo noi” del 3 gennaio su Tv2000, che la salma di Padre Pio non è adorata come Dio, ma venerata. La differenza sta nella sua mente e nella mente dei teologi, non nella mente di moltissimi fedeli. Nella mente di tanti devoti il frate di Pietrelcina viene prima di Cristo. Ma l’avete vista la gente intorno a quel cadavere che in fondo fa un po’ ribrezzo? Avete visto quella mani strusciare sulla parete della teca? Una donna vi strusciava con cura anche il rosario (l’effetto è maggiore!). Tutti in attesa del miracolo, in attesa che il frate operi guarigioni. Mi stupisce che questo Papa, che ha preso le distanze dalle apparizioni della Madonna di Medjugorje, abbia incoraggiato queste forme di superstizione e idolatria. Nel suo libro “L’Anima e il suo destino”, Vito Mancuso scriveva: «Questa mentalità del miracolo (e dello straordinario) fa molto male all’autentica spiritualità, e rende inevitabile che forti intelletti come quello di Nietzsche abbiano sentito la necessità di proclamare la “morte di Dio” per far vivere l’uomo». E don Franco Barbero sul suo blog, riferendosi alla esagerata devozione per la Madonna: «Il devozionalismo cattolico… mariolatrico, si configura come vera e propria superstizione, un vuoto totale di fede adulta, una presa in giro di tante persone di buona volontà che vengono depistate da lla centralità del messaggio evangelico ed orientate verso forme di religiosità ambigue e commerciali. La fede non ha bisogno di santuari e di madonne: essa si nutre del Vangelo di Gesù, testimone di Dio, e della prassi che il nazareno ha incarnato e testimoniato a noi». Io aggiungerei che la fede non ha neppure bisogno dell’ostensione di cadaveri. Però, un miracolo potrebbe farlo il frate di Pietrelcina, potrebbe svegliarsi e dire alla gente che s’inchina davanti alla sua salma: “Guardati dal farlo! lo sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli… È Dio che devi adorare (Ap 22,7).
Renato Pierri, renatopierri@tiscali.it
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